Fonte: Il Fatto Quotidiano Cultura | 5 maggio 2018 Sergio Noto
Starà anche tornando di moda, ma per il momento il già bisecolare Herr Dr. Karl Marx
non se lo ricordava più nessuno. Fino a pochi anni fa, anche il più
disinteressato tra gli studenti universitari avrebbe saputo darvi uno
straccio di definizione del plusvalore, tutti sapevano cosa fosse il materialismo storico.
Oggi non è più così. Tra gli studenti di economia (e temo anche tra i
docenti) pochissimi si sono piegati sui ponderosi tomi del Capitale per conoscere la ricchezza e la varietà delle sue teorie, alla faccia del bicentenario.
Abbiamo dovuto attendere le spaventose crisi economiche e finanziarie degli ultimi anni, dopo che il (finto) capitalismo
ha mostrato la sua faccia più disgustosa e caricaturale – quella che
appunto piaceva a Marx – per veder crescere la popolarità delle teorie
marxiane (Thomas Piketty). Ma purtroppo non bastano le storture del turbocapitalismo alla Gordon Gekko
per incentivare gli studi seri, per recuperare teorie che hanno sentito
fortemente il peso degli anni e la cui maggiore validità – più che
nelle conclusioni (che lo stesso Marx faticò a tirare) – consiste nel
metodo e nei principi ispiratori, che già hanno aiutato il capitalismo a
risolvere problemi non molto differenti dai nostri. Peccato che, come
diceva Joseph Schumpeter (che era un grande
conoscitore del marxismo, oltre che un amante del capitalismo
imprenditoriale): “il capitalismo non morirà per mano dei suoi nemici” e
il marxismo è certamente tra questi “ma scomparirà grazie ai Mellon, ai Carnegie, ai Rockfeller“, cioè per mano degli stessi capitalisti.
A parte la necessaria distinzione tra marxismo e comunismo,
non c’è dubbio che il lascito più grande delle idee di Karl Marx fu
quello di uno spirito radicalmente critico, oserei dire rivoluzionario,
all’interno della cultura occidentale. La critica radicale di Marx al
capitalismo, oggi come ieri, ci dice che l’accettazione supina e
conformista del pensiero egemone è lo strumento più sicuro per fermare
lo sviluppo, per impedire il progresso. Marx (come su un altro versante
lo stesso Schumpeter dopo di lui) aveva compreso che senza rivoluzioni
la società muore. Là dove ci si rifiuta di misurarsi seriamente con
modelli e prospettive radicalmente differenti lì, oltre alla noia
mortale, si annidano i rischi maggiori per tutta l’umanità di
retrocedere da conquiste per le quali ci siamo battuti e che nessuno
oggi vorrebbe perdere. Questo vale nel campo delle strutture sociali
come in quello dei modelli di sviluppo economico e altrettanto in ambito imprenditoriale.
In questo senso l’eredità marxiana è come una specie di veleno del
pensiero; assumerlo integralmente non è possibile, troppa fantasia,
troppa escatologia. Ma non possiamo farne a meno – come
per certe medicine salvavita, prese in dosi adeguate – per salvare le
sorti di un’umanità sotto le spinte conservatrici di quanti hanno già
raggiunto la ricchezza, il benessere e il potere sociale.
Le
teorie marxiane – se restano riflessione teorica, punto di riferimento
intellettuale e non ambiscono a diventare integralmente programma
politico – dovrebbero essere ben presenti a politici e intellettuali. Friedrich von Hayek – il maggiore economista liberale del XX secolo -,
mentre spregiava fin nelle radici il comunismo come soluzione sociale,
aveva un grande rispetto per Marx come intellettuale e in molti punti
possiamo perfino ritenere che gli sia debitore di aspetti non secondari
delle sue teorie, come ad esempio nell’utilizzo di una metodologia
storica applicata all’economia, nell’attenzione alla realtà reale dell’economia e non alle sue apparenze formali, etc.
Il pensiero liberale (lo
ha dimenticato?) quindi deve molto al marxismo, anzi come molti hanno
sostenuto è probabilmente l’altra faccia, non contrapposta di
quest’ultimo. In ogni caso, oggi a 200 anni dalla nascita del fondatore
del marxismo, dobbiamo continuare a sentirci debitori nei confronti di
questo intellettuale tedesco, che così grandemente ha influenzato la storia occidentale. La tradizione liberale e democratica farebbe bene a non dimenticare che – da molteplici prospettive – il socialismo marxista
è sempre stato un alleato dialettico della “società aperta”. Già
abbiamo visto all’inizio del secolo, l’antitesi al mondo liberale e
democratico non è il mondo che si ispira al marxismo. È infatti la
società fondata su postulati etici e morali
l’opposto della società liberale. La società liberale se non affronta e
risolve molti dei problemi posti da Marx 200 anni fa rischia di farci
rimpiangere il passato, con tutto ciò che ne consegue.
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