di Lavoce.info | 19 luglio 2014
"La
crisi economica del nostro paese trova origine anche in una filosofia
di vita che porta gli italiani a privilegiare il buon vivere rispetto
al lavoro? Un confronto tra i primi risultati che emergono da google.it
e da google.com fa nascere il sospetto che non si tratti solo di un
luogo comune.
di Nicola Persico* (lavoce.info)"
Gli italiani e la bella vita
L’economia
italiana, lo sappiamo, cresce poco o niente da circa vent’anni. Sul
perché si è discusso tanto, arrivando a valide spiegazioni: il vasto
debito pubblico che necessita una tassazione punitiva; la rigidità del
mercato del lavoro; una burocrazia asfissiante; e così via. Un’intera
generazione di giovani ne ha pagato (e continuerà a pagarne) le
conseguenze.
Il pessimismo è condiviso da molti, ma non da tutti. I
paladini della “decrescita” sottolineano i lati negativi della crescita
economica: l’eccessiva attenzione alla produttività a esclusione dei
rapporti umani, la alienazione del lavoro, il rompersi di legami e
tradizioni passate, l’insostenibilità ecologica del nostro modello
economico. Secondo loro, la qualità della vitanon è pienamente
rappresentabile dal prodotto interno lordo; la disoccupazione può
altresì vedersi come tempo libero; e, insomma, non è una tragedia se il Pil non cresce.
Per
quel poco o tanto che conosco gli italiani, mi sembra che questa
seconda prospettiva non sia fra di noi rara. Quando sono in Italia mi
capita spesso di sentirmi dire “sì, il lavoro è importante, ma ricordati
che si lavora per vivere, non si vive per lavorare”. Questo discorso
in America non viene fatto, tant’è che l’espressione corrispondente in
inglese non l’ho mai sentita.
Se è vero che gli italiani ricercano
meno il successo economico personale e sono più interessati alla qualità
della vita, allora forse si comincia a capire come mai possiamo avere
il 40 per cento di disoccupazione giovanile senza che scoppi la
rivoluzione per le strade – cosa di cui gli americani non si capacitano.
Ma è proprio vero che gli italiani aspirano a qualcosa di diverso
rispetto al resto del mondo?
Googlare l’alfabeto
Per
rispondere a questa domanda vi propongo un’analisi pop, leggera per
l’estate: un confronto fra l’output dei motori di ricerca google.it (la
versione italiana) e google.com (la
versione internazionale con enfasi sugli Usa). L’idea è che i
risultati dei due motori di ricerca riflettano, a grandi linee, ciò che
è più popolare nelle due comunità, italiana e internazionale. Una
delle possibili fonti di errore in questa analisi è che i risultati di
google sono ordinati (anche) per maggior somiglianza alla ricerca
effettuata. Ne consegue che, facendo una ricerca per lettera, come mi
appresto a fare, i primi risultati saranno quelli che presentano la
maggior corrispondenza con la singola lettera (e non le parole più
popolari che iniziano con quella lettera).
Il metodo di ricerca: in
ognuno dei due motori di ricerca imposto una ricerca per ogni lettera
dell’alfabeto (prima la A, poi la B, e così via) Poi seleziono il primo
risultato proposto dal motore. Se è lo stesso in tutti e due i motori
non lo registro – così per esempio non registro i risultati della
ricerca per la lettera C perché entrambi danno come primo risultato il
linguaggio di programmazione C. Ometto anche quelle lettere i cui primi
risultati, sebbene diversi fra i due motori, non mi pare illustrino una
differenza interessante: la G, per esempio, in google.it
restituisce “grammo” e in .com ritorna “gmail”, una differenza
difficilmente interpretabile. Fatta questa scrematura, ecco i confronti
residui che mi paiono interessanti.
Partiamo dalle lettere A e B. In
Google Italia sono, e ce lo potevamo aspettare, la serie A e B di
calcio. In Google.com invece sono l’algoritmo di programmazione A* di
computer e la rivista accademica “Physical Review B.” Ci dice qualcosa
su cosa gli italiani ricercano rispetto agli americani? Secondo me, sì.
Sulla
stessa linea, infatti, troviamo i risultati per la lettera D:
google.it ci restituisce “D Repubblica: consigli moda e bellezza,
segreti su amore, sesso, vita di coppia e famiglia, ricette di cucina e
news su arredamento, casa e design”. Invece google.com rimanda a un
linguaggio di programmazione informatica (chiamato appunto “D”). Tutto
ciò sembra confermare che le ricerche degli italiani sul web sono
focalizzate sul “leisure”, quelle degli americani sul “work”.
Per la
lettera “I” google.it offre “I borghi più belli d’Italia”, mentre
google.com restituisce “I”, il soggetto di prima persona singolare
nella lingua inglese. Si può leggere qui una maggiore attenzione alla
qualità della vita in Italia, e in America al contrario un maggiore
focus sull’ego? Decidete voi. Se sì, allora siamo 3-0 per l’ipotesi che
stiamo verificando.
La lettera L è significativa: da google.it
emerge l’ideologia di sinistra (L’Unità); capitalismo invece in
google.com (con la multinazionale L’Oreal). Un contrasto simile si
trova alla lettera P. Google.com indica il codice di borsa della
compagnia Pandora Media. Google.it, incredibilmente, dà come primo
risultato l’emoticonperché incluso nel link “Guarda il video
«Educazione sessuale a scuola in Giappone :P»”. Insomma, sembra proprio
che i risultati in google.it siano meno orientati alla sfera del
lavoro e più a quella del sociale (se vogliamo classificare il video di
educazione sessuale a scuola in Giappone come appartenente alla sfera
del sociale).
La lettera N in google.it restituisce come primo
risultato “Decreto ministeriale 5 febbraio 2014 n. 85. Modalità e
contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e laurea
magistrale a ciclo unico ad accesso programmato a livello nazionale
a.a. 2014-15”.Burocrazia, ma quanto ci ossessioni? In google.com invece
troviamo, più piacevolmente, N+, un gioco di computer con personaggi
ninjia. Anche questo mi sembra dare un’idea della differenza fra la
vita in Italia e negli Stati Uniti.
La ricerca per la lettera S in
google.it rimanda a un’auto di lusso, il modello S della Tesla.
Google.com invece restituisce @S, la handle di Twitter che dà le più
recenti news scientifiche. Che gli italiani siano interessati ai motori
non è una novità, è più sorprendente, almeno per me, che gli americani
si occupino di scienza. Infine, la lettera V restituisce su google.it
un periodo storico, il “Quinto secolo” e su google.com “v/”, una
chatroom dedicata alla discussione di videogame.
In conclusione,
questa ricerca altamente non-scientifica conferma il pregiudizio
iniziale. Gli italiani si interessano di temi legati alla qualità della
vita, alla sfera del sociale e al consumo: automobili, borghi
d’Italia, storia, calcio, segreti su amore e sesso. E poi, giocoforza,
burocrazia. Gli americani, o comunque chi utilizza la versione
“internazionale” di google, ricerca invece temi legati alla sfera del
lavoro: linguaggi di programmazione software, quotazioni di borsa,
ricerca scientifica. E videogiochi.
Possiamo concludere che gli
italiani vogliono qualcosa di diverso dagli americani? Non con
certezza. Però il confronto è divertente; fatelo anche voi e fatemi
sapere cosa trovate.
*Ha ottenuto il PhD. in Economics alla
Northwestern University. Ha insegnato alla University of California Los
Angeles (UCLA), alla University of Pennsylvania, e alla New York
University, prima di ritornare alla Northwestern University nella
Kellogg School of Business. E’ Research Associate per il National Bureau
of Economic Research (NBER) e Honorary Fellow del Collegio Carlo
Alberto. Ha pubblicato numerosi articoli presso le maggiori riviste
scientifiche internazionali. I suoi interessi scientifici riguardano la
Political Economy (l’economia della politica), Legge ed Economia,
Criminologia, e la teoria economica. Redattore de lavoce.info.
p.s.
commenti? Buona domenica
si parla di progresso, di evoluzione, di civiltà ci ritroviamo invece in un nuovo medio evo dove conta chi si nasconde dietro il potere o vi si allea con esso.
sabato 19 luglio 2014
venerdì 18 luglio 2014
Assolto...
Eccole le riforme..... con la legge monti, si proprio lui, essendo
dimezzata la prescrizione si viene assolti: accadde per le coop e oggi è
accaduto per mr. B.

gioiscono i suoi sostenitori; gioisce anche chi ha qualche pendenza in quel della toscana; gioisce il comitato d'affari interpartitico che sovvenziona tav, expò, ecc.; gioiscono tutti.... tranne il paese reale che anzichè vedere i nominati andare a casa e arrivare chi dovrebbe risollevare le sue sorti vede solo la metastasi diffondersi e dalla disperazione passa alla rassegnazione.
Chi dovrebbe monitare perchè tace?
Perchè non si elevano proteste?
Perchè l'unica cosa che si dice sui media è che M5S ha rovesciato il tavolo?
Perchè alla fine le riforme si stanno risolvendo solo nel creare un Senato di delegati, magari anche indagati, nominati dalla regioni e dai prtiti che li governano?
E' solo casuale che alla Procura di Milano ci sia uno scontro senza precedenti che riguarda i Magistrati finora sovraesposti?
Perchè queste "riforme" riguardano solo alcuni e non tutti i cittadini?
Si rendono conto che da oggi chi ha rapporti co una minorenne è legittimato ad averli... o bisogna avere, come dire, il giusto blasone per uscirne impuniti?
E per gli italiani cosa conta di più? Vedere un ritorno e uscire dai problemi nei quali gli stessi che oggi gioiscono c'hanno cacciato?
Brutto giorno per questo paese questo....
gioiscono i suoi sostenitori; gioisce anche chi ha qualche pendenza in quel della toscana; gioisce il comitato d'affari interpartitico che sovvenziona tav, expò, ecc.; gioiscono tutti.... tranne il paese reale che anzichè vedere i nominati andare a casa e arrivare chi dovrebbe risollevare le sue sorti vede solo la metastasi diffondersi e dalla disperazione passa alla rassegnazione.
Chi dovrebbe monitare perchè tace?
Perchè non si elevano proteste?
Perchè l'unica cosa che si dice sui media è che M5S ha rovesciato il tavolo?
Perchè alla fine le riforme si stanno risolvendo solo nel creare un Senato di delegati, magari anche indagati, nominati dalla regioni e dai prtiti che li governano?
E' solo casuale che alla Procura di Milano ci sia uno scontro senza precedenti che riguarda i Magistrati finora sovraesposti?
Perchè queste "riforme" riguardano solo alcuni e non tutti i cittadini?
Si rendono conto che da oggi chi ha rapporti co una minorenne è legittimato ad averli... o bisogna avere, come dire, il giusto blasone per uscirne impuniti?
E per gli italiani cosa conta di più? Vedere un ritorno e uscire dai problemi nei quali gli stessi che oggi gioiscono c'hanno cacciato?
Brutto giorno per questo paese questo....
mercoledì 16 luglio 2014
Aids, per l’Onu “entro il 2030 sarà possibile fermare l’epidemia del virus Hiv”
Ogni tanto ne esce una. Ora tocca all'onu che ci dice che la diffusione della sindrome dell'AIDS
è "sotto controllo": non è vero. E' vero il contrario: nei paesi
occidentali il paziente vive di più e meglio ma le campagne informative
scarseggiano; negli altri paesi è poco sotto una strage di massa:
interie generazioni rischiano di sparire. PErchè allora l'annuncio?
Semplice, le statistiche dicono che sta rallentando: tutto qui; la
sindrome in realtà ha nella maggior parte dei casi un decorso non breve e
quindi se è possibile che in teoria sembra stia rallentando nella
realtà, temo, si stia solo incubando nella prossima generazione.
Domanda: se fossi un politico responsabile della salute dei miei cittadini, sapendo che non c'è, ancora, una cura cosa posso fare per dare il mio contributo? La parola d'ordine sarebbe PREVENIRE: lanciare campagne incisive in rete, sulla stampa, in tv per far entrare nella testa delle persone che "solo usando preservativi" ci si può difendere dalla sindrome.. altro non c'è se non in contemporanea alle campagne informative fare controlli, anche volontari, sanitari nella parte della popolazione più a rischio: anche nel mondo del sesso a pagamento fino a legalizzarlo favorendo forme già sperimentate nel mondo, puritano, del nord europa.
Perchè non avviene? Sembra un bollettino di guerra: le malattie veneree stanno aumentando (soprattutto fra i giovani); alcune sindrome infantili, (anche grazie a scriteriate campagne contro i vaccini di massa) come il morbillo, stanno rispuntando; malattie finora curabili come la TBC sono riapparse con ceppi immuni alle cure; l'ebola è sempre lì ... e ora è arrivata anche qui; e si potrebbe continuare per molto ancora per molto senza soluzione di continuità. E il prossimo futuro non sembra roseo vista, da un lato, la tendenza verso una integrazione fra sanità pubblica e assicurazioni private, anche nel nostro paese (notoriamente le assicurazioni non sono società a scopo di beneficenza, basta guardare negli usa dove tutto il sistema sanitario è privato e chi non ne ha una non può accedere alle cure anche minime.... fra parentesi quel sistema sanitario sta fallendo miseramente ed è il meno efficiente del pianeta), dall'altro lo Stato è reticente nella prevenzione per tanti motivi: non ultimi i benpensanti, i cattolici, e gli stessi politici che, pur di mantenere lo scranno, gli vanno dietro tagliando i fondi alle suindicate campagne fino al punto che nel nostro paese quasi nessuno le fa..... nelle scuole tutto è lasciato alla buona voilontà di genitori e prof per dirne una: nessun coordinamento anzi repressione di chi va fuori della righe.
Leggendo in quest'ottica l'articolo della redazione del Fatto Quotidiano del 16 luglio 2014 forse fa apparire meno sensazionale l'annuncio dell 'onu e ne scopre la vena finanziaria di Big Pharma che ogni tanto tira la corda per scroccare fondi pubblici in ricerca e sviluppo... dei propri profitti
In meno di vent’anni il virus dell’Aids potrebbe essere fermato. E’ quanto afferma l’Onu, dandosi come data ultima per dare uno stop alla diffusione della malattia il 2030. “Porre fine all’epidemia provocata dal virus Hiv è possibile”, ha affermato Michel Sidibé, direttore esecutivo dell’Unaids, il programma congiunto dell’Onu su Hiv/Aids. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, nel mondo ci sono circa 35 milioni di sieropositivi, di cui 24,7 milioni nell’Africa sub-sahariana. Dallo scoppio dell’epidemia, più di trent’anni fa, 78 milioni di persone sono state infettate e 39 milioni sono morte per malattie correlate all’Aids. Dati che non sembrano spaventare l’Onu, capace di mettere nero su bianco la possibilità di dare un freno all’epidemia. ”Questo traguardo potrebbe essere raggiunto entro il 2030 in ogni Paese” anche perché “il numero di morti per il virus sta diminuendo”, continuano le Nazioni Unite.
Secondo un’analisi del rapporto fatta da al Jazeera, ci sono diverse ragioni per accreditare la speranza di raggiungere il controllo della malattia. Il mondo ha osservato importanti cambiamenti sul fronte dell’Aids e sono stati registrati più successi negli ultimi cinque anni che ne 23 precedenti, sottolinea l’Uniads. In particolare, l’accesso alle terapie antiretrovirali è cresciuto, portando a 12,9 milioni il numero di persone con l’Hiv che vi hanno accesso, pari al 37% di chi convive con il virus. Sempre secondo al Jazeera, la diffusione dei farmaci antiretrovirali è tra i miglioramenti più importanti e decisivi, se si pensa che un anno prima erano in trattamento solo 10 milioni di malati, mentre nel 2010 meno di 5 milioni subivano il trattamento. Per quanto riguarda le nuove infezioni, dal 2001 sono diminuite del 38%. Calo anche per i decessi, scesi del 35% negli ultimi 10 anni. “Oggi più che mai, c’è la possibilità di combattere la battaglia finale per la diffusione del virus”.
Prospettive positive, quindi, anche se molto resta da fare. Primo fra tutti, un cambio di approccio. Incrementati quindi i fondi destinati al debellamento del virus: così che i 19 miliardi di dollari decisi dal programma delle Nazioni Unite per il 2013, dovranno necessariamente aumentare per il 2015, crescendo fino a 24 miliardi. Il rapporto definisce quindi i prossimi cinque anni come determinanti per indirizzare l’andamento dei prossimi 15. “Se il mondo accrescerà gli sforzi entro il 2020, l’umanità sarà in grado di porre fine all’epidemia”, continua Sidibé.
Per “fine dell’aids”, quindi, si intende che la diffusione del virus potrebbe essere sotto controllo, anche perché è stato marginalizzato l’impatto della malattia per le persone e i contesti sociali. Il virus continuerà probabilmente ad esistere a lungo, ma il suo impatto può essere annullato applicando azioni di prevenzione e continuando a diffondere le cure esistenti. Una malattia per cui tutt’ora non esiste la cura, come ha dimostrato il noto caso della bambina statunitense nata sieropositiva, che sembrava fosse guarita fino a che qualche giorno fa non è tornata ad avere tracce di Hiv nel sangue.
Domanda: se fossi un politico responsabile della salute dei miei cittadini, sapendo che non c'è, ancora, una cura cosa posso fare per dare il mio contributo? La parola d'ordine sarebbe PREVENIRE: lanciare campagne incisive in rete, sulla stampa, in tv per far entrare nella testa delle persone che "solo usando preservativi" ci si può difendere dalla sindrome.. altro non c'è se non in contemporanea alle campagne informative fare controlli, anche volontari, sanitari nella parte della popolazione più a rischio: anche nel mondo del sesso a pagamento fino a legalizzarlo favorendo forme già sperimentate nel mondo, puritano, del nord europa.
Perchè non avviene? Sembra un bollettino di guerra: le malattie veneree stanno aumentando (soprattutto fra i giovani); alcune sindrome infantili, (anche grazie a scriteriate campagne contro i vaccini di massa) come il morbillo, stanno rispuntando; malattie finora curabili come la TBC sono riapparse con ceppi immuni alle cure; l'ebola è sempre lì ... e ora è arrivata anche qui; e si potrebbe continuare per molto ancora per molto senza soluzione di continuità. E il prossimo futuro non sembra roseo vista, da un lato, la tendenza verso una integrazione fra sanità pubblica e assicurazioni private, anche nel nostro paese (notoriamente le assicurazioni non sono società a scopo di beneficenza, basta guardare negli usa dove tutto il sistema sanitario è privato e chi non ne ha una non può accedere alle cure anche minime.... fra parentesi quel sistema sanitario sta fallendo miseramente ed è il meno efficiente del pianeta), dall'altro lo Stato è reticente nella prevenzione per tanti motivi: non ultimi i benpensanti, i cattolici, e gli stessi politici che, pur di mantenere lo scranno, gli vanno dietro tagliando i fondi alle suindicate campagne fino al punto che nel nostro paese quasi nessuno le fa..... nelle scuole tutto è lasciato alla buona voilontà di genitori e prof per dirne una: nessun coordinamento anzi repressione di chi va fuori della righe.
Leggendo in quest'ottica l'articolo della redazione del Fatto Quotidiano del 16 luglio 2014 forse fa apparire meno sensazionale l'annuncio dell 'onu e ne scopre la vena finanziaria di Big Pharma che ogni tanto tira la corda per scroccare fondi pubblici in ricerca e sviluppo... dei propri profitti
In meno di vent’anni il virus dell’Aids potrebbe essere fermato. E’ quanto afferma l’Onu, dandosi come data ultima per dare uno stop alla diffusione della malattia il 2030. “Porre fine all’epidemia provocata dal virus Hiv è possibile”, ha affermato Michel Sidibé, direttore esecutivo dell’Unaids, il programma congiunto dell’Onu su Hiv/Aids. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, nel mondo ci sono circa 35 milioni di sieropositivi, di cui 24,7 milioni nell’Africa sub-sahariana. Dallo scoppio dell’epidemia, più di trent’anni fa, 78 milioni di persone sono state infettate e 39 milioni sono morte per malattie correlate all’Aids. Dati che non sembrano spaventare l’Onu, capace di mettere nero su bianco la possibilità di dare un freno all’epidemia. ”Questo traguardo potrebbe essere raggiunto entro il 2030 in ogni Paese” anche perché “il numero di morti per il virus sta diminuendo”, continuano le Nazioni Unite.
Secondo un’analisi del rapporto fatta da al Jazeera, ci sono diverse ragioni per accreditare la speranza di raggiungere il controllo della malattia. Il mondo ha osservato importanti cambiamenti sul fronte dell’Aids e sono stati registrati più successi negli ultimi cinque anni che ne 23 precedenti, sottolinea l’Uniads. In particolare, l’accesso alle terapie antiretrovirali è cresciuto, portando a 12,9 milioni il numero di persone con l’Hiv che vi hanno accesso, pari al 37% di chi convive con il virus. Sempre secondo al Jazeera, la diffusione dei farmaci antiretrovirali è tra i miglioramenti più importanti e decisivi, se si pensa che un anno prima erano in trattamento solo 10 milioni di malati, mentre nel 2010 meno di 5 milioni subivano il trattamento. Per quanto riguarda le nuove infezioni, dal 2001 sono diminuite del 38%. Calo anche per i decessi, scesi del 35% negli ultimi 10 anni. “Oggi più che mai, c’è la possibilità di combattere la battaglia finale per la diffusione del virus”.
Prospettive positive, quindi, anche se molto resta da fare. Primo fra tutti, un cambio di approccio. Incrementati quindi i fondi destinati al debellamento del virus: così che i 19 miliardi di dollari decisi dal programma delle Nazioni Unite per il 2013, dovranno necessariamente aumentare per il 2015, crescendo fino a 24 miliardi. Il rapporto definisce quindi i prossimi cinque anni come determinanti per indirizzare l’andamento dei prossimi 15. “Se il mondo accrescerà gli sforzi entro il 2020, l’umanità sarà in grado di porre fine all’epidemia”, continua Sidibé.
Per “fine dell’aids”, quindi, si intende che la diffusione del virus potrebbe essere sotto controllo, anche perché è stato marginalizzato l’impatto della malattia per le persone e i contesti sociali. Il virus continuerà probabilmente ad esistere a lungo, ma il suo impatto può essere annullato applicando azioni di prevenzione e continuando a diffondere le cure esistenti. Una malattia per cui tutt’ora non esiste la cura, come ha dimostrato il noto caso della bambina statunitense nata sieropositiva, che sembrava fosse guarita fino a che qualche giorno fa non è tornata ad avere tracce di Hiv nel sangue.
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martedì 15 luglio 2014
Crimini di guerra ... approvati.
Sapete cosa sono i D.I.M.E.?
non è difficile..... ecco cosa ne dice wikipedia: "Un Esplosivo denso a metallo inerte (Dense Inert Metal Explosive - DIME) è un tipo sperimentale di esplosivo che ha un raggio relativamente ridotto (circa 4 metri), allo scopo di produrre il maggior danno in un minore spazio. Tali armi vengono definite "concentrato di letalità", poiché distruggono con precisione l'obiettivo, provocando un danno minimo all'ambiente circostante".
Bene. Ora che, forse, avete le idee più chiare leggete anche cosa causano, sempre da Wikipedia:"Le persone che vengono a trovarsi nel raggio di azione dell'ordigno riportano ustioni e lesioni gravissime da particelle pesanti (perforazioni interne e multiple degli organi) impossibili da curare. Le persone lontano dal raggio letale d'azione dell'ordigno potrebbero tuttavia presentare perforazioni alle ossa degli arti (con conseguente amputazione). Le pesanti particelle inerti potrebbero penetrare nei tessuti, anche senza apparenti conseguenze, e causare, a lungo termine, tumori (Rabdomiosarcoma). Per questi fatti, le DIME sono sotto pesante critica internazionale" e ancora "gli effetti cancerogeni del tungsteno sono stati studiati dalla U.S. Armed Force dal 2000 (insieme al DU - Uranio impoverito). Questi studi hanno dimostrato che i sopracitati elementi possono causare trasformazioni neoplastiche delle cellule osteoblaste umane. Uno studio più recente del Dipartimento della salute degli USA nel 2005 ha scoperto che le polveri HMTA causano rapidamente il rabdomiosarcoma nei topi. Il rischio cancerogeno del tungsteno sembra essere più legato al nichel. Tuttavia, il tungsteno puro ed il triossido di tungsteno sono sospettati di causare cancro e di avere altre tossicità. Infatti questi effetti sono stati riscontrati con studi su animali".
Vi chiederete: perchè questa tirata? Il solito Gombloddista? Bè fate voi ma ho trovato questa news pubblicata su PressTV in inglese che, tradotta su google translate, suona così:
Un medico norvegese nella Striscia di Gaza assediata ha fortemente criticato Israele per l'utilizzo di bombe cancerogeni contro i civili palestinesi.
Dr. Erik Fosse detto Press TV che la maggior parte dei pazienti ospedalizzati a Gaza sono civili feriti in attacchi contro le loro case e circa il trenta per cento di loro sono bambini.
Dense Inert metallici esplosivi, noto come DIME, è un dispositivo esplosivo sviluppato per ridurre al minimo i danni collaterali in guerra.
Gli esperti dicono che ha una relativamente piccola ma efficace raggio d'azione e si crede di avere forti effetti biologici su coloro che sono colpiti da micro-schegge della bomba.
Fosse, un capo reparto di un ospedale universitario di Oslo, dice anche qualche palestinese nella enclave assediata è stato ferito da un nuovo tipo di arma che anche i medici con precedenti esperienze in zone di guerra non riconoscono.
Israele ha usato anche-uranio impoverito e fosforo bianco conchiglie nella regione assediata durante i loro assalti precedenti.
Questo si presenta come Israele continua a martellare la Striscia di Gaza per il sesto giorno consecutivo. Gli ultimi raid aerei israeliani hanno ucciso almeno 32 palestinesi nel territorio assediato.
Fonti palestinesi dicono che i caccia israeliani hanno colpito quasi 200 obiettivi nelle ultime 24 ore.
Almeno 167 persone hanno perso la vita e più di 1100 feriti a Gaza dal Martedì, quando gli attacchi israeliani hanno cominciato.
Le persone hanno tenuto un funerale a Gaza per i palestinesi che sono stati uccisi in attacchi israeliani contro l'enclave costiera. I partecipanti al funerale condannato il sostegno degli Stati Uniti per Israele.
p.s.
ehm.... dire e denunciare è essere antisemita o è solo fare il blogger libero rimanendo nel solco tracciato da una grande persona come Vittorio Arrigoni? Perchè di armi non convenzionali gli occidentali ne hanno fatto larghissimo uso: dal vietnam, all'oggi, a gaza hanno scaricato di tutto..... dall'agente arancio al D.I.M.E c'è di che vergognarsi, giusto?
non è difficile..... ecco cosa ne dice wikipedia: "Un Esplosivo denso a metallo inerte (Dense Inert Metal Explosive - DIME) è un tipo sperimentale di esplosivo che ha un raggio relativamente ridotto (circa 4 metri), allo scopo di produrre il maggior danno in un minore spazio. Tali armi vengono definite "concentrato di letalità", poiché distruggono con precisione l'obiettivo, provocando un danno minimo all'ambiente circostante".
Bene. Ora che, forse, avete le idee più chiare leggete anche cosa causano, sempre da Wikipedia:"Le persone che vengono a trovarsi nel raggio di azione dell'ordigno riportano ustioni e lesioni gravissime da particelle pesanti (perforazioni interne e multiple degli organi) impossibili da curare. Le persone lontano dal raggio letale d'azione dell'ordigno potrebbero tuttavia presentare perforazioni alle ossa degli arti (con conseguente amputazione). Le pesanti particelle inerti potrebbero penetrare nei tessuti, anche senza apparenti conseguenze, e causare, a lungo termine, tumori (Rabdomiosarcoma). Per questi fatti, le DIME sono sotto pesante critica internazionale" e ancora "gli effetti cancerogeni del tungsteno sono stati studiati dalla U.S. Armed Force dal 2000 (insieme al DU - Uranio impoverito). Questi studi hanno dimostrato che i sopracitati elementi possono causare trasformazioni neoplastiche delle cellule osteoblaste umane. Uno studio più recente del Dipartimento della salute degli USA nel 2005 ha scoperto che le polveri HMTA causano rapidamente il rabdomiosarcoma nei topi. Il rischio cancerogeno del tungsteno sembra essere più legato al nichel. Tuttavia, il tungsteno puro ed il triossido di tungsteno sono sospettati di causare cancro e di avere altre tossicità. Infatti questi effetti sono stati riscontrati con studi su animali".
Vi chiederete: perchè questa tirata? Il solito Gombloddista? Bè fate voi ma ho trovato questa news pubblicata su PressTV in inglese che, tradotta su google translate, suona così:
Un medico norvegese nella Striscia di Gaza assediata ha fortemente criticato Israele per l'utilizzo di bombe cancerogeni contro i civili palestinesi.
Dr. Erik Fosse detto Press TV che la maggior parte dei pazienti ospedalizzati a Gaza sono civili feriti in attacchi contro le loro case e circa il trenta per cento di loro sono bambini.
Dense Inert metallici esplosivi, noto come DIME, è un dispositivo esplosivo sviluppato per ridurre al minimo i danni collaterali in guerra.
Gli esperti dicono che ha una relativamente piccola ma efficace raggio d'azione e si crede di avere forti effetti biologici su coloro che sono colpiti da micro-schegge della bomba.
Fosse, un capo reparto di un ospedale universitario di Oslo, dice anche qualche palestinese nella enclave assediata è stato ferito da un nuovo tipo di arma che anche i medici con precedenti esperienze in zone di guerra non riconoscono.
Israele ha usato anche-uranio impoverito e fosforo bianco conchiglie nella regione assediata durante i loro assalti precedenti.
Questo si presenta come Israele continua a martellare la Striscia di Gaza per il sesto giorno consecutivo. Gli ultimi raid aerei israeliani hanno ucciso almeno 32 palestinesi nel territorio assediato.
Fonti palestinesi dicono che i caccia israeliani hanno colpito quasi 200 obiettivi nelle ultime 24 ore.
Almeno 167 persone hanno perso la vita e più di 1100 feriti a Gaza dal Martedì, quando gli attacchi israeliani hanno cominciato.
Le persone hanno tenuto un funerale a Gaza per i palestinesi che sono stati uccisi in attacchi israeliani contro l'enclave costiera. I partecipanti al funerale condannato il sostegno degli Stati Uniti per Israele.
p.s.
ehm.... dire e denunciare è essere antisemita o è solo fare il blogger libero rimanendo nel solco tracciato da una grande persona come Vittorio Arrigoni? Perchè di armi non convenzionali gli occidentali ne hanno fatto larghissimo uso: dal vietnam, all'oggi, a gaza hanno scaricato di tutto..... dall'agente arancio al D.I.M.E c'è di che vergognarsi, giusto?
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Vittorio Arrigoni
lunedì 14 luglio 2014
Debito pubblico, nuovo record a maggio raggiunta quota 2.166,3 miliardi
il Portogallo sta vedendo fallire, dopo la cura che hanno pagato
cittadini di quel paese impoveriti dalle ricette salva paese, le tre
maggiori banche del paese...... inutile dire che anche lì il PIL
decresce (questo si che è decrescere), la disoccupazione aumenta,
l'inflazione anche e infine il debito pubblico protoghese non è affatto
diminuito: perchè? Perchè la "ricetta" è pervicacemente fallimentare e
mira solo a far ingrassare la finanza e non certo a risollevare
l'economia. Eppure nessuno alza la voce.... ecco un post che fra qualche
mese, quando crescerà ancora il "nostro debito pubblico", troveremo
ottimista...
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 14 luglio 2014
Nuovo record per il debito pubblico italiano che a maggio è aumentato di 20 miliardi di euro rispetto al mese precedente e ha raggiunto quota 2.166,3 miliardi. E così la crescita dall’inizio dell’anno è arrivata a 97 miliardi di euro, che in termini percentuali significa un rialzo del 4,7 per cento. E’ quanto emerge dal Supplemento al Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito della Banca d’Italia pubblicato lunedì 14 luglio.
Quanto alle voci di costo, l’incremento è dovuto per 14,9 miliardi al versamento di liquidità nelle casse del Tesoro che a fine maggio era pari a 92,3 miliardi, 30 in più dell’anno prima, nonché, per 5,5 miliardi, al soddisfacimento del fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche. Ma sarebbe potuta andare ancora peggio: l’emissione di titoli di Stato sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei BTP indicizzati all’inflazione (BTPi) hanno contenuto l’incremento del debito per 0,4 miliardi.
Ma il peso maggiore delle spese nel loro complesso è dovuto all’andamento dei conti delle amministrazioni centrali che vale 20,9 miliardi. Cala, invece, il debito delle Regioni e delle Province Autonome che è passato da 37,9 a 36,6 miliardi, mentre è rimasto stabile quello delle province (a 8,4 miliardi) ed è aumentato da 47,6 a 48 miliardi il debito dei Comuni. Invariato anche il debito degli Enti di Previdenza.
E così, nota l’Adusbef in un comunicato, il governo Renzi, partito a fine febbraio con un debito di 2.107,1 miliardi di euro, termina il quarto mese di governo con il debito salito a 2.166,300 miliardi, con un aumento di 59,143 miliardi, al ritmo di 14,785 miliardi al mese. Per i cittadini, sottolinea ancora l’associazione dei consumatori, il tutto si traduce in un maggior carico di 871 euro di “tassa occulta”, oltre ad altri gravami come Tari, Tasi, addizionali Irpef, accise, bolli passaporti, che portano il peso sulle spalle di ogni italiano a 36.225 euro a fine maggio. Una situazione che è andata a ripercuotersi su una popolazione che, secondo gli ultimi dati Istat, già nel 2013 evidenziava il 10% di povertà assoluta con la fascia delle famiglie che risulta essere la più colpita.
L’Adusbef inoltre scompone il debito generato dai governi Monti e Letta. L’incremento del debito per 128,904 miliardi di euro generato dal governo Monti, secondo l’associazione, ha prodotto per i cittadini italiani un aumento del carico pro capite pari a +2.163 euro, portando il debito totale a carico di ciascun cittadino italiano a 34.250 euro. Il governo Letta, partito a fine aprile 2013 con un debito di 2.041,293 miliardi di euro, conclude il suo mandato con un debito pubblico salito a 2.107,157, un aumento in 10 mesi di oltre 48 miliardi. L’aumento di carico pro capite imputabile alla sua politica, sempre secondo l’Adusbef, è di di 1.105 euro, per un totale di 35.354 euro alla fine di ottobre.
p.s.
capite perchè dico che fra qualche mese sarà ricordato come "ottimistico"?
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 14 luglio 2014
Nuovo record per il debito pubblico italiano che a maggio è aumentato di 20 miliardi di euro rispetto al mese precedente e ha raggiunto quota 2.166,3 miliardi. E così la crescita dall’inizio dell’anno è arrivata a 97 miliardi di euro, che in termini percentuali significa un rialzo del 4,7 per cento. E’ quanto emerge dal Supplemento al Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito della Banca d’Italia pubblicato lunedì 14 luglio.
Quanto alle voci di costo, l’incremento è dovuto per 14,9 miliardi al versamento di liquidità nelle casse del Tesoro che a fine maggio era pari a 92,3 miliardi, 30 in più dell’anno prima, nonché, per 5,5 miliardi, al soddisfacimento del fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche. Ma sarebbe potuta andare ancora peggio: l’emissione di titoli di Stato sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei BTP indicizzati all’inflazione (BTPi) hanno contenuto l’incremento del debito per 0,4 miliardi.
Ma il peso maggiore delle spese nel loro complesso è dovuto all’andamento dei conti delle amministrazioni centrali che vale 20,9 miliardi. Cala, invece, il debito delle Regioni e delle Province Autonome che è passato da 37,9 a 36,6 miliardi, mentre è rimasto stabile quello delle province (a 8,4 miliardi) ed è aumentato da 47,6 a 48 miliardi il debito dei Comuni. Invariato anche il debito degli Enti di Previdenza.
E così, nota l’Adusbef in un comunicato, il governo Renzi, partito a fine febbraio con un debito di 2.107,1 miliardi di euro, termina il quarto mese di governo con il debito salito a 2.166,300 miliardi, con un aumento di 59,143 miliardi, al ritmo di 14,785 miliardi al mese. Per i cittadini, sottolinea ancora l’associazione dei consumatori, il tutto si traduce in un maggior carico di 871 euro di “tassa occulta”, oltre ad altri gravami come Tari, Tasi, addizionali Irpef, accise, bolli passaporti, che portano il peso sulle spalle di ogni italiano a 36.225 euro a fine maggio. Una situazione che è andata a ripercuotersi su una popolazione che, secondo gli ultimi dati Istat, già nel 2013 evidenziava il 10% di povertà assoluta con la fascia delle famiglie che risulta essere la più colpita.
L’Adusbef inoltre scompone il debito generato dai governi Monti e Letta. L’incremento del debito per 128,904 miliardi di euro generato dal governo Monti, secondo l’associazione, ha prodotto per i cittadini italiani un aumento del carico pro capite pari a +2.163 euro, portando il debito totale a carico di ciascun cittadino italiano a 34.250 euro. Il governo Letta, partito a fine aprile 2013 con un debito di 2.041,293 miliardi di euro, conclude il suo mandato con un debito pubblico salito a 2.107,157, un aumento in 10 mesi di oltre 48 miliardi. L’aumento di carico pro capite imputabile alla sua politica, sempre secondo l’Adusbef, è di di 1.105 euro, per un totale di 35.354 euro alla fine di ottobre.
p.s.
capite perchè dico che fra qualche mese sarà ricordato come "ottimistico"?
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domenica 13 luglio 2014
Il secolo del lavoro inutile
Se
qualcuno avesse progettato un sistema del lavoro fatto su misura per
salvaguardare il potere del capitale, non avrebbe potuto riuscirci
meglio. I lavoratori veri, quelli produttivi, vengono spremuti e
sfruttati implacabilmente. Gli altri si dividono tra un atterrito
strato di disoccupati, disprezzato da tutti, e un più ampio strato di
persone che in pratica vengono pagate per non fare nulla, e che
ricoprono incarichi progettati per farle identificare con i punti di
vista e le sensibilità della classe dirigente (manager, amministratori
eccetera) – in particolare con le loro personificazioni economiche – ma
che al tempo stesso covano un segreto rancore nei confronti di chiunque
faccia un lavoro provvisto di un chiaro e innegabile valore sociale.
di David Graeber
Nel
1930, John Maynard Keynes prevedeva che entro la fine del secolo la
tecnologia sarebbe progredita abbastanza da permettere a paesi come il
Regno Unito o gli Stati Uniti di approdare alla settimana lavorativa di
quindici ore. Aveva ragione: in termini di tecnologia, saremmo
perfettamente in grado di riuscirci. Eppure non è ancora successo.
Anzi, semmai la tecnologia è stata arruolata per inventare nuovi modi
di farci lavorare tutti di più. A tale scopo sono stati creati lavori
che sono di fatto inutili. Enormi schiere di persone, soprattutto in
Europa e Nordamerica, trascorrono tutta la loro vita professionale
eseguendo compiti che segretamente ritengono inutili. I danni morali e
spirituali che derivano da questa situazione sono profondi. È una
cicatrice sulla nostra coscienza collettiva. Eppure non ne parla
praticamente nessuno. Perché l’utopia promessa da Keynes non si è mai
materializzata?La spiegazione standard è che Keynes non aveva
preventivato la mole dell’incremento del consumismo. Messi davanti alla
scelta tra meno ore di lavoro e più giocattoli e piaceri, abbiamo
collettivamente scelto i secondi. Il che porterebbe con sé anche una
morale simpatica, non fosse che basta riflettere un attimo per capire
che non può essere così.
È vero, dagli
anni venti in poi abbiamo assistito alla creazione di un’infinità di
nuovi lavori e industrie, ma sono pochissimi quelli che hanno a che
vedere con la produzione e la distribuzione di sushi, iPhone o scarpe
da ginnastica costose. Allora cosa sono esattamente questi nuovi
lavori? Un recente studio che confronta l’occupazione negli Stati Uniti
tra il 1910 e il 2000 ci fornisce un’immagine chiara. Durante il
secolo scorso, il numero di lavoratori impiegati come domestici, nel
settore industriale e in quello agricolo è crollato. Parallelamente,
“le libere professioni, i lavori dirigenziali, d’ufficio, di vendita e
di servizio” sono triplicati, passando da un quarto degli impieghi
complessivi a tre quarti. In altre parole, i lavori produttivi,
esattamente come previsto, sono stati in gran parte sostituiti
dall’automazione (anche calcolando il numero di lavoratori industriali a
livello mondiale, comprese le masse che sgobbano in India e in Cina,
questi lavoratori non rappresentano neppure alla lontana la stessa
percentuale di popolazione mondiale di una volta).
Ma
anziché consentire una significativa riduzione delle ore di lavoro per
rendere la popolazione mondiale libera di dedicarsi ai propri
progetti, piaceri e idee, abbiamo assistito all’esplosione non tanto
del settore dei “servizi”, quanto di quello amministrativo, arrivando a
comprendere la creazione di intere nuove industrie come quella dei
servizi finanziari o del telemarketing, o l’espansione senza precedenti
di settori come quello giuridico-aziendale, accademico, della
amministrazione sanitaria, delle risorse umane e delle pubbliche
relazioni. E questi numeri non comprendono tutte quelle persone che per
lavoro forniscono a queste industrie assistenza amministrativa,
tecnica o relativa alla sicurezza, né – se è per questo – l’esercito di
attività secondarie (come i toelettatori di cani o i fattorini che
consegnano pizze tutta la notte) che esistono soltanto perché le altre
persone passano tanto tempo a lavorare in tutte le altre.Sono mestieri
che propongo di definire “lavori stupidi”.
È
come se esistesse qualcuno che inventa lavori inutili solo per farci
continuare a lavorare. E proprio qui sta il mistero: nel capitalismo,
questo è esattamente quel che non dovrebbe succedere. Certo, nei vecchi
stati socialisti inefficienti come l’Unione Sovietica, dove il lavoro
era considerato insieme un diritto e un sacro dovere, il sistema si
occupava di inventare tutti i lavori necessari (ecco perché nei grandi
magazzini sovietici ci volevano tre commessi per vendere un pezzo di
carne). Ma questo, naturalmente, è proprio il genere di problema che la
concorrenza di mercato dovrebbe correggere. Secondo le teorie
economiche, perlomeno, l’ultima cosa che deve fare un’azienda
desiderosa di profitti è sborsare soldi a lavoratori di cui non ha
davvero bisogno. Eppure, non si sa perché, succede lo stesso.
È
vero, le grandi aziende operano spesso tagli spietati, ma
licenziamenti e prepensionamenti colpiscono immancabilmente la classe
delle persone che fabbricano, spostano, riparano e mantengono in
funzione le cose. Per una strana alchimia che nessuno sa davvero
spiegare, ultimamente il numero di passacarte salariati sembra
aumentare, e sempre più lavoratori dipendenti si ritrovano, un po’ come
i sovietici di una volta, a lavorare in teoria quaranta se non
cinquanta ore alla settimana, ma lavorandone di fatto quindici proprio
come previsto da Keynes, perché il resto del loro tempo serve per
organizzare o partecipare a seminari motivazionali, aggiornare i
profili facebook o scaricare roba. Chiaramente la spiegazione non è
economica: è morale e politica. La classe dirigente si è resa conto che
una popolazione felice, produttiva e con del tempo libero a
disposizione è un pericolo mortale (pensate a quel che è cominciato a
succedere quando negli anni sessanta ci si è avvicinati a una vaga
approssimazione di questa cosa). E d’altra parte, l’idea che il lavoro
sia un valore morale in sé, e che chiunque non desideri sottomettersi a
un’intensa disciplina lavorativa per la maggior parte delle sue ore di
veglia non meriti niente, torna straordinariamente comoda a molti.
Una
volta, riflettendo sulla crescita apparentemente infinita degli
incarichi amministrativi nei dipartimenti accademici britannici, mi è
venuta in mente una possibile visione dell’inferno. L’inferno è un
insieme di individui che passano il loro tempo a svolgere un compito
che non amano e nel quale non sono particolarmente bravi. Per esempio,
sono stati assunti perché bravissimi a fabbricare mobili, dopodiché
scoprono di dover passare un sacco di tempo a friggere pesce. E nemmeno
quello è un compito necessario: c’è solo un certo numero molto
limitato di pesci che vanno fritti. Eppure tutti questi individui sono
così ossessionati dall’idea che qualche collega possa passare più tempo
di loro a fabbricare mobili, senza sobbarcarsi la sua quota di dovere
nella frittura del pesce, che presto nel laboratorio si accumulano
innumerevoli montagne di pesce inutile e mal cotto, e nessuno fa
nient’altro.
A dire il vero, questa mi sembra una descrizione piuttosto precisa delle dinamiche morali che governano la nostra economia.
Mi
rendo conto che simili argomenti possono suscitare alcune obiezioni,
tipo: “Chi sei tu per stabilire quali lavori siano necessari? Ma poi
cosa vuol dire necessario? Tu che insegni antropologia, che necessità
soddisfi?” (in effetti un sacco di persone considererebbero l’esistenza
del mio lavoro come la definizione stessa di “spesa sociale inutile”).
Da un certo punto di vista, questo è ovviamente vero. Non esiste un
modo per misurare oggettivamente il valore sociale.
Non
avrei mai la presunzione di dire a una persona convinta di dare un
contributo importante al mondo che, sotto sotto, non lo dà. Ma come la
mettiamo con le persone convinte di fare un lavoro stupido? Qualche
tempo fa ho riallacciato i contatti con un compagno di scuola che non
vedevo da quando avevamo dodici anni. Mi ha sbalordito scoprire che nel
frattempo lui era diventato prima un poeta, poi il cantante di un
gruppo rock alternativo. Avevo sentito alcune sue canzoni, senza avere
la minima idea di conoscere il cantante. È chiaramente una persona
brillante, innovativa, il cui lavoro ha indiscutibilmente ravvivato e
migliorato la vita di tante persone in tutto il mondo. Ciò nonostante,
dopo un paio di album andati male, ha perso il suo contratto
discografico e, sommerso dai debiti e con una figlia appena nata, ha
finito, sono parole sue, per “imboccare la strada che sceglie in
automatico tanta gente che non sa dove andare: la facoltà di
giurisprudenza”. Oggi lavora come avvocato aziendale per un importante
studio di New York. Lui per primo ammette di fare un lavoro del tutto
privo di senso, che non fornisce nessun contributo al mondo e che,
secondo lui, in realtà non dovrebbe esistere.
A
questo punto ci si potrebbero fare tante domande, cominciando da: che
cosa dice della nostra società il fatto che riesca a generare una
domanda estremamente limitata di poeti-musicisti talentuosi, a fronte
di una domanda apparentemente infinita di specialisti in diritto
aziendale? (Risposta: se la maggior parte della ricchezza disponibile
la controlla l’1 per cento della popolazione, allora quello che
definiamo “mercato” riletterà ciò che loro, e nessun altro, considerano
utile o importante). Ma ancor di più dimostra che di solito chi fa
questi lavori alla in fine si rende conto che sono stupidi. Anzi, credo
di non aver mai conosciuto un avvocato aziendale che non pensasse di
fare un lavoro stupido. Lo stesso vale per quasi tutte le nuove
industrie descritte poco sopra. Esiste un’intera classe di lavoratori
salariati che, se li incontri a una festa e ammetti di fare un mestiere
considerato interessante (l’antropologo, per esempio), si rifiuta
anche soltanto di dirti che lavoro fa. Fategli bere due o tre drink, e
si lanceranno in vere e proprie tirate su quanto inutile e stupido sia
in realtà il loro lavoro.
Stiamo
parlando di una violenza psicologica profonda. Come si può anche solo
cominciare a parlare di dignità del lavoro, quando in cuor suo una
persona ritiene che il proprio lavoro non debba esistere? Come può un
fatto del genere non creare una rabbia e un risentimento profondi?
Tuttavia,
il talento tutto particolare della nostra società sta nel fatto che i
suoi governanti hanno escogitato un modo, come nel caso dei friggitori
di pesce, per garantire che questa rabbia venga indirizzata contro chi
invece fa un lavoro sensato. Per esempio: nella nostra società sembra
vigere una regola generale per cui più il lavoro di un individuo giova
palesemente ad altre persone, minori sono le probabilità che questo
lavoro venga pagato. Ripeto, è difficile individuare un parametro di
misurazione oggettivo, ma per farsi un’idea basta semplicemente
chiedersi: che succederebbe se quest’intera classe di persone
scomparisse? Dite quel che volete di infermieri, spazzini e meccanici: è
palese che, se dovessero sparire in una nuvola di fumo, gli effetti
sarebbero immediati e catastrofici. Un mondo senza insegnanti e
scaricatori di porto finirebbe presto nei guai, e anche un mondo senza
scrittori di fantascienza o musicisti ska sarebbe evidentemente
peggiore. Non è però del tutto chiaro in che modo l’umanità soffrirebbe
se dovessero svanire allo stesso modo tutti gli amministratori
delegati di società d’investimenti, i lobbisti, gli addetti alle
pubbliche relazioni, gli analisti assicurativi, i lavoratori del
telemarketing, gli ufficiali giudiziari o i consulenti legali (molti
sospettano che potrebbe significativamente migliorare). Eppure, fatta
salva una manciata di stimatissime eccezioni (i medici), la regola
resiste sorprendentemente bene.
Cosa
ancor più perversa, sembra circolare la diffusa convinzione che sia
giusto così. Ecco qual è uno dei punti di forza segreti dei populisti
di destra. Lo si vede quando fomentano il rancore contro i dipendenti
della metropolitana che paralizzano Londra per il rinnovo del
contratto: il fatto stesso che i dipendenti della metropolitana siano
in grado di paralizzare Londra è la riprova che il loro lavoro è
necessario, ma a infastidire la gente sembra sia proprio questo. È
ancora più evidente negli Stati Uniti, dove i repubblicani stanno
riuscendo con molto successo a mobilitare il risentimento contro gli
insegnanti o contro gli operai dell’industria dell’automobile (e non,
dettaglio significativo, contro chi amministra le scuole o contro i
dirigenti che creano i problemi) a causa di stipendi e benefit che
sembrano eccessivi. È come se gli stessero dicendo: “Ma voi insegnate
ai bambini! O costruite le macchine! Fate dei lavori veri! E avete
anche la faccia tosta di aspettarvi delle pensioni e un’assistenza
sanitaria da classe media?”.
Se
qualcuno avesse progettato un sistema del lavoro fatto su misura per
salvaguardare il potere del capitale, non avrebbe potuto riuscirci
meglio. I lavoratori veri, quelli produttivi, vengono spremuti e
sfruttati implacabilmente. Gli altri si dividono tra un atterrito
strato di disoccupati, disprezzato da tutti, e un più ampio strato di
persone che in pratica vengono pagate per non fare nulla, e che
ricoprono incarichi progettati per farle identificare con i punti di
vista e le sensibilità della classe dirigente (manager, amministratori
eccetera) – in particolare con le loro personificazioni economiche – ma
che al tempo stesso covano un segreto rancore nei confronti di
chiunque faccia un lavoro provvisto di un chiaro e innegabile valore
sociale.
Non è un sistema
progettato in modo conscio: è emerso da quasi un secolo di tentativi
empirici. Ma è anche l’unica spiegazione del perché, nonostante le
nostre capacità tecnologiche, non lavoriamo tutti quanti solo tre o
quattro ore al giorno.
[da Internazionale, n. 1023, 25-31 ottobre 2014]
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