06/04/2017 di triskel182

ROMA – Avanti verso la crescita, ma il
sistema italiano presenta ancora molti «limiti e distorsioni », a
cominciare da un carico fiscale da record che pesa sulle imprese per 25
punti in più rispetto alla media Ue. Lo denuncia la Corte dei Conti
nel Rapporto 2017 sul coordinamento della finanza pubblica. Anche i
lavoratori sono molto penalizzati. Infatti « il 49% prelevato a titolo
di contributi e di imposte eccede di ben dieci punti l’onere che si
registra nel resto d’Europa».
I
questi giorni in effetti il governo sta lavorando a un’ipotesi di
taglio del cuneo fiscale, ponendo particolare attenzione ai neoassunti
sotto i 35 anni e ai redditi fino a 40.000 euro. Quanto alle imprese, è
stata azzerata l’Irap e dall’inizio di quest’anno l’Ires, la tassa
sulle società, è scesa dal 27,5 al 24%. Ma evidentemente non è
abbastanza: la pressione fiscale in Italia, ricorda la Corte, «è tra le
più elevate tra i paesi Ue (42,9% del Pil)». E le tasse sono tante e
tali che essere a posto con tutti gli adempimenti costa
all’imprenditore italiano «269 ore lavorative, il 55% in più di quanto
richiesto al suo competitore europeo».
La
Corte chiede una seria revisione del sistema, che poggi su basi certe:
la riduzione della pressione fiscale è un «obiettivo raggiungibile solo
attraverso un ridimensionamento della spesa». Altrimenti si rischia di
proseguire con interventi parziali, che non incidono sugli squilibri
di fondo: «Occorrerà stabilire anche se e come rivedere le misure che
hanno portato ad un’attenuazione del prelievo su specifiche categorie
di contribuenti». E continueranno a esserci eterne pendenze irrisolte,
come quelle delle clausole di salvaguardia. Non bisogna fare troppo
affidamento sul contributo delle privatizzazioni, né sui proventi della
lotta all’evasione fiscale. Serve invece un progetto organico, che
permetta in primo luogo anche di «porre il debito su un sentiero
discendente, non troppo ripido ma costante, procedendo speditamente
alle azioni di riforme strutturali per sostenere la crescita e
migliorare, anche sotto questo profilo, le condizioni di sostenibilità
della finanza pubblica».
Le condizioni ci
sono: «Nel 2016 la crescita ha ripreso vigore – dice il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan – i primi segnali dell’anno in corso
sono molto incoraggianti, siamo in una fase di transizione verso una
crescita più robusta e sostenuta grazie anche ai significativi
progressi in termini di riforme strutturali». Lo conferma anche
l’Istat, nella nota congiunturale: «In Italia l’andamento dell’attività
economica risulta positivo, in un contesto di aumento della
profittabilità delle imprese e di intensificazione dell’attività di
investimento ». Un clima che si riflette anche nella fiducia dei
consumatori e delle aziende, in crescita. Meglio non rimandare: la
segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, chiede infatti di
«aprire subito, senza aspettare il 2018, una fase di confronto con il
governo sulla riforma dell’Irpef per ridurre la pressione fiscale sul
lavoro dipendente, sulle pensioni e sulle imprese che assumono ed
investono in innovazione e ricerca».
Articolo intero su La Repubblica del 06/04/2017.
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.. e la serie continua