Quando l'ho letto non ci potevo credere: un ghanese da 16 anni in
italia non ha potuto avere la nostra cittadinanza perchè non sapeva chi
erano i ... politici e cosa facevano? E' un motivo discriminante per non
dare l'italica carta d'identità? Sul fatto quotidiano c'era l'articolo
che ne parlava fra il serio e il faceto: il serio perchè se è vero che
l'operaio ghanese dimostrava una buona conoscenza generale dal lato del
faceto il problema era che non gli concedevano, siamo sempre sudditi, la
cittadinanza perchè non sapeva chi fossero i nostri politici più in
vista... una follia bella e buona perchè quanti italioti li conoscono?
Quanti conoscono l'art. 95 della Costituzione? Ben pochi, in paricolare
nelle nuove genrazioni.. quindi che si fa? Gli si leva la cittadinanza
anche a loro? A differenza di noi che, anche se non sappiamo un ben
niente di queste cose, non corriamo molti rischi.... lui si, rischia
l'espulsione.
Leggetevi l'articolo è illuminante di come un paese,
che ha rinunciato ad avere un futuro, ha un estremo bisogno di idee,
persone e braccia fresche per un piglio puramente, e stupidamente,
burocratico (indotto dalla legge sulla cittadinanza combinata con quella
sull'immigrazione) rinunci a futuri cittadini che non delinquono ma
lavorano onestamente, pagano le tase e i contributi contribuendo
all'economia....
dal Fatto quotidiano del 19/7/2013 a firma di T. Mackinson
“Non conosce Berlusconi, Grillo e Casini”. E la Questura gli nega la cittadinanza
Se li conosci li eviti, se non li conosci rischi l’espulsione. Così insegna la storia di Addai, un ghanese che ha tutti i requisiti ma non ottiene la cittadinanza italiana perché non sa chi siano Alfano, Berlusconi, Casini. E a dirla tutta, neppure Grillo, Di Pietro,
etc… Mentre il governo Letta e tutti noi siamo costretti a mandar giù
le battute razziste di Calderoli e improbabili autoassoluzioni di
Alfano sullo scandalo kazako, l’Italia cambia idea
sull’immigrazione: la cittadinanza si ottiene grazie allo “ius partiti”.
Non è uno scherzo, è successo davvero. Lo rivela il surreale e
kafkiano parere con cui l’Ufficio Immigrazione della Questura di
Pordenone, lo scorso gennaio, ha addotto quelle motivazioni per negare
la naturalizzazione di un immigrato che – altra colpa grave –
“conosceva i nomi di Monti e Napolitano, ma non di Ciampi”.
Il solerte funzionario non ha dubbi: respinto. La relazione, trasmessa
alla Prefettura perché finisca al Ministero dell’Interno, mette fine
alle speranze di Addai Richie Akoto, operaio, padre di quattro figli in
Italia da 16 anni.
Lo incontriamo a Pordenone,
scopre da noi la brutta notizia. La famiglia gli si stringe attorno. A
sentire tutta la storia non ci sono dubbi, è un perseguitato politico.
Ma non dalle autorità del Ghana, da cui è scappato nel 1997 passando
per la frontiera di Ventimiglia quanto da quei politici che
distrattamente vede in tv. Il rapporto, che è un atto interno, riporta
un casellario giudiziale intonso, un quadro sociale sereno. Vive in
appartamento “per il quale versa un affitto di 650 euro” con tre figli e
la moglie, tutti cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Versa
anche 180 euro al mese per la stanza della figlia che frequenta
Geologia a Trieste. Quei soldi Addai se li suda e lo zelante estensore
lo scrive pure: dal 2004 è assunto a tempo indeterminato all’Electrolux di Porcia,
cuore industriale di Pordenone alle prese con 150 esuberi e con cassa e
mobilità in scadenza a fine mese. Se perde il posto, lui rischia
l’espulsione con tutta la famiglia. Non conta. Il dirigente vuole invece
accertare, come impone la legge, il suo livello di preparazione
linguistica e culturale. Addai parla e legge l’italiano e “comprende
anche le parole più complesse”. Evviva, e allora? “Tuttavia ha una
conoscenza storica, geografica e delle Istituzioni del nostro paese non
sufficiente, confusa e lacunosa”. Che avrà mai detto? Non ricorda le
date delle feste nazionali, confonde quella della Repubblica con l’Unità d’Italia (istituita appena due anni fa e ignota ai più, ndr), i relativi periodi storici ed “afferma che Garibaldi
era prima un politico e poi uno scrittore, senza essere in grado di
dare la risposta esatta”. Alt, parentesi: sul politico si può discutere,
ma non c’è dubbio che abbia scritto poemi, lettere, memorie e
trattati. Il meglio arriva ora: “Quanto alle istituzioni conosce i nomi
di Napolitano e Monti, ma non di Ciampi e neppure la durata in carica
del presidente della Repubblica che indica a vita”. Il doppio
settennato di Napolitano, in realtà, sembra anche dargli ragione.
Ed
ecco il brivido vero: “Conosce il Parlamento e le due camere, (..)
alcuni partiti principali, ma ha sbagliato i leader del Pdl, non conosce
Grillo né Casini e Di Pietro”. Inaccettabile: “si esprime parere
sfavorevole”. Così un dirigente ha deciso il destino di un aspirante
italiano e chissà quanti altri. Almeno fino a luglio, quando il
Ministero è ricorso a più miti consigli, anche grazie a
un’interrogazione parlamentare di Sel sull’anomala
parsimonia nelle concessioni. La legge sulla cittadinanza (L.91/1992) e
la circolare con le procedure di concessione fanno riferimento a
“principi fondamentali cui si ispira il nostro ordinamento”. Qualcuno
qui, ma forse anche altrove, fa a modo suo, assumendo che esponenti dei
partiti (e non delle istituzioni) siano parte dell’ordinamento. E che
l’infausto destino dei cittadini italiani sia di doverli conoscere uno
per uno. Piccola annotazione per chi si chiedesse cosa abbia mai fatto
Addai in questi 16 anni e se sia stato sulla luna per non sapere chi
sono Alfano, Casini&co. No, ha lavorato in fabbrica, mantenuto
cinque persone e si e’ adoperato nella comunita’ di immigrati come
presidente dell’associazione “Ashanti” per raccogliere fondi con cui
acquistare materassi, beni essenziali e tutto quelli che manca ai bimbi
dell’omonima regione (e povera) regione ghanese. Postilla: con la
terzogenita Jonaqline, quarta liceo, siamo andati a fare le stesse domande rivolte al padre ai residenti italiani. Il risultato, date un occhio al video (l'ho trovate sul sito), è esilarante. E ora, chi si prende la briga di revocare loro la cittadinanza?
p.s.
buona lettura e buona domenica...
si parla di progresso, di evoluzione, di civiltà ci ritroviamo invece in un nuovo medio evo dove conta chi si nasconde dietro il potere o vi si allea con esso.
sabato 20 luglio 2013
giovedì 18 luglio 2013
e, a proposito di dignità, una domanda: ma cosa avevano promesso i partiti?
Mentre il Capo dello Stato monita dice che il Governo non può essere
ostaggio nè dei problemi (più o meno giudiziari) del "singolo" nè
dell'affaire kazako, una vera vergogna per un paese che ad ogni piè
sospinto ricorda a tutti di essere democratico e liberale.... a parole, i
reggitori dello stesso governo ne approfittano:
lo spiega benissimo il Prof Zagrebelsky in questa intervista pubblicata dal Fatto che qui vi riporto come testimonianza... buona lettura
“F35, giustizia e Kazakistan È l’umiliazione dello Stato” (Silvia Truzzi).Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky.
Siccome i “maltrattamenti” alla Carta continuano, ci tocca disturbare di nuovo – a poche settimane dall’ultima volta – Gustavo Zagrebelsky.
Professore, negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerosi episodi di natura politica e costituzionale che hanno suscitato discussioni e polemiche. Lei che ne pensa?
Prima che dagli episodi, iniziamo da un dubbio, da un interrogativo di portata generale, di cui vorremmo non si dovesse parlare. E, invece, dobbiamo.
Cosa intende?
Una cosa angosciante. Si tratta solo di singoli episodi, oppure di manifestazioni di qualcosa di più profondo, che non riusciamo a vedere e definire con chiarezza, ma avvertiamo come incombente e minaccioso? Qualcosa in cui quelli che altrimenti sarebbero appunto solo episodi isolati, assumono un significato comune. Li dobbiamo trattare isolatamente o come sintomi d’un generale e pericoloso malessere?
Dica lei.
Guardi: può darsi ch’io pecchi in pessimismo. Mi sembra che sulla vita politica, nel nostro Paese, in questo momento, gravi un “non detto” che spiegherebbe molte cose. Si fa finta di vivere nella normalità della vita democratica, ma non è così. È come se una rete invisibile avvolgesse le istituzioni politiche fossilizzandole; imponesse agli attori politici azioni e omissioni altrimenti assurdi e inspiegabili; mirasse a impedire che qualunque cosa nuova avvenga. Questa è stasi, situazione pericolosa. Se qualche episodio, anche grave o gravissimo, sfugge alla rete, l’imperativo è sopire, normalizzare. Ciò che accade sulla scena politica sembra una messinscena. Ci si agita per nulla concludere. Ma la democrazia, così, muore. Lo spettacolo cui assistiamo sembra un gioco delle parti, oltretutto di livello infimo. Il numero degli appassionati sta diminuendo velocemente. L’umore è sempre più cupo. Bastava guardare i volti e udire il tono di alcuni che hanno preso la parola nel dibattito sulla vicenda della “rendition” kazaka. Sembravano tanti “cavalieri dalla trista figura”. Non si respirava il “fresco profumo della libertà”, di cui ha scritto ieri Barbara Spinelli. Né v’era traccia di quella “felicità” che è l’humus della democrazia, di cui abbiamo ragionato Ezio Mauro e io, in contrasto con l’atmosfera stagnante dei regimi del sospetto, dell’intrigo, della libertà negata.
Si riferisce alla maggioranza modello “larghe intese”?
Innanzitutto: è una maggioranza contro natura; contraria alle promesse elettorali e quindi democraticamente illegittima, anche se legale; che pretende di fare cose per le quali non ha ricevuto alcun mandato. Ricorderà che è stata formata pensando a poche e chiare misure da prendere insieme: governo “di scopo” (come se possa esistere un governo senza scopi!), “di servizio” (come se ci possa essere un governo per i fatti suoi!) e, poi, “di necessità”. Ora, sembra un governo marmorizzato il cui scopo necessario sia durare, irretito in un gioco più grande di lui. La riforma elettorale, bando alle ciance, non si fa, perché in fondo, oltre che essere nell’interesse di molti, nel frattempo, con l’attuale, non si può tornare a votare. Perfino l’abnorme procedimento di revisione della Costituzione è stato pensato a questo scopo, come si ammette anche da diversi “saggi” che pur si sono lasciati coinvolgere. E, in attesa che la si cambi, la si viola.
Così arriviamo agli episodi. Il caso F-35?
Incominciamo da qui. Il Parlamento è stato esautorato quando il Consiglio supremo di difesa ha scritto che i “provvedimenti tecnici e le decisioni operative, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”, sottintendendo: “responsabilità esclusive”. Chissà chi sono i consulenti giuridici che hanno avallato queste affermazioni, che svuotano i compiti del Parlamento in materia di sicurezza e politica estera? Un regresso di due secoli, a quando tali questioni erano prerogativa regia. Del resto, lei sa che cosa è questo Consiglio? Qualcuno si è ricordato che la sua natura è stata definita nel 1988 da una relazione della Commissione presieduta da un grande giurista, Livio Paladin, istituita dal presidente Cossiga per fare chiarezza su un organo ambiguo (ministri, generali, presidente della Repubblica)? Fu chiarito allora che si tratta di un organo di consulenza e informazione del presidente, senza poteri di direttiva. D’altra parte, chi stabilisce se certi provvedimenti e certe decisioni sono solo tecniche e operative, e non hanno carattere politico? I sistemi d’arma, l’uso di certi mezzi o di altri non sono questioni politiche? Chi decide? Il Parlamento, in un regime parlamentare. Forse che si sia entrati in un altro regime?
L’affaire kazako è una “brutta figura internazionale” o una violazione dei diritti umani?
Una cosa e l’altra. Ma non solo: è l’umiliazione dello Stato. Ammettiamo che nessun ministro ne sapesse qualcosa. Sarebbe per questo meno grave? Lo sarebbe perfino di più. Vorrebbe dire che le istituzioni non controllano quello che accade nel retrobottega e che il nostro Paese è terreno di scorribande di apparati dello Stato collusi con altri apparati, come già avvenuto nel caso simile di Abu Omar, rapito dai “servizi” americani con la collaborazione di quelli italiani e trasportato in Egitto: un caso in cui s’è fatta valere pesantemente la “ragion di Stato”. Non basta, in questi casi, la responsabilità dei funzionari. L’art. 95 della Carta dice che i ministri, ciascuno personalmente, portano la responsabilità degli atti dei loro dicasteri. Se, sotto di loro, si formano gruppi che agiscono in segreto, per conto loro o in combutta con poteri estranei o stranieri, il ministro non risponderà penalmente di quello che gli passa sotto il naso senza che se ne accorga. Ma politicamente ne è pienamente responsabile. Troppo comodo il “non sapevo”. Chi ci governa, per prima cosa, “deve sapere”. Se no, dove va a finire la nostra sovranità? Chi, dovendola difendere, in questa circostanza, non l’ha difesa?
Che dire del blocco del Parlamento decretato per protesta contro l’Autorità giudiziaria?
Che, anche questa, come la manifestazione di decine di parlamentari scalpitanti dentro e fuori il Tribunale di Milano, è una vicenda inconcepibile. Altrettanto inconcepibile è che l’una e l’altra non siano state oggetto di puntuale e precisa condanna. Anche qui: ammettiamo per carità di Patria che l’una sia stata una normale sospensione tecnica e l’altra una visita guidata a un palazzo pubblico. Non basta, però, averli “derubricati”, per poter dire che non è successo nulla. La questione è che non s’è detto autorevolmente che l’intento e i mezzi immaginati sono, sempre e comunque, inammissibili perché contro lo Stato di diritto.
C’è una logica che spiega i singoli episodi?
Potrei sbagliare, ma a me pare che su tutto domini la difesa dello status quo e del governo che lo garantisce. In stato di necessità, si passa sopra a tutto il resto. L’impressione, poi, è che in quella rete invisibile di connivenze, di cui parlavo all’inizio, si finisca per attribuire a un partito e al suo leader un plusvalore che non corrisponde al loro consenso elettorale e alla rappresentanza in Parlamento. Come se toccarne gli interessi possa determinare una catastrofe generale. Sembra che tutti siano utili, ma qualcuno sia necessario e, per questo, si debbano tollerare da lui cose che, altrimenti, sarebbero intollerabili.
Così si è corrivi nei confronti di una parte politica, anche se c’è di mezzo la Costituzione. A chi spetta difenderla?
In democrazia, a tutti i cittadini, che nella Costituzione si riconoscono. Poi, a chi occupa posti nelle istituzioni, subordinatamente a un giuramento di fedeltà. Infine, salendo più su, a colui che ricopre il ruolo comprensivamente detto di “garante della Costituzione”, il presidente della Repubblica.
Da Il Fatto Quotidiano del 18/07/2013.
p.s.
nulla da aggiungere se non che le parole che usa il il prof. sono rivolte a noi.. quei pavidi e opportunisti che si autodefiniscono "cittadini italiani"...
- con eroico blitz notturno i partiti, SEL compresa, stabiliscono che i sindaci che sono stati eletti (immagino anche quelli che sono nel governo) ... continuano a essere "compatibili"..... ossia nel decreto del "fare (.... cosa e a chi mi chiedo dato che dovrebbe essere un decreto economico che nulla a che fare con i privilegi dei politici, in teoria mentre in pratica, con la giustificazione di contenere la spesa pubblica, consente ai sindaci di restare dove sono in parlamento)" viene inserita da deputati del pd, del pdl e di sel una norma che sostiene: che l’incompatibilità scatterà solo con le prossime elezioni comunali, tutto qui (il resto lo trovate qui nel link).. non male vero?
- gli stessi partiti, forse lo ricordate, avevano promesso di tagliare i soldi e tanto altro, ma soprattutto i soldi: volete sapere com'è andata a finire? Se li tengono, punto e basta.... tranne M5S gli altri si tengono tutto, proprio tutto: a partire dalla prima tranche di 95 mln di euro... questo è il link
lo spiega benissimo il Prof Zagrebelsky in questa intervista pubblicata dal Fatto che qui vi riporto come testimonianza... buona lettura
“F35, giustizia e Kazakistan È l’umiliazione dello Stato” (Silvia Truzzi).Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky.
Siccome i “maltrattamenti” alla Carta continuano, ci tocca disturbare di nuovo – a poche settimane dall’ultima volta – Gustavo Zagrebelsky.
Professore, negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerosi episodi di natura politica e costituzionale che hanno suscitato discussioni e polemiche. Lei che ne pensa?
Prima che dagli episodi, iniziamo da un dubbio, da un interrogativo di portata generale, di cui vorremmo non si dovesse parlare. E, invece, dobbiamo.
Cosa intende?
Una cosa angosciante. Si tratta solo di singoli episodi, oppure di manifestazioni di qualcosa di più profondo, che non riusciamo a vedere e definire con chiarezza, ma avvertiamo come incombente e minaccioso? Qualcosa in cui quelli che altrimenti sarebbero appunto solo episodi isolati, assumono un significato comune. Li dobbiamo trattare isolatamente o come sintomi d’un generale e pericoloso malessere?
Dica lei.
Guardi: può darsi ch’io pecchi in pessimismo. Mi sembra che sulla vita politica, nel nostro Paese, in questo momento, gravi un “non detto” che spiegherebbe molte cose. Si fa finta di vivere nella normalità della vita democratica, ma non è così. È come se una rete invisibile avvolgesse le istituzioni politiche fossilizzandole; imponesse agli attori politici azioni e omissioni altrimenti assurdi e inspiegabili; mirasse a impedire che qualunque cosa nuova avvenga. Questa è stasi, situazione pericolosa. Se qualche episodio, anche grave o gravissimo, sfugge alla rete, l’imperativo è sopire, normalizzare. Ciò che accade sulla scena politica sembra una messinscena. Ci si agita per nulla concludere. Ma la democrazia, così, muore. Lo spettacolo cui assistiamo sembra un gioco delle parti, oltretutto di livello infimo. Il numero degli appassionati sta diminuendo velocemente. L’umore è sempre più cupo. Bastava guardare i volti e udire il tono di alcuni che hanno preso la parola nel dibattito sulla vicenda della “rendition” kazaka. Sembravano tanti “cavalieri dalla trista figura”. Non si respirava il “fresco profumo della libertà”, di cui ha scritto ieri Barbara Spinelli. Né v’era traccia di quella “felicità” che è l’humus della democrazia, di cui abbiamo ragionato Ezio Mauro e io, in contrasto con l’atmosfera stagnante dei regimi del sospetto, dell’intrigo, della libertà negata.
Si riferisce alla maggioranza modello “larghe intese”?
Innanzitutto: è una maggioranza contro natura; contraria alle promesse elettorali e quindi democraticamente illegittima, anche se legale; che pretende di fare cose per le quali non ha ricevuto alcun mandato. Ricorderà che è stata formata pensando a poche e chiare misure da prendere insieme: governo “di scopo” (come se possa esistere un governo senza scopi!), “di servizio” (come se ci possa essere un governo per i fatti suoi!) e, poi, “di necessità”. Ora, sembra un governo marmorizzato il cui scopo necessario sia durare, irretito in un gioco più grande di lui. La riforma elettorale, bando alle ciance, non si fa, perché in fondo, oltre che essere nell’interesse di molti, nel frattempo, con l’attuale, non si può tornare a votare. Perfino l’abnorme procedimento di revisione della Costituzione è stato pensato a questo scopo, come si ammette anche da diversi “saggi” che pur si sono lasciati coinvolgere. E, in attesa che la si cambi, la si viola.
Così arriviamo agli episodi. Il caso F-35?
Incominciamo da qui. Il Parlamento è stato esautorato quando il Consiglio supremo di difesa ha scritto che i “provvedimenti tecnici e le decisioni operative, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”, sottintendendo: “responsabilità esclusive”. Chissà chi sono i consulenti giuridici che hanno avallato queste affermazioni, che svuotano i compiti del Parlamento in materia di sicurezza e politica estera? Un regresso di due secoli, a quando tali questioni erano prerogativa regia. Del resto, lei sa che cosa è questo Consiglio? Qualcuno si è ricordato che la sua natura è stata definita nel 1988 da una relazione della Commissione presieduta da un grande giurista, Livio Paladin, istituita dal presidente Cossiga per fare chiarezza su un organo ambiguo (ministri, generali, presidente della Repubblica)? Fu chiarito allora che si tratta di un organo di consulenza e informazione del presidente, senza poteri di direttiva. D’altra parte, chi stabilisce se certi provvedimenti e certe decisioni sono solo tecniche e operative, e non hanno carattere politico? I sistemi d’arma, l’uso di certi mezzi o di altri non sono questioni politiche? Chi decide? Il Parlamento, in un regime parlamentare. Forse che si sia entrati in un altro regime?
L’affaire kazako è una “brutta figura internazionale” o una violazione dei diritti umani?
Una cosa e l’altra. Ma non solo: è l’umiliazione dello Stato. Ammettiamo che nessun ministro ne sapesse qualcosa. Sarebbe per questo meno grave? Lo sarebbe perfino di più. Vorrebbe dire che le istituzioni non controllano quello che accade nel retrobottega e che il nostro Paese è terreno di scorribande di apparati dello Stato collusi con altri apparati, come già avvenuto nel caso simile di Abu Omar, rapito dai “servizi” americani con la collaborazione di quelli italiani e trasportato in Egitto: un caso in cui s’è fatta valere pesantemente la “ragion di Stato”. Non basta, in questi casi, la responsabilità dei funzionari. L’art. 95 della Carta dice che i ministri, ciascuno personalmente, portano la responsabilità degli atti dei loro dicasteri. Se, sotto di loro, si formano gruppi che agiscono in segreto, per conto loro o in combutta con poteri estranei o stranieri, il ministro non risponderà penalmente di quello che gli passa sotto il naso senza che se ne accorga. Ma politicamente ne è pienamente responsabile. Troppo comodo il “non sapevo”. Chi ci governa, per prima cosa, “deve sapere”. Se no, dove va a finire la nostra sovranità? Chi, dovendola difendere, in questa circostanza, non l’ha difesa?
Che dire del blocco del Parlamento decretato per protesta contro l’Autorità giudiziaria?
Che, anche questa, come la manifestazione di decine di parlamentari scalpitanti dentro e fuori il Tribunale di Milano, è una vicenda inconcepibile. Altrettanto inconcepibile è che l’una e l’altra non siano state oggetto di puntuale e precisa condanna. Anche qui: ammettiamo per carità di Patria che l’una sia stata una normale sospensione tecnica e l’altra una visita guidata a un palazzo pubblico. Non basta, però, averli “derubricati”, per poter dire che non è successo nulla. La questione è che non s’è detto autorevolmente che l’intento e i mezzi immaginati sono, sempre e comunque, inammissibili perché contro lo Stato di diritto.
C’è una logica che spiega i singoli episodi?
Potrei sbagliare, ma a me pare che su tutto domini la difesa dello status quo e del governo che lo garantisce. In stato di necessità, si passa sopra a tutto il resto. L’impressione, poi, è che in quella rete invisibile di connivenze, di cui parlavo all’inizio, si finisca per attribuire a un partito e al suo leader un plusvalore che non corrisponde al loro consenso elettorale e alla rappresentanza in Parlamento. Come se toccarne gli interessi possa determinare una catastrofe generale. Sembra che tutti siano utili, ma qualcuno sia necessario e, per questo, si debbano tollerare da lui cose che, altrimenti, sarebbero intollerabili.
Così si è corrivi nei confronti di una parte politica, anche se c’è di mezzo la Costituzione. A chi spetta difenderla?
In democrazia, a tutti i cittadini, che nella Costituzione si riconoscono. Poi, a chi occupa posti nelle istituzioni, subordinatamente a un giuramento di fedeltà. Infine, salendo più su, a colui che ricopre il ruolo comprensivamente detto di “garante della Costituzione”, il presidente della Repubblica.
Da Il Fatto Quotidiano del 18/07/2013.
p.s.
nulla da aggiungere se non che le parole che usa il il prof. sono rivolte a noi.. quei pavidi e opportunisti che si autodefiniscono "cittadini italiani"...
mercoledì 17 luglio 2013
.. a proposito, ora come la mettiamo con la dignità del paese, ammesso che ce ne sia rimasta un pò?
Ricapitoliamo:
- L'ennesima calderolata passa alle cronache storiche con le scuse; il background rimane ma che ci si può fare? Nulla,... li disegnano così...;
- non fu un caso che il sequestro di abu omar finì sotto segreto di stato, vero? E nemmeno fu un caso che il capo della squadra che, con la connivente assistenza dei nostri eroici servizi segreti preposti alla difesa dei cittadini italiani e non, lo sequestrò fu graziato dal nostro Capo dello Stato che mentre monita poi fa anche i fatti.. peccato che questi fatti danneggino l'uomo comune; ma è storia del nostro paese una tal cosa e quindi ci abbiamo fatto il callo ...... da abu omar alle bombe di "casa" nostra al G8 di Genova è tutto un monitare e un sequestare, manganellare, inciuciare, ecc. on la conseguenza che il grovilio canceroso che si è venuto a creare richiederebbe qualcuno che avesse una spada per tagliarlo e non per dirimerlo in quanto sarebbe solo tempo perso;
- mentre D'Antona, definito rompi******** da un ministro dell'interno che a sua insaputa si ritrovò proprietario di casa; oggi un altro ministro dell'interno, sempre a sua insaputa (il che mi creerebbe qualche problema dato che significa che la politica è talmente inetta che i vari boss della p.a., anche sapendo di essere degli intoccabili, possono fare il bello e il cattivo tempo senza nessuna o quasi conseguenza per loro), si è visto scavalcato dai propri burocrati e al centro di un trappolone messo su da un complotto italo-kazako ai danni non di un pericolosissimo terrorista ma di una donna e di sua figlia di 6 anni che avevano un unica colpa..... quella di essere moglie e figlia di un dissidente del satrapo kazako. Ci credete? Io no, ma ci crede il Presidente del Consiglio, e se c'è il silenzio assenso, anche il Capo dello Stato e quindi "dobbiamo" crederci anche noi...... vabbè ci sono alcuni comunisti che hanno messo in luce delle "incongruenze" nella storia, ma sono comunisti e quindi poco attendibili.. i soliti pessimisti, disfattisti... poco conta che il burocrate "sacrificato" si senta offeso dal fatto, non di poco conto, di essere incolpato del non aver "informato" il suo capo che l'aveva appena nominato.... (articolo di fiorella sarzanini sul Corriere della sera di oggi online)
- e che dire della commediola sugli F35? In parlamento c'è stata una bella commediola fra governo e maggioranza sulla questione "aerei americani che cadono per un fulmine" assolutamente indispensabili per la nostra difesa e per il contesto internazionale nel quale siamo immersi ..... immersi? Forse vogliono dire che siamo i prestanome per far lavorare qualche fabbrichetta americana e la sua appendice italica e per darcela a bere si sostiene anche che creeranno 10 mila (meno male che non parlano di un milione..) posti di lavoro: nemmeno Ettore Petrolini vi si sarebbe avventurato in tali ghirigori, vero? E dove si è fatto a gara per non farsi del male decidendo di soprassedere anzi di far finta di soprassedere per poi comprarli di nascosto, tanto compete al governo, no?
- e che dire dei tagli alla politica? Tutti tagli, nessun taglio.. nemmeno il Pirandello de "le maschere nude" avrebbe avuto tanta fantasia.....
martedì 16 luglio 2013
Università, l’Ocse sbugiarda stampa e politica. “Troppi costi e studenti”: falso
stasera è facile..... vi invito a esercitare un pò la memoria e a
fare mente locale, perchè il resto lo fa l'articolo preso dal Fatto
quotidiano scritto da T. Mckinson il 29/6/2013 che qui riporto
fedelmente senza spostare una virgola...... interessante è il parallelo
fra dichiarazioni dei politici e dei cosiddeti "tecnici (anche su
autorevoli blog)" e le misure prese che andavano nel senso opposto com'è
anche interessante notare i "motivi giustificativi" addotti per coprire
il governante di turno.... buona lettura
Tutta la verità sull’università italiana, ovvero: come ti sbugiardo dieci anni di proclami (e programmi) politici che hanno fatto del luogo comune e dell’analisi falsata il grimaldello per entrare nel sistema dell’istruzione e giustificarne la progressiva demolizione, dalle guerre sante dei berluscones contro la scuola pubblica agli strali dei “professori” chiamati da Monti a tagliare la spesa statale per l’istruzione. “Abbiamo troppi laureati”, no troppi professori, l’università pubblica “costa troppo”, la laurea “non vale nulla”… Tutte clamorosissime “balle”, e lo certifica l’Ocse che ha appena diffuso l’edizione 2013 del suo Rapporto sullo stato dell’istruzione a livello mondiale (scarica). Si parla anche dell’Italia, eccome. Numeri su numeri, statistiche comparative tra nazioni su spesa, costi privati, quantità di professori, studenti, laureati e dottorandi. E ancora, analisi su benefici e costi socioeconomici dell’istruzione universitaria e del valore del titolo accademico.
Il battagliero e informale network di ricercatori “Roars“ ha studiato le 440 pagine di dati e si è divertito a confrontarli con quanto dichiarato negli ultimi anni dal variopinto pool di “esperti” chiamati a vario titolo dalla politica e dalla stampa a contribuire al discorso pubblico su emergenze e prospettive del sistema universitario. Tra gli altri Gelmini, Giavazzi, Andrea Ichino, Profumo, Martone. Il confronto tra il proclama del momento e il dato fornito dall’Ocse è spesso esilarante, ma è soprattutto preoccupante: in un attimo rivela il livello di approssimazione delle analisi e delle valutazioni di chi per anni ha avuto tra le mani la delega al settore o è stato chiamato a dire la sua, in virtù di una patente di competenza scientifica pubblicamente riconosciuta. Ecco le cantonate più grosse.
1. “L’università italiana costa troppo”Era la grande convinzione del ex ministro Mariastella Gelmini che nella stagione dei tagli e della contestazione del 2009 apostrofava così le voci del dissenso: “È risibile il tentativo di qualcuno di collegare la bassa qualità dell’Università italiana alla quantità delle risorse erogate. Il problema, come ormai hanno compreso tutti, non è quanto si spende (siamo in linea con la media europea)”. Ma cosa dice l’Ocse in proposito?
L’esatto contrario della Gelmini: ad eccezione di Repubblica Slovacca e Ungheria, l’Italia spende meno di tutte le altre nazioni europee (61% della media Ocse, 69% della media Eu21). Mentre
la maggior parte delle altre nazioni hanno riconosciuto la natura
strategica delle spese per istruzione, l’Italia, con la sola eccezione
dell’Ungheria, è la nazione che ha effettuato i tagli più pesanti (il
rapporto Ocse non fornisce il dato relativo alla sola spesa per
università, ma un dato aggregato relativo all’intera spesa per
istruzione). Se si considera la percentuale della spesa
pubblica destinata all’istruzione, si scopre che l’Italia è ultima su 32
nazioni. Insomma, Gelmini bocciata su tutta la linea.
2. Troppi studenti. Parola di Giavazzi, l’uomo della spending reviewL’altro mantra che si ripete da tempo è l’eccessivo numero di studenti. Tra chi si esercita in affondi letali per il mondo accademico italiano spicca Francesco Giavazzi, economista ed editorialista del Corriere. Che non ha alcun dubbio in proposito, tanto che quando Mario Monti l’ha chiamato a realizzare la spending review e tagliare teste molti in università si son fatti il segno della Croce.

Ed ecco che sul sito de Lavoce.info, l’esperto getta il sasso nello stagno al motto “Siamo davvero sicuri che questo Paese abbia bisogno di più laureati?” (28/11/2012). Ma ha ragione Giavazzi, sono davvero troppi gli studenti dell’università italiana? Niente affatto e l’Ocse lo certifica. Come percentuale di laureati nella fascia più giovane (25-34 anni) l’Italia è all’ultimo posto in Europa (21% contro 39% della media Ocse). Se si considera che il Brasile è una nazione non-Ocse, l’Italia è al penultimo posto tra i Paesi Ocse dato che solo la Turchia (19%) ha meno laureati di noi. Sarà allora che abbiamo troppi docenti.

Non c’è dubbio. Ma anche qui, sbaglia. Ricorda l’ingegner Giuseppe De Nicolao, professore e analista all’università di Pavia: su 26 nazioni considerate solo 5 hanno un rapporto studenti/docenti peggiore del’Italia (Indonesia, Repubblica Ceca, Arabia Saudita, Belgio e Slovenia). Dato che Indonesia e Arabia Saudita sono paesi non-Ocse, l’Italia risulta essere quart’ultima tra i paesi Ocse per rapporto docenti/studenti. “Eppure anche questo dato, disponibile a tutti e da alcuni anni, non è mai stato utilizzato perché non funzionale come altri a dare addosso al sistema universitario. Fa parte di quel corredo di parametri sistematicamente occultato da chi guardava ai numeri del settore con gli occhiali dell’ideologia politica”.
4.L’ultima spiaggia: troppi dottorandiA un certo punto se non sono troppi i laureati e neppure i professori a qualcuno viene in mente che possano essere i dottorandi, ad esempio a Sergio Benedetto, illustre professore del Politecnico di Torino ma sopratutto l’uomo messo a capo dell’organismo di valutazione della ricerca, deputato dall’Anvur a premiare o punire 95 atenei stabilendo criteri per l’erogazione di 800 milioni di fondi. Incarico delicatissimo, dunque.
Ebbene Benedetto su Repubblica annuncia: “Ora rivedremo anche i corsi di dottorato, con criteri che porteranno a una diminuzione molto netta” (Repubblica,
4/02/2012). Ma l’assunto iniziale era corretto, ovvero l’Italia ha un
numero di dottorandi tanto spropositato da doverlo ridurre? Nel
seguente grafico viene riportata la percentuale di studenti che
proseguono i loro studi fino al conseguimento del dottorato di ricerca.
L’Italia è al di sotto della media Ocse e si colloca in 21esima
posizione su 32 nazioni. Per la spiegazione delle età medie di entrata
particolarmente elevate in alcune nazioni (Islanda, Spagna, Portogallo,
Corea, …) si veda la discussione a p. 296 del Rapporto “Education at a
Glance”.
5. La moltiplicazione dei fuoricorsoMa ecco il turno di Francesco Profumo che se la prende con i fuori corso d’Italia, massa di fannulloni che non avrebbe pari in tutta Europa. “I fuori corso all’università esistono solo da noi (…) All’Italia manca il rispetto delle regole e dei tempi. Credo che la scuola sul rispetto delle regole debba dare un segnale forte perché gli studenti fuori corso hanno un costo, anche in termini sociali” (Corriere, 15-10-2012). Vero, non vero?

Anche questo non è vero, a insistere sullo stesso punto è però l’ex sottosegretario Michel Martone (quello che laurearsi dopo i 28 anni “è da sfigati”), su Repubblica: “Il problema dell’età media dei laureati in Italia esiste”. L’Ocse dice esattamente il contrario: l’età media dei laureati italiani è addirittura più bassa della media europea. In realtà il mancato rispetto dei tempo nominali è un fenomeno diffuso a livello mondiale, mentre nelle dichiarazioni degli “esperti” viene propagandato come il piccolo e imperdonabile vezzo di un Paese che tira a campare, azzoppato dal carrozzone universitario, mentre l’Europa e il mondo corrono.
6. Lo studente che costava troppo. Il problema che non è mai esistitoAd avvertire che “spendiamo troppo per gli studenti” è Roberto Perotti, economista della Bocconi che nel libro L’università truccata (Einaudi) ha messo in croce il malcostume accademico dei privilegi. Ma ha commesso anche qualche errore di conto.




Tutta la verità sull’università italiana, ovvero: come ti sbugiardo dieci anni di proclami (e programmi) politici che hanno fatto del luogo comune e dell’analisi falsata il grimaldello per entrare nel sistema dell’istruzione e giustificarne la progressiva demolizione, dalle guerre sante dei berluscones contro la scuola pubblica agli strali dei “professori” chiamati da Monti a tagliare la spesa statale per l’istruzione. “Abbiamo troppi laureati”, no troppi professori, l’università pubblica “costa troppo”, la laurea “non vale nulla”… Tutte clamorosissime “balle”, e lo certifica l’Ocse che ha appena diffuso l’edizione 2013 del suo Rapporto sullo stato dell’istruzione a livello mondiale (scarica). Si parla anche dell’Italia, eccome. Numeri su numeri, statistiche comparative tra nazioni su spesa, costi privati, quantità di professori, studenti, laureati e dottorandi. E ancora, analisi su benefici e costi socioeconomici dell’istruzione universitaria e del valore del titolo accademico.
Il battagliero e informale network di ricercatori “Roars“ ha studiato le 440 pagine di dati e si è divertito a confrontarli con quanto dichiarato negli ultimi anni dal variopinto pool di “esperti” chiamati a vario titolo dalla politica e dalla stampa a contribuire al discorso pubblico su emergenze e prospettive del sistema universitario. Tra gli altri Gelmini, Giavazzi, Andrea Ichino, Profumo, Martone. Il confronto tra il proclama del momento e il dato fornito dall’Ocse è spesso esilarante, ma è soprattutto preoccupante: in un attimo rivela il livello di approssimazione delle analisi e delle valutazioni di chi per anni ha avuto tra le mani la delega al settore o è stato chiamato a dire la sua, in virtù di una patente di competenza scientifica pubblicamente riconosciuta. Ecco le cantonate più grosse.
1. “L’università italiana costa troppo”Era la grande convinzione del ex ministro Mariastella Gelmini che nella stagione dei tagli e della contestazione del 2009 apostrofava così le voci del dissenso: “È risibile il tentativo di qualcuno di collegare la bassa qualità dell’Università italiana alla quantità delle risorse erogate. Il problema, come ormai hanno compreso tutti, non è quanto si spende (siamo in linea con la media europea)”. Ma cosa dice l’Ocse in proposito?
2. Troppi studenti. Parola di Giavazzi, l’uomo della spending reviewL’altro mantra che si ripete da tempo è l’eccessivo numero di studenti. Tra chi si esercita in affondi letali per il mondo accademico italiano spicca Francesco Giavazzi, economista ed editorialista del Corriere. Che non ha alcun dubbio in proposito, tanto che quando Mario Monti l’ha chiamato a realizzare la spending review e tagliare teste molti in università si son fatti il segno della Croce.
Ed ecco che sul sito de Lavoce.info, l’esperto getta il sasso nello stagno al motto “Siamo davvero sicuri che questo Paese abbia bisogno di più laureati?” (28/11/2012). Ma ha ragione Giavazzi, sono davvero troppi gli studenti dell’università italiana? Niente affatto e l’Ocse lo certifica. Come percentuale di laureati nella fascia più giovane (25-34 anni) l’Italia è all’ultimo posto in Europa (21% contro 39% della media Ocse). Se si considera che il Brasile è una nazione non-Ocse, l’Italia è al penultimo posto tra i Paesi Ocse dato che solo la Turchia (19%) ha meno laureati di noi. Sarà allora che abbiamo troppi docenti.
3. Contrordine: sono troppi i professoriSe
non sono troppi gli studenti tocca prendersela con i professori,
altrimenti il gioco a chi spara sull’università non funziona più. Per accreditare l’idea che gli atenei siano in balia di masse di baroni, orde incontrollate di docenti, Giavazzi usa le pagine del Corriere. La sentenza è inappellabile: “Non c’è dubbio che nell’università siamo in troppi” (24 ottobre 201o).
Non c’è dubbio. Ma anche qui, sbaglia. Ricorda l’ingegner Giuseppe De Nicolao, professore e analista all’università di Pavia: su 26 nazioni considerate solo 5 hanno un rapporto studenti/docenti peggiore del’Italia (Indonesia, Repubblica Ceca, Arabia Saudita, Belgio e Slovenia). Dato che Indonesia e Arabia Saudita sono paesi non-Ocse, l’Italia risulta essere quart’ultima tra i paesi Ocse per rapporto docenti/studenti. “Eppure anche questo dato, disponibile a tutti e da alcuni anni, non è mai stato utilizzato perché non funzionale come altri a dare addosso al sistema universitario. Fa parte di quel corredo di parametri sistematicamente occultato da chi guardava ai numeri del settore con gli occhiali dell’ideologia politica”.
4.L’ultima spiaggia: troppi dottorandiA un certo punto se non sono troppi i laureati e neppure i professori a qualcuno viene in mente che possano essere i dottorandi, ad esempio a Sergio Benedetto, illustre professore del Politecnico di Torino ma sopratutto l’uomo messo a capo dell’organismo di valutazione della ricerca, deputato dall’Anvur a premiare o punire 95 atenei stabilendo criteri per l’erogazione di 800 milioni di fondi. Incarico delicatissimo, dunque.
5. La moltiplicazione dei fuoricorsoMa ecco il turno di Francesco Profumo che se la prende con i fuori corso d’Italia, massa di fannulloni che non avrebbe pari in tutta Europa. “I fuori corso all’università esistono solo da noi (…) All’Italia manca il rispetto delle regole e dei tempi. Credo che la scuola sul rispetto delle regole debba dare un segnale forte perché gli studenti fuori corso hanno un costo, anche in termini sociali” (Corriere, 15-10-2012). Vero, non vero?
Anche questo non è vero, a insistere sullo stesso punto è però l’ex sottosegretario Michel Martone (quello che laurearsi dopo i 28 anni “è da sfigati”), su Repubblica: “Il problema dell’età media dei laureati in Italia esiste”. L’Ocse dice esattamente il contrario: l’età media dei laureati italiani è addirittura più bassa della media europea. In realtà il mancato rispetto dei tempo nominali è un fenomeno diffuso a livello mondiale, mentre nelle dichiarazioni degli “esperti” viene propagandato come il piccolo e imperdonabile vezzo di un Paese che tira a campare, azzoppato dal carrozzone universitario, mentre l’Europa e il mondo corrono.
6. Lo studente che costava troppo. Il problema che non è mai esistitoAd avvertire che “spendiamo troppo per gli studenti” è Roberto Perotti, economista della Bocconi che nel libro L’università truccata (Einaudi) ha messo in croce il malcostume accademico dei privilegi. Ma ha commesso anche qualche errore di conto.
L’assunto
iniziale (e quindi i rimedi finali intesi come proposte di riforma in
appendice al discorso) sono falsi. “Si basano infatti sul precedente
rapporto Ocse e su una rielaborazione fai-da-te del Perotti del dato
sulla spesa per studente che già lo stesso rapporto indicava come
inutilizzabile a fini comprativi”, spiega De Nicolao. Il rapporto mostra
che la spesa media per studente lungo la durata media del suo corso di
studi, lungi dall’essere la quarta al mondo, è invece 14-esima con un
valore pari al 75% della media Ocse”. In altre parole il sistema
universitario italiano non è quella babele di sprechi e costi
ingiustificati che si vuol sempre rappresentare nel dibattito pubblico. O
almeno, l’Italia (almeno in questo) non è la pecora nera d’Europa.
7. Il falso mito delle rette troppo basse, una mina sull’istruzione di massaAltro mito da sfatare buttato in pasto al dibattito sul destino dell’istruzione universitaria è il seguente: “Non possiamo più permetterci un’università quasi gratuita”, sempre Giavazzi (Corriere, 24-10-2010). Vero, perché dobbiamo pagare noi per masse di studenti sfaccendati, professori e ricercatori parassitari?
Peccato
che anche questo dato sia del tutto campato in aria. Dalle
comparazioni Ocse per l’Italia risulta un quadro della situazione
decisamente diverso: il nostro Paese si posiziona decimo in classifica
sulle 25 nazioni considerate per costo delle tasse e addirittura terza
se si considera poi l’aumento delle rette dell’ultimo anno, soprattutto
nelle private. Qui effettivamente la retta corre e forse dovrebbe
essere posta più attenzione nel dibattito pubblico. Tanto che, considerando solo le private, l’Italia è addirittura seconda in Europa per costo delle rette, seguita dall’Inghilterra.
Ma (chissà perché) di questo non si parla mai mentre si riempiono
fiumi d’inchiostro sul falso mito dell’università semi-gratuita per
tutti.
8. Il sistema pubblico ci costa e ci danneggia tutti. Quelli che… ”meglio le private”Ma ecco che Andrea Ichino, fratello del giuslavorista Pietro con cattedra all’università di Bologna, metteva in dubbio i benefici sociali della laurea: “Uno
dei nostri argomenti, però, è che chi ha provato a misurare
empiricamente la presenza di questi benefici sociali [della laurea],
aggiuntivi rispetto a quelli privati, ha trovato poco o nulla”, scriveva proprio su “Roars” il 18 febbraio scorso.
La questione viene analizzata in dettaglio dall’Ocse che sfata l’ennesimo falso mito: i benefici sociali
conseguenti da un laureato italiano maschio sono 3,7 volte maggiori dei
costi pubblici (media Ocse: 3,9), nel caso di una laureata femmina
sono 2,4 volte maggiori (media Ocse: 3,0). Quindi un euro speso in
ricerca ne porta da 2,4 a 3,7.
I
ritorni economici di un laureato italiano (ovvero i benefici meno i
costi sostenuti), sia pubblici (169mila dollari) che individuali
(155mila dollari) elaborati dall’Ocse per i laureati non solo sono di
entità del tutto paragonabile ai valori degli altri paesi, ma in Italia
il ritorno per la collettività sarebbe superiore addirittura a quello
individuale. In altre parole, incentivare e investire sull’accesso al
sistema universitario conviene a tutti, anche a chi decide altrimenti.
9. L’affondo finale: quelli che “La laurea non serve”. Parola di Oscar GianninoMa
cosa ti laurei a fare? L’università non serve ormai a nulla. L’ultimo a
sostenerlo, forse per ragioni strettamente personali, è stato Oscar Giannino, beccato in castagna a vantare titoli mai posseduti: “Cinquantamila universitari in meno vuol dire che i giovani non sono fessi, vedono l’università senza merito come inutile”.
Anche qui l’Ocse ristabilisce due elementi di verità. Nel seguente
grafico viene rappresentato il maggior guadagno percentuale che deriva
dall’essere laureati rispetto a possedere un diploma di istruzione
secondaria.
Per
i laureati italiani tale maggior guadagno (+48%) non appare
trascurabile, anche se negli altri paesi Ocse tende ad essere ancora
maggiore (media Ocse: +57%). Non solo. Il beneficio della laurea (il cui
valore legale è sempre a rischio di abolizione) emerge anche rispetto
al dato occupazionale. Nell’ultimo grafico si osserva infatti la minore probabilità di disoccupazione
tra chi ha in tasca un diploma di laurea e chi non lo ha. Il tasso di
occupazione per i laureati italiani è pari al 79% (media Ocse:84%)
contro il 75% dei maturati (media Ocse: 84%) ed il 58% per chi si è
fermato alla media inferiore (media Ocse: 58%). Se da un lato, la
situazione italiana è peggiore della media Ocse, il differenziale di
quattro punti percentuali tra laureati e maturati è identico. Tutto il resto è, semplicemente, falso.
lunedì 15 luglio 2013
«non posso non pensare a un orango»
esatto, virgolettato..... così siam sicuri: è una estrapolazione e si
è scusato dopo aver chiarito che scherzava; ma come non pensare che
l'ha detto in nome, certo, della cosiddetta purezza (.. di cosa non si
sa dato che nello stivale da almeno 5 mila anni ci sono ci sono state
"immigrazioni" di massa a gò gò ... quindi proprio purezza non direi..
ma lasciamoglielo credere, sennò che farà da grande?), ma anche della
..... pubblicità: la lega sta morendo senza il suo capo storico; chi gli
è succeduto ha buttato tutto alle ortiche e si è rinchiuso nei propri,
piccoli, domini e li resiste.... ma le milizie si riducono: in fondo,
saranno anche del "nord", ma pur sempre italiani sono: al minimo
sommovimento e incertezza scappan tutti, tutti tutti.
Hanno bisogno di visibilità, disperatamente bisogno; quindi le sparano sempre più grosse ben sapendo ce facendo parte dal sistema politico italiano, anzi ne sono parte integrante anche se fanno opposizione (fasullissima perchè governano con i loro alleati storici nelle loro regioni..), possono dire quasi tutto dato che alla fine tutto sarà un ballon d'essais e basta: un colpo di caldo e basta.... in questo paese ci sono due tipi di realtà: una è questa ossia quella che può dire e disdire quasi tutto o fare quel che vuole o fare e disfare la legislazione a proprio paicimento piegando tutto e tutti alle proprie esigenze; poi ce n'è un alta, quella del comun essere umano che, pur essendo formalmente libero, in realtà è meno libero dei primi e quando non dico alza la testa ma appena appena gli occhi.... arriva il manganello ... mediatico, politico, legislativo e ... reale (chiedere per esempi ai reduci del G8 del 2001 oppure ai notav di chiomonte.....) che forse fa meno danni; il tutto condito dalla solita pavidità e accidia degli italioti, una piaga storica purtroppo.
Secondo me sapeva benissimo cosa stesse dicendo e quali effette ci sarebbero stati ma il gioco vale la candela perchè, come ben sappiamo, si rischia poco a dirlo poi ci si scusa e si chiarisce, al limite si telefona .. ma non ci si dimette, scherziamo? La gallina dalle uova d'oro non la si molla, mai!!!!!!
Come si dice in questi casi: altro giro altra corsa...... come lo definiremmo quel paese dove possono esser dette, fatte, legiferate, piegata la costituzione, rimpatriata (in maniera violenta e su presupposti giuridici errati se non falsi) la moglie e la figlia di un esiliato da una dittatura (il cui capo è amicone dell'amicone del sincero democratico che domina/governa la Russia) ecc. senza che nessuno, oltre alle solite "costernazioni (peraltro rintuzzate a muso duro)", indignazioni (peraltro postume ossia quando i buoi hanno già lasciato non volontariamente la stalla), riprovazioni (che non ci sono state quando una pattuglia "rivoluzionaria" ha invaso il tribunale di milano, senza che nessuno abbia alzato un dito .. anzi sono stati anche ricevuti all'Alto Colle che era distratto), ecc. dicevo: come lo definiremmo un paese dove accadono cose del genere e ... non accade nulla? Democratico, tollerante, aperto o..... un operetta di paese dove nemmeno la fantasia di Chaplin sarebbe potuta arrivare a descriverlo?
Io una definizione ce l'avrei.. e voi?
p.s.
Darwin sosteneva che siamo un ramo evolutivo dei primati ma dopo le considerazioni non mi posso non chiedere se ... qualcuno sia rimasto sui rami bassi di quell'albero evolutivo ma non se en sia accorto di somigliare proprio a quel nobile animale, nostro cugino alla lontana, che vede rispecchiato in altri... ma non in se stesso!!!!
Hanno bisogno di visibilità, disperatamente bisogno; quindi le sparano sempre più grosse ben sapendo ce facendo parte dal sistema politico italiano, anzi ne sono parte integrante anche se fanno opposizione (fasullissima perchè governano con i loro alleati storici nelle loro regioni..), possono dire quasi tutto dato che alla fine tutto sarà un ballon d'essais e basta: un colpo di caldo e basta.... in questo paese ci sono due tipi di realtà: una è questa ossia quella che può dire e disdire quasi tutto o fare quel che vuole o fare e disfare la legislazione a proprio paicimento piegando tutto e tutti alle proprie esigenze; poi ce n'è un alta, quella del comun essere umano che, pur essendo formalmente libero, in realtà è meno libero dei primi e quando non dico alza la testa ma appena appena gli occhi.... arriva il manganello ... mediatico, politico, legislativo e ... reale (chiedere per esempi ai reduci del G8 del 2001 oppure ai notav di chiomonte.....) che forse fa meno danni; il tutto condito dalla solita pavidità e accidia degli italioti, una piaga storica purtroppo.
Secondo me sapeva benissimo cosa stesse dicendo e quali effette ci sarebbero stati ma il gioco vale la candela perchè, come ben sappiamo, si rischia poco a dirlo poi ci si scusa e si chiarisce, al limite si telefona .. ma non ci si dimette, scherziamo? La gallina dalle uova d'oro non la si molla, mai!!!!!!
Come si dice in questi casi: altro giro altra corsa...... come lo definiremmo quel paese dove possono esser dette, fatte, legiferate, piegata la costituzione, rimpatriata (in maniera violenta e su presupposti giuridici errati se non falsi) la moglie e la figlia di un esiliato da una dittatura (il cui capo è amicone dell'amicone del sincero democratico che domina/governa la Russia) ecc. senza che nessuno, oltre alle solite "costernazioni (peraltro rintuzzate a muso duro)", indignazioni (peraltro postume ossia quando i buoi hanno già lasciato non volontariamente la stalla), riprovazioni (che non ci sono state quando una pattuglia "rivoluzionaria" ha invaso il tribunale di milano, senza che nessuno abbia alzato un dito .. anzi sono stati anche ricevuti all'Alto Colle che era distratto), ecc. dicevo: come lo definiremmo un paese dove accadono cose del genere e ... non accade nulla? Democratico, tollerante, aperto o..... un operetta di paese dove nemmeno la fantasia di Chaplin sarebbe potuta arrivare a descriverlo?
Io una definizione ce l'avrei.. e voi?
p.s.
Darwin sosteneva che siamo un ramo evolutivo dei primati ma dopo le considerazioni non mi posso non chiedere se ... qualcuno sia rimasto sui rami bassi di quell'albero evolutivo ma non se en sia accorto di somigliare proprio a quel nobile animale, nostro cugino alla lontana, che vede rispecchiato in altri... ma non in se stesso!!!!
domenica 14 luglio 2013
renderli invisibili.... a rio come altrove
Accadde già a New York, con Giuliani, qualche anno fa; ne parlò, in
termini di mercato eugenetico, anche A. Smith (nel famoso "la ricchezza
delle nazioni" dove sosteneva che il mercato avrebbe ridotto il numero
di poveri che fanno troppi figli e che non ci si doveva preoccupare in
merito nè li si doveva aiutare): i poveri sono "il" problema e devono
essere resi invisibili, almeno ridotti di numero e deportati altrove e
quando non fosse possibile ....... scaricare su di loro la colpa di
esserlo. Ora, essendo società "democratiche", la gente ancora non è,
ancora, così indifferente e abituata alla loro emarginazione, non
fo'ss'altro perchè potrebbe capitare a chiunque in un futuro lontano e
quindi, in base all'istinto di autoconservazione, meglio andarci piano
ma ....... ci stanno lavorando anche per quest'aspetto.
Cosa accade?
In Brasile, proteste o meno, ci saranno eventi sportivi di portata planetaria: i barboni e assimilati danno noia e non lustro, devono essere sloggiati e, al limite, messi sotto TSO di massa per renderli almeno "presentabili". Quando ho letto questa cosa mi è venuto in mente un film "i figli degli uomini" dove venivano preconizzati non solo i C.i.e. che ben conosciamo tutti ma anche la ricerca, persecuzione e ghettizzzione di tutti gli imprensentabili: dai poveri ai clandestini: nel libro in una Inghilterra del futuro; ma che nella realtà è una cosa prossima anzi attuale e che, vista l'evoluzione che si sta prendendo non è nemmeno così fantascientifico, anzi.... abbiamo già: le isole ghetto, Lampedusa; ovunque ci sono i Cie; dovunque cresce l'insofferenza per diversi, poveri, ecc. da qui a deportarli altrove, magari in periferia, il passo è breve... e riformando la costituzione, italiana e non solo, se ne da il sigillo definitivo: non è nemmeno un caso che la UE si sta distinguendo non tanto per superare la crisi quanto per finanziare banche fallite e fare i conti con quel welfare europeo che ne è stato la bandiera per decenni.....
Ma non è il solo caso: da noi il "mitico" Bondi (quello che ha salvato la Parmalat dai Tanzi ma l'ha svenduta ai francesi di lactalys) ha risposto così alle critiche sugli scarichi dell'ilva tarantina: "Il ruolo dell'impianto? Dipende da altri fattori come fumo di sigarette e difficoltà nell'accesso a cure mediche". Inoltre, “l'enfasi sul possibile ruolo dell'impianto siderurgico sembra essere un effetto della pressione mediatico-giudiziaria, ma non ha giustificazioni scientifiche” ......
cosa dire? Parla da se.... è tremendo una tale insensibilità, ma non è, e non sarà in futuro, cosa rara perchè viviamo in un mondo dove i costi, propri e indotti dalle proprie attività, contano più dei danni che sono provocati e di conseguenza la cosa che conta di più è trovare una spiegazione "altra" rispetto all'evidenza: non è colpa degli scarichi e dei depositi a cielo aperto ma di coloro che vivono intorno in una condizione di disagio: una teoria interessante, vero? Non è un problema dell'azienda ma della gente che non ha unostile di vita di adeguato, una semplicissima spiegazione chein un colpo solo fa terra bruciata intorno a millenni di scoperte mediche e di cure per gli esseri umani.
Una tale insensibilità non può essere imputata, solo, al singolo: è frutto di una mentalità che è venuta alla luce come una corrente carsica ora ma risale al primo industrialismo, alla prima rivoluzione industriale e ai suoi effetti sulla società......
è chiaro che andrà combattuta ma, a differenza di allora, non ci sono idee, o ideologie, che possano far crescere un alternativa, anche teorica, al mondo attuale: c'è solo una carta costituzionale (in via di revisione), dei cittadini, alcuni movimenti e tantissima confusione.... poco troppo poco per ptoervi aderire criticamente: ma è tutto ciò che rimane e con essa dobbiamo fare i conti per l'applicazione di quelli che una volta erano diritti costituzionalmente tutelati e ora sono ... costi e basta.
Non pensate che queste due storie siano lontane fra loro: hanno un humus comune ossia la lotta di classe dei ricchie dei privilegiati contro quelli che ora son poveri o senza voce ufficiale ma che possiamo definire senza tema di essere smentiti come "invisibili" e "impresentabili" di cui vergognarsi e da nascondere agli occhi dei potenti e dei benpensanti.... sono tanti, troppi e il mercato non ha ancora svolto la funzione preconizzata da Smith: ridotti alla fame spariranno o diverranno "sostenibili" in numero e in presenza prima o poi, basta aspettare e continuare a crearne le condizioni, tutto qui ..... poi a Rio come a Taranto un motivo per nasconderli si trovrà sempre come si troverà sempre qualcuno che sostiene che non è l'industria che uccide ma sono loro che bevono e fumano troppo!!!!
Cosa accade?
In Brasile, proteste o meno, ci saranno eventi sportivi di portata planetaria: i barboni e assimilati danno noia e non lustro, devono essere sloggiati e, al limite, messi sotto TSO di massa per renderli almeno "presentabili". Quando ho letto questa cosa mi è venuto in mente un film "i figli degli uomini" dove venivano preconizzati non solo i C.i.e. che ben conosciamo tutti ma anche la ricerca, persecuzione e ghettizzzione di tutti gli imprensentabili: dai poveri ai clandestini: nel libro in una Inghilterra del futuro; ma che nella realtà è una cosa prossima anzi attuale e che, vista l'evoluzione che si sta prendendo non è nemmeno così fantascientifico, anzi.... abbiamo già: le isole ghetto, Lampedusa; ovunque ci sono i Cie; dovunque cresce l'insofferenza per diversi, poveri, ecc. da qui a deportarli altrove, magari in periferia, il passo è breve... e riformando la costituzione, italiana e non solo, se ne da il sigillo definitivo: non è nemmeno un caso che la UE si sta distinguendo non tanto per superare la crisi quanto per finanziare banche fallite e fare i conti con quel welfare europeo che ne è stato la bandiera per decenni.....
Ma non è il solo caso: da noi il "mitico" Bondi (quello che ha salvato la Parmalat dai Tanzi ma l'ha svenduta ai francesi di lactalys) ha risposto così alle critiche sugli scarichi dell'ilva tarantina: "Il ruolo dell'impianto? Dipende da altri fattori come fumo di sigarette e difficoltà nell'accesso a cure mediche". Inoltre, “l'enfasi sul possibile ruolo dell'impianto siderurgico sembra essere un effetto della pressione mediatico-giudiziaria, ma non ha giustificazioni scientifiche” ......
cosa dire? Parla da se.... è tremendo una tale insensibilità, ma non è, e non sarà in futuro, cosa rara perchè viviamo in un mondo dove i costi, propri e indotti dalle proprie attività, contano più dei danni che sono provocati e di conseguenza la cosa che conta di più è trovare una spiegazione "altra" rispetto all'evidenza: non è colpa degli scarichi e dei depositi a cielo aperto ma di coloro che vivono intorno in una condizione di disagio: una teoria interessante, vero? Non è un problema dell'azienda ma della gente che non ha unostile di vita di adeguato, una semplicissima spiegazione chein un colpo solo fa terra bruciata intorno a millenni di scoperte mediche e di cure per gli esseri umani.
Una tale insensibilità non può essere imputata, solo, al singolo: è frutto di una mentalità che è venuta alla luce come una corrente carsica ora ma risale al primo industrialismo, alla prima rivoluzione industriale e ai suoi effetti sulla società......
è chiaro che andrà combattuta ma, a differenza di allora, non ci sono idee, o ideologie, che possano far crescere un alternativa, anche teorica, al mondo attuale: c'è solo una carta costituzionale (in via di revisione), dei cittadini, alcuni movimenti e tantissima confusione.... poco troppo poco per ptoervi aderire criticamente: ma è tutto ciò che rimane e con essa dobbiamo fare i conti per l'applicazione di quelli che una volta erano diritti costituzionalmente tutelati e ora sono ... costi e basta.
Non pensate che queste due storie siano lontane fra loro: hanno un humus comune ossia la lotta di classe dei ricchie dei privilegiati contro quelli che ora son poveri o senza voce ufficiale ma che possiamo definire senza tema di essere smentiti come "invisibili" e "impresentabili" di cui vergognarsi e da nascondere agli occhi dei potenti e dei benpensanti.... sono tanti, troppi e il mercato non ha ancora svolto la funzione preconizzata da Smith: ridotti alla fame spariranno o diverranno "sostenibili" in numero e in presenza prima o poi, basta aspettare e continuare a crearne le condizioni, tutto qui ..... poi a Rio come a Taranto un motivo per nasconderli si trovrà sempre come si troverà sempre qualcuno che sostiene che non è l'industria che uccide ma sono loro che bevono e fumano troppo!!!!
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