
Via libera all’accordo di Parigi. Ban Ki-moon: “Ora rispettare gli impegni”. Renzi: “Facciamolo per i nostri figli e nipoti”.
I leader del mondo firmano per il clima L’Onu: “Possiamo cambiare la Storia”
NEW
YORK – In una cerimonia solenne al Palazzo di Vetro i leader di 175
nazioni hanno firmato gli accordi per combattere il cambiamento
climatico. È una giornata che «può essere storica», dice il segretario
generale Ban Kimoon, se gli impegni presi al summit Cop21 di Parigi
verranno mantenuti. Cina e Usa promettono: ratifichiamo entro
quest’anno. Per Matteo Renzi è una giornata in cui «la politica può
dare speranza». C’è anche l’attore Leonardo di Caprio che in un
intervento appassionato descrive ai leader «Pechino asfissiata, le
foreste indonesiane incendiate, i ghiacciai che si sciolgono, le
siccità distruttive dalla California all’India». E gli scienziati
avvertono: i piani nazionali non sono ancora sufficienti.
L’appuntamento
di New York giunge a quattro mesi dall’accordo di Parigi, la cerimonia
al Palazzo di Vetro è “l’endorsement” formale dei governi, a cui
devono seguire le ratifiche. Non necessariamente parlamentari. Barack
Obama sa che il Congresso a maggioranza repubblicana (almeno fino alla
fine dell’anno) non glielo passerebbe, perciò ha voluto che l’accordo
di Parigi fosse giuridicamente diverso da un trattato vincolante: in
questo modo la ratifica sarà un atto dell’esecutivo. La Cina, prima
potenza inquinatrice del pianeta in quanto a emissioni totali di CO2,
s’impegna a ratificare l’accordo «entro il G20 di settembre» che si
terrà sotto la sua presidenza a Hangzhou. È essenziale che il testo
della Cop21 venga ratificato da almeno 55 paesi, e che questi
rappresentino almeno il 55% delle emissioni carboniche. Una volta
adottato e applicato, i piani nazionali dovrebbero consentire di
contenere il surriscaldamento globale entro un tetto di +2 gradi
centigradi, al di sopra dei livelli che la terra registrò all’inizio
della rivoluzione industriale. I problemi non mancano. Da una parte c’è
la genericità di molti piani nazionali fin qui presentati. Dall’altra,
il carattere non-vincolante degli impegni assunti: non esistono
sanzioni per chi non li rispetta. E soprattutto, dalla comunità
scientifica arriva il monito che i due gradi sono troppi, l’aumento di
temperatura andrebbe contenuto entro 1,5 gradi. La Nasa avverte che
quasi certamente il 2016 sarà l’anno più caldo da quando esistono
misurazioni affidabili, cioè dal 1880. Nei primi tre mesi di quest’anno
lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia ha avuto una velocità
record, l’innalzamento dei mari minaccia tutte le zone costiere.
L’Unione
europea ha fissato un obiettivo più ambizioso delle altre
superpotenze: tagliare del 40% le sue emissioni entro il 2030. È anche
la più generosa nei contributi ai paesi poveri per le fonti
rinnovabili, un fondo speciale varato a Parigi che vale 100 miliardi di
dollari. Obama ha preso l’impegno di tagliare tra il 26% e il 28% i
gas carbonici Usa, anche se alcune sue regolamentazioni anti-
inquinamento vengono combattute dalla destra a livello locale e fino
alla Corte suprema. Lo stesso Obama ha fatto inserire una clausola di
sicurezza: un paese non può rinnegare l’accordo firmato ieri per almeno
quattro anni, tanto quanto dura un mandato presidenziale. La Cina,
grazie all’asse tra Obama e Xi Jinping sull’ambiente, promette di
fermare la crescita delle sue emissioni entro il 2030. L’India è una
delle potenze più restìe a prendere impegni vincolanti, ma ha promesso
di moltiplicare per 30 la sua produzione di energia solare. Aiuta il
fatto che, malgrado il crollo del petrolio, le energie rinnovabili sono
più competitive ed efficienti che mai.
Alla
cerimonia nel Palazzo di Vetro — la più folta della storia — in molti
hanno cercato simbolicamente di rappresentare le responsabilità verso
le future generazioni.
Articolo intero su La Repubblica del 23/04/2016.
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