20/06/2016 da triskel182
I
verdetti di Roma e Torino raccontano una rivoluzione. All’ombra dei
volti rassicuranti di due giovani donne, Virginia Raggi e Chiara
Appendino, nelle urne è andata in scena la rivolta contro l’Ancien
Régime, incarnato proprio da quel Renzi che avrebbe dovuto rottamarlo. A
guidarla un inedito Terzo Stato, composto dai ceti che la crisi
economica ha indebolito e che l’aristocrazia del centrosinistra ha
escluso dalla gestione del potere.
Per la prima volta nella
storia, la rabbia dei romani e dei torinesi si è manifestata attraverso
il rifiuto di chiunque avesse un’esperienza politica o manageriale
consolidata. Anzi, era tale il disgusto per i professionisti del ramo
che l’acerbità delle due signore Cinquestelle è stata considerata una
medaglia al valore. Come quando in un ammutinamento l’equipaggio non
affida il comando al secondo ufficiale, considerato troppo colluso col
comandante, ma al mozzo che non ha mai tenuto in mano il timone e che
proprio l’avere sempre vissuto sottocoperta mette al riparo dal rischio
di essersi macchiato di particolari nefandezze.
Se al
ballottaggio arrivano un renzista e un grillino, a vincere è il
grillino: un’indicazione da brividi per i geni che hanno compicciato la
nuova legge elettorale. Gli elettori di Berlusconi e Salvini che sono
andati a votare lo hanno fatto in netta prevalenza per quello tra i due
candidati che si collocava a maggiore distanza dall’establishment
europeista e finanziario, oggi identificato col renzismo. Ed è questa la
sentenza clamorosa che le urne consegnano al dibattito politico delle
prossime settimane. Sorto in opposizione alla Casta, dopo due soli anni
di governo il renzismo ha finito per diventarne il simbolo. È fallito
il racconto del giovane politico di professione arrivato da Firenze per
bonificare il suo partito e poi l’intero sistema, coniugando
l’innovazione con la meritocrazia.
La crisi del renzismo ha tante
tappe intermedie, ma una data di implosione ben precisa. La gestione
del caso Marino, il «marziano a Roma» che in quanto tale era il simbolo
plastico di una diversità politica: quanto di più vicino alla
«narrazione» renzista si potesse immaginare. L’averlo cacciato in malo
modo, quasi irridendolo come un corpo estraneo, ha simultaneamente
appiccicato ai suoi epuratori l’etichetta di Casta 2.0. Ha cioè reso il
renzismo uguale a ciò che prometteva di cambiare, almeno agli occhi
dell’elettore tradizionale di sinistra. Negli anni del bipolarismo
estremo quell’elettore veniva spinto a votare il candidato indigesto
«turandosi il naso», pur di non fare vincere l’avversario leghista o
berlusconiano. Ma Raggi e Appendino hanno facce e storie che non
mettono paura a nessuno e contro di loro non poteva scattare il
richiamo della foresta, benché almeno D’Alema sostenga di avere votato
«secondo le indicazioni del mio partito» (dimenticandosi però di
specificare quale sia).
La crisi economica sta bruciando le carte
della politica una dopo l’altra. Ci erano rimasti due jolly: il
renzismo e il grillismo. Uno forse ce lo siamo giocati. Rimane
l’ultimo, che per fortuna in Italia è sempre il penultimo.
La
rivolta parte dalla pancia e quindi non fa sconti né differenze.
Colpisce sia a Roma, dove il sistema locale di governo aveva tollerato e
ingrassato Mafia Capitale, sia a Torino, dove funzionava decisamente
meglio ma oramai era al potere da troppi decenni e aveva creato un
groviglio inestricabile di rapporti amicali e familiari che ha convinto
gli esclusi di essere tali non per incapacità ma per sopruso. Fassino
però esce di scena a testa alta. Non altrettanto si può dire dei vertici
masochisti del Pd romano.
Fonte: La Stampa
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
Vi
propongo quest'articolo perchè non è preso dai soliti, miei di
riferimento, media ma da un importante quotidiano nazionale (prima voce
della famiglia Agnelli ora controllato dal Gruppo l'Espresso.. quindi
non certo 'avverso' all'attuale maggioranza) e che ci da il metro di
misura di come quei ceti 'affluenti' (che da sempre hanno determinato il
polso della cosiddetta, e ormai vetusta e apppesantita, opinione
pubblica) che di volta in volta sono stati dc, psi, prodiani,
berlusconiani, ecc. ecc. fino ad arrivare all'attuale leader... sentono
il fiato sul collo ora e sono, giustamente, preoccupati di perdere non
solo la rendita di posizione finora avuta ma pure le prorpie fortune,
piccole o grandi che siano, che son state fatte grazie al sistema italia
così come è stato vieppiù costruito nel corso di questi 30 anni.
Quindi
l'articolo suona come un campanello d'allarme soprattutto per l'attuale
inquilino di Palazzo Chigi affinchè o fa qualcosa sul serio (non più
mezze leggi, come ad esempio quella afferente ai disabili che promette
molto ma non da particamente nulla soprattutto ai meno abienti, o
roboanti annunci) di riformista o è meglio che si cambi cavallo...
ancora una volta
Nessun commento:
Posta un commento