
Il retroscena.Il governo prova a ridurre l’entità degli interventi smontando una serie di misure adottate da Renzi. “Austerità letale per l’economia”.La manovra tuttavia si dovrà fare. Come dicono in molti: non possiamo prenderci la procedura d’infrazione per “soli” 2-3 miliardi.
ROMA
– Tutto nelle mani del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e
del suo Ragioniere generale, Daniele Franco. La missione, quasi
disperata, è quella di recuperare nel giro di un paio di settimane i
3,4 miliardi che la Commissione europea sta per chiederci con una
lettera ufficiale con la minaccia di estrarre il “cartellino rosso” sui
conti pubblici.
La manovra-bis è
dietro l’angolo e Padoan, intervistato ieri sera dal Tg3, non la
esclude: «Vedremo se sarà il caso di prendere ulteriori misure per
rispettare gli obiettivi».
Dunque: tecnici
al lavoro. Nulla viene trascurato e in queste ore si sta cominciando a
passare al setaccio le misure della legge di Bilancio 2017, ancora
“calda”, dopo il recente ok del Parlamento, e sotto l’accusa di essere
stata piegata alle esigenze della campagna referendaria. Occhio attento
ai bonus, agli sconti fiscali per le imprese e a tutti i finanziamenti
di cui si può fare a meno senza compromettere “equità e crescita”. Si
cerca disperatamente anche la strada più soft: il taglio dei due fondi
per gli interventi infrastrutturali che superano per quest’anno i 2,9
miliardi e che potrebbero essere in parte sacrificati anche perché, in
attesa delle norme attuative, non hanno ancora una destinazione
precisa. Ma nel frattempo il menù della Ragioneria ha fatto scattare i
meccanismi automatici utilizzati in caso di necessità: tagli lineari,
per qualche centinaio di milioni, alla spesa dei ministeri e un
rafforzamento della spending review 2017.
Il
governo non scatena la polemica con Bruxelles, ma ha pronta la linea
di difesa. «Sono in corso contatti con la Commissione», hanno fatto
sapere ieri fonti del Tesoro fin dalla mattinata. I negoziati sono
volti ad «evitare la procedura d’infrazione» e dunque c’è la implicita
disponibilità ad agire sui conti, ma a condizione di «scongiurare il
rischio che interventi restrittivi sul bilancio compromettano la
crescita». Anche perché l’economia è sempre più debole e appena ieri
l’Fmi ha tagliato il Pil 2017: una manovra troppo forte potrebbe
“seppellire” la ripresa.
Il governo
sarebbe tentato di chiedere più tempo per agire ma su questo terreno
sarà difficile convincere l’Europa. La manovra- bis va varata entro
fine mese per dar modo a Bruxelles di incorporare dati di bilancio
“corretti” nelle previsioni invernali che dovrebbero essere pubblicate
intorno al 10-15 febbraio. Tanto più che la prossima settimana la
missione della Commissione sarà in Italia per acquisire gli elementi
per formulare le nuove previsioni.
Se
Bruxelles si accontenterà sul tema il negoziato è ancora aperto – si
potrà scendere da 3,4 a 2 miliardi. Ma anche in questo caso il lavoro
non sarebbe facile: soprattutto se dovesse passare per lo “smontaggio”
della legge di Bilancio che porta la firma di Matteo Renzi.
Così
si procede con cautela e per esclusione. “No” a retromarce sulle
risorse per gli statali e per le pensioni (oggetto di un accordo con i
sindacati), nessun sacrificio in più alla sanità (ha già dato un
miliardo). Ci sarebbero gli sconti per le imprese ma i
superammortamenti per le tecnologie pesano sul bilancio del 2018.
Così
si vagliano i bonus, criticati perché a pioggia, senza differenze di
reddito. Si possono sospendere o limare. Ci sono i circa 290 milioni
per il bonus da 500 euro per diciottenni destinati a libri, musei e
strumenti musicali. Sotto scrutinio le due misure, anche queste non
legate al reddito, del “premio mamma” di 800 euro e il “buono” per gli
asili nido (costano insieme 536 milioni). Oppure ci sarebbe la rinuncia
all’aumento delle tasse d’imbarco negli aeroporti: norma accolta con
favore dalle compagnie low cost, ma che pesa per 182 milioni.
Articolo intero su La Repubblica del 17/01/2017.
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