| 26 gennaio 2014
La parola stabilità in finanza non esiste.
La ripresa, ancora solo apparente, delle economie occidentali viene
interpretata come il segnale di un cambiamento radicale nelle politiche
monetarie di alcuni paesi. La Riserva Federale ha già ridotto di 10 miliardi mensili il volume totale di dollari che stampa ogni mese
ed a quanto pare un ulteriore taglio, che lo porterà a 65 miliardi al
mese, è previsto per la prossima settimana. La Banca d’Inghilterra
dichiara che ormai raggiungere l’obiettivo del 7 per cento del tasso di
disoccupazione non è più necessario per alzare quello d’interesse, ed i
mercati sono convinti che presto il costo del denaro tornerà a salire.
Chi guadagna e chi perde da questi cambiamenti?
Dato
che teoricamente la produzione di tutto questo denaro cartaceo serviva
alle economie occidentali, piombate nella crisi del credito prima e
poi in quella del debito sovrano, verrebbe naturale dire che a
risentirne dovrebbero essere queste stesse. Ed invece non è così.
Scopriamo che negli ultimi tre mesi, da quando il cambiamento di rotta
della Fed si è ufficializzato, le economie dei paesi emergenti sono
affette da una vera e propria fuga di capitali stranieri al ritmo di 20 miliardi per settimana, 24 nell’ultima,
una aspirapolvere monetaria. I soldi fuoriescono da queste nazioni per
rientrate in quelle occidentali, prima destinazione i buoni del tesoro
americani seguiti dall’oro e dallo yen, questi i beni rifugio attuali.
Anche alcune economie europee sono nuovamente di moda:
il tesoro spagnolo ha piazzato 10 miliardi di titoli decennali con un
rendimento sotto il 4 per cento, siamo ai minimi storici dello spread
dall’inizio della crisi del debito sovrano.
La fuga dalle economie emergenti ed il rimpatrio in occidente non è giustificato da cambiamenti radicali nelle prestazioni economiche
di queste regioni: gli Stati Uniti devono risolvere il problema del
debito, in Spagna 6 milioni di disoccupati continuano a non trovare
lavoro, la politica monetaria rivoluzionaria giapponese non ha ancora
dato i suoi frutti e l’oro è quello che è, un bene rifugio solo
temporaneo. La crescita economica delle economie emergenti è, ancora, di
gran lunga superiore a quella occidentale e continuerà ad esserlo,
l’investitore vero, quello di medio e lungo periodo infatti non ha
spostato i capitali.
La crisi di liquidità in atto nelle economie emergenti è legata al comportamento dei cosiddetti hot money, i soldi della speculazione.
Questi sono aumentati notevolmente di volume grazie alla creazione di
moneta cartacea in atto dal 2009. In altre parole quel denaro che
sarebbe dovuto andare ad alimentare le economie occidentali in crisi è
invece finito nelle tasche degli speculatori che lo hanno utilizzato
negli ultimi 5 anni per investire, o meglio speculare, nei mercati
emergenti. Adesso che i rubinetti monetari si stanno chiudendo gli
speculatori sono stati presi dal panico: la riduzione del denaro facile
farà scendere la domanda di investimento nelle economie emergenti e
quindi anche il valore dei beni, meglio uscire da questi mercati prima che si verifichi questa situazione,
ecco la logica. Ma dato che tutti ragionano e si muovono all’unisono
il risultato del fuggi fuggi è il crollo delle quotazioni dei beni e
delle valute in questi mercati.
C’è poi la questione Cina,
si teme una riduzione della domanda di beni provenienti dalle economie
emergenti a seguito di un rallentamento del tasso di crescita e di una
ipotetica crisi del settore del credito informale, ipotetica perché
nessuno ha idea di come verrà gestita. Una cosa è certa, Pechino vuole
alzare i tassi d’interesse per raffreddare l’economia e questa decisione
viene interpretata come un segno premonitore della caduta della domanda.
Riassumendo:
i soldi che sono stati stampati hanno gonfiato bolle speculative nelle
economie dei paesi emergenti, bolle che adesso si stanno sgonfiando
molto velocemente mettendo in crisi queste economie; se questo è vero
allora è anche vero che solo una piccola parte di questi soldi è andata a sostenere le economie reali occidentali. Ma non basta, gli hot money non le politiche monetarie, né quelle economiche influenzano l’andamento dell’economia mondiale.
p.s.
l'analisi
lucidissima della Loretta Napoleoni dovrebeb fari aprire gli occhi
sulla gavità della situaizione: qui ci sono montagne di denaro che
girano per il pianeta alla ricerca spasmodica di profitti senza
rischi.... gli stati dormono, le persone si accontentano del momentaneo
benessere ...... fino al momento della dipartita degli stessi, i ceti
dominanti si arricchiscono ben sapendo come non saranno loro a pagare il
conseguente debito creato ad hoc. Non se esce finchè qualcuno non
spezza il cerchio, chi si fa avanti?
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