02.02.16 Giorgio Ragazzi da lavoce.info
I
pedaggi dovrebbero servire a coprire i costi degli investimenti e
della gestione delle autostrade. Se rimangono invariati anche quando
l’arteria è pienamente ammortizzata, siamo di fronte a una imposta sul
transito. Che dovrebbe essere votata dal parlamento e non semplicemente
decisa dal governo.
L’imposta dietro il pedaggio
Quando
i pedaggi cessano di essere tali e diventano imposte, il governo può
ancora disporne in via amministrativa come meglio crede o la competenza
dovrebbe passare al parlamento? Non è una domanda astrusa perché pone
il problema, mai affrontato o chiarito, di cosa fare dopo che giunge a
scadenza una concessione autostradale. E nel nostro sistema ve ne sono
molte.
I pedaggi sono stati istituiti per coprire i costi
dell’investimento e gestione delle autostrade (più un “congruo”
profitto per il concessionario) e, sia pure con regole diverse, è
sempre questo il criterio col quale vengono fissati e rivisti ogni
anno. L’ammortamento dell’investimento è l’onere più elevato e viene in
principio rateizzato in modo tale che l’autostrada risulti interamente
ammortizzata a fine concessione, quando dev’essere devoluta
gratuitamente allo Stato (per la parte eventualmente non ancora
ammortizzata è previsto un indennizzo).
A quel punto, secondo le
regole vigenti, i pedaggi dovrebbero essere eliminati o ridotti a
quanto serve per coprire i soli (modesti) costi di gestione. Se il
governo decide invece di mantenere i pedaggi allo stesso livello, sia
che gestisca l’autostrada in proprio o la riassegni in gara, viene
evidentemente invalidata la normativa del “price cap” e viene
introdotta – nella sostanza, anche se non nel nome – un’imposta sul
transito, che come tale dovrebbe essere deliberata dal parlamento e non
lasciata all’arbitrio del governo. Occorrerebbe una legge che dichiari
superata la normativa del “price cap” e stabilisca quanto meno i
criteri a cui il governo deve attenersi nel fissare il livello dei
pedaggi quando l’infrastruttura sia interamente ammortizzata.
Il caso dell’Autobrennero
Un buon esempio è quello dell’Autobrennero,
concessione scaduta da oltre un anno per un’autostrada già
ammortizzata e che non richiede nuovi investimenti di rilievo. Perché
non viene “devoluta gratuitamente” allo Stato come previsto nel
contratto di concessione? Sembra che ormai il ministro Delrio abbia
deciso di assegnarla in concessione, per i prossimi trenta anni, a una
società interamente posseduta da enti pubblici del Trentino Alto Adige.
L’autostrada produce ricavi in eccesso dei costi operativi per oltre
150 milioni l’anno e non deve fare ammortamenti: si può dire dunque che
la somma è il gettito dell’imposta sul transito imposta nella sostanza
mantenendo invariati i pedaggi. È corretto che il governo possa
imporla senza una legge che lo autorizzi?
Il rischio di abuso del
potere di tassare da parte del governo, nella sostanza se non nella
forma, ricorda quanto avvenuto per i sussidi alle energie rinnovabili
che per effetto di vari decreti ministeriali hanno poi raggiunto
l’enorme onere di circa 14 miliardi l’anno, gestiti “fuori bilancio” in
quanto addebitati sulle bollette come “oneri generali di sistema”. Se
per la copertura di quei sussidi si fosse introdotta una “imposta
ecologica” assoggettata all’approvazione parlamentare, probabilmente
l’onere complessivo sarebbe stato diverso e sarebbe stato ripartito in
altro modo. In ogni caso, l’opinione pubblica avrebbe dovuto essere
informata in anticipo sul costo effettivo di quei sussidi.
È proprio
l’assenza di trasparenza nel settore autostradale che costituisce un
potente incentivo a offrire “banchetti gratuiti”.
Nel caso
dell’Autobrennero, il rinnovo del diritto di riscuotere pedaggi
significa ottenere un “regalo” di 150 milioni l’anno (meno la parte che
andrà allo Stato, che non conosciamo ancora). Ma l’utente che continua a
pagare il pedaggio di prima non percepisce in alcun modo di venire
“spennato” a sua insaputa né che qualcuno si stia arricchendo alle sue
spalle. L’offerta del “banchetto” mediante proroga o rinnovo gratuito
della concessione non comporta dunque alcun costo politico, non occorre
aumentare né le tasse né i pedaggi, ed è pertanto difficile che un
ministro trovi la forza di resistere alle fortissime pressioni dei
concessionari, in questo come negli altri casi di proroghe senza gara
che si stanno preparando. È per questo che sarebbe auspicabile imporre
che le proroghe di concessioni debbano essere approvate tutte e
singolarmente per legge.
Il caso dell’Autobrennero solleva poi anche
un’altra questione: può il governo, senza una legge che lo autorizzi,
decidere di assegnare gratuitamente (o quasi) un’infrastruttura dello
Stato (o il potere di sfruttarla per trenta anni) a una società di enti
pubblici di una specifica regione? Perché quella e non altre? Il fatto
che attraversi quel territorio non pare motivo sufficiente né
accettabile perché la sua generalizzazione minerebbe l’unità economica
del paese.
Con 150 milioni l’anno lo Stato potrebbe finanziare un
decimo di tutte le spese dell’Anas, perché rinunciarvi? Per di più a
favore di una regione che gode di privilegi fiscali invidiati al di là
dei suoi confini e che ha appena un milione di abitanti: il ricavo
dell’autostrada corrisponde a circa 150 euro a testa all’anno.
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come non essere d'accordo? ma siamo in italia.....
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