articolo di Munchau sul
Financial Times (tradotto dal Massimo Rocca alias il contropelo).
Alcune
rivoluzioni avrebbero potuto essere evitate se solo la vecchia guardia
si fosse astenuta dalle provocazioni. Non c’è prova della realtà del “
dategli le brioches”. Ma è il genere di cose che Marian Antonietta
avrebbe potuto dire. Suona credibile. I Borboni sono difficili da
battere come esempio di un potere astratto dalla realtà.
Essi hanno dei rivali, oggi.
Il nostro potere globale liberal democratico sta agendo proprio nello
stesso modo. In un epoca in cui l‘Inghilterra ha votato per lasciare
l’Unione europea, in cuo Donald Trump è diventato presidente degli Usa, e
marine Le Pen è in marcia verso l’Eliseo, noi - i guardiani
dell’ordine globale liberale non facciamo che raddoppiare la puntata.
La campagna di Tony Blair, l’ex primo ministro inglese, per cancellare
la Brexit è probabilmente il più bizzarro esempio tra tutti. Un fatto
più serie sono le previsioni dell’ Ufficio per la stabilità del
bilancio in Gran Bretagna, che la scorsa settimana ha detto che la
Brexit avrà serie conseguenze economiche. Venendo dopo pochi mesi da
quando la professione economica si è coperta di discredito con
apocalittiche previsioni delle conseguenze del referendum inglese,
questo è uno sbalorditivo avanzo di magazzino della inadeguatezza dei
modelli di previsione economica. La verità sull’impatto della Brexit è
che esso è incerto, al di là delle possibilità di previsione di
chiunque e che dipende quasi interamente dal modo in cui il processo
sarà gestito. La risposta tecnicamente corretta è “non lo so”. Prima
del referendum il “progetto paura” fu un colossale errore di calcolo
tattico. Oggi è pura stupidità. Uno dei punti di discussione è se il
popolo deve dare retta agli esperti. Ma abbiamo già fatto un passo
avanti. Per la loro tendenza a esagerare i macroeconomisti non sono più
considerati esperti in macroeconomia.
Vecchi leader fuori dalla
realtà e il potere economico non sono soli. In Italia il potere
politico sta considerando di modificare una legge elettorale appena
approvata, col solo obiettivo di tenere lontano dal potere il movimento
ribelle di Beppe Grillo, i 5 stelle. E questo si intreccia in modo
complesso con il referendum di domenica sulla riforma costituzionale.
La legge elettorale entrata in vigore a luglio da al partito più forte
poteri quasi dittatoriali. Ha origine da un accordo sottobanco del
2014 tra il partito democratico del primo Ministro Matteo Renzi e Forza
Italia del ex premier Berlusconi. Nessuno dei due credeva che i 5
stelle sarebbero mai stati in grado di scuotere il confortevole
duopolio. Indipendentemente dall’esito del referendum , aspettatevi di
vedere uno dei casi più eclatanti di manipolazione delle modalità di
voto nella politica moderna. Ma il problema di Renzi non sono i 5
stelle. Sono gli elettori.
La stessa Europa, sta raddoppiando la
posta ogni volta che può. Il trattato commerciale con il Canada, e
l’ancora da siglare TTIP, sono tanto popolari oggi quanto lo era il
dislocamento dei missili nucleari a medio raggio negli anni ottanta.
Una ribellione popolare si sta organizzando contro di loro perchè la
gente teme una riduzione delle tutele dei consumatori ed il potere
arraffato dalle multinazionali. Perchè sta avvenendo ciò? I
macroeconomisti hanno pensato che nessuno osasse sfidare la loro
autorevolezza. I politici italiani stanno giocando col potere da
sempre. E il lavoro dei tecnici dell’unione europea è quello di trovare
metodi coperti per portare avanti legislazioni scorrette e trattati al
di là delle legislazioni nazionali. Anche se forze come quelle della
Le Pen, di Grillo o del partito di estrema destra olandese di Geert
Wilders marciano verso il potere, l’establishment continua a d agire
sempre in questo modo. Un reggente dei Borbone , in un raro momento di
consapevolezza avrebbe fatto marcia indietro. Il nostro sistema
capitalistico, con le sue istituzioni contendibili è costituzionalmente
incapace di farlo. Raddoppiare la sfida è quello che è programmato per
fare. La strada giusta sarebbe smettere di insultare gli elettori e,
cosa più importante, risolvere i problemi di un settore finanziario
fuori controllo, di flussi incontrollati di capitali e di persone, e di
una distribuzione ineguale del reddito. Nell’eurozona i leaders
politici hanno ritenuto conveniente impantanarsi in una crisi bancaria e
poi una crisi dei debiti sovrani - solo per ritrovarsi con un debito
greco insostenibile e con un sistema bancario italiano in grandi
difficoltà. Dopo otto anni ci sono ancora investitori che stanno
scommettendo sul collasso dell’eurozona come l’abbiamo fin qui
conosciuta.
Renzi avrebbe potuto usare il suo ampio capitale
politico per riformare l’economia italiana invece di cercare solo di
cementare il suo potere. E immaginate che cosa sarebbe stato possibile
se la cancelliera Merkel avesse speso il suo ancor più vasto capitale
politico per trovare soluzioni alle molteplici crisi dell’eurozona, o
nel ridurre gli eccessi di surplus della bilancia commerciale tedesca.
Ma questo non è successo per lo stesso motivo per cui non successe
nella Francia pre rivoluzionaria. I guardiani del capitalismo
occidentale, come i Borboni prima di loro , non dimenticano nulla e non
imparano niente
EconomistL’Italia, scrive il giornale, è la più grande minaccia alla sopravvivenza dell’
euro e dell’
Unione Europea per i suoi
indicatori economici: il
reddito pro capite fermo da oltre quindici anni, un
mercato del lavoro sclerotico,
banche “farcite” di crediti non riscuotibili, uno Stato appesantito dal
secondo debito pubblicodell’Eurozona. Per questo motivo – sottolinea l’
Economist – molta speranza viene riposta in Renzi. Il capo del governo pensa che il problema di fondo è la
paralisi istituzionale e per questo ha chiamato al voto sulle modifiche costituzionali che, prosegue il giornale, tirerebbe indietro i
poteri dalle Regioni e realizzerebbe un Senato subordinato alla Camera bassa. Questo – aggiunge l’
Economist
– insieme a una legge elettorale che mira a garantire una maggioranza
al partito principale gli darà il potere di far approvare le riforme di
cui “disperatamente” ha bisogno, come sostiene lui.
Quanto alle
eventuali dimissioni di Renzi, molti investitori e governi europei
hanno paura che l’Italia possa rappresentare in un terzo domino in un
ordine internazionale che si sta rovesciando, dopo
Brexit e l’elezione di
Trump. “Eppure questo giornale crede che gli italiani dovrebbero votare No”. La fine del bicameralismo – che viene definita dall’
Economist una “
ricetta per la paralisi”
– suona ragionevole. Ma i dettagli del progetto di Renzi offendono i
principi democratici. Innanzitutto il Senato non sarebbe eletto. Al
contrario, ricorda il giornale, i suoi membri sarebbero presi dalle
autonomie locali e “
Regioni e Comuni rappresentano gli
strati più corrotti di governo e i senatori potrebbero gradire
l’immunità dagli arresti”. Così il Senato si trasformerebbe in una
calamita per i politici.
Anche
l’Italicum ha senso. Ma, obietta il giornale inglese, l’approvazione delle leggi non è il problema più grande dell’Italia, perché la
produzione legislativa di
Roma è
pari a quella di
altri Paesi europei. “Se il potere esecutivo fosse la risposta – si legge nell’editoriale – la
Francia sarebbe fiorente: ha un potente sistema presidenziale, eppure, come l’Italia, è perennemente resistente alla riforma”.
Per contro uno svantaggio di una vittoria del No sarebbe il rafforzamento della convinzione che all’Italia
manca la capacità di riformarsi. Ma è lo stesso Renzi, dice il giornale britannico, ad
aver creato questa crisi, puntando il futuro del suo governo sul test sbagliato. “Gli italiani non dovrebbero essere ricattati”. E se poi, conclude l’
Economist, davvero il No innescasse il
collasso dell’euro, allora sarebbe il segno che la moneta unica è così fragile che la sua distruzione era solo questione di tempo.
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Ora
fate mente locale a cosa hanno detto i media italiani riguardo a quanto
hanno scritto questi due giornali economici espressione delle varie
anime della finanza internazionale.... inutile parlare di cosa e di chi
perchè arriveremmo molto lontano.