domenica 21 dicembre 2014

I mercati contro la democrazia, inutili anche le elezioni

Fonte: libreidee
Il sistema capitalistico ha sempre usato la democrazia come strumento di manipolazione di massa. Ma di quale democrazia sto parlando? Di quella che abbiamo avuto fino a ieri molto simile alla Caverna di Platone, dove gli uomini nel buio della non-conoscenza e non-consapevolezza si agitano per ottenere una libertà fittizia (lo schiavo che lotta per una catena più lunga). La vera democrazia, infatti, metterebbe in pericolo il capitalismo e i suoi interessi; non potrebbe conciliarsi, per esempio, con l’accumulo della ricchezza come base di funzionamento della società, perché la democrazia tende a raggiungere uno stato di uguaglianza sociale. La democrazia falsa, fino ad oggi, ha portato la gente a credere che partecipare alla vita democratica consista nel delegare ogni volta il potere con le elezioni, quando una vera democrazia necessita di revisione continua e di partecipazione assidua per vigilare il corretto funzionamento delle istituzioni. Con la perdita della sovranità abbiamo assistito a un veloce decadimento anche di quest’ultimo barlume di democrazia strumentale.
Il potere si è spostato di baricentro, si è accentrato fuori dai confini dello Stato sociale e esistendo lontano anche dal punto di vista logistico, si assicura un aurea di intoccabilità e indecifrabilità. La vecchia “democrazia senza popolo” (come l’ha definita Rodotà) ha lasciato il posto alla dittatura europea finanziaria e mentre con la “vecchia” dopo le elezioni si chiedeva al popolo di rimanere in silenzio per attuare le manovre, con la nuova dittatura non sono più necessarie nemmeno le elezioni, perché obsolete (Monti, Letta, Renzi insegnano). Il popolo è chiamato a sopportare, in silenzio possibilmente, ogni umiliazione imposta come unico e giustificato sacrificio al bene finanziario ed economico. E’ un errore, dunque, pensare di arrivare a una crisi assoluta della società prima di proporre un nuovo modello? La risposta è sì! È un errore perché si perderebbe molto, troppo lungo il cammino verso il tracollo e tanti, troppi, perirebbero sacrificati ingiustamente.
Per questo motivo oggi è necessario agire, e subito, per riconquistare gli strumenti che ci permettono di ristrutturare la vita sociale in ogni suo aspetto e l’economia del paese su nuovi paradigmi culturali. La sovranità è uno di questi strumenti indispensabili perché restituisce al paese il controllo del destino del suo popolo. Senza sovranità è inutile pensare di far politica con progetti di lungo periodo, perché il futuro appartiene ai mercati, è fuori dalla gestione dello Stato e quindi indecifrabile. Senza sovranità non è pensabile proporre sistemi economici alternativi e soluzioni per il rilancio del paese. Le forme di sovranità esistono perché esiste il popolo, è funzionale ad esso e al popolo deve tornare, attraverso le istituzioni funzionali al benessere sociale. Sovranità significa anche ricostituire uno Stato di diritto, dove l’uomo è al centro come soggetto e beneficiario del diritto stesso, per la sua felicità e benessere.
(Ivana Viazzi, “Democrazia platonica”, da “Appello al popolo” del 15 novembre 2014).
p.s.
.... e con questo il blog va in pausa per le feste.
per chi crede
BUON NATALE

per chi non crede BUONE FESTE

rilassatevi che nel 2015 ce ne saranno delle belle da vedere....

sabato 20 dicembre 2014

Sanità, il combinato disposto che rischia di far saltare il sistema

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 19/12/2014 a firma di Ivan Cavicchi
Tutti conoscono il significato dell’espressione “combinato disposto”. In termini semplici e pratici in sanità vuol dire che se mettiamo insieme i tagli ai fabbisogni finanziari + blocchi al lavoro + malgoverno della sanità + regioni incapaci + privatizzazione + legge di stabilità + job acts … = controriforma. Il combinato disposto è un garbuglio eterogeneo di cose dentro un contesto che funziona come se le coordinasse casualmente senza un fine esplicito. Il contesto (milieu) in questo caso non si limita a mettere insieme delle cose ma le combina quindi le sintetizza quasi funzionasse come un reattore esattamente come gli elementi che compongono la nitroglicerina.
In sanità il combinato disposto vede accostati sempre più in modo pericoloso parecchi elementi tecnici politici istituzionali morali ma i più importanti secondo me sono due :
  • l’attacco esplicito ai diritti delle persone giustificati dall’insufficienza dei finanziamenti attraverso diversi stratagemmi di esclusione dei malati dai servizi pubblici adottati soprattutto dalle regioni e dalle aziende sanitarie che ormai selezionano il bisogno di cura e di assistenza
  • l’attacco insistente al lavoro professionale di cura e di assistenza quale unica garanzia sostanziale per garantire i servizi per i cittadini reiterato soprattutto con sistematiche riduzioni di personale.
Secondo me il combinato disposto di questi due soli elementi è sufficiente una volta a regime nelle giuste dosi, a far saltare il sistema pubblico. Le Regioni continuano a chiedere al governo un taglio delle tutele pubbliche per stare nei conti e il governo, che con la legge di stabilità ha programmato per la sanità fino al 2020 una crescente riduzione di personale. Proprio perché convinto della pericolosità di questo “combinato disposto” ho avanzato due proposte:
  • ai fini di salvaguardare i diritti delle persone correggere l’art 32 della costituzione cioè cambiare la frase “la Repubblica…garantisce cure gratuite agli indigenti” con la frase “la Repubblica…garantisce cure gratuite a tutti” e stoppare tutti i tentativi sommersi di controriforma che sono in corso.
  • ai fini di garantire il personale nei servizi ma soprattutto al fine di salvaguardare il lavoro nella sua integrità etica e scientifica, sfidare il governo con una proposta di riforma del lavoro cioè un’idea di lavoro quale depuratore che elimini o riduca sprechi, diseconomie. ruberie, quindi che abbia un plusvalore tanto etico che finanziario.
Non entro nei dettagli tecnici di queste proposte Ma qualcosa va detto.L’articolo 32 della Costituzione recita che le cure gratuite vanno garantite ai soli indigenti, ma nella prassi legislativa di questi ultimi 40 anni esso è stato interpretato di fatto in senso estensivo, cioè in senso universalistico per garantire le cure a tutti. La riforma sanitaria del ’78 di fatto è una riscrizione dell’art 32.
Oggi a me pare che chi governa la sanità, voglia annullare questa riscrizione contro riformando 40 anni di prassi universalistica per tornare all’art 32 del 1948 cioè pre riforma sanitaria e ridimensionare il sistema pubblico. Penso che la riscrittura dell’art. 32 abbia un forte significato simbolico, possa funzionare da bandiera sotto la quale riunire tutti gli universalisti sinceri e coloro che credono nei diritti che a mio parere non sono pochi, anzi sono la maggioranza e soprattutto potremmo smascherare i finti universalisti, che soprattutto da sinistra in questi anni di politiche economicistiche ai diritti hanno anteposto i limiti economici puntando decisamente a privatizzare il sistema pubblico.
Per quanto riguarda il lavoro professionale esso come un architrave ha retto sino ad ora, concretamente e non a parole, il sistema dei diritti nel suo complesso, nonostante tutto. A sue spese ha compensato come ha potuto e non senza danni collaterali, tutti i tipi di limitazioni ai quali sono stati sino ad ora sottoposti i servizi e quindi i cittadini: limitazioni agli organici, alla sua autonomia, ai suoi valori retributivi, ai suoi valori deontologici, demansionamenti, burocratizzazioni, precarizzazione, disoccupazione, scambi di competenze ecc. Per evitare che l’architrave ceda, a mio parere il lavoro deve accettare di confrontarsi con i problemi della spesa: cioè non può limitarsi a rivendicare come pure è giusto il rinnovo dei contratti, perché in sanità almeno un quarto della spesa totale a carico dello Stato è depurabile da sprechi, abusi, speculazioni, diseconomie.
Cioè per fare in modo che il lavoro non sia limitato nelle sue prassi, le sue prassi devono liberare risorse laddove esse sono liberabili. A questa condizione oggi il lavoro può legittimamente pretendere che il plusvalore prodotto sia retribuito come si deve.
Il vero guaio di queste proposte non è il loro grado di fattibilità e di plausibilità, vi assicuro che sono del tutto fattibili, ma è la mancanza di un riformatore in grado di recepirle. La mancanza di un pensiero riformatore è quindi il terzo ingrediente senza il quale il combinato disposto di cui abbiamo parlato prima non potrebbe esplodere.
La formula del garbuglio va quindi aggiornata: attacco ai diritti + spoliazione del lavoro dai suoi valori + rassegnazione + mancanza di una mobilitazione sociale+ sindacati fuori gioco + assenza di una contro prospettiva +mancanza di una proposta di cambiamento . Les jeux sont faits.
p.s.
come faccio a far passare nell'immaginario collettivo la riforma auspicata, per non dire imposta, che privatizza del tutto la sanità?
 

giovedì 18 dicembre 2014

Wikileaks: “Ecco il trattato segreto per la liberalizzazione selvaggia della finanza”

Fonte Il Fatto Quotidiano del 20/6/2014 a firma di Marco Schiaffino
Un accordo segreto a livello internazionale che punta a smantellare il ruolo dei governi nella finanza e aprire la strada a politiche ultra-liberiste. È questo il contenuto delle nuove rivelazioni di Wikileaks, l’organizzazione creata da Julian Assange già responsabile nel 2010 del “leak” riguardante i documenti riservati dell’esercito Usa sulle guerre in Iraq e Afghanistan. Il testo (parziale e provvisorio) dell’accordo è stato pubblicato giovedì sul sito dell’organizzazione di Assange e da alcuni giornali con cui collabora (in Italia l’Espresso). La trattativa per il TISA, sigla che identifica il Trade in Services Agreement (Accordo di Commercio dei Servizi) coinvolgerebbe 50 Paesi: Australia, Canada, Cile, Taiwan, Colombia, Costa Rica, Hong Kong, Islanda, Israele, Giappone, Liechtenstein, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Panama, Paraguay, Peru, Sud Korea, Svizzera, Turchia, Stati Uniti e Unione Europea. Tagliati fuori, invece, i cosiddetti BRICS: Brasile, Russia, India e Cina.
Secondo Jane Kelsey, professoressa della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Auckland e autrice di un memorandum che Wikileaks pubblica a corredo della bozza, il TISA sarebbe in grado di determinare le politiche economiche dei maggiori Paesi a capitalismo avanzato evitando qualsiasi discussione in merito nei parlamenti degli Stati interessati. Già, perché le trattative a cui fa riferimento la bozza vengono definite “riservate” e lo stesso trattato è indicato come “classificato”. Di più: secondo quanto riportato in calce al documento, il TISA dovrebbe rimanere segreto per 5 anni anche dopo il raggiungimento dell’accordo tra i Paesi aderenti.
Il trattato ha contenuti simili al GATT (Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio) e al GATS (Accordo Generale sul Commercio dei Servizi), finiti al centro delle proteste a Seattle nel 1999 e al G8 di Genova del 2001. A differenza di questi, però, il TISA non è stato discusso in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che prevede la pubblicità degli atti e una discussione più “trasparente”. Qualcosa di simile a quello che dovrebbe accadere per il futuro Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP), in agenda di Stati Uniti ed Europa nei prossimi mesi. Rispetto a questo, il TISA si muove su una sorta di “binario parallelo” (e segreto) che ne estende l’applicazione a un maggior numero di Paesi.
Il contenuto del testo pubblicato da Wikileaks riporta le proposte dei partecipanti alla trattativa, principalmente USA e UE, su tutti i punti che dovrebbero i temi oggetto del trattato. Nonostante divergano per qualche sfumatura, l’obiettivo dell’accordo è chiaro: eliminare tutte le leggi nazionali che sono considerate come “ostacoli” al commercio dei servizi in ambito finanziario. Un copione che ricalca i trattati approvati nel 2000 e che, secondo molti economisti e governi, hanno rappresentato la causa principale della recente crisi finanziaria globale.
L’analisi di Jane Kelsey mette in luce, in particolare, la volontà dei proponenti di eliminare alcune delle norme che sono state introdotte (o suggerite) in seguito alla crisi del 2008. Per esempio i limiti alle dimensioni degli istituti finanziari, imposti in alcuni Paesi per evitare il ripetersi di operazioni di salvataggio obbligate nei confronti di quei soggetti “troppo grandi per fallire”. Le proposte presentate nella bozza si occupano però anche di altre questioni, come la privatizzazione della previdenza e delle assicurazioni, l’eliminazione degli obblighi di divulgazione delle operazioni offshore nei paradisi fiscali, il divieto di imporre un sistema di autorizzazione per nuovi strumenti finanziari (come i derivati) o di regolamentare l’attività dei consulenti finanziari.
Gli accordi di questo tipo utilizzano un sistema sanzionatorio che segue canali “paralleli” alla giustizia ordinaria. Se un’azienda ritiene che lo Stato estero in cui opera vìola in qualche modo il trattato, può fare ricorso a un tribunale speciale che agisce come organo arbitrale, nel quale non sono previste udienze pubbliche. Lo Stato condannato a questo punto ha due scelte: cancellare la legge in questione o risarcire l’azienda. Un sistema che già in passato ha giocato brutti scherzi alle amministrazioni di diversi Paesi. Nel 2011, per esempio, l’Australia si è vista chiedere un risarcimento miliardario da parte di Philip Morris. Il motivo? Il governo australiano aveva obbligato i produttori di tabacco a vendere le sigarette in pacchetti senza logo per ridurne il consumo.
Ecco il link originale.. in inglese di  Wikileaks
p.s.
perchè è segreto? cosa è che non dobbiamo sapere? Aveva ragione J. Rifkin nel saggio "l'era dell'accesso" quando metteva inguardia da questi "accordi" che prevedevano che quello che in europa è ritenuto "normale (istruzione, net neutrality, internet, università, cultura, ecc.)" perchè se dovessero passare noi non saremmo più padroni nemmeno della nostra essenza? E' di oggi, per fare un esempio, la sentenza della Corte europea che riconosce la brevetabilità del embrione umano non fecondato.... già c'er la brevettavibilità di fegato, rene ecc. Non trovate che siano cattivi presagi?

mercoledì 17 dicembre 2014

Le Piramidi di Teotihuacán, Giza e Xianyang. Incredibili coincidenze !!!

Fonte: terra real time
Con i dati oggi in nostro possesso, è facile constatare ed è già stato dimostrato da diversi studiosi1 che quanto abilmente riportato in queste immagini, corrisponde a realtà (vedi Immagine 1)
Immagine 1 elaborata e resa disponibile da Luca Bernasconi.
Ingrandendo i punti di interesse, ci troviamo di fronte ad una situazione ancora più particolare, di cui la seguente immagine ne è una rappresentazione significativa (vedi Immagine 2).

Sulla immagine 1 non ci sono dubbi e l’allineamento è facilmente constatabile da chiunque abbia accesso ad internet ed utilizzi un programma come Google Earth.
Sulla immagine 2, vi è maggiore difficoltà di riscontro senza mezzi informatici più specifici, ma per la seguente analisi statistica, basterà fare riferimento all’immagine 1.

Ciò premesso, riporto 2 osservazioni lampanti e scientificamente valide per i tre complessi piramidali più importanti di Messico, Egitto e Cina, rispettivamente collocati nelle regioni note come Teotihuacán, Giza e Xianyang:

1) sono allineati lungo un’unica linea planetaria;

2) la loro disposizione sul piano è molto simile;

Essendo le suddette 2 osservazioni state già oggetto di studi approfonditi da parte di studiosi1 molto più esperti di me, evito di entrare nel merito dei valori e delle dimostrazioni, lasciando al lettore l’onere ed il piacere di approfondire gli argomenti.

Il mio obiettivo è invece quello di trattare statisticamente i dati a disposizione.
Partiamo dall’osservazione n°1: qual è la probabilità che 3 popoli diversi in 3 epoche diverse in 3 continenti diversi, costruiscano per pura coincidenza, 3 complessi piramidali allineandoli lungo una linea planetaria?
Per comodità dei lettori, riporto alcune semplici definizioni:
a) Probabilità (classica) di un evento: il rapporto fra il numero dei casi favorevoli ed il numero dei casi possibili supposti tutti ugualmente possibili
b) Coincidenza (Garzanti): concomitanza spesso casuale di più circostanze
Per l’analisi statistica, dobbiamo definire l’estensione di un territorio (spazio campionario) come “insieme” delle probabilità dei luoghi di costruzione e dobbiamo individuare l’estensione spaziale del complesso piramidale.
Quest’ultimo dato possiamo stabilirlo come il rettangolo che contiene le 3 piramidi principali di ogni sito (per brevità lo chiameremo “rettangolo contenente”).
Ciò premesso, analizziamo i dati.
L’estensione del territorio dominato dai costruttori, è noto solo per Giza, purtroppo.
Anche in questo caso però, non possiamo ritenere idoneo alla costruzione del complesso piramidale il 100% del territorio dell’impero dell’Antico Regno (essendo presenti il Nilo, i rilievi, il deserto, etc.).
Per semplificare la trattazione, assumiamo cautelativamente che solo il 10% del territorio presentasse caratteristiche idonee alla costruzione: pianeggiante e con sufficiente capacità di sopportare il carico delle piramidi.
Per quanto riguarda Giza, abbiamo i seguenti dati:
1) Estensione rettangolo contenente: circa 0,7 kmq (dato reale)
2) Estensione impero costruttori: circa 300.000 kmq (dato reale)
3) Estensione territorio idoneo: circa 30.000 kmq (ipotesi cautelativa)
Pertanto la probabilità che i costruttori scegliessero casualmente proprio quel kmq di territorio per costruire il complesso piramidale è pari a:

Per Teotihuacan, l’archeologia ufficiale attribuiva la costruzione delle piramidi al popolo dei Toltechi, ma successivamente ha abbandonato questa ipotesi per abbracciarne altre non meglio definite.
Quindi, data l’incertezza sulla data di costruzione e sul popolo che l’ha costruita, possiamo ipotizzare che i costruttori avessero a disposizione un territorio vasto almeno 100.000 volte l’estensione del complesso piramidale. È un’ipotesi molto conservativa, considerando la complessità, la maestosità e lo splendore di Teotihuacan, sarebbe infatti lecito pensare che i costruttori dominassero su un impero ben più vasto (come termine di confronto basti pensare all’estensione dell’impero Egizio al tempo della costruzione delle piramidi della piana di Giza, che è più del doppio).
Semplificando i calcoli, abbiamo:
1) Estensione rettangolo contenente: circa 1,15 kmq (dato reale)
2) Estensione impero costruttori: 115.000 kmq (ipotesi cautelativa)
3) Estensione territorio idoneo: 11.500 kmq (ipotesi cautelativa)
Pertanto la probabilità che i costruttori scegliessero casualmente proprio quel punto del territorio per costruire il complesso piramidale è pari a:
Per il complesso di Xianyang, i dati attualmente in nostro possesso sono veramente scarsi (per cause legate a divieti militari del governo cinese), quindi per non interrompere lo studio, prendiamo come riferimento il rettangolo contenente ed i dati ipotizzati per Teotihuacan (nell’attesa di poter definire almeno il rettangolo contenente con più precisione e magari anche l’estensione dell’impero dei costruttori):
1) Estensione rettangolo contenente: circa 1,15 kmq (dato scelto per analogia con Teotihuacán)
2) Estensione impero costruttori: 115.000 kmq (ipotesi cautelativa)
3) Estensione territorio idoneo: 11.500 kmq (ipotesi cautelativa)
Pertanto la probabilità della coincidenza è:Ovvero, la probabilità che Egizi, Precolombiani e Cinesi in 3 epoche diverse, in 3 continenti diversi, abbiano costruito per pura coincidenza, i 3 complessi piramidali di Teotihuacán, Giza e Xianyang allineandoli lungo quella particolare linea planetaria, è pari a circa 2 su 100.000.000.000 (leggasi “due su cento miliardi”).
C’è da fare un considerazione (Osservazione 1 bis) a commento di questo risultato: due siti generici sul pianeta Terra saranno sempre allineati su una linea planetaria. Quindi la vera coincidenza è data dal terzo sito che viene costruito sulla linea planetaria definita dagli altri due siti.
Il calcolo quindi andrebbe fatto per il sito meno antico, ma siccome l’incertezza sulla datazione di Xian è troppo elevata, possiamo effettuare il calcolo per l’unico dei 3 siti per il quale abbiamo più dati a disposizione, ovvero Giza.
Ciò premesso, la probabilità che gli Egizi scegliessero di costruire il complesso piramidale d Giza proprio in quel punto, allineandolo per pura coincidenza gli altri due siti piramidali di Teotihuacán, Giza e Xianyang vale:
Ovvero circa 2 probabilità su 100.000.
Analizziamo ora l’osservazione n°2: partendo dalla probabilità di coincidenza sopradescritta, qual è la probabilità che i 3 popoli suddetti, in 3 epoche diverse in 3 continenti diversi, dopo aver allineato per pura coincidenza lungo linee planetarie parallele i 3 complessi piramidali, abbiano disposto le piramidi secondo una geometria simile?
Per non entrare nel merito della trattazione, rimando agli studi di cui alla nota 1 e mi limito ad inserire le seguenti immagini per sostenere l’ipotesi della disposizione “molto simile”:
Dal sito http://www.earthquest.co.uk/articales/theory2.html
Le immagini parlano da sole, non ci sarebbe nemmeno bisogno di commentarle, ma basta osservare che per i 3 siti piramidali vi è l’allineamento delle 2 piramidi maggiori ed il disallineamento della terza piramide, la più piccola.L’angolo di disallineamento tra la piramide più piccola e l’asse di allineamento delle altre due è lo stesso (precisione del decimo di grado) per i 3 siti piramidali.
Nelle immagini compare la costellazione di Orione, ma non verrà considerata nello studio delle probabilità di coincidenza.
Anche in questo caso, dobbiamo stabilire un criterio per determinare uno spazio campionario.
Un criterio possibile è quello di suddividere il rettangolo contenente in una maglia quadrata con estensione di un ettometro quadrato (valore plausibile in considerazione delle dimensioni di base delle piramidi).
Pertanto per Giza abbiamo 70 quadrati contenenti all’interno dei quali i costruttori avrebbero potuto collocare le proprie piramidi (per definizione un quadrato contiene la piramide quando il vertice della piramide coincide con il baricentro del quadrato).
La prima piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a:La seconda piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a:La terza piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a: Pertanto la probabilità totale di disporre per pura coincidenza le Piramidi proprio secondo lo schema attuale è di:   Ovvero ci sono 3 probabilità su un milione.
Ripetendo i calcoli anche per Teotihuacán e Xianyang , otteniamo: La probabilità parziale per l’osservazione 2 vale: 0,00000000000000014%
(Leggasi circa 1 probabilità su mille milioni di miliardi) La probabilità totale che si verifichi contemporaneamente l’osservazione 2 e l’osservazione 1 è la seguente:
(Leggasi circa 3 probabilità su cento miliardi di miliardi di miliardi)
Per comprendere questo numero, facciamo un esempio più pratico:
- la probabilità di lanciare un dado a 6 facce ed ottenere il numero 6 è pari ad 1/6 ovvero il 16,66%;
- per analogia, la P totale di cui sopra è la seguente: tirare 36 volte di seguito il dado ed ottenere sempre 6!
Mentre la probabilità totale che si verifichi contemporaneamente l’osservazione 2 e l’osservazione 1 bis è la seguente:
(Leggasi circa 3 probabilità su mille di miliardi di miliardi)
Anche in questo caso, riportando l’esempio del dado a 6 facce, dovremmo lanciarlo per 29 volte di seguito ed ottenere sempre 6! La P Giza Bis equivale a lanciare il dado 6 volte di seguito ed ottenere sempre 6.
Su questo dato, suggerisco esperimenti personali ai professori di egittologia che parlano di coincidenze: comprate un dado a 6 facce e lanciatelo su un tavolo piano facendolo rotolare.
Non appena avrete raggiunto l’obiettivo di ottenere 6 volte di seguito un 6, avrete capito che la teoria classica è valida. In caso contrario, fatevi qualche domanda.
È doveroso evidenziare il fatto che non ho preso in considerazione l’immagine 2: infatti se avessi dovuto analizzare anche la probabilità che le singole piramidi di un sito sono allineate con le corrispettive degli altri 2 siti, allora credo che avrei avuto difficoltà anche solo a pronunciare il numero che rappresenta la probabilità di coincidenza totale.
A questo punto, il lettore esperto di statistica, o il lettore esperto di archeologia, potranno sollevare numerose obiezioni sulle ipotesi cautelative che ho dovuto fare per ottenere un valore di probabilità della coincidenza.
Come per i miei precedenti 2 studi, sottolineo che il mio obiettivo è dare un ordine di grandezza al problema e non una soluzione precisa.
Pertanto, variando i dati in ingresso e variando le ipotesi cautelative, si otterranno sempre e comunque dei valori di probabilità di coincidenza così piccoli da indurre a pensare che la teoria archeologica ufficiale è da rivedere.
Oggi è insostenibile affermare con leggerezza che quanto sopra esposto sia solo una pura coincidenza: sono i numeri che mettono in forma matematica ciò che la logica e l’intuito suggeriscono da anni; vi è stata una scelta precisa e non casuale da parte dei costruttori a Teotihuacán, Giza e Xianyang di allineare i 3 siti piramidali lungo linee planetarie e di disporre le piramidi secondo geometrie simili.
Negare questa verità oggi significa sostenere che la Terra è ancora al centro dell’Universo ed il Sole e le Stelle immutabili le girano intorno.
Ma se si accetta questa verità, il passo successivo è scoprire chi e quando (e magari anche perché e come) ha scelto di costruire i 3 complessi piramidali in 3 continenti diversi in quel modo così particolare.
Una sfida enorme, la cui complessità richiede lo sforzo di ricerca di tutti gli studiosi ufficiali e di tutti gli appassionati del settore. Collaborare per capire e scoprire, senza aggrapparsi ai “dogmi archeologici” che stanno oscurando una delle pagine più belle e più antiche della storia umana.
Nota 1: cito tra tutti, il libro di Fabio Garuti “L’ombra di Orione”
di Simone Scotto di Carlo
p.s. mio
insomma è (davvero) un caso che tutte le civiltà che conosciamo abbiano costruito opere monumentali a quelle coordinate? E: come mai? Perchè? Hanno ragione i sostenitori di questa idea o gli scettici? Ha ragione Sitchin o ...... la accademia, o forse sarebbe meglio chiamarla "chiesa", ufficiale?

martedì 16 dicembre 2014

Galloni: nuova Norimberga, per punire i criminali della crisi

Fonte: libreidee
Mentre la situazione economica e politica internazionale va deteriorandosi, nonostante le ottime prospettive di crescita di importanza dei Brics, si stanno prospettando soluzioni e proposte pericolose, nel senso del conflitto con l’interesse all’evoluzione positiva e pacifica del genere umano (oggi e ieri minacciata dalle follie di eliminazione della spesa pubblica e di privatizzazione anche di ciò che è bene non dipenda dalla condizione finanziaria dei singoli, come la sanità, la formazione, la sicurezza, l’acqua, l’aria e via dicendo): c’è chi prospetta un ritorno all’oro dopo che il dollaro tracollasse o chi propone una riserva del 100% per le banche; ma stanno emergendo anche i nuovi “gattopardi” che – persino in nome dell’abbattimento dell’euro – propugnano tesi che, nel recente passato, non hanno mai condiviso. Sia chiaro: quello che è stato compiuto o avallato in questi ultimi trentacinque anni (indebolimento degli Stai nazionali, macelleria sociale, impoverimento e depredamento della popolazione) sono crimini contro l’umanità che, come tali, dovranno essere affrontati.
Una nuova Norimberga, in altri termini, appare proponibile, onde evitare che in un domani sempre più prossimo, ognuno dei responsabili di questi crimini possa dire quanto condivide il cambiamento e quanto è lontano dal presente e dal passato
 Nino Galloni 
recente. Oggi, in Italia, ad esempio, siamo 60 milioni (dove sono i demografi che pochi decenni fa prevedevano, per il presente, una popolazione sotto i 55 milioni?); di questi, circa 20 milioni versano in miseria, altri 20 milioni arrivano con difficoltà a fine mese ed il restante – pur tendendo a diminuire – riesce a riempire cinema e ristoranti, col risultato di far sottovalutare la gravità dell’attuale crisi. Più si taglia la spesa pubblica per ridurre le tasse (la cui pressione è eccessiva, per chi le paga) e più si riduce il Pil; col risultato che, poi, mancano le risorse per tagliare le tasse: si bloccano i contratti dei pubblici dipendenti ed il loro turn over col risultato che peggiorano e diminuiscono i servizi essenziali e, quindi, la gente – oltre le tasse – deve spendere di più, impoverendosi, per mandare i figli a scuola o curarsi o viaggiare.
Però, se si tagliano le spese per ridurre le tasse e si ottiene l’esatto contrario, una ragione forse c’è: i debitori (famiglie, imprese e Stati) devono stare sempre peggio, perché l’attuale modello economico si basa non sulla redditività finanziaria, ma sul numero delle emissioni dei titoli (derivati, derivati su derivati, titoli tossici di tutti i tipi) e, quindi, meno i debitori potranno ripagare i loro impegni e maggiore sarà l’accelerazione delle emissioni derivate. In tutto, ciò la gente muore, le imprese muoiono, gli Stati muoiono… cosa si aspetta?
(Antonino Galloni, “Perché è necessaria una nuova Norimberga”, da “Formiche.net” del 2 dicembre 2014).

lunedì 15 dicembre 2014

“Antipolitica”, Napolitano ricorda Moroni. Ma non il sistema delle tangenti

Fonte: il Fatto Quotidiano del 15 dicembre 2014 a firma di Mario Portanova
“Un clima da pogrom nei confronti della classe politica”. Sul Corriere della Sera, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricorda la lettera inviata alla Camera da Sergio Moroni: un testo drammatico in cui il deputato del Psi spiegava le ragioni per cui, il 2 settembre 1992, si sarebbe tolto la vita dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta Mani pulite della Procura della Repubblica di Milano. Napolitano, all’epoca presidente dell’assemblea di Montecitorio, ricorda la lettura in aula di quella lettera come “il momento umanamente più angoscioso” della sua carica. Quello che però non ricorda è che in quella missiva dove rivendicava di non avere preso un soldo per sé, il deputato (padre di Chiara, che sarebbe diventata a sua volta parlamentare) ammetteva in pieno l’esistenza del sistema delle tangenti che i magistrati stavano svelando dopo l’arresto di Mario Chiesa a Milano, il 17 febbraio di quell’anno: “Ho commesso un errore accettando il sistema”, scriveva Moroni in quel pubblico congedo, “ritenendo che ricevere contributi e sostegni per il partito si giustificasse in un contesto dove questo era prassi comune”. La lettera di Napolitano al Corriere è la risposta al commento domenicale di Ernesto Galli della Loggia, “All’origine dell’antipolitica”, in cui il politologo lamentava come le parole di Moroni fossero “cadute nel vuoto”. Riferendosi, anche lui, al grido di dolore del parlamentare per “essere accomunato nella definizione di ladro oggi così diffusa”, ma guardandosi bene dal citare i passaggi sull’esistenza di un sistema che con la “origine dell’antipolitica” ha molto a che fare.
Il 2 settembre 1992 Sergio Moroni comprò un fucile in armeria, scese nella cantina della sua abitazione a Brescia e si sparò. Su di lui pendeva una richiesta di autorizzazione a procedere della Procura di Milano, datata 16 luglio 1992, per corruzione e violazione del finanziamento pubblico ai partiti. La richiesta era firmata dal pool Mani pulite al completo: Di Pietro, Davigo, Colombo, Borrelli. Diversi imprenditori e politici lombardi interrogati dai pm avevano indicato in Moroni, segretario regionale del Garofano guidato da Bettino Craxi, un protagonista del sistema delle tangenti in Lombardia, insieme al suo omologo Dc Gianstefano Frigerio, poi condannato in via definitiva, riemerso alla Camera nel 2001 grazie alla candidatura blindata in Forza Italia e finito di nuovo in carcere per le tangenti Expo, per le quali ha patteggiato tre anni e quattro mesi.
Quello di Moroni non fu il primo “suicidio di Tangentopoli“, dato che prima di lui si erano tolti la vita alcuni amministratori locali coinvolti a vario titolo nelle inchieste, fra i quali il segretario del Psi di Lodi Renato Amorese, il 17 giugno. Fu, però, la prima volta di un politico nazionale, di un parlamentare, che per di più aveva scelto di sollevare il tema nel modo più tragico: “Vengo coinvolto nel cosiddetto scandalo ‘tangenti'”, scrive Moroni a Napolitano, “accomunato nella definizione di “ladro” oggi così diffusa. Non lo accetto, nella serena coscienza di non aver mai personalmente approfittato di una lira. Ma quando la parola è flebile, non resta che il gesto“. Ma quali erano le accuse a Moroni? Nella richiesta di autorizzazione, tra gli elementi contro di lui i pm elencano le dichiarazioni di Luigi Martinelli, democristiano, consigliere regionale lombardo e presidente della Commissione ambiente. Che ai magistrati racconta di una tangente da un miliardo e 800 milioni di lire, le cui prime tranche erano già state consegnate, per la costruzione della discarica di Pontirolo, in provincia di Bergamo. La megatangente, secondo Martinelli, sarebbe stata spartita 50-50 tra Moroni e Frigerio per conto dei rispettivi partiti. Il deputato Psi, secondo gli inquirenti, è “l’autore dell’accordo di spartizione”. Dalle carte emerge anche un contrasto tra i due segretari regionali. Moroni non avrebbe spartito nulla – sempre in termini di denaro da consegnare al partito – in qualità di assessore regionale ai Trasporti, ma il secondo avrebbe fatto lo stesso con il denaro “proveniente dal settore dell’Edilizia economica popolare”. Così le discariche – non solo Pontirolo- sarebbero diventate il terreno di compensazione dei “crediti”. Moroni, infatti, era accusato di corruzione anche per l’acquisto di materiale rotabile per le Ferrovie Nord Milano, quelle che servono i pendolari. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Milano nel 1994 a carico dei coindagati, poi confermata in appello e in Cassazione, dichiarerà pienamente provati i fatti. E cioè che il deputato Psi aveva ricevuto materialmente circa 200 milioni di lire in una cartellina da ufficio, avvolta in un giornale. Del resto lo stesso Moroni non ha mai negato di aver percepito denaro: “Mi rendo conto che spesso non è facile la distinzione tra quanti hanno accettato di adeguarsi a procedure legalmente scorrette in una logica di partito e quanti invece ne hanno fatto strumento di interessi personali”, scrive ancora nella lettera d’addio.
Nel corso delle indagini, l’assessore regionale socialista Claudio Bonfanti raccontò addirittura di una diatriba interna al Psi sulla ripartizione correntizia delle tangenti. Ai magistrati che gli chiedevano conto del sistema discariche di rifiuti in Lombardia, Bonfanti descrisse una normativa fatta in modo da potere concedere i permessi a chiunque pagasse, anche senza i requisiti necessari. Nell’autunno del 1991, mise a verbale Bonfanti, “l’onorevole Balzamo (storico segretario amministrativo nazionale del Psi di Craxi, ndr) mi chiamò e mi redarguì per il fatto che stavo permettendo il finanziamento del gruppo martelliano”. Guidato appunto “da Moroni”. E quest’ultimo, continuava Bonfanti, “mi confermò che si era occupato e si stava occupando di ricevere contribuzioni dagli imprenditori”.
Le discariche di rifiuti, le case popolari, i treni per i pendolari. Temi sensibili che hanno a che fare con la vita di tutti i giorni e con la salute delle persone. Questioni che oggi, un quarto di secolo dopo quelle confessioni, esplodono. Trattati dalla politica dell’epoca come un fiume dal quale pompare una massa spaventosa di denaro pubblico, dato che gli esborsi delle mazzette sostenuti dagli imprenditori venivano scaricati sui costi delle opere e delle forniture pubbliche.
Fu soltanto il “clima da pogrom” a uccidere Sergio Moroni, come ricorda oggi il presidente della Repubblica? O fu anche quel sistema di cui il deputato socialista faceva parte? Moroni “aveva molto sofferto per il cordone sanitario che gli era stato fatto attorno”, ricorderà anni più tardi Loris Zaffra, altro politico socialista pesantemente coinvolto in Tangentopoli, che ebbe occasione di parlare con lui di quelle vicende giudiziarie. “Tangentopoli ha messo a nudo, oltre al giro delle tangenti, la slealtà dei rapporti politici. Sei stato arrestato? Peccato per te, entri nel cesto delle mele marce. Gli altri, che con te hanno diviso errori e responsabilità, si girano dall’altra parte. Inaccettabile”. Ed ecco la lettura che diede la moglie di Moroni, Sandra, in un’intervista del 1998 al settimanale Diario: “In effetti mio marito era nauseato dalla piega che aveva preso la vita politica ancor prima dell’inizio di Mani PulitePerò si è innescato un meccanismo di violenza in cui i magistrati potevano stare ai limiti della legalità perché avevano la stampa e l’opinione pubblica dalla loro parte. La rivoluzione rispetto a una certa politica”, concludeva la signora Moroni, “poteva essere giusta ma, invece che per via giudiziaria, doveva essere fatta in Parlamento. Cosa che non è successa”.
p.s.
Nel senso più comune il termine antipolitica definisce l'atteggiamento di coloro che si oppongono alla politica giudicandola pratica di potere e, quindi, ai partiti e agli esponenti politici ritenendoli, nell'immaginario collettivo, dediti a interessi personali e non al bene comune. Per assonanza con il termine antipolitica, in senso negativo-dispregiativo, si può intendere anche direttamente proprio questo tipo di pseudo-politica che si contrappone alla politica propriamente detta dedita invece alla salvaguardia dell'interesse collettivo (Fonte: Wikipedia).
Nulla da aggiungere....

domenica 14 dicembre 2014

Rosetta ridisegna origine della Terra: “Acqua oceani non proviene da comete”

... allora finora c'hanno detto fino alla noia che le comete hanno dato un enorme contributo alla formazione dell'acqua, e quindi a creare le condizioni della nascita della vita, della Terra; ora vien fuori che la composizione chimica del ghiaccio, e quindi dell'acqua, delle comete è diversa e quindi è arrivata da... sopra o sotto?Per meglio spiegarsi: l'apporto delle comete viene ridimensionato quindi rimangono come candidati, ancora, validi le condriti e il vulcanismo.
La discussione è aperta
p.s.
intanto mi sorge una domanda: se si son sbagliati su questo, non potrebbero essersi sbagliati anche su altro o dobbiamo aspettare la prossima scoperta che riporta indietro l'orologio della storia umana, per esempio, di qualche decina di migliaia di anni? Già 'eva mitocondriaca era stata "scoperta" e datata a 75 mila anni fa; poi si è arrivati a 100 mila.... Sitchin starà sorridendo dovunque sia ora!
Fonte: Il Fatto Quotidiano a firma di Davide Patitucci
Se l’acqua che copre la gran parte della superficie terrestre è davvero piovuta dallo spazio, come ipotizzano le teorie più accreditate sull’origine del Sistema solare, probabilmente il merito non è delle comete. È la prima, sorprendente scoperta fatta dalla missione Rosetta, che un mese fa per la prima volta nella storia dell’esplorazione spaziale ha permesso a una piccola sonda, Philae, di sbarcare sulla superficie di una cometa, 67/P Churyumov-Gerasimenko.
In base alle prime analisi effettuate sui vapori della cometa dalla sonda madre – che da quest’estate vi orbita intorno – l’acqua di questo fossile cosmico dalla bizzarra forma a scamorza sembra avere una composizione chimica diversa da quella della Terra. Le firme delle due molecole non corrispondono. “L’acqua della cometa ha circa tre volte più deuterio (una variante dell’idrogeno, ndr) rispetto a quella della Terra”, sottolinea Kathrin Altwegg dell’Università di Berna, tra gli autori dello studio. “Sapevamo che le analisi di Rosetta avrebbero portato grandi sorprese sulla comprensione del nostro sistema planetario – aggiunge Matt Taylor, responsabile scientifico della missione -. Queste nuove osservazioni gettano, infatti, benzina sul fuoco nel dibattito sull’origine dell’acqua della Terra”.
La questione della provenienza dell’acqua degli oceani è ancora molto dibattuta tra astronomi e planetologi. Già nel 1986 le analisi effettuate dalla sonda Giotto, dell’Agenzia spaziale europea (Esa), sulla celebre cometa di Halley avevano mostrato risultati simili a quelli odierni, ma senza consentire di scartare del tutto l’ipotesi. Adesso i dati di Rosetta, pubblicati su Science e ottenuti grazie a uno degli strumenti di bordo, “Rosina” (Rosetta orbiter spectrometer for ion and neutral analysis), che ha annusato i vapori emessi dalla cometa, sembrano rivoluzionare le attuali teorie sull’origine cometaria degli oceani, costringendo gli studiosi a puntare il dito su un altro indiziato. Ad aver inseminato la Terra con la preziosa molecola alla base della vita sarebbe stata una pioggia di meteoriti, molto intensa agli albori del Sistema solare, circa quattro miliardi e mezzo di anni fa. “Le nuove misurazioni – scrivono gli autori su Science – avvalorano il modello che non invoca un’origine cometaria dell’acqua degli oceani, e per estensione di quella dell’atmosfera terrestre, ma da asteroidi simili alle cosiddette condriti carbonacee”.
L’abstract dello studio su Science

giovedì 11 dicembre 2014

Usa, la nuova risoluzione porta alla guerra contro la Russia?

Fonte: a firma di  Giulietto Chiesa dal Fatto Quotidiano del 7/12/2014
Il 4 dicembre 2014 potrà a buon diritto essere incluso nell’elenco delle date che avranno anticipato, o preparato, la terza guerra mondiale.
Luciano Canfora ha pubblicato un bel libretto, “1914” (Sellerio), a cento anni dall’inizio della prima, per ricordarci, saggiamente, che queste faccende non nascono all’improvviso, ma richiedono una lunga preparazione. E ne descrive il percorso. A posteriori. Forse noi stiamo vivendo il cammino, in medias res, della prossima.
Ne scrivo dopo avere letto le 16 pagine della risoluzione approvata il 4 dicembre dalla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, 410 voti a favore e 10 contrari (quattro deputati repubblicani e 6 democratici). Il Congresso Usa invita il Presidente a “esaminare” la “prontezza” e la “responsabilità” delle forze armate degli Stati Uniti, ma anche degli alleati della Nato, per sapere se “siano sufficienti” al fine di “soddisfare gli obblighi della difesa collettiva ai sensi dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico”. E’ una dichiarazione di guerra. Contro chi è evidente dal resto della risoluzione, interamente dedicata alla Russia.
Ma la gravità del documento balza agli occhi proprio nel punto citato, là dove richiama gli “obblighi” degli alleati in base all’articolo 5. Che impone a un qualsiasi membro della Nato di intervenire a difesa di un qualsiasi altro membro dell’Alleanza che si trovi sotto attacco. Si dà il caso, però, che l’Ucraina non è un membro della Nato (per lo meno non lo è ancora). Il che induce a pensare che, in questo modo, i deputati americani annuncino un suo immediato ingresso nell’Alleanza, ovvero che chiamino gli alleati a mettere in conto l’obbligo di intervenire comunque, se a questo li chiamerà il Grande Fratello d’oltre Atlantico. Si tenga presente inoltre che, in base alla legislazione americana, se una tale risoluzione diventasse legge, dopo l’approvazione del Senato, essa consentirà al Presidente degli Stati Uniti di dichiarare guerra alla Russia senza bisogno di chiedere ulteriori autorizzazioni del legislatore.
Le accuse alla Russia sono note e sono quelle che hanno condotto alle sanzioni economiche già varate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Ma quello che sbalordisce è l’uso spregiudicato – in una risoluzione politica di tale importanza – delle falsificazioni che il mainstream televisivo e giornalistico ha utilizzato in questi mesi di esplosione della crisi ucraina per far crescere l’isteria anti-russa. I membri del Congresso hanno votato quasi all’unanimità una risoluzione che contiene una serie di invettive propagandistiche e di accuse palesemente infondate. Fino al punto dello scadimento nel ridicolo laddove, al paragrafo 34, ignorando patentemente le rivelazioni di Edward Snowden a proposito dello spionaggio americano verso il resto del mondo intero, il Congresso Usa accusa i russi di “raccogliere illegalmente informazioni sul Governo degli Stati Uniti”. Il bue che dà del cornuto all’asino.
Da notare che la risoluzione è stata approvata negli stessi giorni in cui il Pentagono decideva l’invio di 100 carri armati americani verso destinazioni est-europee, per – ufficialmente – “fronteggiate l’aggressione russa”. Ma di quale aggressione di tratta? Stando a quello che scrive Ron Paul (congressista fino al gennaio del 2013, repubblicano molto indipendente) “la risoluzione non fornisce alcuna prova”. Parla ampiamente di una “violazione della sovranità dell’Ucraina”, ma ignorando “la partecipazione degli Stati Uniti al rovesciamento di un governo eletto a Kiev”. L’ex deputato del Texas ironizza pesantemente sulla richiesta del ritiro di forze russe dall’Ucraina. Il governo americano “non ha offerto alcuna prova che l’esercito russo sia entrato in Ucraina”, sebbene “abbia tutti i mezzi per effettuare una simile verifica”.
Altra accusa alla Russia di Putin non solo infondata ma falsa – lo rileva anche Ron Paul sul suo blog – è quella di avere invaso la Georgia nel 2008. Esistono le conclusioni dell’inchiesta che venne promossa dall’Unione Europea nel dicembre di quell’anno, dalle quali si evince che “fu la Georgia a cominciare una guerra ingiustificata”. Ed è sempre Ron Paul a contestare l’affermazione, data con totale impudenza come vera, secondo cui il volo della Malaysia Airlines fu abbattuto il 17 luglio scorso, nei cieli di Ucraina, da un missile dei ribelli. “Ciò – scrive Paul – è semplicemente scorretto perché il rapporto sull’inchiesta non sarà pubblicato fino al prossimo anno e nessuna informazione preliminare dichiara che l’aereo è stato abbattuto da un missile “(…) né vi è alcuna dichiarazione “che assegni una tale responsabilità a una delle parti”.
A leggere la risoluzione si ha l’impressione che i suoi estensori (e i suoi votanti a favore) abbiano ricavato i loro giudizi dagli articoli di giornale e dai telegiornali americani, senza nemmeno curarsi di effettuare le verifiche. Con lo sconsolante risultato circolare che il cattivo giornalismo finisce per produrre pessime decisioni politiche.
Lo stesso Ron Paul si chiede, con sdegno, come sia possibile che il Congresso degli Stati Uniti, nel quale egli stesso ha seduto per molti anni, possa ora “procedere sulla base di falsificazioni così plateali”. Oppure addebitando all’avversario atti che gli Stati Uniti compiono negli stessi frangenti. Come quando, nel paragrafo 17, la Russia viene incolpata di avere imposto sanzioni contro l’Ucraina proprio mentre “gli Stati Uniti stanno colpendo la Russia con sanzioni economiche e ne annunciano altre”.
Che un ex deputato americano si accorga e denunci queste aberrazioni non cambia la gravità del voto del Congresso su un documento che autorizza “l’invio di armi letali e non letali” all’Ucraina, con il contorno di istruttori militari americani. E’ l’invito a un intervento militare a 10.000 chilometri di distanza, direttamente sulla soglia di casa della Russia.
p.s.
vi do un anno: 2019. Si accettano scommesse su altri .......

mercoledì 10 dicembre 2014

Giorgio Napolitano: “Critica alla politica è degenerata in patologia eversiva”

Fonte: Il Fatto Quotidiano (di F.Q.) del 10 dicembre 2014
“La critica della politica e dei partiti, preziosa e feconda nel suo rigore, purché non priva di obiettività, senso della misura e capacità di distinguere è degenerata in anti-politica, cioè in patologia eversiva”. Parola di Giorgio Napolitano. Contro le infiltrazioni criminali nella politica e il degrado di quest’ultima. Ma anche contro chi critica la politica, anche se malata: quindi organi di stampa, opinion makers e alcuni esponenti politici ‘non allineati’ come Beppe Grillo e Matteo Salvini. Il presidente della Repubblica ha utilizzato il palco di una manifestazione all’Accademia dei Lincei per dire la sua, seppur indirettamente e non facendone mai il nome, sull’operazione della Procura di Roma che smantellato la cosiddetta mafia capitale e le sue innumerevoli entrature nelle istituzioni. Non solo. Napolitano ha attaccato anche chi spara a zero sui partiti sull’onda dello sdegno. Per Napolitano, “non deve mai apparire dubbia la volontà di prevenire e colpire infiltrazioni criminali e pratiche corruttive nella vita politica e amministrativa”. Ciò non toglie, ha aggiunto il Capo dello Stato , che “è ormai urgente la necessità di reagire” ad una certa anti-politica, “denunciandone le faziosità, i luoghi comuni, le distorsioni impegnandoci su scala ben più ampia non solo nelle riforme necessarie” ma anche “a riavvicinare i giovani alla politica”.
“Anti-politica è la più grave delle patologie” - Napolitano, ovviamente, non ha potuto non registrare che è in atto una crisi “che ha segnato un grave decadimento della politica, contribuendo in modo decisivo a un più generale degrado dei comportamenti sociali, a una più diffusa perdita dei valori che nell’Italia repubblicana erano stati condivisi e operanti per decenni”. Da qui il proliferare dell’antipolitica, che per il presidente della Repubblica è “la più grave delle patologie” con cui un Paese civile deve fare i conti. Più della corruzione, più delle organizzazioni malavitose nelle istituzioni. Non solo. Per Napolitano, negli ultimi tempi, sono dilagate nei confronti della politica e delle istituzioni “analisi unilaterali, tendenziose, chiuse ad ogni riconoscimento di correzioni e di scelte apprezzabili, per quanto parziali o non pienamente soddisfacenti”. Una azione, ha sottolineato il capo dello Stato, cui non si sono sottratti “infiniti canali di comunicazione, a cominciare da giornali tradizionalmente paludati, opinion makers lanciati senza scrupoli a cavalcare l’onda, per impetuosa e fangosa che si stesse facendo, e anche, per demagogia e opportunismo, soggetti politici pur provenienti della tradizioni del primo cinquantennio della vita repubblicana“.
“Anti-politica mischiata ad anti-europeismo” - Da qui l’appello per “una larga mobilitazione collettiva volta a demistificare e mettere in crisi le posizioni distruttive ed eversive dell’anti-politica” e “insieme sollecitare un’azione sistematica di riforma delle istituzioni e delle regole che definiscono il profilo della politica”. A chi è rivolto l’invito del presidente? “A tutte le componenti dello schieramento politico“. A sentire il capo dello Stato, inoltre, ultimamente stanno emergendo “svalutazioni sommarie e posizioni liquidatorie” rispetto all’Unione Europea: “Gli ingredienti dell’anti-politica si sono confusi con gli ingredienti dell’anti-europeismo” è l’allarme lanciato da Napolitano, secondo cui a creare questa situazione “hanno contribuito miopie e ritardi delle istituzioni comunitarie insieme a calcoli opportunistici degli Stati membri“.
“In Italia gruppi politici o movimenti poco propensi a comportamenti pienamente pacifici” - Il presidente della Repubblica, poi, ha sottolineata l’esistenza di “un rischio di focolai di violenza destabilizzante, eversiva, che non possiamo sottovalutare” e che non si possono ricondurre soltanto alla crisi e al malessere sociale. Anzi. A sentire il capo dello Stato oggi ci sono “magari al di fuori di ogni etichettatura di sinistra o di destra, gruppi politici o movimenti poco propensi a comportamenti pienamente pacifici, nel perseguire confuse ipotesi di lotta per una ‘società altra’ o per una ‘alternativa di sistema’. Virus di questo genere – ha detto Napolitano – circolano ancora in certi spezzoni di sinistra estremista o pseudo rivoluzionaria, e concorrono ad alimentare la degenerazione del ricorso alla violenza, mascherato da qualsiasi fuorviante motivazione“. Un rischio, insomma, di focolai di violenza “destabilizzante, eversiva, che non possiamo sottovalutare, evitando allo stesso tempo l’errore di assimilare a quel rischio tutte le pulsioni di malessere sociale, di senso dell’ingiustizia, di rivolta morale, di ansia di cambiamento con cui le forze politiche e di governo in Italia devono fare i conti“.
“Mai come nello scorso biennio metodi di intimidazione fisica in Parlamento” - L’analisi e la critica del Capo dello Stato poi si è spostata sui giovani rappresentanti delle istituzioni, che devono impegnarsi “a servizio del Parlamento e del Paese, impedendo l’avvitarsi di cieche spirali di contrapposizione faziosa e talora persino violenta”. Loro, per Napolitano, devono invece alimentare “ragionevoli speranze per il futuro dell’Italia”. Anche perché “mai era accaduto”, come nel biennio scorso, l’avvio “in Parlamento di metodi e atti concreti di intimidazione fisica, di minaccia, di rifiuto di ogni regola e autorità, di tentativi sistematici e continui di stravolgimento e impedimento dell’attività legislativa delle Camere”.
L’errore storico di Napolitano: dimentica i tumulti al Senato per l’approvazione della legge Truffa - Su quest’ultima presa di posizione, però, Giorgio Napolitano ha commesso un errore storico. Di episodi di intolleranza parlamentare (e massmediatica) sono pieni gli archivi di Stato e dei giornali. Uno in particolare, poi, ha caratteristiche cronologiche di importanza strategica per la carriera del presidente della Repubblica: datato marzo 1953, ovvero a pochi mesi dal suo esordio in Parlamento come deputato (giugno 1953). Il riferimento è ai tumulti nell’aula del Senato in occasione dell’approvazione della cosiddetta Legge Truffa, ovvero il nuovo sistema di voto voluto dalla maggioranza democristiana e che prevedeva l’assegnazione del 65% dei seggi alla Camera al partito o alla coalizione che avesse racimolato più del 50% dei voti validi. A Palazzo Madama fu bagarre: dopo oltre 70 ore di seduta, scoppiò una rissa (durata oltre 40 minuti) di proporzioni memorabili. Protagonisti gli esponenti del Pci e del Psi, entrambi contrari alla forzatura dell’esecutivo De Gasperi. Aneddoti passati alla storia della Repubblica. Come quel “Lei non è un presidente, è una carogna! Un porco!” urlato da Sandro Pertini all’indirizzo del presidente del Senato Meuccio Ruini. O come l’aggressione verbale del comunista Elio Spano ad un giovanissimo Giulio Andreotti: “Dopo il voto avrete un nuovo piazzale Loreto!” era la minaccia di Spano, con il Divo che, nella pioggia di oggetti lanciati dai banchi della sinistra (ringhiere divelte e sportelli sfasciati: all’epoca si quantificò il danno in un milione di lire), aveva provato a proteggersi indossando a mo’ di casco un cestino per la carta straccia. Il giorno successivo, i giornali rincararono la dose, pubblicando articoli e titoli dai toni a dir poco incendiari. L’Unità evocò il gergo mussoliniano e il primo discorso del Duce alla Camera da premier”, paragonando il Senato a un “bivacco di vecchi democristiani”. Il socialista l’Avanti! non fu da meno, parlando del presidente Ruini come di un “cadavere vivente, sacco gonfio di vanità”. Pezzi, insulti e minacce di un’Italia in bianco e nero che ha dato spunto a molti scrittori (Tumulti in aula di Sabino Labia e Lei non sa chi ero io! di Filippo Battaglia), ma che Napolitano non cita. Eppure, quei momenti, il capo dello Stato li ha vissuti in prima persona e in forma interessata: già militante del Partito comunista, venne eletto deputato proprio in seguito a quei tumulti.
Grillo: “Attento Napolitano o ti denunciamo per vilipendio a M5s” - L’attacco del Capo dello Stato ha provocato la reazione di Beppe Grillo. “Napolitano deve stare molto attento, rischia che lo denunciamo per vilipendio del Movimento” ha detto il leader del M5s lasciando il Senato. Sulla stessa linea d’onda anche altri esponenti grillini. “E’ vergognoso che il presidente sia entrato a gamba tesa sulla nostra conferenza sul referendum antieuro tacciandola di antipolitica, mentre resta in silenzio sulla vicenda di ‘Mafia capitala’ e sui due partiti infestati dalla corruzione” ha detto la senatrice Barbara Lezzi. Più politica la presa di posizione di Nicola Morra: “Napolitano sollecita noi ma non ha nulla da dire sullo strumento scelto per combattere la corruzione da questo governo. Siamo subissati dai decreti legge – ha aggiunto il senatore M5s – e Napolitano ne fa ogni volta un monito: ma una volta che davvero serviva un decreto, come sull’anticorruzione, la risposta del governo sono quattro ddl“.
p.s.
innanzitutto andateci piano con i commenti!!! Chiaro? Detto ciò.. mi sovvengono alcune domande: dov'era quando si approvavano le leggi a personam? E quando venivano fatti provvedimenti che mettevano non bastoni ma travi d'acciaio fra le rote della giustizia? E quando un manipolo di "rivoluzionari" occupò il palazzo di giustizia di milano? Qualcuno ricorda qualche monito o comunicato o altro? Io no .... il problema è che la paura fa 90 ... la paura di cosa? Che la gente si svegli come, si spera, in Grecia e Spagna e mandino a casa i vari Venizelos, Rajoy, Papandreu, ecc. con annesse le cricche che li finanziano e supportano. E' questa la sola paura? No ce n'è anche un altra: che la gente capisca che l'euro non è l'europa e che la Germania non è il mostro che disegnano ma i veri mostri anzi i nuovi mostri sono molto più vicini a noi... sono i politici e le cricche di cui leggiamo ogni giorno le gesta sui giornali, quando li acchiappano cone le mani nella marmellata naturalmente..... ma da questo punto di vista tutto tace se non richiami d'ufficio a una maggiore correttezza che lasciano il tempo che trovano naturalmente  ma son parole che si possono spendere perchè fa immagine!

martedì 9 dicembre 2014

La ricaduta della Grecia ‘incaprettata’ dal memorandum

Fonte: il Fatto Quotidiano del 9/12/2014 a firma di Francesco De Palo
Dopo due anni di memorandum, riforme, tasse e scorciatoie per i più furbi (casta compresa), il “gioco dell’oca della Grecia” fa tornare tutti al punto di partenza: Berlino compresa. Non è bastato prendere in mano una calcolatrice e stendere, numericamente, l’elenco di chi deve dare e di chi deve avere in questa partita doppia. Una strategia, quella applicata alla Grecia nel 2011 (ma che molti avrebbero voluto estendere in questo triennio anche agli altri Piigs), che oggi si scontra con la realtà dei fatti.
Alzare la mano e criticare la direttrice di marcia imboccata dai creditori internazionali non significa automaticamente essere antimerkeliani o fautori dello spreco. Anzi.
I fatti di oggi, con le Borse europee in panico per il rischio elezioni anticipate in Grecia, dimostrano che la medicina somministrata ad Atene non ha curato il malato che, al netto di un ritorno sui mercati che ha giovato solo alle agenzie di rating e a qualche speculatore, è ben lontano dall’essere sanato.
La troika in Grecia ha deciso di aumentare improvvisamente la pressione fiscale, tagliare i diritti di tutti, distruggere la sanità, dimenticarsi della Lista Lagarde, lasciare che le autorizzazioni a procedere per i parlamentari corrotti ammuffissero nei cassetti della Camera, accettare che lo Stato il giorno prima delle urne del giugno 2012 spendesse altri milioni di euro per l’acquisto di carri armati Leopard, non riformare la giustizia che persegue oggi imprenditori finiti sul lastrico per la crisi (sono i nuovi poveri nel Paese) mentre lascia liberi quei banchieri che hanno truffato i correntisti e i prefetti che sul conto si sono ritovati decine di milioni di euro.
E soprattutto lasciando che in carcere finisse solo uno: l’ex braccio destro di Andreas Papandreou, Akis Tsogatsopulos, regista di trent’anni di ordini milionari di sommergibili e armamenti vari, la cui ombra inquieta ancora oggi moltissimi politici del Paese che ne temono le rivelazioni.
Avrebbe, invece, dovuto sanare gli sprechi, chiamare a contribuire tutti in modo proporzionato alla propria forza economica, non impoverire ulteriormente i poveri, non svendere la Grecia a multinazionali e ricconi che hanno fatto affari d’oro, chiedere conto a Berlino dello scandalo Siemens per gli appalti alle Olimpiadi del 2004, incastrare i grandi evasori ellenici anziché far arrestare il giornalista che ne dava conto, stimolare la politica che ha prodotto l’attuale buco a coprirlo (almeno parzialmente) con investimenti a lungo e medio termine, sfruttare gli idrocarburi così come sta facendo Cipro in tandem con Israele.
Qual è il risultato oggi? Che il governo conservatori-socialisti anticipa il voto per il presidente della Repubblica senza avere un accordo di massima interpartitico, con il rischio di elezioni anticipate. Ma soprattutto, al di là delle schermaglie politiche che fanno gola a talk show e retroscenisti, semplicemente ad Atene anche chi ha spalancato le porte del Partenone alla troika, ha compreso (solo oggi?) che tutto è stato un grande bluff.
E che forse sarebbe valsa la pena ascoltare l’allora premio nobel per l’economia Christopher Pissarides, che nel 2011 fu l’unico ed il solo a chiedere di ragionare su un default controllato della Grecia. Aniché imporre un memorandum che ha sempre più il sapore di un incaprettamento.
p.s.
L'eurozona così com'è comincia a stare stretta ai manovratori del potere, quello vero, che gestisce il sistema: ricordo che qui non si parla di complotti ma di affari, per quanto criminali siano; per essere più chiari di una montagna di soldi che girano per il pianeta alla continua ricerda di investimenti a basso rischio in aree con poche regole, anzi meglio nessuna..... regola. La politica vi si presta perchè ben sa che senza questi soldi reggerebbe al massimo un mese e poi tutto cadrebbe miseramente. L'eurozona, dicevo, così com'è non va. Non va perchè le troppe resistenze popolari impediscono la libertà di investimento dei soldi e i relativi profitti: come fre per ridurle a un misero rumore di fondo? Fai fallire un paese per terrorizzarne altri cento....... la Grecia è lo spauracchio per gli altri e se va in porto tutto filerà liscio: il mercato vincerà e tutto andrà in discesa, compreso il TTIP. In caso contrario bisogna fare opera di convinzione, anche facendo saltare l'area dell'euro: quella che noi conosciamo come "zona euro" la cui espressione politica è la Unione Europea ossia un coacervo di stati che hanno poco o nulla in comune e che mal stanno insieme..... se non il comune interesse delle élite di tenere salde le redini sol perchè hanno scoperto che solo superando le loro tradizionali differenze possono sperare di fermare il vero processo unificativo, quello dei cittadini che si aspirano a superare le proprie storiche divisioni ma non certo delegando a una oligarchia finanziarizzata le decisioni! Come fermare la nascita di una, vera, unione europea? Semplicemente rendendo odiosa la democrazia da un lato e approfondendo le divisioni fra i vari paesi dell'Unione, come? Mettendone alcuni sotto tutela e spingendone altri a fare da controllori dei primi.. con la fattiva collaborazione dei media, dei ceti imprenditoriali ecc. il laboratorio chiamato "europa" ha offerto grandi opportunità ai capitali di rischio: emntre la gente è troppo presa con il prendersela con i politici "nazionali" i manovratori hanno tutto il tempo per attuare il più classico "prendi i soldi e scappa" proprio ai danni dei succitati cittadini..... che dovranno pagare il conto in termini di povertà, decrescita, abbandono del welfare e quant'altro. Non è un caso che, in questi anni, sono sorti e si sono sviluppati oltre i loro normali confini movimenti, partiti, ecc. di stampo nazionalista o autonomisti: li definiscono "glocal" ossia espressione socio-politica di quella repulsione dei cittadini nei confronti della globalizzazione liberista........ e non è un caso che siffatti movimenti stiano crescendo in numero e peso perchè altro non rimane da fare ai cittadini nei confronti di questo sistema visto come lontano e astratto; il problema è che il lato oscuro di questa contro-globalizzazione rischia, se non gestita democraticamente, di essere congeniale al target contro cui si scaglia perchè non riesce a comprendere che il potere che combatte, oltre che essere multiforme, è estremamente adattabile alla bisogna ossia impara dai propri errori e sa adattarsi e assorbire come un muro di gomma l'impatto di tali movimenti...... basta guardarsi intorno per comprenderlo e prendere le contromisure adatte: in primis non seguire il primo che alza il dito ma nemmeno accettare con rassegnazione tutto quello che viene propinato perchè solo se si capisce che quelle ora applicate sono solo "una delle prescrizioni per curare una malattia" e che ce ne sono altre, molte altre per uscirne.... basta aprire gli occhi!

lunedì 8 dicembre 2014

Asili nido, prendi le stesse tasse anche al Sud e spendi più al Nord: come nel 1912

Fonte: dal Fatto Quotidiano a firma di Alessandro Cannavale del 8 dicembre 2014
Nell’Italia settentrionale, accanto a una generale ignoranza dell’entità degli oneri finanziari che i comuni meridionali sopportano per l’istruzione elementare proporzionalmente alla potenzialità dei loro bilanci, è diffuso il preconcetto che i contributi dello Stato siano tanto ingenti e così saggiamente distribuiti che solo quella buona dose di indolenza e mal volere, che suolsi attribuire ai meridionali in genere, possa spiegare il costante insuccesso della nostra legislazione scolastica nell’Italia meridionale”.
Pensate che scriva il solito meridionalista, intento a perorare la causa stantìa della sua terra e della sua gente? Devo smentirvi. Siamo agli inizi del Novecento. Scrive Giuseppe Donati. Giornalista e politico di Granarolo. Settentrionale onesto e coraggioso. L’articolo è del 1912: “L’analfabetismo e la legge Credaro nel Mezzogiorno”. Vi sottolinea l’assurdità della legge scolastica del tempo, che attribuiva ai comuni gli oneri della lotta all’analfabetismo. E così, in provincia di Bari, ci si trovava a spendere il 20% del budget per l’istruzione, mentre, in quella di Milano, solo il 9%. Superfluo ricordare che i comuni meridionali avevano risorse assai più esigue, al di là delle percentuali d’incidenza.
Ne cito il brano centrale, che motiva questa digressione: “Incominciò così, [parliamo del 1876] il vizio organico della nostra politica finanziaria di Stato: cioè prendendosi a base dei contributi dello Stato le scuole esistenti di fatto, questi contributi si trovarono distribuiti fra i comuni in ragione non della povertà, ma della ricchezza; cioè i comuni più ricchi, capaci di istituire maggior numero di scuole, assorbirono una maggiore quantità di contributi statali. In altre parole, la maggior parte degli aiuti affluì spontaneamente nei comuni meno disagiati del nord”.
Storie vecchie? Roba che porta addosso odor di vecchi archivi? Devo smentire, ancora. Abbiate ancora un briciolo di pazienza e forse sarò in grado di spiegare per quale ragione ho dovuto scomodare l’illustre Donati.
Qualche sera fa mi giunse, via Facebook, questo messaggio da Marco Esposito, stimatissimo giornalista de Il Mattino, che divulgo, a seguito di sua approvazione: “Fa’ un piccolo esercizio: vai su www.opencivitas.it e clicca su un comune del Sud a caso. Vedi quanti soldi sono assegnati come fabbisogno standard per gli asili nido. Poi cerca un comune con simile popolazione del Nord e fai il confronto sui fabbisogni assegnati. Ripeti l’esercizio per quanti esempi vuoi. I fabbisogni standard saranno utilizzati per ripartire una quota delle risorse del 2015. Più bassi sono i fabbisogni, meno risorse avrai”.
Non ne sapevo nulla. Lo ammetto. Scopro che lo stesso Esposito, già nel marzo 2014, scriveva: “Quando il Sud spende troppo, si applica con rigore (come giusto) il costo standard, quando il Sud spende poco – come per gli asili nido e le scuole – a sorpresa vale la famigerata «spesa storica», proprio quella che il federalismo fiscale prometteva di superare”.
Decisamente incuriosito, vado su www.OpenCivitas.it e lo consulto per due comuni a caso; Milano e Napoli. Poi comincio a guardare per decine di comuni; ecco cosa ho trovato… La spesa storica per la voce asili nido, per il comune di Napoli, è di 33 milioni circa, il fabbisogno di 15 milioni. Differenza: - 52%. A Milano, la spesa storica è di 117 milioni, mentre il fabbisogno standard è di 128 milioni, con una differenza del +9.1%. Nei comuni in cui, invece, nel 2010 non si sono effettuate spese per asili nido, il fabbisogno assegnato diventa 0 euro, anche per il prossimo 2015. Ciò significa che il dato Comune non potrà nemmeno avviare nuovi servizi di asilo, all’occorrenza. Ciò vale per tantissimi comuni… Andate a vedere…
Facciamo chiarezza: il concetto di “spesa storica” misura l’ammontare effettivamente speso da un Ente in un dato anno per l’offerta di servizi ai cittadini. I Fabbisogni Standard misurano invece il fabbisogno finanziario di un ente in base alle caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente. È davvero una singolare circostanza il fatto che proprio su due voci, quella della spesa per gli asili e quella per l’istruzione, dove maggiore è lo sbilanciamento tra Nord e Sud, si sia scelto di cristallizzare lo status quo, prolungandolo sull’asse temporale. Sono state avanzate diverse proposte per superare il problema, ma, al momento, non ho trovato notizie in merito a cambi di rotta.
Lo Stato, dunque, prendeva, per mezzo delle tasse, denaro da tutta Italia – e ne prendeva, relativamente alla ricchezza, più dal sud povero che dal nord ricco – e il provento di queste tasse lo adoperava non per aiutare i più poveri, ma per migliorare i più ricchi”. Ancora Donati. Non Esposito…
p.s.
a proposito dei primi anni post unitari che è: assodato che tasse, tariffe e altro del regno di sardegna erano molto più alti del resto dello stivale; che il porto commerciale del regno delle due sicilie era "molto" pericoloso non solo per gli interessi "sardi" ma pure, e questo contava molto di più, per quelli inglesi; che il modello "francese" di stato accentrato fu imposto proprio per evitare spinte aunomiste.. come quelle milanesi; che il famoso tesoro che i piemontesi avrebebro rubato non era tanto quello raccontato quanto la ricchezza delle economie degli altri regni.... un regno di rapina per uno neonato stato che rapinava una parte dello stivale per sorreggerne un altra.. è già un miracolo che sia durato tanto!

venerdì 5 dicembre 2014

Standard&Poor’s taglia rating Italia: ‘Forte aumento debito e crescita debole’

Fonte: Il Fatto Quotidiano
L’agenzia di rating Standard&Poor’s ha declassato l’Italia. Il rating della Penisola scende da BBB a BBB-, un gradino sopra il livello “junk”, cioè spazzatura. “Il forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e bassa competitività, non è compatibile con un rating BBB secondo i nostri criteri”, spiegano gli analisti. La decisione riflette la revisione al rialzo della stima sul debito pubblico, che a fine 2017 è visto in salita a 2.256 miliardi di euro, 80 in più rispetto al livello attuale e, escludendo il contributo al Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf), raggiungerà un picco del 133% del Pil nel 2016 per poi stabilizzarsi al 127%. Al tempo stesso l’agenzia ha limato la previsione sull’andamento del prodotto interno lordo e ritiene che l’inflazione continuerà a mantenersi troppo bassa.
L’outlook resta però stabile, perché S&P si aspetta che il governo Renzi attui le riforme necessarie a ridare competitività all’economia mantenendo livelli di spesa sufficienti a contrastare l’eccesso di debito. Una mano arriva anche da Mario Draghi: dopo le sue dichiarazioni di giovedì, gli analisti di S&P sono convinti che la Bce “lavorerà per riportare a livelli normali” l’inflazione italiana e quella dei Paesi europei che ne sono i principali partner commerciali.
Nella nota in cui abbassa il nostro rating, S&P spiega anche come si aspetti un’uscita dalla recessione dell’Italia nella prima parte del 2015. Ma la crescita del Pil sarà modesta, solo +0,2%, rispetto al +1,1% finora previsto. L’agenzia di rating ricorda come l’esecutivo di Roma si aspetti invece una crescita dello 0,7% nel 2015, per arrivare a un +1,9% nel 2017. Numeri viziati, secondo l’agenzia, da un eccessivo ottimismo sui consumi, che invece resteranno deboli, e dalla situazione del mercato del lavoro complessa, con la disoccupazione ai massimi storici. Smentite anche le stime del Tesoro sul rapporto deficit/Pil: nel periodo 2014-2017 secondo Standard&Poor’s si manterrà al 2,7%, ben più alto del 2,1 per cento previsto da via XX Settembre ma anche sopra il 2,5% prefigurato in precedenza dalla stessa S&P. Il ritocco è legato al calo della previsione del Pil medio tra 2014 e 2017, passato da +1% a +0,5 per cento, all’aumento delle spese primarie compresi gli interessi sul debito fino al 2015 e alla riduzione delle entrate fiscali.
S&P contesta anche i notoriamente insufficienti risultati della spending review, che negli auspici del governo avrebbe dovuto garantire entro il 2016 32 miliardi di euro di tagli, pari al 2% del Pil. L’agenzia non è convinta di queste cifre, perché “nel medio termine mancano i dettagli del piano” e il rischio che i risparmi restino sulla carta è reale, soprattutto a causa dell’inflazione bassa.
Giudizio parzialmente positivo sul Jobs Act, “che si propone di affrontare il dualismo del mercato del lavoro italiano”. Secondo S&P è “un segno della volontà del governo di perseguire politiche adeguate per un Paese membro di un’unione monetaria che comprende alcuni dei Paesi esportatori più competitivi”. Servirebbe però anche più contrattazione decentrata, perché oggi il meccanismo di fissazione dei salari ostacola il recupero della competitività. Una maggiore flessibilità del mercato del lavoro potrebbe, per S&P accelerare un adeguamento salariale. Ma l’agenzia segnala anche come la riforma nel breve periodo non creerà occupazione, e “di conseguenza, la già elevata disoccupazione potrebbe peggiorare fino a quando non ci sarà una ripresa economica sostenibile”. Nel medio termine, tuttavia, le misure potrebbero essere efficaci, se applicate anche al secondo livello di contrattazione. Continuano poi a pesare i soliti fattori che scoraggiano gli investitori stranieri a puntare sull’Italia: servizi non riformati, sistema giudiziario lento e costoso, alte spese legali e amministrative, elevati costi di licenziamento per i dipendenti a tempo indeterminato. Inoltre il costo all’ingrosso dell’energia rimane sostanzialmente superiore, anche a causa dei monopoli presenti nel settore.Solo venerdì mattina il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, in visita a Francoforte per incontri con imprenditori e un convegno organizzato dal quotidiano Die Welt, ha difeso la politica economica del governo dicendo tra l’altro che “il debito italiano è sostenibile” e lo si vede “dal surplus primario che solo Germania e Italia (salvo che nel 2009) hanno mantenuto positivo”. In linea con la campagna di “marketing” sui conti pubblici italiani lanciata su Twitter con l’hashtag #prideandprejudice, il titolare del Tesoro ha aggiunto che “il debito italiano non continua a salire e se sale non è colpa dell’Italia. Se ci fosse un’inflazione in equilibrio all’1,8%, una crescita reale dell’1% e una crescita nominale di circa il 3%, il debito pubblico sarebbe in un sentiero di discesa rapidissimo”. Peccato che oggi il livello di inflazione sia in calo e in novembre si sia fermato allo 0,2%. Ma per il governo basta vedere il bicchiere mezzo pieno. Non per niente fonti di Palazzo Chigi hanno fatto sapere di vedere nel declassamento un “lato positivo”, perché l’agenzia vede “elementi buoni nelle riforme strutturali”, anche se “non tali da compensare l’aumento del debito e risvegliare l’economia nel breve”. Secondo le stesse fonti, “non si tratta di una bocciatura del Jobs act, anzi S&P dice che le riforme vanno bene ma bisogna andare più veloce”.
p.s.
in pratica, come da anni pochi fessi (fra cui il sottoscritto) vanno dicendo, la ricetta non solo è sbagliata ma ammazza il malato.. ammesso che di malato si possa parlare perchè risulta sempre più chiaro che il vero problema non era, e non è, il debito o l'economia ma quello di parificare le economie allo stesso livello e aprire i mercati alle aziende con il minor numero di regole possibile: se tutto è mercato tutto si domanda e tutto si offre al prezzo minore e al profitto maggiore....... e ciò può avvenire solo se si perde il filo democratico degli stati e si pensa solo al proprio piccolo interesse particolare: polticamente lo Stato non ha altro compito che quello di ricoprire le falle e i debiti dei mercati e dall'altro quello di vigilare a che nessuno disturbi i manovratori. Hai voglia a parlare di democrazia, elezioni, ecc. qui quello che conta è il consumismo non l'economia reale; l'assalto ai negozi per black friday e non cittadini consapevoli del proprio destino... un parco buoi e non un pianeta che sceglie cosa e dove andare.... ma "i talk to the wind... (libera citazione dal LP XXI century schizoid man" dei King Crimson, che di "schizoidi" ne sapevano eccome)": mettete insieme tutti i tasselli (dal WTO al TTIP) e vedrete come il quadro si completa!

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