venerdì 1 aprile 2016

Libia, l’Occidente piazza il suo premier Al Sarraj a Tripoli. Islamisti fanno appello a milizie: “Combattetelo”. Spari in strada

31/03/2016 di triskel182

Il premier designato del governo di unità nazionale – che non è riconosciuto né da Tobruk né da Tripoli – è giunto “dal mare”, attraccando alla base navale di Abusetta (Abu Sittah), che sarà il quartier generale temporaneo. Una forzatura voluta dalle Nazioni Unite: ora “è urgente un pacifico e ordinato passaggio dei poteri”, ha detto l’inviato speciale dell’Onu, Martin Kobler. Ma le premesse sembrano non esserci: più volte negli ultimi giorni le autorità islamiste tripoline hanno respinto l’insediamento, minacciando una “lunga guerra”.
Come prevedibile e come minacciato da giorni l’arrivo a Tripoli del premier designato Fayez Al Sarraj ha attivato una bomba ad orologeria. Al Sarraj, l’uomo voluto dalle Nazioni Unite, per interloquire con i governi occidentali ma perlopiù sconosciuto ai libici, è di fatto “circondato”.
Ci sono le milizie ostili che annunciano “un’azione congiunta”, infiltrazioni di Daesh, ma soprattutto il congresso libico di Tripoli (Gnc), che ha fatto “appello a tutti i rivoluzionari a schierarsi contro questo gruppo di intrusi, che infiammerà la situazione a Tripoli e ci imporrà la tutela internazionale”, e che bolla come “illegale” l’ingresso del consiglio presidenziale.
E così per le strade sbarrate alcuni testimoni hanno udito i primi spari. Il consiglio presidenziale, arrivato via mare da Sfax (Tunisia), è quindi asserragliato nella base navale di Abusetta (Abu Sittah). Come se fosse in un bunker. Da cui però, in una dichiarazione trasmessa da Al Jazeera, il premier ha comunicato l’entrata in carica dell’esecutivo e lanciato un appello a “unificare gli sforzi dei libici per contrastare Daesh” sottolineando “l’attaccamento alla conciliazione nazionale” e la volontà di “tener fede ai principi della rivoluzione del 17 febbraio” 2011 che portò alla caduta del regime diMuammar Gheddafi“.
John Kerry: “Non è il momento per gli ostruzionisti”
La notizia dell’insediamento è stata ovviamente accolta con favore dalla comunità internazionale, Stati Uniti e Italia in particolare. “Gli Usa accolgono con favore l’arrivo a Tripoli del consiglio presidenziale libico e ribadiscono l’appello affinché tutte le istituzioni libiche facilitino e sostengano una transizione pacifica, invitando tutti i libici a sostenere il governo di unità nazionale – dice il segretario di Stato americano John Kerry – Non è il momento per gli ostruzionisti di frenare il progresso, ma per tutti i libici in tutto il Paese di abbracciare questa opportunità storica per una Libia pacifica e più prospera”. “È un altro passo avanti per lastabilizzazione della Libia – dice il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni – sulla base della determinazione del premier Sarraj e del Consiglio presidenziale sono ora possibili nuovi progressi per il popolo libico”.
Il premier del governo di Tripoli: “Serraj si consegni o torni a Tunisi”
Ma Al Serraj non ha ancora non ha ottenuto la fiducia dal parlamento di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, né tantomeno il suo ruolo è considerato legittimo dalle milizie islamiste che controllano l’ex capitale. “Ha due opzioni: consegnarsi alle autorità o tornare a Tunisi – ha detto il capo del governo di Tripoli, Khalifa Ghwell – è pienamente responsabile del suoingresso illegale“.
La situazione sta diventando incandescente perché come riferiscono alcuni testimoni diversi gruppi armati avrebbero sparato dei colpi in aria, con le anti-aeree montate sui pick-up, per impedire ad alcuni sostenitori del governo di unità nazionale di radunarsi nel centro della città vicino alla piazza dei Martiri. La strada, che si trova non lontano dalla base navale, è disseminata di posti di blocco e veicoli blindati. Nella zona ovest, veicoli militari sono di stanza vicino al quartier generale del capo di stato maggiore. Qui sono state chiuse la strada lungo la costa e una rotatoria, ma non è chiaro se si tratti di una misura a protezione dell’esecutivo di unità. C’è il dispiegamento di milizie ostili” conferma all’Ansa l’inviato speciale dell’Italia per la Libia, Giorgio Starace. Sarraj “dovrà mostrare equilibrio, aprire il dialogo e il confronto” con gli oppositori. Ma soprattutto con il Parlamento di Tobruk, l’unico allo stato riconosciuto internazionalmente, che ha lasciato intendere che non ci sarà alcun passaggio di poteri fin quando il governo Sarrajnon avrà luce verde in Aula.
Il premier imposto dall’Onu per parlare con i governi occidentali
Una forzatura voluta dalle Nazioni Unite quella di Al Sarraj per accelerare il processo di formazione di un esecutivo che possa fare da interlocutore con i governi occidentali e chiedere un intervento militare della comunità internazionale, i cui membri potrebbero intervenire in base alla risoluzione 2259delle Nazioni Unite adottata il 23 dicembre 2015. “Sosteniamo con forza i responsabili” del consiglio presidenziale libico arrivato a Tripoli, ha detto l’inviato speciale dell’Onu, Martin Kobler, ed è “pronta ad assicurare il necessario sostegno e assistenza”. Ora “è urgente un pacifico e ordinato passaggio dei poteri“. Ma le premesse perché la transizione sia pacifica e ordinata sembrano non esserci.
Nuovo esecutivo definito illegale dalle principali milizie islamiche
Da settimane contro Al Sarraj, che aveva annunciato il suo arrivo il 18 marzo, si sono susseguite dichiarazioni di guerra. L’ultima solo pochi giorni fa: il 27 marzo le principali milizie libiche avevano respinto l’insediamento, esortando la popolazione a opporsi a “un governo designato dalle Nazioni Unite”.
Ma nei giorni precedenti, in particolare il 18 marzo, i capi militari avevano definito questo esecutivo “illegale” e avevano avvertito che il suo eventuale insediamento a Tripoli avrebbe trascinato la città “in un conflitto armato permanente“. Lo stesso giorno un video diffuso in rete da ‘Wilayat Barqa‘, ovvero la ‘Provincia della Cirenaica’, branca libica dell’Isis, minacciava guerra facendo balenare lo spettro di un nuovo Iraq. Il giorno successivo, il 19 marzo, Al Sarraj riceveva tuttavia l’endorsement della potente fazione di Misurata, architrave della coalizione Fajr Libia con 280 milizie, che in un testo diffuso dal Consiglio municipale, dichiarava il proprio “appoggio totale” al governo di unità nazionale. L’accordo politico alla base del governo, si legge, “è il miglior quadro” in cui “mettere fine alle crisi” della Libia. La municipalità inoltre aveva lanciato “un appello ai tutti i libici” a “sostenere il governo”. Un cambio di rotta molto importante: Misurata ha giocato un ruolo fondamentale nella rivoluzione libica e nella permanenza al potere del governo filo-islamico. Pur non omogenei, i suoi circa 40mila uomini rendono Misurata la città libica militarmente più potente del Paese. Ma tra quest’ultima e Tripoli ci sono oltre 200 chilometri di distanza.
Intanto però Al-Nabaa, una tv schierata contro Al Sarraj e accusata di appoggio al terrorismo, è stata oscurata da “figli di Tripoli e suoi rivoluzionari”. In un fermo immagine apparso sugli schermi e diffuso su social network si legge che i “rivoluzionari chiudono Al Nabaa, rete d’istigazione e provocazione”. La tv era nata nel 2013 e una richiesta di oscuramento era stata già avanzata dal ministero dell’Interno del governo di Tobruk, quello riconosciuto internazionalmente prima dell’avvento di Sarraj.
(dal Fatto Quotidiano)
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quante volte si è detto che tutto quello che è accaduto finora è perchè l'occidente non rinuncia a giocare al dr. Stranamore perchè alla fine non si fa che alimentare il terrorismo? Eccone un bel esempio proprio alle porte adi casa nostra...

giovedì 31 marzo 2016

Life style all’italiana (Vauro)

29/03/2016 di triskel182
Da eccesatira.blogspot.it

mi pare abbia ragione...
 
 

mercoledì 30 marzo 2016

Bce, economisti: “Invece che comprare bond dia i soldi direttamente ai cittadini o finanzi investimenti pubblici”

di | 29 marzo 2016 dal Fatto Quotidiano


Tutte le medicine hanno controindicazioni che aumentano con l’intensificarsi dei dosaggi e il prolungamento della cura. I programmi di “quantitative easing” varati dalle banche centrali per tentare di rimettere in salute economie debilitate non fanno eccezione. Acquistare titoli di Stato e bond societari per un ammontare fino a 80 miliardi di euro al mese come fa ora la Banca centrale europea ha il duplice effetto di aumentare la moneta in circolazione e sostenere i valori degli asset finanziari. Due elementi che dovrebbero spingere l’economia ma che vanno a favorire soprattutto le istituzioni finanziarie e le classi più abbienti accrescendo le diseguaglianze. In pratica si tratta di politiche monetarie regressive. Così, anche a fronte di risultati che tardano a farsi sentire, il malcontento verso le mosse di Francoforte aumenta. E’ in questo quadro che la scorsa settimana il movimento “Quantitative easing for the people ha illustrato le sue tesi davanti al Parlamento europeo.
Il movimento ha sinora raccolto l’adesione di 65 tra economisti di università europee, commentatori e professionisti della finanza ed è sostenuto da 21 associazioni dei quasi tutti i paesi europei. La tesi è che nella sua forma attuale il programma di acquisto titoli provoca più danni e pericoli che vantaggi. In alternativa, suggeriscono i firmatari, i soldi dovrebbero essere iniettati direttamente nell’economia reale per finanziare ad esempio investimenti pubblici per infrastrutture “verdi” o per programmi di edilizia sociale. In senso un po’ provocatorio ma neppure troppo i promotori calcolano che se i fondi della Bce venissero versati direttamente alle famiglie ogni europeo riceverebbe un assegno mensile di 175 euro. In questo modo, secondo i promotori del movimento, gli effetti su crescita economica, consumi ed occupazione sarebbero decisamente più efficaci. Tra i nomi che sponsorizzano Qe for the people ci sono anche l’antropologo statunitense Dave Graeber, autore di un fortunato saggio sull’evoluzione del concetto di debito nella storia, e gli italiani Luca Ciarroca e Stefano Sylos Labini.
Il tema dei possibili guasti prodotti da politiche monetarie ultraespansive e acquisto di titoli da parte delle banche centrali non è nuovo. Basti pensare che già nel 2012 un insospettabile come l’allora capo economista del Fondo monetario internazionale e attuale presidente della banca centrale dell’India Raghuram Rajan affermò che questa era una via per “espropriare i risparmiatori responsabili a favore delle banche irresponsabili”. La banca centrale inglese, che ha condotto a sua volta un programma di quantitative easing, ha stimato che per effetto delle sue politiche la ricchezza delle famiglie inglesi è cresciuta di 600 miliardi di sterline, ossia 10 mila sterline per abitante se l’effetto fosse equamente distribuito. In realtà il 10% più ricco della popolazione possiede il 70% degli asset finanziari e quindi i benefici sono stati incamerati quasi esclusivamente da chi era già ricco o quantomeno benestante. Una leva che ha allargato ulteriormente il livello di diseguaglianza. Non esiste una stima analoga riferita all’intera zona euro, ma il meccanismo è analogo e verosimilmente le proporzioni non dovrebbero essere troppo differenti.
Tra gli altri punti deboli dei programmi di quantitative easing molti osservatori segnalano l’effetto distorsivo sull’allocazione delle risorse, lo spostamento verso investimenti rischiosi a cui è costretto chiunque sia in cerca di rendimenti (fondi pensioni e assicurazioni in primis) visto che prodotti come titoli di Stato o obbligazioni ad alto rating non offrono più nulla e naturalmente il pericolo di bolle speculative provocato dalla sovrabbondanza di liquidità, specie se protratta a lungo. Esistono anche effetti meno palpabili ma altrettanto pericolosi come la perdita di fiducia da parte dei mercati nelle capacità delle banche centrali di influenzare l’economia. L’aspetto psicologico è importante e difficile da gestire. E’ vero ad esempio che tassi sotto zero e sovrabbondanza di liquidità dovrebbero agevolare fortemente chi vuole investire. Eppure al contempo interventi così radicali trasmettono messaggi poco rassicuranti sulle prospettive economiche, disincentivando scommesse sul futuro. Sono fattori che hanno impatti negativi sull’economia e possono produrre effetti contrari rispetto a quelli che si vorrebbe ottenere.
Si crea quindi un circolo vizioso in cui l’assenza o l’insufficienza di risultati tangibili innesca la domanda di ulteriori stimoli. Tanto che alcuni economisti hanno coniato la formula “forever it takes” (è necessario per sempre, ndr) parafrasando il “whatever it takes” (tutto quello che è necessario, ndr) con cui nel 2012 Mario Draghi preannunciò nel 2012 l’avvio di una serie di misure a difesa e a sostegno dell’economia europea. Il presidente della Bce ha comunque sia meriti che alibi. Senza interventi di Francoforte, che da statuto ha anche il compito di difendere la stabilità finanziaria, è difficile dire se esisterebbe ancora una zona euro come oggi la conosciamo. La Bce sta di fatto supplendo anche alla mancanza di interventi che andrebbero decisi ed attuati dai governi. In questo le richieste di Qe for the people mancano forse il bersaglio. Più che chiedere alla banca centrale di agire in modo totalmente estraneo rispetto ai suoi canali tradizionali le pressioni andrebbero indirizzate a chi davvero ha la possibilità di orchestrare politiche redistributive e di sostegno diretto alla crescita economica.
di | 29 marzo 2016


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chiunque altro avesse detto cose del genere sarebbe subito stato bollato di retorica populista.... ma se a dirlo sono economisti?

martedì 29 marzo 2016

Fracking incluso nelle nuove mappe del rischio sismico

fonte: rinnovabili.it
Rinnovabili.it) – I terremoti causati dal fracking sono aumentati al punto da convincere gli esperti a inserirli per la prima volta nelle mappe del rischio sismico negli Stati Uniti. Lo ha affermato la US Geological Survey, a seguito di un boom delle scosse registrate in Oklahoma nel 2015 e generate dallo smaltimento sotterraneo delle acque di produzione utilizzate dall’industria del gas.
Le mappe di rischio sismico sono utilizzate dai funzionari che si occupano della gestione delle emergenze, nonché dalle principali associazioni di ingegneria e progettazione del Paese per guidare come forte per costruire edifici.
«Includendo gli eventi indotti dall’uomo, la nostra valutazione dei rischi è cresciuta significativamente in alcune parti degli Stati Uniti» ha detto Mark Petersen, capo del Progetto di mapping dell’USGS.
Secondo i geologi USA, circa 7 milioni di persone nella zona centrale e orientale degli USA vivono o lavorano nelle zone minacciate dalla sismicità indotta. In alcune parti di queste regioni, i danni causati dai terremoti potrebbero essere pari a quelli osservati nelle regioni ad alto rischio della California.
Gli Stati in cui il rischio sismico è maggiore sono, nell’ordine, Oklahoma, Kansas, Texas, Colorado, New Mexico e Arkansas. In particolare, lo scorso anno l’Oklahoma è stato scosso da 907 terremoti di magnitudo 3.0 o superiore. Nel 2008 erano 2 soltanto. A febbraio 2016 un sisma di magnitudo 5.1, il terzo più intenso mai registrato nello Stato, ha scosso la zona intorno a Fairview.
A provocare gli eventi tellurici è la reiniezione, nelle profondità della terra, dei liquidi precedentemente sparati ad altissima pressione nei pozzi con l’intento di spaccare gli scisti bituminosi, rocce impermeabili che contengono il gas. Questi fluidi, composti da acqua, sabbia e sostanze chimiche – molte delle quali tossiche – vengono parzialmente risucchiati insieme al gas. Una volta recuperati gli idrocarburi, i liquidi vengono definitivamente smaltiti in formazioni rocciose profonde.
Il governo dell’Oklahoma, meno di un anno fa, ha dovuto riconoscere il collegamento tra fracking e terremoti. L’Ufficio Energia e Ambiente dello Stato ha creato un sito web che pubblica le prove a supporto di questa tesi. Esso include una mappa interattiva che segnala non solo i luoghi colpiti dai sismi, ma anche i siti di oltre 3.000 pozzi attivi di smaltimento delle acque reflue.
Rinnovabili.it
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ecco, in inglese, c'è il rapporto dell'USGS: se volete dilettarvi a leggere ... USGS fracking
quella che vedete qui sopra è la mappa con cui l'USGS ha inchiodato i frackers alle loro responsabilità.. quelle zone negli USA centrali sono, anzi erano, tettonicamente stabili finché la tecnica del fracking non è stato introdotto stabilmente. Traetene le vostre conclusioni: se in una zona tettonicamente stabile accade questo in un paese come il nostro tettonicamente, e vulcanicamente, instabile cosa accade? Bé ce l'avet sotto gli occhi: un esempio sono i terremoti dell'appennino tosco-emiliano, ricordate? Eppure.. eppure si continua; magari ci si sposta di qualche chilometro o si va in mezzo al mare ma alla fine i buchi si fanno comunque!!!!
al momento la situazione, in italia, è questa
e questa

tutto chiaro?
RICORDATE IL REFERENDUM!!!!

lunedì 28 marzo 2016

Lavoro, sgravi irregolari in 20 imprese ispezionate su 100. Ecco il referendum Cgil sull’articolo 18

25/03/2016 di triskel182
L’esito di alcune ispezioni mirate del Ministero del Lavoro: irregolarità nel 18,93% dei casi segnalati. Gli sgravi contributivi sono stati attivati anche per lavoratori che nei sei mesi precedenti all’assunzione avevano già occupazione. In Gazzetta Ufficiale i tre quesiti del sindacato per abrogare il Jobs act sul reintegro, i voucher lavoro e la responsabilità solidale sugli appalti.MILANO – Gli sgravi contributivi per le assunzioni stabili, introdotte dalla Stabilità del 2015 e ridotti al 40% da quest’anno, sono stati la principale motivazione del boom di tempi indeterminti registrati negli ultimi dodici mesi. Ma in alcuni casi le aziende hanno sfruttato il beneficio, riservato ai lavoratori privi di occupazione stabile da almeno sei mesi, in maniera indebita.
Il ministero ha ispezionato un campione di oltre 300 imprese, che si sono segnalate per alcune anomalie emerse dall’incrocio dei dati con l’Inps, e ne ha trovate in posizione irregolare quasi il 20%. Non è quindi un dato da riferire a tutte le imprese che hanno attivato gli sgravi, ma appunto a quelle ispezionate in ragione di un “dubbio” sulla loro correttezza, nato a seguito dell’attività di controllo. Dati comunque rilevanti, che arrivano nello stesso giorno in cui in Gazzetta Ufficiale vengono pubblicati i quesiti referendari proposti dalla Cgil per abrogare alcuni elementi del Jobs Act e i buoni lavoro.
Sgravi irregolari. Il ministero guidato da Giuliano Poletti ha comunicato in una nota che – in base ai dati aggiornati al mese scorso -, “sono stati disposti accertamenti mirati nei confronti di 338 imprese che hanno richiesto il beneficio per 1.986 lavoratori. Per 64 imprese è già stata trasmessa informativa di reato all’Autorità giudiziaria (percentuale di irregolarità pari a 18,93%)”. Si tratta di verifiche attivate dal giugno scorso, in collaborazione con l’Inps, che hanno permesso di incrociare “le informazioni concernenti le richieste di esonero contributivo con altre informazioni in possesso degli Uffici, in modo da poter evidenziare eventuali comportamenti finalizzati a precostituire artificiosamente le condizioni utili al godimento del beneficio”. Incrociando i dati, un po’ come sta iniziando ad accadere per i voucher, si riesce a capire quali sono i casi da approfondire e verificare se ci sono irregolarità. Nel dettaglio, si tratta di aziende che hanno attivato i contributi anche se il nuovo dipendente era risultato impiegato nei sei mesi precedenti. In ragione di queste verifiche, gli Uffici hanno revocato gli esoneri e denunciato i responsabili “alle Procure della Repubblica per comportamenti penalmente rilevanti, finalizzati alla fruizione indebita di erogazioni pubbliche. Gli accertamenti proseguiranno nei prossimi mesi e potranno contare su dati ancora più affinati, utili a far emergere, già sulla carta, ipotesi concrete di fruizione illecita dell’esonero”.
Il referendum Cgil. La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato le richieste di tre referendum abrogativi della Cgil presentate in Corte di Cassazione. I referendum riguardano: 1) l’abolizione del Jobs act per quanto riguarda la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo; 2) la cancellazione del lavoro accessorio (voucher); 3) la reintroduzione della piena responsabilità solidale in tema di appalti. La Cgil avrà tre mesi di tempo per raccogliere le 500mila firme necessarie. Nell’autunno 2016 la Cassazione verificherà
la regolarità delle firme. La Corte Costituzionale giudicherà sulla legittimità dei quesiti referendari entro il 20 gennaio 2017. I referendum si terranno in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno 2017, a meno che non ci siano elezioni politiche anticipate.
Da repubblica.it
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e questo mi sembra la pietra tombale sulla propaganda fatta in merito a alla ripresa, all'occupazione ecc.

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