sabato 24 novembre 2018

il risultato non cambia

Fonte: W.S.I. 23 novembre 2018, di Daniele Chicca
Matteo Salvini e Luigi Di Maio stanno facendo esattamente quello che andava fatto se l’intento era quello di attirare consensi verso le proprie forze politiche e allontanarli dagli eurocrati di Bruxelles. La legge di bilancio era l’appuntamento perfetto per lanciare una campagna elettorale contro l’Europa da parte delle forze populiste e così in effetti è stato.
Il progetto di bilancio dell’esecutivo, anche se smorzato nei contenuti rispetto alle intenzioni del programma di governo e alle promesse pre elettorali, è riuscito nell’impresa di mettere d’accordo Lega e M5S (due formazioni comunque molto distanti per natura), ma soprattutto – violando leggermente le regole Ue senza strafare – ha messo in crisi le autorità di Bruxelles.
La strategia del governo si sta rivelando per ora vincente dal punto di vista puramente politico, secondo l’analista americano di economia e politica Tom Luongo. La manovra italiana è come una pozione velenosa offerta in mano all’UE. Non risolverà forse i problemi dei cittadini da un giorno all’altro, ma potrebbe fare vincere a Lega e M5S una partita più importante, quella delle Elezioni Europee. (il resto al link sopra)
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Fonte: Il Fatto Quotidiano  di | 24 novembre 2018
Il confronto sulla manovra italiana bocciata inizia a cena. Seduti al tavolo da un lato il presidente Jean-Claude Juncker e i suoi responsabili economici Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis e dall’altro il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’economia Giovanni Tria. Si tratta del primo faccia a faccia dopo il secondo altolà dell’Europa alle ricette economiche del governo Lega-M5s e potrebbe essere l’ultimo prima dell’avvio della procedura d’infrazione per debito eccessivo, annunciato da Bruxelles in settimana.
A meno che le parti al tavolo non trovino una strada da percorrere insieme, che non scontenti nessuno e che faccia rientrare i conti pubblici italiani in binari giudicati più rassicuranti dai vertici europei per quanto riguarda i numeri del deficit e del debito. Il dialogo – secondo l’Ansa – verte tutto attorno ai tempi con cui l’Italia attuerebbe le misure qualificanti (reddito di cittadinanza e legge Fornero) chiedendo alla Ue tempo e riservatezza prima di rendere pubblica la raccomandazione con cui si chiederà all’Italia di correggere i conti.
“Non litighiamo, we are friends“, ha detto Conte stringendo la mano a Juncker al suo arrivo al palazzo Berlaymont della Commissione Ue. La sfida è complessa, perché la Commissione avrà bisogno di qualcosa di più di un’illustrazione puntuale delle riforme o di promesse sui loro effetti. I falchi dell’Eurogruppo si sono risvegliati, spingono per l’applicazione delle regole e Bruxelles non può ignorarli. E, stando al tweet scritto da Matteo Salvini mentre il premier salutava Juncker, il governo non ha intenzione di arretrare: “Chiedo rispetto per quei 60 milioni di italiani che, con 5 miliardi regalati ogni anno all’Europa, non si aspettano gli insulti, ma vogliono avere la possibilità di studiare, lavorare, andare in pensione. Al governo mi hanno mandato loro e a loro rispondo, e non arretro”. (il resto al link sopra)
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notata la continuità? Bene.. significa che a Brussels quel che tmono di più non è il nostro paese ma che la cosa si allarghi e i loro scranni vacillino dopo le europee.

giovedì 22 novembre 2018

Manovra bocciata, l’Italia sarà la prossima Grecia. Prepariamoci a un nuovo colpo di Stato finanziario

Fonte: Il Fatto Quotidiano Zonaeuro | 22 novembre 2018 

Provo a fare chiarezza sulla situazione tragica in cui si trova l’Italia, oggi sottoposta all’attacco concentrico sferrato dalla finanza cosmopolitica e all’offensiva mediatico-giornalistica dei padroni del discorso al servigio della classe dominante. Così cristallizzerei la situazione e mi scuserete per la sintesi. I mercati vogliono X, ergo il governo italiano deve fare X. Anche se X nuoce all’interesse nazionale, al lavoro, all’impresa, ai diritti, a tutte le energie vitali del Paese. Il governo italiano deve fare X perché l’hanno deciso gli “euroinomani” di Bruxelles: e deve farlo anche se X è l’opposto di ciò che gli italiani hanno voluto, votando questo governo.
E allora diciamolo apertamente: non vi è nulla, ma proprio nulla di democratico in tutto ciò. E il problema non sono i mercati e i turbocapitalisti apolidi, che solo tutelano i loro interessi (e che, presto o tardi, dissolveranno anche le Costituzioni e gli ultimi retaggi di democrazia). Il problema sono gli acefali nostrani, che accettano tutto ciò come normale e che vorrebbero che il governo si piegasse al diktat non democratico di Bruxelles. Il guaio del capitale è che produce l’osceno e, insieme, soggetti disposti a sopportarlo e a supportarlo.
La Ue ha bocciato la manovra del nostro governo: “Violate le regole sul debito“. Conosciamo assai bene questo discorso. È il discorso dell’usuraio. Egli pretende che il debito sia inestinguibile e che in suo nome tutto sia sacrificato, perfino la vita di un popolo. Ce lo chiede la lex del debito. Ce lo chiede il mercato. Così asserì Ezra Pound: “Il debito è il moderno sistema di schiavitù”. Lo stiamo sperimentando sulla nostra pelle, con esiti tragici. L’ha già sperimentato la Grecia, “il più grande successo dell’euro“, come ebbe a definirla qualche euroinomane fiduciario dei mercati speculativi. E l’Italia sarà la prossima Grecia. Siate pronti. Entro pochi mesi avremo un nuovo colpo di Stato finanziario, orchestrato dagli euroinomani delle brume di Bruxelles e tale da portare al potere un nuovo Mario Monti, ossia un nuovo esecutore fidato delle volontà dei mercati e della classe dominante no border.
Zonaeuro | 22 novembre 2018

martedì 20 novembre 2018

Il vero liberismo difende i deboli. Quello di Alesina e Giavazzi il Pd

Fonte: Il Fatto Quotidiano Economia & Lobby | 17 novembre 2018 

Fa una certa impressione leggere a firma di due illustri economisti di scuola bocconiana, quali sono Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, sulle pagine del Corriere della Sera che fu di Albertini e di Luigi Einaudi un manifesto del “liberismo che serve ai deboli” che, dispiace dirlo, ha poco da spartire con il liberismo (certamente quello classico, ma come vedremo anche quello del XX secolo) e sembra più che altro finalizzato a confezionare armi a un Pd, distrutto dal praticume e dall’assenza di visione teorica del leader pro tempore, Matteo Renzi, per la battaglia politica e per la ricostruzione.
La tesi avanzata sul quotidiano il 16 novembre da Alesina e Giavazzi è così riassumibile: il liberismo è un modello teorico che mette al centro al concorrenza e la competizione, quindi (sottolineato) esalta e premia il merito. Il merito uguale possibilità per tutti anche per quanti partono da condizioni sfavorevoli, la strada maestra per consentire anche ai “poveri” di emanciparsi dalla loro condizione. Altro che reddito di cittadinanza. Parole sante, peccato che – presi dalla polemica politica di cui il Corriere purtroppo si fa portabandiera – per sostenere questa lettura, parziale e irrealistica del liberismo bisogna procedere a molte semplificazioni. Peccato che la teoria liberale sia una cosa, l’attacco al governo e i suggerimenti al Pd siano un’altra, due piani che non si possono mischiare.
Vorrei evitare di discettare sulla reale identità ideologica di questo governo, come di molti altri che l’hanno preceduto, stante in genere la pochezza di consapevolezza teorica dei nostri governanti degli ultimi 30 anni. A tale proposito, ricordo solo che il cavalier Berlusconi, a sentir lui, avrebbe promosso un programma di “rivoluzione liberale”. Il liberismo in Italia è un grave problema, nel senso che liberali non ne esistono e quelli che dicono di esserlo in genere non sanno di ciò che parlano. Gli industriali, in primis quelli grossi, dovrebbero incarnare lo spirito e la prassi del liberalismo, ma non c’è bisogno di citare qualche vicenda tra le più scandalose e le più calde degli ultimi anni, per sapere che in realtà gli imprenditori privati (al 95%) in realtà in Italia sono bravi principalmente a trafficare con la politica (cosa assolutamente non liberale) e a rastrellare sussidi pubblici.
Brevemente poi ricorderò che in Italia gli ultimi responsabili dello scomparso Pli si erano fatti coinvolgere nelle peggiori nefandezze partitocratiche e stataliste in senso deteriore (ministro De Lorenzo, Poggiolini) e che gli esponenti “liberali” di Forza Italia non hanno dato grande prova di sé. Per la crescita di un’Italia veramente liberale. Insomma a tutt’oggi sul piano pratico le conseguenze dei comportamenti dei politici che hanno cercato di tenere alta la bandiera liberale sono state disastrose e opposte, rispetto agli stessi buoni principi cui dicevano di ispirarsi. Certo non per colpa dei principi stessi, ma per le consuetudini italiche che portano a sfruttare le idee semplicemente come un velo per commettere le peggiori nefandezze a proprio vantaggio. Certamente in teoria un autentico liberismo potrebbe essere la strada migliore, anche per l’Italia. In pratica da noi (e non solo) è sempre stato una iattura. E purtroppo c’è una caratteristica intrinseca del liberismo che facilita queste “deviazioni”: il liberismo (quello vero) è funzione ed espressione del contesto, lo subisce, non lo determina; se il contesto è efficiente, se cioè tende a massimizzare l’interesse generale, il liberismo funziona, altrimenti diventa solo una copertura alla pratica della legge del più forte.
Bisognerebbe andarsi a leggere, ad esempio, i tre aurei volumetti di Legge, legislazione e libertà di Friedrich von Hayek per capire in cosa consista realmente il liberismo e rendersi conto quanti anni luce lo separino dal liberismo piddino di Alesina e Giavazzi. Al primo posto nel liberismo c’è una base morale, un vero rispetto per ogni singolo individuo, una deferenza nei confronti delle tradizioni e delle consuetudini, il primato assoluto della legge, una visione giuridica di fondo che (qui non è possibile ovviamente dettagliare) e che fa a pugni con il liberismo “per i poveri”, semplificato e ridotto ad usum delphini. Il liberismo in particolare per l’Italia sarebbe veramente una vera rivoluzione, che peraltro non vedo come potrebbe essere attuata, in un Paese come il nostro, in cui tutti – a incominciare dai gruppi industriali e bancari che gestiscono l’informazione – si adoperano quotidianamente con ogni mezzo lecito e illecito per strappare o conservare i loro ingiustificati privilegi, per imporre la propria forza al di là delle leggi. Anche con il supporto di intellettuali compiacenti.
La triste impressione è che il liberismo di Alesina e Giavazzi, in realtà, sia un liberismo che sotto le spoglie finte dell’interesse dei più deboli, in realtà punti a mantenere solidi gli interessi dei più forti. Una critica che si presenta sotto le sembianze di una teoria, ma che deve essere funzionale alla lotta politica., non è credibile. Al contrario l’unica strada per servire realmente i più deboli è togliere ogni ingiustificato vantaggio dei cosiddetti poteri forti in Italia. Ripristinare una condizione di parità tra gli individui e lo Stato, tra gli individui e i gruppi organizzati, tra gli individui e le istituzioni (anche europee). Liberismo è prima di tutto riportare al centro i cittadini, consentire di concorrere a determinare il futuro, dare a tutti appunto “il massimo delle possibilità per conseguire i propri fini secondo le proprie conoscenze“, ripristinare un implacabile principio di responsabilità sopratutto per chi ha posizioni e stipendi di prestigio. Ma non ditelo in giro, in teoria, con tutti i limiti di una classe dirigente modestissima, alcuni di questi sembrano essere tra gli obiettivi di questo governo.
Economia & Lobby | 17 novembre 2018

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