da
greenreport.it [19 gennaio 2017]
Mentre
mezza Italia è sotto la neve e il fragile centro appenninico continua
ad essere scosso da terremoti, Nasa e Noaa pubblicano i
dati che dimostrano che il 2016 è stato l’anno più caldo dal 1880
. In
questo non c’è nessuna contraddizione, anzi, i modelli climatici
previsti dagli scienziati si stanno confermando sul lungo periodo e
creano a breve termine eventi estremi sempre più frequenti e violenti.
Secondo
le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr che rilevano le
temperature dal 1800 «se a livello globale si registra dunque il terzo
record consecutivo, in Italia il 2016 che si è classificato al quarto
posto tra gli anni più caldi di sempre con una temperatura che è
risultata di 1,24 gradi superiore alla media del periodo di
riferimento».
Per Coldiretti, Si
conferma anche in Italia la tendenza al surriscaldamento dopo che il
2015 si era posizionato come l’anno più bollente della storia ma nella
classifica degli anni più caldi ci sono nell’ordine il 2014, il 2003,
il 2016, il 2007, il 2012, 2001, poi il 1994, 2009, 2011 e il 2000.
Siamo di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici che si stanno
manifestano con pesanti effetti sull’agricoltura italiana che negli
ultimi dieci anni ha subito danni per 14 miliardi di euro. Si
moltiplicano gli eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni
brevi, ma intense e il repentino passaggio dal sereno al maltempo.
Siccità e bombe d’acqua con forti piogge a carattere alluvionale, ma
anche gelate estreme e picchi di calore anomali si alternano lungo
l’anno e lungo tutta la Penisola. Anomalie che si evidenziano anche in
questi giorni con l’Italia divisa in due tra nord dove è allarme
incendi e siccità ed il centro sud che è seppellito dalla neve».
Il
Wwf ricorda che «gli scenari per i cambiamenti climatici in Italia
sono realmente preoccupanti. Le migliori e più avanzate elaborazioni
dell’autorevole Centro euromediteraneo per i cambiamenti Climatici
(Cmcc) sono giunte con il suo modello Cosmo-Clm ad elaborare scenari
con pixel di 8 Kmq, una risoluzione veramente alta per gli studi
relativi agli scenari climatici, la più alta di quella impiegata in
Europa. Nel caso dello scenario di mitigazione ritenuto ormai altamente
probabile tra quelli presentati dall’ultimo rapporto dell’Ipcc
(Intergovernamental panel on climate change, si parla dello scenario
RCP 4.5) si indica un incremento della temperatura media in Italia pari
a circa 3° C per la fine del secolo per l’intero territorio
nazionale. In particolare se si considera l’ultimo trentennio del XXI
secolo (2071-2100) l’aumento di temperatura giunge anche a circa 4°C nel
nord-ovest della penisola italiana nel periodo estivo. Con uno
scenario cosiddetto Bau, (sintetizzato in quello definito dall’Ipcc
scenario RCP 8.5), l’aumento della temperatura media in Italia sarà
invece di circa 6° C entro la fine del secolo. In particolare,
nell’ultimo trentennio del XXI secolo (2071-2100), nei mesi estivi le
regioni settentrionali della nostra penisola potrebbero mediamente
registrare incrementi addirittura maggiori di 6° C. L’urgenza
dell’azione anche nel nostro paese è ormai è un obbligo civile e
morale».
Un’analisi della Coldiretti
sulla base dei dati Ucea, evidenzia che «mentre il Centro sud è stato
seppellito dalla neve, non piove e non nevica da mesi in certe aree del
Nord dove è allarme incendi e siccità poiché in media sono più che
dimezzate le precipitazioni a gennaio (-63,5%) dopo che nell’intero
mese di dicembre il taglio era stato addirittura del 78,5%».
Una
situazione climatica anomala che favorisce gli incendi nelle regioni
settentrionali. «La situazione è drammatica in Liguria – dice
Coldiretti – dove nel mese di gennaio è caduta il 79,4% di acqua in
meno che ha provocato un ambiente siccitoso che unito al forte vento
favorisce la rapida la propagazione degli incendi e rende piu’
difficile l’azione di spegnimento dei roghi. Le fiamme minacciano le
produzioni locali ed in pericolo ci sono coltivazioni e serre con
ortaggi ed il pregiato basilico ligure. Ma a gennaio tra Como e Lecco
sono andati a fuoco 200 ettari di pascoli e boschi con aziende agricole
assediate dalle fiamme le quali hanno avuto una rapida diffusione a
causa della siccità e del vento secco. Altri 60 ettari sono stati
bruciati in Val Camonica, nel Bresciano, cui si sommano gli incendi che
hanno colpito l’alto Garda già dal primo gennaio». Ma minacciare le
coltivazioni nel Nord Italia è anche la siccità, insieme all’anomala
mancanza della neve. «In Veneto – spiega ancora Coldiretti – l’assenza
di precipitazioni mette in pericolo le cinque varietà di radicchio a
marchio Igp, dal variegato di Castelfranco, anche nella variante del
bianco “Fior di Maserà”, al Treviso precoce e tardivo, dal Chioggia al
rosso di Verona, oltre agli altri ortaggi invernali, dai cavolfiori
alle verze, fino ai broccoli. Ma le piogge si sono quasi azzerate anche
in Piemonte, Val d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, con le conseguenti
difficoltà per le produzioni locali».
Anche
la più grande organizzazione agricola italiana non ha dubbi: «Siamo di
fronte agli effetti dei cambiamenti climatici che si stanno
manifestano con pesanti effetti sull’agricoltura italiana che negli
ultimi dieci anni ha subito danni per 14 miliardi di euro. Si
moltiplicano gli eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni
brevi, ma intense e il repentino passaggio dal sereno al maltempo.
Siccità e bombe d’acqua con forti piogge a carattere alluvionale, ma
anche gelate estreme e picchi di calore anomali si alternano lungo
l’anno e lungo tutta la Penisola. Anomalie che si evidenziano con il
freddo in questi giorni che al Centro – Sud ha già causato danni per
300 milioni di euro, tra interi raccolti di ortaggi invernali perduti e
danni alle piante da frutta come agrumi e viti crollate sotto il peso
della neve, ma anche con la strage di centinaia di animali e perdite
commerciali dovute alle difficoltà di consegna del latte e degli altri
prodotti che si sono salvati dal gelo».
I
dati mondiali e nazionali fanno dire al Wwf che «la natura quindi ci
ricorda con insistenza che dobbiamo accelerare il passo. In tutto il
mondo, il cambiamento climatico provocato dall’azione umana, in
particolare bruciando i combustibili fossili per energia e trasporti,
cementificando o sovra-sfruttando il suolo e con la deforestazione
selvaggia, ha già destabilizzando la produzione di cibo, ha reso più
scarse le risorse idriche e ha accelerato l’instabilità e i conflitti
tra le comunità più vulnerabili. Dal ritmo accelerato della fusione dei
ghiacciai sia in Artico che in Antartico all’incremento dei cicloni
devastanti, dalla siccità e dagli incendi alle alluvioni, la natura sta
ovunque dando l’allarme. Nel 2016 la temperatura globale è risultata
di 1,1° C superiore a quella dell’era preindustriale, facendo un balzo
in avanti davvero preoccupante. Non ci sono segnali per sperare che
tale tendenza non venga confermata anche nel 2017, anche perché la
concentrazione di CO2 in atmosfera continua ad aumentare ed è già
giunto a oltre le 400 parti per milione, un livello che non si
raggiungeva da milioni di anni».
Ma
il Panda sottolinea che «d’altro canto, negli ultimi due anni ci sono
stati segnali concreti di una intensificazione degli sforzi, e il Wwf
si augura che questi segnali si trasformino presto in un’ accelerazione
della transizione».
Gli
ambientalisti concludono: «Occorre applicare rapidamente e in modo
incisivo l’Accordo di Parigi e puntare sempre di più sull’ energia
pulita nei prossimi anni. Il settore privato, la società civile e i
governi nazionali e locali devono rendere la risposta collettiva più
forte e più ambiziosa, facendo in modo di gestire e minimizzare gli
impatti sociali con un piano di giusta transizione. Occorre avere reali
capacità di visione e un approccio strategico che non rinvii
continuamente le decisioni concrete, ma anzi induca tutti all’azione
immediata e alla coerenza per la transizione all’economia del futuro ,
basata sulle fonti pulite e rinnovabili».
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e questo è solo un lato della faccenda....