venerdì 7 ottobre 2016

Un voucher è per sempre: la trappola del super-precariato

I dati Inps, Liberalizzazione selvaggia con Renzi.

L’esplosione dei voucher (i buoni lavoro orari) è ormai impossibile da negare: nei primi sette mesi del 2016 ne sono stati venduti 84 milioni, il 36% in più rispetto allo stesso periodo del 2015 e oltre il 200% in più rispetto al 2014, secondo i dati Inps. Una dinamica coerente con la loro progressiva liberalizzazione: dalla riforma Fornero che ne estese l’uso a tutti i settori fino al Jobs Act che ha aumentato il reddito massimo percepibile in voucher da ciascun lavoratore in un anno, da 5 a 7 mila euro. Il loro numero è così esploso, ma sempre giustificato con l’obiettivo di “far emergere il lavoro nero”. Ora, una recente pubblicazione del progetto VisitInps a cura di Bruno Anastasia sulla dinamica del lavoro accessorio dal 2008 al 2015 spiega che questo non è mai avvenuto: l’incidenza dei soggetti “emersi” dal lavoro nero grazie ai voucher è irrisoria.
Ma soprattutto si assiste a una “regolarizzazione minuscola (parzialissima) in grado di occultare la parte più consistente di attività in nero”. Se n’è accorto anche il governo che ha introdotto l’obbligo per i committenti di segnalare all’Inps l’ora effettiva di inizio della prestazione, ma i controlli non ci sono.
Tra il 2011 e il 2015, la percentuale di voucheristi tra i 25 e i 49 anni passa dal 33% al 54%, mentre si dimezza quella relativa agli over 50 (dal 36 al 18%). Una dinamica opposta a quella dell’occupazione tout court, nettamente positiva solo per gli over50. Sempre più spesso, il voucher appare il mezzo di inserimento nel mercato del lavoro per i più giovani.
Per capire come e in che misura il lavoro accessorio si accompagna o sostituisca ad altre forme contrattuali, la ricerca Inps si concentra sulle transizioni tra lavoro dipendente e accessorio, senza un focus su quelle relative al lavoro parasubordinato, cioè le collaborazioni. Nel 2015 la metà dei prestatori di lavoro accessorio risultava occupata come dipendente pubblico o privato o percettore di assegni di disoccupazione. Tra questi, un terzo dei lavoratori a voucher aveva contratti di lavoro dipendente nella stessa azienda. Per alcuni i voucher fungono da porta d’ingresso per il contratto dipendente a termine (quota prevalente), per altri invece si afferma il processo inverso, da dipendenti a voucheristi. Il 10% di questi voucheristi è composto da occupati che transitano dal lavoro dipendente ai voucher ma non nella stessa azienda. Infine, molti sono i casi, circa il 25%, di soggetti che, pur avendo un lavoro dipendente, svolgono un secondo lavoro retribuito a voucher: sono soprattutto persone con contratti part-time, probabilmente non per scelta loro ma per imposizione del datore di lavoro.
Questo tipo di “lavoro accessorio”, poi, si rivela spesso una trappola: secondo l’Inps, infatti, oltre la metà dei vaucheristi sono “persistenti”, cioè continuano a lavorare a voucher anche negli anni successivi, restando così in una prolungata condizione di super-precarietà. Il tasso di persistenza si fa più marcato per chi ha iniziato dopo il 2012 (circa il 25-30%) e aumenta con il numero dei voucher percepiti. Un guaio per le prospettive previdenziali di questi lavoratori. La metà di loro non riscuote più di 29 voucher all’anno, per un reddito netto pari a 217 euro, dato sostanzialmente stabile dal 2010. Significa che questi lavoratori, data l’aliquota contributiva del 13%, in un anno di lavoro occasionale non riescono a versare neppure un mese di contributi validi ai fini previdenziali (servono 130 voucher annui). Che vi sia un’alta rotazione di forza lavoro retribuita a voucher si evince dal fatto che da un lato i voucheristi aumentano, ma dall’altro il numero di buoni lavoro percepiti da ciascuno è costante negli ultimi quattro anni.
Dal lato delle imprese, infine, si osserva che il 40% dei voucher sono utilizzati nel settore alberghiero e della ristorazione. Ma molti altri comparti mostrano un aumento del ricorso ai buoni lavoro. Tutto da approfondire invece è l’utilizzo dei voucher nelle amministrazioni pubbliche dove il lavoro accessorio sembra iniziare a configurarsi come meccanismo di internalizzazione di servizi dati in gestione ad imprese esterne.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 06/10/2016.
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Per capire in che mondo viviamo e che cosa stiamo lasciando ai nostri posteri

Buon weekend (si fa per dire)

giovedì 6 ottobre 2016

confronting the evidence

ogni tanto bisogna darsi un pizzicotto...... tutto nasce sempre da una singola azione.

martedì 4 ottobre 2016

Def, l’Ufficio parlamentare Bilancio boccia i conti del governo: “Su crescita Pil eccesso di ottimismo”

Con una decisione senza precedenti, l’organismo guidato da Pisauro dà un “esito non positivo” alla verifica sulla nota di aggiornamento al Documento di programmazione presentato nei giorni scorsi. Punto dolente, lo 0,4% di deficit aggiuntivo legato agli interventi per il terremoto e per i migranti, che secondo l’esecutivo porterà a una crescita equivalente del Pil. I dubbi sul responso di Bruxelles.
Un po’ tutti – Bankitalia, Istat, economisti sparsi, eccetera – pensano che il governo abbia gonfiato le previsioni di crescita per il 2017. Da adesso, però, questa non è più un’opinione scientificamente fondata, ma una dichiarazione ufficiale di un corpo dello Stato chiamato per legge a certificare quei numeri.
L’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) infatti – una sorta di Autorità indipendente sui conti pubblici coordinata con enti simili esistenti in tutta Europa – ha bocciato i numeri scritti dal governo nella“Nota di aggiornamento” al Documento di economia e finanza (Def): l’analisi delle ultime stime del governo, ha detto il presidenteGiuseppe Pisauro, conduce “a un esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017 e, in particolare, delle stime di crescita del Pil per il prossimo anno, sia in termini reali che nominali. Stime, che appaiono contrassegnate da un eccesso di ottimismo”.
In sostanza, i conti messi nero su bianco da Pier Carlo Padoan eMatteo Renzi sono inventati: il Bilancio dello Stato per il 2017 è scritto sulla sabbia. Il movente è semplice: potersi permettere una manovra d’autunno con cui supportare la campagna referendaria. Il bluff, se tutto va bene, verrà scoperto solo dopo il 4 dicembre, l’unico orizzonte conosciuto a Palazzo Chigi. Una bocciatura così netta dell’Upb è peraltro un’assoluta novità dacché esiste l’Ufficio (2012) e Pisauro l’ha appena comunicata al Parlamento nell’audizione sulla Nota di aggiornamento al Def in corso in commissione Bilancio alla Camera. Domenica sera, della scelta dell’Autorità sui conti, erano stati informati preventivamente i presidenti di Camera e Senato e, soprattutto, il capo dello Stato. Le linee telefoniche tra Quirinale e Bruxelles sono infatti caldissime in questi giorni: la Commissione europea non ha preso bene le magie numeriche del governo.
Per capire il livello della contestazione, serve qualche premessa. Funziona così: nel Def c’è uno “scenario tendenziale”, che descrive come andranno le cose per l’economia italiana nel prossimo triennio, e poi ce n’è uno “programmatico”, che modifica le previsioni a seconda delle scelte di politica economica a cui il governo intende dare corso. È questo secondo scenario che l’Upb ha bocciato perché, in sostanza, Padoan e Renzi si sono inventati uno 0,4% di crescita in più per il 2017 senza alcun motivo valido. Lo scenario tendenziale del governo per l’anno prossimo prevede, infatti, il deficit al 2% e la crescita del Pil allo 0,6% (le fantasiose stime precedenti erano: 1,8% e +1,4%). L’Upb lo aveva promosso con qualche perplessità: a Bruxelles, ad esempio, ritengono che quel 2% di disavanzo pubblico già così sia una presa in giro. Solo che poi, al momento della pubblicazione della Nota di aggiornamento, arriva il magico “scenario programmatico”: il governo annuncia di volersi prendere un ulteriore 0,4% di deficit per “eventi eccezionali” (migranti e terremoto) e questo, secondo Padoan e soci, fa salire la crescita di un altro 0,4% portandola all’1% complessivo. Ovviamente più sale il Prodotto interno lordo e più facile è tenere sotto controllo deficit e debito, che vengono misurati proprio in rapporto al Pil. Peggio ancora, peraltro, il governo fa per le stime degli anni 2018 e 2019: “Significativamente fuori linea”, le definisce Pisauro.
Torniamo al 2017, l’anno su cui si gioca tutta la partita: “La crescita programmatica è superiore dello 0,3% rispetto alla media delle stime del panel Upb e dello 0,2% rispetto al valore massimo rilevato”. Com’è possibile? Semplice: il governo ritiene che persino tagliare la spesa per 8 miliardi (per rimandare di un anno l’aumento dell’Iva) farà crescere il Pil. Sostiene Pisauro: “Perplessità riguardano in particolare l’effetto marginalmente espansivo (+0,1%) della riduzione del deficit (-0,5%) necessaria per correggere parzialmente il maggior indebitamento derivante dalla disattivazione della clausola di salvaguardia (+0,9)”. In letteratura questo tipo di previsione è famosa come “austerità espansiva”, fattispecie mitologica che in Italia abbiamo imparato a conoscere dai tempi di Monti coi risultati che sappiamo. Problema: il governo, e lo scrive lui stesso, non ha affatto intenzione di fare una manovra espansiva. Il deficit 2016, infatti, dovrebbe chiudersi al 2,5% e l’anno prossimo si promette di scendere al 2,4% (2% programmatico + 0,4% di spese “emergenziali”). Dal punto di vista dei saldi finali, insomma, la manovra d’autunno sarà leggermente recessiva. Tradotto: non ha alcuna speranza di incentivare la crescita, al massimo di non causare una recessione.
Ma le magie di Renzi e Padoan non si fermano al cosiddetto “Pil reale”, quello a prezzi costanti per permettere paragoni pluriennali, ma estendono i loro trucchi anche a quello “nominale” (quello che tiene conto anche della crescita dell’inflazione) e non a caso come vedremo: “Più elevata (0,2% sulla media delle stime del panel) risulta anche la crescita nominale del Pil per il prossimo anno, variabile che ha un ruolo chiave nel determinare i rapporti di finanza pubblica”, dice Pisauro. Perché è così importante per i conti pubblici? Perché è sul Pil nominale che si calcolano il rapporto con deficit e debito.
Infine c’è il tema dell’Unione europea. La Commissione di Bruxelles dovrà decidere se – stabilito che l’Italia ha già esaurito tutta la flessibilità possibile sul deficit nel 2015 e 2016 – può prendersi dei soldi per “eventi eccezionali”, vale a dire migranti e terremoto. Anche qui c’è un giallo. Il governo scrive che farà salire il deficit di 4 decimali di Pil sopra il 2%. In soldi fa sei miliardi e mezzo scarsi, ma nel Def si parla di 7,7 miliardi, che somigliano di più a uno sforamento dello 0,5%. Secondo il presidente dell’Upb, comunque, non è detto che Bruxelles ci dia il via libera: “C’è incertezza sulla possibilità che la richiesta di considerare le spese menzionate quali connesse a eventi inconsueti, nel limite di importo di 4 decimi di Pil, sia accolta in sede europea”. Il ministro Pier Carlo Padoan, atteso domani a mezzogiorno in audizione, avrà parecchie cose da spiegare.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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il bello è che non solo 'insistono nel programmare il PIL (come avvenivacon l'inflazione programmata)' ma incassano la bocciatura del FMI che, più realisticamente, che lo decurta di un bel pò ma in serata hanno rilanciato: 'Conti pubblici, Padoan: “Confermo stima pil a +1% nonostante bocciatura dell’Upb”' .... sennò come fanno a promettere l'Ape (con annessa quattordicesima), i finanziamenti per la ricostruzione, ecc. ecc.?

lunedì 3 ottobre 2016

Ape: i contorni si definiscono..

Allora: l'accordo è firmato con i, mitici ormai, sindacati; il governo dice di metterci ben 6 mld (che non basteranno ma prima ancora bisognerà capire da dove li prenderanno.. mica dagli stessi contributi, vero? Sarebbe un ulteriore presa in giro sia per i pensionati che per i lavoratori e futuri pensionati... se non ci sono soldi per sanità e scuole come possono esserci per l'Ape?). Quindi si può partire? Macché: manca la legge e mancano le 'cirdolari' esplicative della legge senza le quali la burocrazia non fa nulla, si sa che senza la circolare regolamentare in questo paese TUTTO è carta straccia.. malignamente si potrebbe pensare che sia una storiella genere 80 euro per comprarsi qualche voto al prossimo, fondamentale per questo governo se vuole restare in carica, referendum: ma sono cattiverie generate nel profondo della rete... tutte le anime belle nelle istituzioni sono davvero seriamente preoccupati perchè ci si vada quanto prima è possibile, vero? Ma smettiamola con le parole e vediamo i fatti: l'accordo prevede tre tipi di APE, un prestito in banca e un assicurazione: anche qui si potrebbe pensare che si voglia fare non solo un regalo, l'ultimo di una lunga serie, alle banche ma pure alle assicurazioni. che cattivi che siamo, vero? Sicuramente non è così..... state sereni che c'è chi pensa per noi e per il nostro bene.
Veniamo ai tre tipi
  1. Primo tipo: quella volontaria. Sono a due-tre anni dalla pensione e voglio starmene con i nipotini, posso? E' la meno conveniente per il lavoratore, perchè prevede delle penalizzazioni, fino a 350 euro se si superano (e qui sorge il problema) i 1400-1500 (le cifre sono ballerine perchè i nobili sindacati confederali non hanno propriamente definito quest'aspetto.. strano per un sindacato, vero? Da un colpo al brunettismo ma non si perita di definirne gli ambiti economici..... proprio strano) euro lordi. In ogni caso: sotto la soglia le penalizzzioni, secondo la versione che gira, decrescono fino a sparire se si hanno disabili a carico o si è disoccupati e prossimi all'età pensionabile... tutto a carico dello Stato; si vedrà poi quale sarà la soglia definitiva e chi realmente potrà accedervi.
  2. Secondo tipo: quella aziendale. Pare sia la migliore di tutte... perchè se, nel corso di una ristrutturazione aziendale, il padrone volesse disfarsi di un pò di vecchiume vi può accedere (non si capisce perchè dovrebbe farlo visto che li licenzia e molla allo Stato il problema ma prendiamo per buona quest'ipotesi, di sola buona volontà, da laboratorio) attraverso accordi, sia personali che di categoria, e mandare in prepensionamento i lavoratori.. (anche qui: dal prossimo anno finiscono gli incentivi dell'ennesima riforma del lavoro.. non si capisce perchè debbano assumere a tempo indeterminato quando con buoni pasto e voucher fanno benissimo e senza grossi problemi, ma, come detto su, prendiamola per buona) pagando, per la parte loro spettante, quest'Ape con propri fondi.... ci sono sempre le soglie (comprese quelle sopra e sotto i 15 dipednenti?) e gli 'incentivi' sia bancari che assicurativi (piuttosto temo che aumenteranno i fallimenti) ma il padrone potrà liberarsi di lavoratori decotti per prendere sangue fresco.. magari sottopagato. La vendono come la migliore ma mentre scrivo raccogliendo le idee su essa mi accorgo che difficilmente, senza regalie e senza toccare la liquidazione, prenderà piede... mica siamo un paese preoccupato delle classi deboli e dal capitalismo compassionevole!
  3. Terzo tipo: quella social. Dovrebbe essere riservata a coloro che sono in gravi difficoltà, o che sono disabili, disoccupati, inoccupati di lungo periodo, o hanno disabili (in comune con al sub 1) a carico.... tutto in capo allo Stato. Non mi dilungo su questa: la ritengo (forse cinicamente) propagandistica e poco proficua per le casse dell'Inps (ormai sull'orlo del fallimento visto che su essa gravano moltissime cose: le casse ex autonome degli ordini professionali; le maternità degli autonomi - molta dell'evasione si matura proprio fra gli autonomi, fra i commercianti e gli artigiani - e tutto il resto.. a fronte di versamenti molto al di sotto delle prestazioni fornite; CIG; ecc. ecc.) e di conseguenza dello Stato.
Una semplice domanda: per i pubblici che si fa? Anche loro faranno parte o cosa? E per i N.E.E.T.? E gli inoccupati storici? E gli esodati della Fornero? Per ora tutto tace.... e continuerà a tacere perchè una cosa è certa: come accaduto con la Fornero NON BISOGNA FIDARSI DI UNO STATO CHE DA LE SOLE!!!!!!!!!
 

domenica 2 ottobre 2016

DW: Parlamento Greco Approva Piano per Trasferire Beni e Servizi Pubblici in un Fondo Creato dai Creditori

dal Blog: Voci dall'estero
DW spiega l’ultima riforma approvata dal Parlamento greco sotto richiesta dei creditori internazionali nell’ambito del cosiddetto “salvataggio”. La riforma prevede il trasferimento di servizi pubblici fondamentali, tra cui acqua, elettricità, aeroporti e autostrade, in un fondo creato dai creditori internazionali. Naturalmente possiamo solo aspettarci che il prossimo passo sia la svendita integrale, e così ritengono i sindacati e i lavoratori pubblici.

DW, 27 settembre 2016
I beni dello Stato greco, tra cui l’acqua e l’azienda elettrica, verranno trasferiti a un nuovo fondo creato dai creditori internazionali. Il piano ha provocato dimostrazioni di protesta e scioperi del settore pubblico in tutto il paese.
Questo martedì sera il parlamento greco ha approvato una riforma per tagliare la spesa pensionistica e trasferire il controllo dei servizi pubblici a un nuovo fondo patrimoniale.
Queste riforme hanno lo scopo di cercare di sbloccare aiuti finanziari per un totale di 2,8 miliardi di euro, come parte del più recente programma di bailout del paese.
Le riforme sono state approvate con una maggioranza ristretta di 152 contro 141 voti nel parlamento greco (che ha un totale di 300 seggi), dove la maggioranza è detenuta dalla coalizione di governo Syriza-Greci indipendenti. Un solo membro della coalizione di maggioranza ha votato contro il progetto di riforma, così come tutti i membri dei partiti di opposizione.
Il contenuto delle riforme prevede che i beni pubblici siano trasferiti a un nuovo fondo creato dai creditori della Grecia. I beni ceduti includono gli aeroporti e le autostrade, così come l’acqua e le infrastrutture elettriche. Il nuovo fondo raggrupperà assieme queste entità pubbliche con l’agenzia nazionale per la privatizzazione, il fondo di stabilità bancario e i beni immobili dello Stato. Sarà guidato da un funzionario scelto dai creditori della Grecia, sebbene il Ministero delle Finanze greco manterrà il controllo generale.
La reazione pubblica
La riforma ha scatenato una forte reazione tra i dimostranti in piazza e tra i lavoratori del settore pubblico.
Prima dell’approvazione, i dimostranti che protestavano fuori dal Parlamento di Atene gridavano: “Al prossimo giro vi venderete l’Acropoli!“.
Il sindacato del settore pubblico greco ha criticato le riforme, dicendo che il trasferimento dei beni pubblici apre la strada alla svendita agli investitori privati. “La sanità, l’istruzione, l’elettricità e l’acqua non sono beni di commercio, appartengono alle persone” ha detto il sindacato in una dichiarazione.
I lavoratori dell’azienda pubblica greca dell’acqua, ad Atene e a Tessalonica, martedì sono usciti in piazza per protestare contro la riforma. “Stanno cedendo la ricchezza e la sovranità della nazione“, ha detto George Sinioris, capo dell’associazione dei lavoratori dell’azienda pubblica dell’acqua.
Riteniamo sia un crimine, perché questa riforma riguarda i servizi pubblici fondamentali. Reagiremo con cause in tribunale, scioperi, occupazioni e altre forme di protesta“.
Il governo ha detto che il trasferimento di questi beni rappresenta un modo di gestione più efficace rispetto a un piano per la svendita. “Trasferire i beni a questo fondo non significa che lo Stato rinuncia alla proprietà“, ha detto Panos Skourletis, il ministro per l’energia, durante un dibattito parlamentare. “Inoltre, non significa privatizzazione, e in terzo luogo questi beni non sono collaterali ai prestiti fatti al paese“.
Lo Stato greco rimane il solo soggetto detentore di questi beni“, ha detto. “A parte la privatizzazione, ci sono altri modi di valorizzare i beni, e ci stiamo concentrando su di essi“.
I termini di salvataggio
La Grecia ha sottoscritto l’ultimo pacchetto di aiuti finanziari, per una somma totale di 86 miliardi di euro, a metà del 2015. Si trattava del terzo pacchetto dal 2010. Il governo del Primo Ministro Alexis Tsipras da allora ha approvato una quantità di riforme economiche richieste dai creditori del paese, incluse riforme delle pensioni e di tasse sul reddito.
A metà ottobre, i rappresentanti dei creditori della Grecia – vale a dire la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea (BCE), il Meccanismo Europeo di Stabilità, e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) – si riuniranno ad Atene per condurre la seconda revisione sul processo di bailout. La revisione prevederà probabilmente la richiesta di una impopolare riforma del lavoro.
La Grecia spera che questa riforma del lavoro le permetta di partecipare al programma di quantitative easing della BCE nel corso del prossimo anno.
Tsipras è attualmente sotto pressione per avere annullato una quantità di promesse che aveva fatto ai suoi elettori, già stremati dalla recessione, durante la campagna elettorale del 2015. I funzionari del governo greco hanno si sono già espressi contro la prospettiva di altre riforme che porteranno alla perdita di altri posti di lavoro e ad altri tagli nei salari.
Tuttavia il debito pubblico greco raggiungerà probabilmente un nuovo picco quest’anno, toccando il 180 percento del PIL; un livello che il FMI ritiene insostenibile.
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una spoliazione continua.... nemmeno nelle ex tigri asiatiche, pur ridotte al lumicino dal FMI e dalla World Bank, si accanirono così. Cosa rimarrà della Grecia dopo questa cura?

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