venerdì 1 febbraio 2019

Usa-Russia, Trump ordina ritiro dal trattato di disgelo nucleare

Fonte: W.S.I. 1 Febbraio 2019, di Alessandra Caparello
Continua la strada del ritiro da numerosi trattati intrapresa dal presidente americano Donald Trump.  Atteso per domani difatti è l’annuncio del ritiro degli Stati Uniti dal trattato Inf con la Russia per il controllo degli armamenti nucleari. È il patto che mise fine alla Guerra Fredda 32 anni fa.
L’accordo venne firmato nel 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov e fino ad oggi è stato una delle pietre miliari del disgelo che portò alla fine della Guerra Fredda. Grazie a esso, difatti, furono distrutti 2.692 missili, 846 americani e 1.846 russi. L’accordo servì così in generale a limitare il numero dei missili dispiegati in Europa.
A dicembre scorso l’amministrazione Trump aveva detto che avrebbe abbandonato il trattato bilaterale se la Russia non avesse iniziato a rispettarlo. Gli Usa hanno fissato in quel modo una sorta di ultimatum che scade domani, sabato 2 febbraio. I rapporti tra i due paesi dovevano migliore dopo l’elezioni di Trump, che non ha mai nascosto la sua ammirazione per Vladimir Putin. Ma in realtà negli ultimi due anni, complici guerre per procura come quella in Siria, le relazioni sono rimaste tese.
La conferma della decisione di uscire dal trattato sarebbe arrivata dopo un incontro infruttuoso tra il sottosegretario di Stato per il controllo delle armi e il vice ministro degli Esteri russo. Ieri Andrea Thompson ha infatti visto Sergey Ryabkov a Pechino: alla fine del vertice il funzionario Usa ha affermato che non vi erano stati progressi.
“La posizione americana rimane dura e rappresenta un ultimatum”, ha spiegato Ryabkov all’agenzia russa Tass. “Abbiamo detto agli americani che è impossibile avviare un dialogo in queste condizioni”. Ossia di tentato ricatto alla Russia da parte degli Usa.
“Tutto più pericoloso ora”Il segretario di Stato Mike Pompeo dovrebbe fare l’annuncio ufficiale del ritiro sabato. Anche se tecnicamente il ritiro dall’accordo dovrebbe scattare tra sei mesi, secondo gli esperti c’è qualche piccola speranza che si possa ancora rimediare in extremis alla situazione di tensione tra Washington e Mosca.
Va detto che anche l’Europa e la NATO accusano la Russia di violare il trattato dal 2014. Mosca da parte sua sostiene che non le viene data altra scelta. Difatti, è la politica aggressiva della NATO al confine con la Russia a spingere Mosca a difendersi in qualche modo.
Secondo la NATO, le iniziative della Russia sono volte a indebolire l’architettura di sicurezza euro-atlantica. A detta degli esperti di geopolitica, l’espansione dell’alleanza atlantica nell’area dei paesi dell’ex blocco sovietico è una delle – se non la maggiore dele – preoccupazioni del Cremlino.
Il ritiro dal trattato renderà “tutto più pericoloso” ora. Lo ha detto all’emittente CNN l’ex Senatore Democratico Sam Nunn, co-chairman dell’organizzazione no-profit Nuclear Threat Initiative.

mercoledì 30 gennaio 2019

L'analisi di Heiner Flassbeck - Le gravi responsabilità del dogmatismo economico dei recenti governi tedeschi in Europa

Fonte: Informazione Consapevole
Flassbeck è un economista tedesco e in passato è stato anche segretario di stato presso il Ministero Federale della Finanza
Di Heiner Flassbeck

I soliti resoconti sulla Brexit grondanti Schadenfreude, tuttavia, sono solo un'altra faccia della profonda ignoranza tedesca nei confronti delle preoccupazioni europee. Continuo a pensare che sia giusta l'analisi che individua le principali ragioni del voto britannico nel fallimento dell'Europa e dell'eurozona sui temi economici e in particolare nell'egemonia tedesca esercitata sin dall'inizio della crisi dell'euro. Se la crescita economica dopo il 2009 fosse stata anche solo la metà di quello degli Stati Uniti, e se alla Grecia fosse stato riservato un trattamento ragionevole e al tempo stesso umano, nulla lascia pensare che si sarebbe comunque arrivati alla Brexit.

Ritengo inoltre che un secondo referendum possa essere l'unica onesta via d'uscita da questa situazione complessa. All'epoca del voto sulla Brexit il popolo britannico ha deciso in una situazione di "errore oggettivo" perché nessuno gli aveva spiegato cosa sarebbe realmente accaduto in caso di uscita e quali condizioni potevano essere realisticamente negoziabili con il resto d'Europa. Ora che è stato redatto un progetto di accordo, in ogni caso è molto più facile farsene un'idea ragionata. L'argomento secondo il quale un altro referendum sarebbe una ferita per la società britannica è poco convincente. Un nuovo referendum sarebbe invece l'unico modo per riportare la società britannica su un percorso costruttivo, indipendentemente da come finirà.

Il vero fallimento

Ma le posizioni sull'UE presenti nel dibattito tedesco, fra di loro contrapposte, non riescono a individuare la vera posta in gioco. L'UE non può essere né santificata - indipendentemente da come appare e da come si comporta -, né lo scioglimento dell'Unione europea da solo può risolvere tutti i problemi. Albrecht Müller sulle Nachdenkseiten giustamente sottolinea che gli abusi neo-liberisti in Germania vengono perpetrati in maniera completamente indipendente dall'UE. Di solito non si dà sufficientemente evidenza al fatto che in Europa sotto la "leadership" tedesca le cose vadano oggettivamente molto male e che questo fatto sia tutt'altro che una coincidenza.

Il riferimento ai trattati europei e in particolare al trattato di Maastricht, firmato da tutti gli Stati membri, non aiuta a chiarire la questione. I trattati europei sono lo sbocco naturale del neoliberismo tedesco, spinto dalla CDU e dalla FDP dopo il "cambiamento spirituale e morale" nei primi anni '80. La maggior parte dei partner europei ha firmato i trattati europei nella speranza che alla fine "nulla venga servito cosi' caldo come è stato cotto". Bisogna andare incontro ai tedeschi per indurli, almeno formalmente, ad aderire all'unione monetaria, o meglio queste erano le aspettative prima della firma del Trattato di Maastricht. Piu' avanti poi, in qualche modo, si riuscirà ad includere la Germania in un quadro di interpretazione piu' pragmatica dei trattati.

Ed era un'aspettativa del tutto realistica data l'interpretazione flessibile che oggi viene data del ruolo della politica monetaria - e le critiche che ad essa vengono mosse. La BCE in maniera relativamente elegante si è sottratta all'ingessatura tedesca sul divieto di finanziamento agli stati attraverso una sua interpretazione della politica monetaria, che nel frattempo, su insistenza della Corte costituzionale tedesca, è stata piu' volte confermata anche dalla Corte di Giustizia Europea. Il Quantitative Easing era ed è una misura che si muove nella zona grigia dei trattati, chiaramente ragionevole, ma che dalla Germania è sempre stato attaccato con forza.

Quando si parla di politica monetaria, bisogna anche tenere presente che solo vent'anni fa in Germania, persino nominare la banca centrale in una dichiarazione politica era considerato un tabù politico. Oggi invece, ogni principe della provincia bavarese può criticare violentemente la BCE senza che a nessuno al Ministero delle Finanze o alla Cancelleria venga in mente di chiedere piu' moderazione alle parti nel criticare un'istituzione politicamente indipendente. Anche questo è un pezzo di normalità europea che si allontana in maniera positiva dal dogmatismo tedesco.

La vera disgrazia europea è avvenuta proprio nel momento in cui, dopo la crisi finanziaria globale, la grande, ma non ancora cosi' potente Germania è diventato il principale paese creditore e investitore. E a tal fine è stata decisiva la posizione di avanzo commerciale con l'estero dei tedeschi, ottenuta nei primi dieci anni dell'euro grazie al suo dumping salariale. Poiché per quei paesi che stavano perdendo l'accesso ai mercati finanziari la Germania restava la nazione creditrice più importante, il paese è finito in una posizione di potere che non era affatto in grado di gestire.

E poiché la Germania in termini economici sta andando ancora relativamente bene, negli ultimi anni è emersa una tipica mentalità da professorone tedesco che sta appesantendo l'Europa più di ogni altra cosa. Da un lato non c'è la volontà di prendere atto della  difficile situazione in cui si trovano gli altri paesi. E quando questa viene presa in considerazione, allora ti viene immediatamente detto che gli altri non hanno fatto i "compiti a casa". Proprio a nessuno in Germania viene in mente che fra nazioni civili non è affatto comune che ci sia un paese che distribuisce i compiti da fare agli altri paesi?

Ma il dogmatismo tedesco non avrebbe mai potuto giocare un ruolo decisivo nella crisi se la BCE avesse agito come una normale banca centrale. Se avesse trattato gli stati membri dell'unione monetaria come degli stati che hanno delle difficoltà sul mercato dei capitali, come del resto avrebbe dovuto fare la propria banca centrale. Tuttavia ha scelto di non farlo, mal giudicando i propri compiti, e li ha trattati allo stesso modo in cui il Fondo Monetario Internazionale tratta gli stati in crisi - inclusa la condizionalità neoliberista che ha aperto porte e portoni al dogmatismo tedesco.

Fonte e articolo completo: macroskop

TRADUZIONE DI VOCI DALLA GERMANIA

lunedì 28 gennaio 2019

Signoraggio bancario: cos’è e perché se ne parla tanto

Fonte: W.S.I. 28 Gennaio 2019, di Alessandra Caparello

Ha suscitato un mare di polemiche la prima puntata sul signoraggio bancario di Povera Patria il nuovo programma su Raidue, fortemente voluto dal nuovo direttore di rete Carlo Freccero e presentato nei giorni scorsi come programma di informazione alternativa.
La prima puntata andata in onda venerdì scorso in seconda serata è stata dedicata al periodo del signoraggio bancario, scatenando una vera e propria rivolta social. Quella del signoraggio bancario è considerata una teoria complottista che prevede in sostanza che l’attività delle banche centrali danneggi i cittadini comuni, anziché fare i loro interessi.
Per signoraggio si intende l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta e per le Banche centrali, il reddito da signoraggio viene definito come il flusso di interessi generato dalle attività detenute in contropartita delle banconote in circolazione o, in generale, della base monetaria.
Servizio sul signoraggio bancario della Rai, “un orrore”“Su quali libri di testo e articoli di economia vi siete basati per questo orrore?”, “Cioè ma davvero questa roba è andata in onda sulla Rai?” sono alcuni dei commenti degli utenti sui social che contestano fortemente la trasmissione. Nel video mandato in onda si spiega a grandi linee cosa sia il signoraggio.
L’Italia è una delle nazioni più ricche al mondo eppure ha un debito pubblico di oltre 2300 miliardi di euro. Com’è possibile? Al di là di sprechi, ruberie e spese allegre una risposta sta nella parola signoraggio (…) il guadagno del signore che stampa la nostra moneta, in sostanza la differenza tra quanto incassato per il valore e il costo per produrla.
L’esempio riportato per spiegare il signoraggio bancario è: “se stampare un biglietto da 100 costa 1, il guadagno è di 99. Poi si ripercorre brevemente la storia del signoraggio in Italia, suddividendola in tre fasi: “la prima, fino al 1981, quella in cui il signore è lo Stato, cioè noi tutti, e attraverso la banca centrale che è di sua proprietà stampa moneta e la presta a sé stesso per offrire servizi e costruire ponti, gallerie e strade”.
Sempre la banca centrale è obbligata ad acquistare i titoli che il Paese non riesce a piazzare sul mercato (…) Il signoraggio diventa così un lievito del nostro debito pubblico (…) L’adozione dell’euro e la nascita della Bce completano l’espropriazione“.
L’autore del servizio sul signoraggio bancario si difendeDiversi economisti hanno criticato il servizio. Su La Repubblica un articolo a firma di Flavio Bini riporta i vari presunti errori del servizio tra cui quello a detta del giornalista, più clamoroso, la mancata citazione del tema dell’inflazione.
Nella prima fase, quando cioè la Banca d’Italia poteva “stampare moneta” liberamente, per ripianare disavanzi pubblici causati da un eccesso di spesa rispetto alle entrate, l’effetto è stato quello di aumentare l’inflazione. È aumentata cioè la massa monetaria in circolazione e con essa sono aumentati i prezzi, con l’effetto di ridurre il potere di acquisto delle famiglie. Nel 1981 quando venne deciso il “divorzio” sopra citato, l’inflazione (già alta a livello mondiale) viaggiava intorno al 18%. È scorretto dunque ripercorrere i benefici della prima fase, la possibilità di avere una sorta di salvadanaio illimitato e basso costo per finanziare la spesa, senza considerare le conseguenze negative.
L’autore del video andato in onda su Rai 2, Alessandro Giuli, ha ammesso di aver usato toni eccessivamente duri nei confronti dell’euro, ma ha difeso il suo servizio che esprime “un suo punto di vista” che è libero di dare.
I creatori della scheda sul signoraggio bancario si sono difesi anche sottolineando che l’ospite in sala, il professore di Economia e ministro Paolo Savona, non ha mosso alcuna critica contro il filmato. La puntata ha visto altri ospiti d’eccellenza, tra cui il ministro degli Interni Matteo Salvini e il giornalista Aldo Cazzullo, che ha intervistato il cardinale Gualtiero Bassetti

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