giovedì 23 marzo 2017

Sanità, i raggiri di Renzi per far fuori la salute pubblica




Quello che Renzi intende fare per la sanità del futuro si può leggere nel suo documento per le primarie (Avanti, insieme) e precisamente al punto 6: “Prendersi cura delle persone”. Vi avverto non è una lettura semplice perché ambigua, paludata, ingannevole cioè è altra cosa da quello che si dice “parlar toscano” pane al pane e vino al vino.
Si definisce “raggiro” il ricorso a artifici retorici per raggiungere uno scopo e “raggiratore” chi imbroglia mettendo in atto raggiri. I raggiri di Renzi sulla sanità… ma di che si tratta?
A parte dichiarare che, a proposito di welfare, si tratta di continuare quello che il governo ha fatto fino ad ora quindi di “completare il suo disegno”, il che, se si pensa ai tagli lineari, al de-finanziamento, alla defiscalizzazione degli oneri per le mutue ecc fa venire i brividi. Completare il disegno significa far fuori la sanità pubblica.
A parte promettere piani decennali per la non autosufficienza e i disabili, per il personale, per la formazione dei quali non è chiaro il meccanismo di finanziamento soprattutto se in ragione della continuità dell’azione di governo dovesse sussistere il criterio del “costo zero”.
A parte queste cose, il nodo centrale, quasi la parola chiave, della mozione di Renzi, è “protezione”. Con questo termine ci viene proposto di superare il diritto alla salute previsto dall’art 32 sostituendolo con una idea di tutela, cioè di difesa dai rischi della malattia, di chiaro stampo mutualistico. Esattamente come 100 anni fa.
Quindi il “diritto alla salute” viene sostituito testualmente con il “diritto alla protezione”. La sanità ritorna a essere mera difesa dalla malattia e la salute mera assenza di malattie. Tutto il 900 sanitario è praticamente liquidato. Salute addio.
Il meccanismo che la mozione descrive è semplice addirittura scontato:
1) Si definisce un “pavimento di diritti accessibili a tutti”;
2) Si prevede la possibilità di integrare questi diritti con altri diritti ma questa volta tutti reddito dipendenti;
3) I diritti, quelli minimi a parte, si comprano;
4) dal valore d’uso si passa al valore di scambio.
Il risultato nella mozione è sintetizzato in un slogan “prendersi cura di ciascuno in base all’effettivo bisogno di protezione” e aggiungiamo noi “in base all’effettivo reddito disponibile”.
Renzi il “mutualista” alla fine ha le idee chiare:
1) l’universalismo dei diritti deve essere ridotto al minimo;
2) in questo minimo devono rientrare i più deboli (disabili e non autosufficienti);
3) tutto il resto va a mutue a fondi integrative e a assicurazioni cioè è welfare aziendale o al terzo settore.
Una visione liberista che scientemente abbandona al proprio destino pezzi importanti della domanda sociale per esempio gli anziani, i pensionati, i malati cronici, i disoccupati, i precari, ma anche i lavoratori delle piccole aziende e che ignora, cosa non da poco, i grandi squilibri tra nord e sud, (quale welfare aziendale al sud?).
Per Renzi quindi di tratta semplicemente di restituire la sanità al mercato per questa ragione potremmo annoverarlo tra i “Chigago boys” cioè tra quei giovani economisti cileni formatisi presso l’Università di Chicago, assunti da Pinochet e che abolirono in favore della privatizzazione e della liberalizzazione, le riforme del governo di Allende e che riguardavano guarda caso la sanità e la previdenza.
di | 21 marzo 2017

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ieri l'europa ladrona e oggi.....

mercoledì 22 marzo 2017

Che coraggio..a chiamarla Europa

60 anni. Si sono passati 60 anni dalla firma dei Trattati istitutivi europei. Si mettevano le basi per la definitva, allora si sperava, sparizione di conflitti e nazionalismi che per secoli nel vecchio mondo avevano seminato odio e nazionalismi. E a leggere 'quei' Trattati' ci si poteva anche credere perchè l'europa che disegnavano era un sogno, un luogo di pace e democrazia dove convivevano, più o meno felicemente, la 'libera' circolazione di merci e persone (attenzione nei Trattati istitutivi in nessuna parte c'era scritto, nè era stottinteso, il mercato libero.... ma la libera circolazione che è ben altra cosa) e il sociale misto pubblico/privato. Un sogno appunto che svanì nemmeno un decennio dopo quando le esigenze nazionali, e le diffidenze reciproche anglo-franco-tedesca, diventarono preminenti e subito venivano sopiti solo perchè c'era la guerra fredda e quindi si dovevano impedire che il sistema sovietico fosse maggiormente attrattivo di quello capitalistico occidentale: c'era, poi, il problema 'comunista' in paesi importanti (Francia, Italia per fare due esempi) era una parte importante dell'elettorato e non si poteva far finta di niente. Quindi tutto 'tramava' a evitare asperità ed estremismi liberisti e illudeva i cittadini che quell'europa sarebbe stata quella vera.
Non è, come ben sappiamo oggi, andata così. Grazie a Duverger, e da i vari tecnocrati a lui succeduti, non si è proceduto sull'integrazione effettuale ma per assonanze: significa che si partiva da un certo argomento e per assonanza di materia si procedeva con quelle simili; una furbata per evitare gli egoismi degli Stati e introdurre quelle pillole di liberismo necessarie alla bisogna. Ma non bastava. Non poteva bastare perchè, con la Gran Bretagna in procinto di entrare in Europa (lo farà solo a metà) Francia (Mitterand) e UK  (Thatcher) temevano la crescita d'importanza della Germania e decisero di accelerare il processo senz'aspettare il graduale, molto graduale, allineamento delle economie fra loro (come previsto dai Trattati istitutivi). Non volevano aspettare: sapevano che l'aria stava cambiando e una Germania forte avrebbe governato l'intero vecchio mondo (nemo profeta in patria).. cosa difatti avvenuta grazie alla sua riunificazione, dopo l'89 (il vero punto di svolta), e all'arrivo dei paesi dell'ex blocco comunista: un uno due all'integrzione come doveva essere in origine micidiale.... infatti non è andata in quel modo, anzi!!!
Il mondo, con l'89, è completamente cambviato; addirittura sono cambiati i termini stessi di paragone fra gli Stati: i paesi  dell'ex blocco sovietico hanno repentinamente abbandonato il sistema statalistico per abbracciare, almeno all'inizio della loro avventura europea, il liberismo più spinto.. con il risultato che oggi molti di questi paesi stanno lentamente facendo marcia indietro: alcuni addirittura o non sono mai entrati nell'euro o ne stanno, difatto, uscendo (penso all'Ungheria). Un fallimento. Ma nell'area storica non è andata meglio, anzi: fra alti e bassi la manovra a tenaglia messa su da Mitterand e la Thatcher ha sortito un solo reale effetto: ha rafforzato la Germania e gettato le permesse per il fallimento dell'unica cosa che, finora, sono stati capaci creare.. l'euro.
... siamo all'oggi. Com'è andata a finire 60 anni dopo?
  1. Il vero successo dell'unificazione europea è la  rapidissima ascesa dei no euro e degli scettici; mai così in alto (magari non vincono le elezioni ma sono la vera forza emergente..)
  2. La Gran Bretagna se n'è andata... mai stata dentro davvero ora se ne va (anche se dovrà afrontare il nazionalismo scozzese filo-europeista.. più per soldi che per convinzione). Strano: Londra è la piazza finanziaria europea per eccellenza - la Borsa londinese è comproprietaria di quella tedesca e proprietaria di quella italiana - eppure è fuori dalla UE.
  3. i paesi dell'ex blocco sovietico son sempre più lontani... alcune sono in prcinto di andarsene per conto proprio (anche sulla spinta del voto nazionale che sempre di più si mostra 'nostalgico'..) o sono in netta antitesi con i principi approvat dai successivi trattati: un fallimento. Nota a margine Quelli di questi paesi che NON hanno aderito all'euro oggi stanno bene; signficherà qualcosa?
  4. il nucleo storico dell'unione? Ha grossi problemi: Francia, Spagna, Italia, Grecia, Cipro sono in crisi grave e alcuni sono letteralmente falliti e/o sul punto di farlo... e alla faccia della solidarietà cosa fa la UE? Li affama: Grecia docet.... Gli altri vanno meglio soprattutto perchè orbitano nell'area del vero dominus dell'unione: la Germania ma anche lì problemi ci sono, eccome se ci sono se, per esempio la Finlandia, nonostante gli sforzi hanno un debito pubblico in crescita non compensato sufficientemente dalla crescita: ricetta sbagliata che si ritorce contr chi la somministra? Potete scommetterci!!!
  5. Veniamo al vero dominus, la Germania. Detta legge e ha tratto i maggiori benefici dall'Unione, sia dal punto di vista della produzione che da quello del surplus di prodotto che dello sbocco dei suoi prodotti.... assicurandosi che i suoi più vicini concorrenti non potessero darle noia e farle concorrenza: nessuno riesce a competere e, come fecero i piemontesi dopo la cosiddetta unità d'italia, si son creati anche un mercato coloniale di sbocco proprio nel sud dell'europa da un lato e dall'altro un rifornimento di cervelli e braccia a basso prezzo.
E' un Europa diversa questa, rispetto a quella disegnata 60 anni fa: liberista (quella era liberale e sociale); finanziaria (quella era basata sull'economia reale); senza welfare pubblico (quella era esattamente il contrario... anzi se fosse passata l'idea di Altiero Spinelli avvrebbero dovuto essere i popli a suggellarne la nascita attraverso referendum... ma oggi ovunque si tenga un referendum l'europa perde); con un sistema bancario guidato della BCE che non è un entità pubblica ma privata che però sugge soldi agli Stati per risollevare le sorti magnifiche .. non delle società in crisi ma delle banche (nei trattati istitutivi la cosa era un tantino diversa).
Una crisi profonda la pervade: eppure che fa? I cerchi concentrici pur di salvarsi.. e indovinate dove finiamo noi (soprattutto grazie all'incapacità dei nostri politici tesi a partecipare al banchetto più che a gestire): cerchi meglio noti come 'Europa a due velocità' dove chi va più piano non solo arrancherà ma dovrà pure sobbarcarsi il costo del proprio ritardo: alla faccia della solidarietà..
Vi piace?
A me no....
Auguri e good luck a tutti.. ne abbiamo bisogno

martedì 21 marzo 2017

Inseguendo la destra

La ritirata sui voucher, difesi fino a qualche settimana fa, poi da riformare per bloccare il referendum della CGIL. Ora cancellati, per togliere alla sinistra (quella a sinistra del PD) uno strumento elettorale.
Voucher che non verranno cancellati, ci mancherebbe. Anziché correggerne i difetti potrebbero essere sostituiti dai mini jobs, come in Germania, considerati tra le cause dell’aumento esponenziale dei lavoratori poveri e delle diseguaglianze e creando terreno fertile per la destra populista.

Il decreto Minniti col Daspo dei sindaci, contro tutte le persone che offendono il decoro, che limitano l’accesso alle infrastrutture (ferroviarie) facendo la questua verrà multato con una sanzione da 100 a 300 euro.
E se i soldi non ci sono (visto che sono questuanti)?
Scatta il carcere, si auspica Nardella e lo chiede Tosi. Destra e sinistra assieme per cancellare, per decretazione d’urgenza non le cause della povertà, del degrado, della sofferenza ma i loro effetti visibili all’occhio sensibile del legislatore.
Scriveva ieri Daniela Ranieri sul Fatto Quotidiano, che Minniti ammette il calo dei reati, ma aggiunge però che la percezione di insicurezza è aumentata: non so se avete capito, vogliamo combattere le fake news e così creiamo per decreto un provvedimento basato sulla percezione collettiva.
La riforma penale di cui si parla non affronta i problemi della giustizia.
Niente notifiche via email (per liberare ufficiali di polizia giudiziaria a fare indagini), niente blocco del processo se salta un giudice del collegio (esclusi magari quelli per mafia o quelli più delicati).
Niente blocco della prescrizione, nessuna infornata di magistrati per riempire i vuoti.
Solo norme per bloccare certi processi e certi magistrati.
Come quelli che passano in politica. Come Emiliano o come Nitto Palma o come il ministro Finocchiaro.
Oppure norme per mettere un tetto alla spesa per le intercettazioni.
Il salvataggio di Minzolini che apre le porte, grazie allipocrisia di parte dei senatori PD, al ritorno del cavaliere (ex) Berlusconi per riunificare il centro destra.
Cosa hanno in comune questi fatti?
La paura che sta crescendo nel Partito democratico, che probabilmente conoscono i sondaggi e ora temono le urne.
E così via le norme sulla sicurezza.
Via alle norme per non scontentare gli amici dei partitini di centro.
Abbiamo ancora una volta una sinistra che insegue la destra e che ha paura di perdere consenso e terreno, come nel 2007, ai tempi del secondo governo Prodi.
E sappiamo come è andata a finire: si è spianata la strada al ritorno della destra…
Da unoenessuno.blogspot.it
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mi chiedo a quale destra qui ci si riferisca. Al PD? Al suo clone populista, il PDL/FI ecc.? Mica è chiaro..

lunedì 20 marzo 2017

Grecia, come Federico Caffè può spiegarci la crisi ellenica (ed europea)


Un grande economista italiano, Federico Caffè, di cui ricorrono i 30 anni dalla scomparsa, da europeista convinto, era molto timoroso di un marco molto (troppo) forte. A quell’epoca nessuno aveva argomenti per tacciarlo di populismo, anche per via di un certo bon ton istituzionale che oggi è cosa assai rara. Al di là se le tesi di Caffè fossero o meno pertinenti o se le sue ricette oggi siano ancora applicabili, c’è un elemento che potrebbe essere utile alla crisi greca, e quindi europea. L’elemento dell’uomo.
Caffè auspicava un sistema economico che tenesse conto, non tanto dei numeri (leggi “della moneta”), quanto dell’uomo (leggi “popolazione”). Certo, poi si scagliava contro il neo liberismo e a favore dello Stato come unico strumento indispensabile per la coesione e la crescita sociale, passaggio da cui personalmente e con molta umiltà dissento. Ma non è questo il punto. Ciò che conta della lezione di Caffè è il concetto di uomo, ovvero di una società che per non morire deve recuperare l’antropocentrismo e metterlo al centro, dove oggi invece c’è solo la moneta. Quel dato, circa la supremazia incontrastata di una moneta (e solo quella) va posto accanto ad un altro elemento altrettanto importante: il disagio sociale che, all’indomani del boom del secolo breve che ha portato in tutti i continenti un maggiore benessere, una miglior performance relativa alla povertà nel mondo, e anche una grandissima bolla, sfoga le proprie ansie da globalizzazione con una condivisibile paura. Vallo a spiegare all’agricoltore greco zavorrato da tre tagli a stipendi, pensioni e indennità che la riforma del settore serve anche per tentare di rimettere in piedi un paese che, proprio in quel campo, potrebbe essere leader per il solo fatto che quella è la sua vocazione primaria, accanto al turismo.
Ma agli agricoltori greci nessuno ha pensato di spiegare, con autorevolezza e nel merito, come si intende migliorare il comparto, quali riforme lungimiranti applicare, con quali benefici e con quali sforzi nel breve-medio periodo. Si è detto loro, e a scatola chiusa, semplicemente che bisogna mettere le mani in tasca e pagare più tasse, avere meno diritti, e rientrare nei parametri della Troika.
Mi preme qui sottolineare con la matita blu un aspetto: non è ammissibile in nessun paese, men che meno in Grecia e nel settimo anno di crisi e di recessione ellenica, che le forze speciali dei Mat siano inviate a manganellare cittadini che scendono in piazza per protestare e manifestare legittimamente; non è ammissibile che mentre il 52% dei greci impegnati nel settore privato guadagnano meno di 700 euro al mese, la casta si voti un taglio delle tasse nel silenzio tragico dei media, tanto greci quanto europei; non è ammissibile che mentre le imprese edili scommettono sul nero assumendo cittadini extra Schengen a 500 euro al mese grazie ai cavilli dei trattati e licenziando greci che ne guadagnavano il triplo, la classe dirigente non sia in grado di avere una idea fattibile e presentabile che, ad esempio, migliori l’offerta turistica destagionalizzata.
Ecco, quella scena che ha immortalato un agricoltore manganellato e strattonato in piazza Syntagma da 4 agenti dei Mat mi ha fatto molto male. Forse più dei quattro memorandum che stanno affondando la Grecia, perché viene dall’interno come un Efialte qualsiasi. Non sono quei cittadini la causa principale dei mali ellenici, forse sono stati complici secondari, ma questo è un altro capitolo. I furfanti veri, quelli della Lista Lagarde, quelli che hanno rubato mentre in galera c’è finito solo l’ex ministro Akis Tzogatzopoulos, quelli che hanno regalato milioni di euro per gli espropri stradali, quelli che hanno abolito il concetto di concorrenza, quelli che sedevano ai cafeneia di Kolonaki e poi hanno fatto i ministri senza uno straccio di curriculum, quelli che truffavano lo Stato sui carichi di petrolio e cotone, perché sono a piede libero? Lì, in quella discarica sociale di illegalità dovrebbero essere spediti i Mat.
E invece nella Grecia che spende ancora il 2,36% del Pil per la difesa (in ambito Nato solo gli Usa investono di più, con il 3,6%) i Mat sono stati utilizzati in maniera bipartisan per arrestare Kostas Vaxevanis, il giornalista che pubblicò i nomi della Lista Lagarde e per picchiare gli agricoltori che, scioccati da una crisi che non ha fine, chiedevano di parlare con il ministro alla presenza delle televisioni. Cosa che il ministro in questione non ha accettato.
Altro che streaming, in Grecia il baricentro del default è ancora in quell’agorà che ha dato i natali al mondo. E da cui l’antropos continua a invocare le proprie ragioni, mentre lo Stato non solo non ascolta ma sceglie la strada della repressione, in perfetto stile Erdogan.
twitter@FDepalo
di | 20 marzo 2017

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il punto è che lor signori son sicuri di rimanere dove sono, basato sul semplice presupposto che siamo sempre nel migliore dei mondi possibili, che non vedono il seme che ha gettato e che gli sta germogliando fra i piedi!!!

domenica 19 marzo 2017

L’eredità di un mondo insostenibile: il costo dell’inquinamento sui bambini



In uscita il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che analizza come i rischi ambientali mettano in pericolo la salute dei più piccoli, provocando 1,7 milioni di morti l’anno.
di Samantha Pegoraro
“In teoria le statistiche dovrebbero servire a risolvere i contrasti”, scrive William Davis su The Guardian riportando alla luce un tema – quello dei numeri e della loro interpretazionecentrale quanto controverso nella descrizione della società, della popolazione e del tessuto nel quale viviamo. Questo solo in teoria, perché nell’epoca attuale il modello del dubbio sembra essere la migliore risposta all’attendibilità delle statistiche. Una questione di fiducia, o di sfiducia, insomma.
In quella che da Radio 3 è stata definita la “settimana dei numeri”, arriva fresco di stampa il nuovo rapporto stilato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), dal titolo “Inheriting a sustainable world: Atlas on children’s health and the environment. I dati, qui, parlano chiaro. Nessuna post verità.
Il costo ambientale sui bambini si può misurare. Il risultato? Nel 2015, sono 5.9 milioni a non raggiungere i 5 anni di età. Di queste morti premature, il 26% sarebbe stato prevenibile agendo sui rischi ambientali. Più di un milione e mezzo di bambini. Dividendo per 365, poi per 24 e infine per 60, si contano tre decessi al minuto.
Analizziamo i rischi. Quelli più conosciuti comprendono l’inquinamento atmosferico da particolati, i problemi legati all’acqua e all’igiene, le malattie da vettori (come la malaria, che soltanto nel 2015 ha ucciso 438.000 persone nel mondo), l’esposizione a sostanze chimiche come il piombo, l’arsenico o il mercurio, i ritardanti di fiamma, gli ftalati e i fungicidi. Tutte sostanze che si trovano negli oggetti di uso comune. In Giocattoli, apparecchi elettronici, prodotti alimentari, cosmetici. Nell’acqua stessa.
Ancora, il cambiamento climatico dipendente dall’accumulo di gas serra nell’atmosfera con conseguente aumento della temperatura è responsabile della comparsa dei cosiddetti “eventi estremi”, calamità naturali tra le quali rientrano alluvioni, uragani, tornado, ma anche siccità e temperature eccessivamente alte. Tutti fattori che vanno a minare le fasce vulnerabili della popolazione, dagli anziani ai più poveri. E, ovviamente, i più piccoli. Attenendoci ai dati, la carenza di acqua dovuta a episodi di estrema siccità ha colpito 30 milioni di persone in Africa nel 2015. Nello stesso periodo, in 100.000 hanno dovuto abbandonare la propria casa per un’alluvione massiva in Paraguay.
Il peso dell’ambiente sulle vite sembra riduttivo se tradotto in numeri, e non in volti. La statistica aiuta a capire il quadro generale, è come guardare un panorama dall’alto.
Nonostante il peso ambientale ricada in misura maggiore nei Paesi a basso reddito e la visione globale di un mondo minacciato dai rischi ambientali si concretizzi in modo diverso a seconda della regione geografica di appartenenza, senza dimenticare l’influenza delle scelte politiche su tutti i fattori citati (si pensi alla variabilità sulla possibilità di commercializzazione dei prodotti nei differenti Paesi del mondo), nessuna area geografica può dirsi esente da rischi. Il gioco della globalizzazione funziona anche in questo caso.
E, se è vero che in Italia la mortalità stimata di bambini al di sotto dei 5 anni di età e dovuta a cause ambientali è di 9.89 su 100.000 e in Guinea Bissau tocca i 486.40 su 100.000 (dati relativi al 2012), le disuguaglianze si combattono su un terreno comune, un terreno che non si misura in passi, chilometri o miglia. Siamo tutti nello stesso campo da calcio. Non ci sono due squadre, non c’è arbitro, ma c’è un qualcosa lì, al centro, che ruota. Siamo in gioco, siamo nel Mondo.
di | 19 marzo 2017

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