venerdì 20 maggio 2016

Marco Pannella

ecco come mi piace ricordarlo...

mercoledì 18 maggio 2016

Altro che lavoretti: i voucher stanno creando super precari (Stefano Feltri)

18/05/2016 di triskel182
PrecariIn 8 anni venduti 227 milioni di buoni:
uno studio dimostra l’abuso
da parte di catene di negozi e alberghi.Ci sono interi settori dell’economia italiana che ormai si reggono sui voucher, il precariato estremo senza contratto. Lo si vede per la prima volta nell’analisi presentata ieri dall’Inps e da Veneto Lavoro: lo 0,15 per cento dei committenti concentra il 9 per cento dei voucher. Sappiamo anche in quali settori: in quello alberghiero 401 committenti hanno pagato 3,8 milioni di voucher, con una spesa media di 96.400 euro ciascuno.
Segue il settore dei servizi alle imprese, 123 committenti con 1,3 milioni di buoni e una spesa media di 108mila euro. “Questi numeri rivelano il fenomeno della catena di alberghi o della catena di negozi che paga le persone normalmente in voucher”, spiega Anna Zilli, docente di diritto del Lavoro all’università di Udine e tra le prime a fare ricerca su questo nuovo precariato invisibile.
I voucher sono nati nel 2008: uno strumento per pagare in modo regolare prestazioni di solito relegate nell’economia sommersa, come i lavoretti estivi o la vendemmia. In sette anni sono stati venduti 277,2 milioni di voucher da 10 euro: 7,5 euro vanno al lavoratore, il resto a previdenza e Inail per assicurazione contro gli infortuni. Ogni imprenditore non può pagare più di 2000 euro a ciascun lavoratore. Il limite al reddito che si può accumulare tramite voucher era 5000 euro fino a un decreto del governo Renzi del giugno 2015, ora è salito a 7.000. E dal 2013 i voucher si possono pagare praticamente per qualunque tipo di lavoro, non più soltanto per quelli “di natura meramente occasionale”. Tra 2013 e 2015 il numero di committenti (aziende e singoli individui) è raddoppiato. quello dei lavoratori che hanno ricevuto pagamenti in buoni è salito del 137 per cento, il numero complessivo di voucher ha fatto +142 per cento.
Il boom di questi anni “preoccupa perché può indicare che l’uso del voucher sta diventando alternativo ad altre forme di lavoro, anche al di là delle intenzioni del legislatore”, spiega Bruno Anastasia, uno degli autori della ricerca per Veneto Lavoro. Visto che i voucher non sono tracciati, che non ci sono contratti o dettagli sul loro utilizzo, è difficile ricostruire l’uso e riconoscere l’abuso. Ma lo studio Inps-Veneto Lavoro conferma i peggiori sospetti: i voucher vengono usati per sostituire altri contratti invece che limitarsi a sostituire transazioni informali, in nero.
In Veneto, una delle Regioni che in questi anni ha utilizzato di più i voucher, la storia dei 39mila lavoratori che hanno avuto un contratto con un impresa che poi li ha anche pagati in voucher è questa: in metà dei casi i buoni sono stati usati come pagamento per una sorta di periodo di prova (8.000 hanno poi avuto un tempo indeterminato, altri 8.000 un tempo determinato, 3.000 soltanto un lavoro intermittente o un tirocinio). In 13.000 casi c’è stato il “downgrading”, cioè lo scivolamento nella scala della precarietà: il voucher è arrivato dopo un contratto a termine (per 6.000 persone), dopo il licenziamento da un contratto a tempo indeterminato (2.000), dopo un tempo intermittente (2.500) o dopo un tirocinio (1.000). E su 170.000 persone pagate in voucher in Veneto, soltanto 51.000 stavano svolgendo un’attività davvero accessoria (il pensionato che fa qualche lavoretto per arrotondare). Non c’è ragione per pensare che nel resto d’Italia le cose funzionino diversamente rispetto al Veneto.
Entro giugno il governo, con il ministro del Welfare Giuliano Poletti, ha promesso una riforma contro gli abusi: l’obbligo di comunicare all’Inps in anticipo, via sms, l’utilizzo del voucher. Un limite che può arginare soltanto un tipo di abuso: quello del committente che acquista il voucher come assicurazione contro i controlli (paga il lavoratore in nero ma, in caso di ispezione, ha un buono da esibire, una singola ora regolare ne nasconde molte sommerse).
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 17/05/2016.
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.... è questo il futuro che vogliamo per i nostri figli e nipoti? Una casta di privilegiati con il lavoro assicurato e protetto e una moltitudine di poco meno che pitechi che conoscono appena il mondo che vedono intorno tenuti appena sopra il livello di sopravvivenza se non sussidiati? Sembra una forzatura la mia ma sapete che non è così: tempo qualche generazione e se le cose non cambieranno sul serio c'è la possibilità che ciò accada....naturalmente non sarà così estremo, la lezione della storia sembrano averla imparata, ma il succo sarà questo.

martedì 17 maggio 2016

Anche aprile è stato il più caldo mai registrato. Molti incendi, poco ghiaccio. CO2 già a 400 ppm

da greenreport.it


Nasa: «Possibilità superiore al 99%, il 2016 sarà l'anno più caldo mai registrato»
[16 maggio 2016]
Aprile a NASAGISS4-16
Un report della Nasa ha appena confermato  che l’aprile appena trascorso è stato il più caldo mai registrato e anche  il periodo gennaio-aprile è stato di gran lunga il più caldo da quando l’uomo registra le temperature. Secondo Stefan Rahmstorf, a capo dell’Earth System Analysis del Potsdam Institute for Climate Impact Research, «il margine con il quale aprile 2016 ha battuto il record precedente per aprile è tre volte più grande (0,24 ° C) rispetto a qualsiasi margine di un precedente record di aprile (il più grande è stato 0,08 ° C)».
Invece, che il periodo gennaio-aprile sia stato il più caldo mai registrato non è non è una sorpresa: anche marzo aveva battuto ogni record di caldo e altrettanto avevano fatto gennaio e febbraio e tutti con grande margine rispetto ai record precedenti.
Gavin Schmidt, a capo del Goddard Institute of Space Studies della Nasa, sottolinea su twitter che c’è un modello tra quanto è caldo il periodo gennaio – aprile e quanto sarà caldo tutto l’anno e  che se questo modello è valido, «allora c’è una possibilità superiore al 99%, che il 2016 sarà l’anno più caldo mai registrato».
Su Climate Progress Joe Romm fa notare che «Le temperature torride hanno interessato per molti mesi la regione artica, e questo significa che abbiamo le condizioni ideali sia per gli incendi cheper loscioglimento dei ghiacci». Il 2015 ha stabilito il record per l’anno più caldo di sempre ed è stato anche l’anno record per gli incendi boschivi negli Usa, con oltre 11 milioni di acri bruciati, in Siberia, Mongolia e Cina che hanno subito enormi incendi.
Quest’anno, la patria delle sabbie bituminose, la provincia canadese dell’Alberta, ha battuto ogni record di caldo e siccità e sta subendo la devastante tempesta di fuoco di Fort McMurray In un’intervista alla CBC, Jonathan Overpeck, un climatologo dell’Università dell’Arizona, ha evidenziato che «Non c’è solo l’Alberta: gli incendi alimentati dal riscaldamento climatico sono in aumento. Gli incendi nell’Alberta sono un ottimo esempio di ciò che vedremo sempre di più: il riscaldamento significa neve che si scioglie prima,  suoli e vegetazione che seccano prima e la stagione degli incendi che inizia prima. E ‘un disastro».
E gl incendi aumentano il riscaldamento globale perché emettono nell’atmosfera più biossido di carbonio, amplificando e accelerando il cambiamento climatico che a sua volta causa più incendi.
La Nasa sottolinea che aprile è stato particolarmente caldo nell’Artico (ma anche il Mediterraneo centro-orientale e l’Italia non scherzano) e che probabilmente continuerà ad esserlo per tutto l’anno. Romm ricorda che «I modelli climatici hanno sempre previsto  che il riscaldamento causato dall’uomo sarebbe stato almeno due volte più veloce nella regione artica che nel pianeta nel suo complesso. Quindi non è una sorpresa che, con il formidabile caldo record nell’Artico, continuiamo a battere il record di scioglimento del ghiaccio». E le temperature estive, che si annunciano eccezionali, in Groenlandia scioglieranno ancora più velocemente i ghiacciai della più grande isola del mondo.
Per quanto riguarda il ghiaccio marino artico, secondo il Danish Meteorological Institute  continua a disintegrarsi a ritmi sempre più veloci.
Se è vero che nel 2015 e all’inizio del 2016  l’El Niño “Godzilla” ha dato un grosso contributo alle temperature record è anche vero che il picco record delle temperature sta avvenendo in un quadro di rapido riscaldamento globale.  Andy Pitman, direttore dell’ARC Centre of Excellence for Climate System Science dell’università australiana del New South Wales, ha detto al Guardian che  «La cosa interessante è la scala a cui stiamo battendo i record di rottura.  Sta tutto chiaramente andando nella direzione sbagliata. Gli scienziati del clima avevano messo in guardia su questo almeno dagli anni ‘80. Ed è stato sanguinosamente evidente fin dagli anni 2000. Allora, dov’è la sorpresa? I dati recenti mettono  in dubbio l’obiettivo di appena 1,5° C di riscaldamento concordato recentemente a Parigi. L’obiettivo 1,5° C, è un pio desiderio. Non so se otterremmo gli 1,5° C cessassimo le emissioni oggi. C’è l’inerzia del sistema. Stiamo mettendo una forte pressione sui 2° C ».
Il caldo record di El Niño hanno scatenato il caos negli ecosistemi di tutto il mondo, innescando il terzo sbiancamento globale dei coralli mai registrato, che ha colpito duramente il 93% della Grande barriera corallina australiana, con morie estese a nord e con il 90% del corallo morto in alcuni reef.
Ma i dati di aprile confermano che  nella stazione di misurazione di Cape Grim,  Tasmania, Australia a  è già stata superata la soglia simbolica delle 400 parti per milione (ppm) di CO2 e Pitman conclude: «La cosa che sta causando che il riscaldamento, sta andando sempre più. Così, le temperature oceaniche fredde che avremo con La Niña saranno più calde di quanto  avremmo mai visto qualche decennio fa» e le barriere coralline potrebbero non essere in grado di recuperare.

lunedì 16 maggio 2016

Comunali e referendum, dopo il no all’election day ecco il voto su 2 giorni: 1/2 miliardo buttato da Renzi per vincere

16/05/2016 di triskel182
Trecento milioni spesi per non accorpare il voto sulle trivelle e farlo fallire. Altri 200 per estendere al lunedì la tornata delle amministrative e quella sulle riforme. Dove il nemico del “sì” è l’astensione.Cinquecento milioni. Trecento (costo di una singola tornata elettorale) per il 17 aprile, 100 per il giorno di voto in più a giugno, altri 100 per le 24 ore in più in cui le urne rimarranno aperte per ilreferendum di ottobre. E’ il sovraccosto che gli italiani pagheranno per la decisione del governo di evitare l’election daytra le amministrative e al consultazione sulle trivelle e raddoppiare i giorni di voto per le comunali del 5 (cui ora si aggiunge anche il 6) giugno e per la chiamata referendaria autunnale con la quale Matteo Renzi ha chiamato gli italiani ad esprimersi sulle riforme costituzionali. Trasformandola nella ricerca di unplebiscito sulla propria persona.
Accorpare il voto sulle trivellazioni e le amministrative non conveniva: il referendum, nelle intenzioni del premier arrivato addirittura ad auspicare l’astensione, doveva fallire e far votare gli italiani nello stesso giorno in cui sarebbero stati chiamati a scegliere i loro sindaci avrebbe aumentato le possibilità di raggiungimento del quorum. Ora conviene, invece, trovare una contromisura all’astensionismo, soprattutto in vista di ottobre: il fronte del “No” alle riforme, si sa, è più motivato di quello del “Sì”, meglio quindi tenere le urne aperte 24 ore in più per consentire ai favorevoli alle modifiche della Costituzione di recarsi ai seggi con più calma: in gioco c’è il prosieguo del mandato, come il premier ha specificato ogni volta che ha potuto.
Così oggi, con un decreto legge atteso oggi in Consiglio dei ministri, a sole 3 settimane dal voto, Palazzo Chigi allungherà l’apertura delle urne per consentire di votare alle elezioni comunali anche lunedì 6 giugno oltre che domenica 5; ed anche lunedì 20 giugno, oltre al 19, per i ballottaggi. Ma Angelino Alfano ha già dato un’indicazione chiara anche per l’appuntamento autunnale: “Mi sembra giusto che per il referendum di ottobre, che può realizzare la più grande riforma dopo la Costituente, si voti anche il lunedì”, spiegava domenica il ministro dell’Interno in un’intervista aL’Arena di Verona.
Come si arriva alla cifra di 500 milioni? Così: una singola giornata elettorale, la domenica, quando tutti gli aventi diritto sono chiamati alle urne, costa 300 milioni di euro: il prezzo pagato per la consultazione del 17 aprile. Ogni giorno in più in cui i seggi restano aperti, calcola La Repubblica, costa 100 milioni. L’allungamento dei tempi per il voto, per contrastare quell’astensionismo che per le trivellazioni il premier aveva auspicato, costerà quindi mezzo miliardo di euro in più. Proprio mentre lo stesso governo sta trattando con Bruxelles la flessibilità sui conti per il 2017.
Il primo a schierarsi contro la decisione del ticket Palazzo Chigi-Viminale era stato Enrico Letta: “Mi chiedo proprio il senso di questo cambiamento – spiegava l’ex presidente del Consiglio a La Repubblicacosta molto. Dovunque in Europa si vota in un solo giorno”. “Tornare indietro? Voto in due giorni? Costa 120mln e tutti votano in un giorno solo. Si eviti questo ulteriore sfregio“, ha raddoppiato quindi su Twitter l’ex premier.
L’opposizione affila le armi: “Giudichiamo positivamente la possibilità di votare in due giorni tanto alle elezioni amministrative di giungo quanto al referendum costituzionale del prossimo ottobre – scrive su Facebook Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera  – peccato che questa incredibile retromarcia sia del tutto strumentale e non sia fatta dal presidente del Consiglio per favorire la democrazia o la partecipazione, ma con il solo scopo, secondo lui, di portare acqua al suo mulino. Il premier ha paura, e crede che votando in due giorni, con una probabile diminuzione dell’astensionismo, il ‘sì’ possa essere favorito. Si sbaglia di grosso”.
Anche la minoranza dem prova a farsi sentire: “Scandalosa la proposta di allungare le giornate legate al voto – scrive su Twitter il deputato Davide Zoggia – ha ragione @EnricoLetta questo Paese non cambia mai”. “Mi chiedo come fa Renzi a giustificare tante parti in commedia – commentava in mattinata Miguel Gotor – un mese fa sulle trivelle ha detto ‘andate al mare’, adesso con il raddoppio della data manda il messaggio contrario: andate a votare. Non so se al popolo italiano fa piacere sentirsi dire come si deve comportare a seconda delle situazioni“.
Non è la prima volta. Se per evitare il raggiungimento del quorum al referendum del 17 aprile il premier ha fatto in modo di evitare l’election day con le comunali, da sindaco di Firenze aveva un’opinione diversa: ”Credo che in questo momento abbia più senso fare un election day che non andare a votare a distanza di 3 mesi per istituzioni diverse”, spiegava Renzi, da candidato alle primarie del centrosinistra, il 17 novembre 2012 in una conferenza stampa a margine della convention alla Stazione Leopolda. Sul punto specifico, aggiungeva, ”decide il presidente della Repubblica”.
Dal Fatto Quotidiano
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ricorderete, spero, che i soldi per tenere il referendum no trivelle erano sprecati: Il nostro disse che avrebbe fatto nem altro con quei soldi... ora, per evitare la debacle elettorale e spingere la gente a votare, addirittura si RADDOPPIA!!!! Si dovrebbe votare anche il lunedì e non solo al primo turno ma pure al secondo: il paese dei campanelli impallidisce al confronto...

Tasse locali rincarate fino a +300% nelle maggiori città dove si voterà (ROBERTO PETRINI)

15/05/2016 di triskel182

Tasse locali rincarate fino a +300% nelle maggiori città dove si voterà (ROBERTO PETRINI)
La mappa del fiscoDalle imposte addizionali a quelle sui rifiuti e sulle seconde case, così gli aumenti degli ultimi cinque anni hanno pesato sulle famiglie.
ROMA – Negli ultimi cinque anni le tasse locali, da quelle sulla casa, ai rifiuti, all’addizionale Irpef hanno fatto un balzo notevole, con aumenti per una famiglia-tipo, che paga addzionale Irpef, rifiuti e una eventuale secoda casa magari avuta in eredità, fino al 300 per cento: basti pensare che solo negli ultimi tre anni sono stati drenati così circa 7 miliardi dai contribuenti. Il tema è, finora, il grande assente dalla campagna elettorale che porterà al voto tra circa tre settimane, il 5 giugno, 1.300 Comuni, tra i quali grandi metropoli come Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Cagliari.

Una pressione fiscale alta anche se bisogna considerare che si va al voto con due importanti interventi del governo Renzi: l’abolizione definitiva della Tasi sulla prima casa e il blocco di tutte le tasse locali (tranne quella sui rifiuti), fino al 31 dicembre del 2016. Nei cinque anni che hanno segnato le «consiliature» che andremo a rinnovare il mese prossimo, le imposte locali sono aumentate pesantemente: anche se non sempre la responsabilità è tutta attribuibile alle amministrazioni e ai sindaci che si sono trovati con le spalle al muro nella dolorosa alternativa tra l’aumento delle imposte e il taglio dei servizi essenziali e del welfare di prossimità.
Articolo intero su La Repubblica del 15/05/2016.
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per chi idce: le tasse sono state abbassate, la ripresa c'è, ecc. ecc.
 
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