giovedì 27 febbraio 2014

Berlusconi su Renzi: ha fatto fuori più comunisti lui che io in 20 anni.......

Lo ha dichiarato ai quattro venti il capo di Forza Italia. Ed ha ragione perchè Renzi dalla faccia pulita e dalle mani di velluto nei guanti d'acciaio che ha intimorito il facilmente intimoribile civati ha fatto l'unica cosa che davvero poteva fare: mettere fuori gioco i ..... comunisti o presunti tali. Si deve dire che i boss dell'ala "comunista" non hanno fatto nulla per erigere difese, perchè? Ci sono tutta una serie di posti cui aspirare ..... da Commissario UE a un posticino al sole del governo a qualche aziendina pubblica da colonizzare e altro ancora come fondazioni bancarie ecc. perchè mai dovrebbero preoccuparsi di sbarrare la strada al disinfestatore di comunisti? Prego, si accomodi pure; peccato che i comunisti, o simil tali, da anni sono ormai o deceduti o sparsi in mille rivoli.. ovunque, anche ex in Forza Italia, ma tranne che nel pd. A che serve la sparata, allora? A metter sul cappello del neo capo del governo il proprio cappello dicendo che è lì ma che dovrebbe stare con lui, di là.... ma a che scopo? A me pare evidente: spingere la, ex, sinistra fuori dal PD e fare i conti con quel che ne rimane che somiglia più al proprio partito che a quel che dovrebbe essere o quel che ci vogliono vendere che sarà.
Fra l'altro una cosa è singolare: è il PD che ha affossato Prodi come Capo dello Stato per favorire Napolitano; è il PD che ha fatto fuori prima Monti e ora Letta. Significa nulla, tutto ciò?
Attenzione, però, che era tutto scritto, fin dall'inizio: da quando hanno abbandonato l'area socialdemocratica non poteva che essere questo l'approdo.. e grazie a Renzi le vecchie volpi hanno trovato il reagente chimico e la cartina di tornasole per fare il botto senza sporcarsi le mani, e con Renzi hanno fatto centro, tutto qui. E il processo non si ferma al PD certo: nella CGIL lo scontro è senza mediazioni al calor bianco fra la struttura neo-pd e i vetero-operaisti della Fiom; chi vincerà coglierà l'eredità di un sindacato che fu "il" sindacato di Di Vittorio per svenderla in .... una Cisl, o UIL (è uguale) appena sporcata di rosso per non perdere troppi iscritti, anche qui se vince la struttura mission accomplished. Addio a: diritti, statuti, ecc. e non ci sarà davvero più nessuno a fermare, o almeno a provarci a farlo, i piccoli Marchionne che stanno crescendo: non è un caso che Renzi abbia incontrato imprenditori in Veneto ma non gli operai della Elecrtrolux.
A riprova di quanto detto: dal blog Sblanciamoci.info riporto questa interessantissima analisi di Rossana Rossanda, non certo l'ultima arrivata e sicuramente più autorevole osservatrice rispetto al sottoscritto, della prefazione scritta da Renzi per la riedizione del saggio "Destrasinistra" di Bobbio, il saggio che scoprì il trend di cui oggi vediamo gli esiti finali, anzi  con M5S siamo già oltre esso....
Renzi, giro di boa per il Pd
Affermare – come ha fatto Matteo Renzi nell'introduzione alla nuova edizione di "Destra e sinistra" di Norberto Bobbio – che il Pd non intende più collocarsi a sinistra conclude l'ultimo giro di boa del partito democratico. Simbolico, ma fa impressione che questo arrivi proprio quando in Italia si superano i 4 milioni di senza lavoro

Si conclude, con il nuovo governo e la sua carta di identità allegata su Repubblica da Matteo Renzi, l’ultimo giro di boa simbolico del Pd. Simbolico, perché nelle scelte concrete era già consumato da un pezzo, ma dare il vero nome ai fatti non è cosa da poco (non è passatempo da giorni festivi, come verseggia Eliot a proposito del nome da dare al proprio gatto). Che il Pd precisi come la sua immagine non debba più essere a sinistra, o di sinistra, riconoscendo come sola discriminante culturale e sociale “il nuovo e il vecchio” non è una gran novità, il concetto ci svolazza attorno da un bel pezzo, ma affermare che il Pd non intende più collocarsi a sinistra resta uno scatto simbolico rilevante. Non solo infatti, come taluni vagheggiavano, non è più in grado di compiere scelte di sinistra, poniamo, da Monti, ma neppure mira più a farle e a questo scopo ha scelto come proprio leader “Matteo” per chiarirlo una volta per tutte. Non in parlamento – nessuno, a cominciare da Giorgio Napolitano ha tempo da perdere – ma su un giornale amico e a governo varato.
Lo fa prendendosi qualche licenza culturale, come citare Norberto Bobbio contro Bobbio esempio di chi, se aveva ragione in passato, non l’avrebbe più oggi, quando la distinzione tra destra e sinistra non avrebbe più senso. Pazienza, oggi ne vediamo di ben altre. Fra le innovazioni trionfanti c’è che ciascuno riveste o spoglia dei panni che più gli aggrada il defunto scelto come ispiratore. Più significativo è che il concetto archiviato indicava il peso assegnato da ogni partito alla questione sociale e dichiararla superata proprio mentre si sfiorano e forse si superano i quattro milioni di senza lavoro, fa impressione. Forse per questo l’ex sindaco di Firenze si era scordato di informarci su quel job act che doveva presentare entro gennaio; ma in primo luogo non risulta che durante le consultazioni qualcuno glielo abbia ricordato, in secondo luogo nel governo se ne occuperà la ministra Guidi, donna imprenditrice esperta in quanto allevata dal padre confindustriale.
Sappiamo dunque che dobbiamo attenderci con il nuovo esecutivo e dobbiamo al Pd tutto il peso, visto che né la sua presidenza né la sua minoranza gli hanno opposto il proprio corpo, al contrario hanno sgombrato il campo sussurrando come il melvilliano Bartleby “preferirei di no”. Della stessa pasta la stampa, affaccendata dal sottolineare lo storico approdo delle donne a metà del governo sottolineando il colore delle giacche e il livello dei tacchi, cosa che dovrebbe far riflettere le leader di “Se non ora quando”. Eccola qui l’Ora, ragazze, non si vede dove stia la differenza.
Il nuovo che avanza ha rilanciato anche Berlusconi, primo interpellato da Renzi per incardinare tutta l’operazione. Condannato da mesi per squallidi reati contro la cosa pubblica ad astenersi dalla politica è stato ricevuto non già dai giudici di sorveglianza, bensì dal capo dello stato per illustrargli quello che pensa e intende fare sul futuro del paese. Per ora appoggia Renzi, rassicurando i suoi che non è un comunista.
25/02/2014
Rossana Rossanda
p.s.
per chi avesse interesse a leggere l'originale del pensiero renzista lo trova qui su slideshare del fatto. Una cosa che si può aggiungere a quanto detto dalla Rossanda è che Renzi prende spunto dal saggio del Filosofo e fa un paso avanti: usa dicotomie (del genere vecchio/nuovo e così via) e se ne appropria per presentare il proprio orizzonte politico nel quale tutto quelo che esiste prima è "vecchio, conservatore, ecc." il dopo è il "nuovo, il rivoluzionario, il migliore dei mondi possibili, ecc." che è poi la storiella con la quale hanno saputo parlare alla pancia degli italiani, e non solo, puntando all'avidità e all 'individualismo o, per dirla meglio, alla cmpetizione fra esseri che sono un costo abbiano o meno qualcossa da offrire alla società in divenire: una società, versione italica dell'ownership society, nella quale in teoria siamo tutti uguali sui mercati ma nella realtà ci sono pochi che sono più uguali degli altri e ne approfittano per arricchirsi..... checchè ne dica il nostro Renzi, il suo padre putativo, Berlusconi, e il .. Papa che al cospetto di questi campioni sembra Che Guevara.

mercoledì 26 febbraio 2014

Dotti, medici e sapienti.....








.... per essere esatti anche se sono dell'idea che ad avere voce devono essere gli iscritti che sono gli unici a poter dire la propria circa decisioni importanti, altrove fanno tutto nelle stanze delle proprie segreterie, non posso non dire che si sta lentamente scivolando verso una situazione entropica del movimento: si sta distruggendo dall'interno.
Riconosco a Grillo l'aver avuto la sovranità degli iscritti seguendone l'indicazione di "incontrare" il fiorentino uscendone anche bene dato che ha potuto dire (ed era quello che ESATTAMENTE mi aspettavo da lui), senza alcuna censura mediatica, quello che ne pensa facendosi espressione dei poteri grigi che pretendono di gestire questo paese come il giardino di casa propria; ma esiste una cosa che si chiama "opportunità" ossia necessità di capire che gli yesmen non portano da nessuna parte perchè troppo spesso questa categoria fa spesso il paio con il lecchinaggio; una sana criticità interna tiene svegli, permette di capire (e in politica è il massimo che si possa avere se si vuole restare in contatto con la realtà) angoli, e spigoli, che non sempre è possibile vedere dal proprio punto di osservazione; e invece..... invece si preferisce irrigidirsi: e questo è un errore perchè è contrario alla natura stessa di quel che è, o dovrebbe essere, un movimento: struttura piccola; almeno tre cerchie (simpatizzanti, iscritti, attivisti) di consenso, potere decisionale diffuso che ha due filtri che cercano la quadra in una situazione che per sua stessa composizione è qualcosa di magmatico che ha alcuni punti in comune che riuniscono ceti e persone che spesso, in altra situazione, sarebbero, se non in contrasto aperto, non convergenti fra loro. In questo caso però la situazione è diversa: l'interesse che non fa confliggere fra loro gli interessi che pur esistono nel movimento è la propria sopravvivenza e la sopravvivenza di quel "pubblico" unico momentum che permette ai cittadini di salvaguardare il proprio futuro senza lasciarlo in mano a privati che hanno un proprio interesse nel gestirlo e nel trarne profitto: il cemento è questo.... è chiaro che ci sono, in un tal mare magnum, sensibilità diverse e diversi modi di vedere ma altrettanto chiaro dovrebbe essere che lo spegnere qualunque voce critica è deleterio e autolesionista...... e le conseguenze non potranno che essere negative perchè è come un domino: fai cadere un pezzo e il resto verrà da se.
E' quello che sta accadendo nel movimento: la radicalizzazione, necessaria, verso il sistema dovrebbe avere nel movimento la sua nemesi ossia la discussione e la sintesi dell'atteggiamento da tenere per le voci del dissenso.. la rete decide; la rete conta; la rete vota... e su questo non si dicute ma discuto sulle premesse e le premesse son proprio quella radicalizzazioni interne che il movimento non lo distruggono ma lo tengono vivo e che se eliminate ne determinan la morte.... insomma siamo al male minore, un pò poco perchè nel frattempo il "grillo" piddino fa messe di voti in uscita per giustificare proprio quelle riforme che i poteri finanziari chiedono a gran voce si facciano per farci diventare il loro bancomat.

martedì 25 febbraio 2014

Renzi versus Taverna.... a voi la decisione

Personalmente credo che la squadra messa su dal neo Presidente del Consiglio sia l'espressione tattile dell'orizzonte verso il quale il Capo del Governo naviga.... e non c'è nessun raggio verde da vedere ma solo meteoriti che stanno cadendoci addosso: chiunque abbia un minimo di buon senso ha capito che è l'estremo tentativo di tener su l'insostenibile d aun lato con un personaggio sacrificabile, e conscio di esserlo,  dall'altro anche se è portatore d'interessi forti alle spalle ma, come diceva nel film l'onore dei prizzi, sono solo affari e quando il vero personaggio frote del sistema, quello che sperano lo slvi, si affaccerà sul palcoscenico tutto il resto non avrà più spazio di manovra... compreso questo che c'è ora. E' questo il vero motivo per cui non si va a votare: temono quella che loro chiamano ingovernabilità ma che ha un altro nome ossia che il responso popolare potrebbe essere non quello che loro auspicano.... e questo è un problema.
Questo è, però, quello che io penso.... che è cosa diversa da quello che i viaggiatori della rete possono pensare, quindi credo che la cosa migliore sia che leggiate e sentiate cosa si son detti a distanza i principali protagonisti della vicenda: M5S e il Segretario e Presidente del consiglio ma con un piccolo fuori programma... lo scambio di msg fra Di Maio e Renzi che il Fatto ha pubblicato e che voi potete leggere (interessanti interazioni sono avvenute) klikkando qui.
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 24 febbraio 2014
Una riduzione “a due cifre” del cuneo fiscale, da presentare “immediatamente” al Parlamento. E’ l’impegno più concreto preso da Matteo Renzi in Senato nel suo intervento per ottenere la fiducia al nuovo governo (domani 25 febbraio si voterà alla Camera). Renzi ha parlato a braccio, leggendo pochi appunti (cosa che non accadeva da decenni in un’occasione simile, hanno osservato i commentatori), con una mano spesso tenuta in tasca, di fronte all’aula che vuole abolire (e non ha mancato di rimarcarlo) con la sua proposta di riforma istituzionale. Uno stile sottolineato da diverse forze politiche come “leggero” per un discorso programmatico, ma che Renzi – nella replica dopo circa 6 ore di dibattito parlamentare – difenderà così: “Al fatto che paradossalmente la Lega e Gal ci chiede un doppio registro rispondo che questo governo non avrà mai un doppio registro. Saremo gli stessi, trasparenti, non chiedeteci di essere diversi qui e fuori anche perché a differenza di altri siamo capaci di stare ancora in mezzo a persone”.
Renzi assicura poi nella replica al dibattito di Palazzo Madama che avrebbe “sicuramente voluto e forse dovuto impostare un discorso molto più cerimonioso e probabilmente la prossima volta lo scriviamo così non vi facciamo perdere troppo tempo. Ma c’è un passaggio: questa non è un’operazione di lifting o di potere. Questa non è un’operazione di lifting o di potere. Se fosse un’operazione di potere, non scommetteremmo tutto noi stessi. Non ci siamo dati una tempistica da calende greche: abbiamo detto che l’obiettivo è il 2018 e lo confermiamo”. 
“Ho provato vergogna quando fu chiesto a Napolitano il secondo incarico”
E la cartina di tornasole, secondo Renzi, saranno le riforme. L’unico modo per rendere merito al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del sacrificio fatto un anno fa quando gli fu chiesto di accettare un nuovo – inedito – incarico come capo dello Stato. “Provo vergogna – ha detto Renzi – per il fatto ci sia stata incapacità di individuare successione ad un Presidente della Repubblica che aveva chiesto di non avere secondo mandato, gli fu invece chiesto un reale sacrifico personale e politico e lui chiese ai partiti di farsi carico processo riforme che poi non è partito e si è fermato. E’ giusto e rispettoso nell’Aula del Senato citare il presidente della Repubblica con parole formali e cerimoniose e non avere poi il coraggio di dire che l’unico modo di rispettare la figura straordinaria che è Giorgio Napolitano è realizzare quelle riforme chieste? Pensate sia possibile prendere in giro gli italiani dicendo ‘faremo, faremo, faremo” con noi che poi ‘rinvieremo, rinvieremo, rinvieremo’”.
Il programma
Una prima parte più visionaria, una seconda più programmatica, ma nel discorso del successore di Enrico Letta mancano i numeri, i provvedimenti specifici. In campo economico Renzi qualche dettaglio lo fornisce, chiamando in causa la Cassa depositi e prestiti, ente controllato dal ministero dell’Economia, per ”lo sblocco totale dei crediti delle aziende verso la pubblica amministrazione” e per alleviare il credit crunch che schiaccia le piccole e medie imprese. Più vaghi i termini di una riforma della giustizia – amministrativa, civile e penale – che sarà presentata “entro giugno” dal ministro Orlando, stante la ventennale incapacità dei due poli di “convincersi” della bontà delle proprie ricette. Come a suo tempo Tony Blair, il neopremier annuncia un grande piano per la scuola e l’edilizia scolastica, “allentando il patto di stabilità per i Comuni”. E alla fine avverte con grande enfasi che sulla realizzazione dei punti illustrati “non ci sono più alibi per nessuno. Abbiamo una sola chance, se perdiamo è colpa mia”. L’accoglienza del Senato verso il premier è tiepida: 14 applausi in un’ora e dieci di discorso, ma i più sonori sono risuonati quando ha nominato Enrico Letta e i marò detenuti in India. E a chi rileva l’assenza dei riferimenti alla questione del sud Renzi chiede se erano meglio “gli impegni verbali e i disimpegni sostanziali degli ultimi decenni, le parole in libertà”. Il capo del governo ha messo in rilievo, all’opposto, la volontà di puntare sui fondi strutturali europei.
Per due volte il discorso (qui il testo integrale) è stato interrotto dalla contestazione dei parlamentari Cinque Stelle, e in entrambe le occasioni Renzi ha replicato con ironia, ricordando la mancata presentazione dell’M5S alle elezioni in Sardegna e le “difficoltà con la base: non è facile stare in un partito dove c’è il capo che vi dice io non sono democratico”. Sul fronte dei programmi, oltre a un intervento straordinario sulla scuola “anche attraverso l’allentamento del patto di stabilità”, Renzi promette “lo sblocco totale dei crediti delle aziende verso la pubblica amministrazione”, attraverso la Cassa depositi e prestiti. Poi lo “sblocco del credito per le piccole e media imprese, che soffrono del credit crunch, sempre con l’intervento della Cdp. E, soprattutto, “porteremo immediatamente alla vostra attenzione una riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale con misure serie, irreversibili, non solo legate alla revisione della spesa, che porterà già nel semestre 2014 risultati immediati”.
La riforma della giustizia
Renzi prende poi atto che “in vent’anni” i due poli non sono riusciti a “convincersi l’un l’altro” della bontà delle loro posizioni. Ci penserà quindi il ministro della giustizia, Andrea Orlando, a presentare “entro giugno” un pacchetto complessivo di riforma, dalla giustizia amministrativa a quella penale. ”Ormai le posizioni sono calcificate e intangibili, nessuno riuscirà a convincere l’altro”, afferma Renzi. “A giugno sarà all’attenzione del Parlamento un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente. Giustizia amministrativa: negli appalti pubblici lavorano più avvocati che muratori. Un provvedimento di un sindaco o del Parlamento è costantemente rimesso in discussione, una corsa a ostacoli impressionanti”, ha sottolineato Renzi. “Giustizia civile: viviamo un tempo in cui la lunghezza e difficoltà del processo civile” è motivo per cui “se ne vanno investimenti e possibilità di credere che il Paese sia recuperabile”, ha aggiunto il presidente del Consiglio. “Giustizia penale: a fronte di una straordinaria qualità di uomini e donne che lavorano nella giustizia esiste una preoccupazione costante nell’opinione pubblica che la giustizia corra il rischia arrivi tardi e colpisca in modo diverso”, ha concluso Renzi.

Qui invece molto riporto l'intervento in video della Cittadina Senatrice Taverna... spiega molto bene: notate che i media hanno riportato solo una piccola parte del suo intervento tralasciando alcune "cose" dette, forse ritenute (a voler pensar bene) non importanti dagli stessi ma, secondo il diritto a essere informati, che credo avremmo avuto il diritto di conoscere..... buon ascolto

più chiaro di così....

lunedì 24 febbraio 2014

Siria, Ucraina, Venezuela... aspetti dello stesso problema: il controllo....

Vi risparmio le considerazioni sul discorso del Renzi perchè non siamo a c'è posta per te e io happy days non lo ho mai visto...... vorrei invece che soffermaste l'attenzione su cosa ci accade intorno.
Quel che rimane delle primavere arabe lo sapete: a parte la Tunisia, il resto è un rientro completo nella normalità:
  1. in Egitto addirittura c'è un governo che si è potuto dimettere senza che si muovesse foglia vista la ripresa del controllo pressochè totale del potere da parte dei veri guardiani ossia i militari, espressione diretta degli usa: Mubarak ormai inattivo il resto del suo potere è rimasto com'era e dov'era e, messi fuori gioco i fratelli muslmani, hanno ripreso, a furor di popolo o quasi, un certo controllo sul paese...
  2. in Siria, dove a far la parte del leone sono quelli della cosiddetta rete di Al Qaeda (ammesso che siano attendibili le informazioni che arrivano qui in occidente e quello che si reperisce sui social), sembra che il problema di base sia la necessità di rompere l'asse con l'iran che può creare problemi non solo a Israele ma anche agli interessi occidentali, leggi compagnie petrolifere, in quell'area.... evidentemente aver preso il controllo dell'iraq, dove abbiamo portato la democrazia, non basta.... ci voleva anche la Siria. Ma lì sembra difficile poter bombardare senza colpo ferire.. ferire soprattutto la Russia che è ancora molto influente in quell'area.
  3. in Afghanista, paese dove, anche, abbiamo riportato la democrazia il realismo e il pragmatismo hanno fatto capire agli americani che si dovranno fare i conti con i talebani... che abbiano imparato che gli afghani, ritenuti gli ultimi discendenti dei guerrieri di Alessandro il macedone, si fanno affittare ma non conquistare e e che nemmeno gli inglesi li hanno domati, forse molto presto vedremo una real politik ante 11/9 con contatti segreti con loro, i veri padroni del paese.... nessuno ha interesse a che gli oleodotti costruitivi dallla unocal vengano chiusi vista l'importanza che essi rivestono se funzionano e non se stanno fermi.
... finora, però, abbiamo fatto un rapido excursus su paesi a regime "moderato" e sicuramente non democratici... ora invece veniamo a due realtà un tantino diverse  ma che hanno in cumne con gli altri due cose: la geo-politica occidentale e la necessità di guardare a est e ai paesi forti di quell area, Cina, Russia; paesi potenzialmente rivali dell'occidente non solo per le risorse ma pure dal punto di vista dell'egemonia nel processo di globalizzazione.. in questo ultimo caso diretti concorrenti e da cui anche gli dipendono per certi aspetti.
  1. Ucraina: ho letto da qualche parte che in quel paese è ritornata la democrazia. Emerita balla; c'era già prima perchè Yanucovich è stato eletto, con brogli o meno è un altro discorso perchè anche i suoi predecessori furono accusati della stessa cosa e non si sono dimostrati da meno in fatto di corruzione e clietnelismo.... la stessa Tymoshenko è sospettata di aver "mangiato" nel piatto; se per Yanucovich vale l'accusa di essere un satrapo essa vale per gli altri la vera differenza è che quest'ultimo è latore della parte russofona, e quindi della russia, la tymoshenko è portatrice di interessi della parte europea, anche nostra, degli ucraini..... inconciliabilità secolari cui si aggiungono le preoccupazioni euro.americane di a) fermare l'influenza iranica nella zona; b) impedire alla russia di accrescere la presenza nella zona ricreando paesi cuscinetto; c) le risorse energetiche.. lì ci passa uo degli oleodotti più importanti est-ovest. Un altro aspetto è come i "democratici" hanno vinto: la destra si è sobbarcata l'onere della parte militare della rivolta.. con armi e soldi europei. Non è un caso che in un forum di discussione aperto per l'occasione alla mia domanda "a quando l'intervento della nato in Ucraina" ci sia stato il gelo totale...... con la successiva risposta "non siamo in guerra" che in termini politici significa l'esatto suo opposto.
  2. Venezuela. Anche qui si poneva un problema: il contrasto fra la Dottirna Monroe americana, che piaccia o meno Obama è sempre un americano della élite, che considera il Venenzuela il giardino di casa.. e il petrolio di quel paese come proprio; vallo a spiegare ai venezuelani che democraticamente hanno eletto Maduro; e non mi meraviglierebbe scoprire fra qualche anno che la dipartita di Chavez sia stata agevolata... il polonio non ce l'hanno solo i russi, mi risulta. Qui ce la raccontano in un modo ma temo che la realtà lì sia un tantino diversa: la destra filo-americana, perdente, ha rovesciato il tavolo e dato mano alle armi provocando scontri, morti e feriti naturalmente...... rovesciando l'esito delle elezioni e gli sforzi fatti per essere autonomi dagli yankee anche qui distintisi per "rispetto dei diritti altrui".. storia nota.
Ora, a mio parere, il punto è esattamente questo: possiamo fidarci dei media che ce la contano in un modo mentre in rete sembra tutto essere un tantino diverso? Un conto è mostrare qualche decina di ucraini  e venezuelani che protestano sotto le ambasciate nel nostro paese un altro i giornali dei paesi interessati che ce la raccontano un tantino diversamente..... e come non fare un parallelo fra tutti questi paesi, oggetto dei portatori di pace e democrazia, e la Grecia, ad esempio? E realmente così che doveva e deve andare o c'è un volontà di dominio e di uniformizzazione a canoni unici da parte di chi comprende che spesso valori quali storia di un paese, tradizioni locali, ecc. sono un ostacolo per i propri profitti? Detta con il CEO di Goldman-Sachs: si devono adeguare le costituzioni ai mercati e non viceversa, tutto dire..... lui parlava degli europei ma possiamo tranquillamente allargare l'interpretazione a tutti punti di crisi perchè l'economia deve girare e per farlo ha necessità di "stabilità" per poter essere viva.... non è un caso che le grandi manifatture e l'industria pesante si siano localizzate in Cina, India e Korea del sud, no (per poterlo fare era necessario chiudere tutte le altre.... sennò la cncorrenza faceva salire i costi e i profitti sarebebro scesi)? Come non è un caso che i paesi si stanno riarmando e che sta aumentando l'aggressività degli stessi verso coloro che vi si oppongono, sia dentro gli stessi che fuori...... c'è da chiedersi perchè o ci basta sperare che il "quando" esploderà la prossima guerra sia locale, si spera, o mondiale?

domenica 23 febbraio 2014

Bologna, Civati convoca i suoi: “Voterei no alla fiducia, ma non voglio lasciare Pd”.. (e questa è la, morente, sinistra)

Destinata a soffrire, a riflettere, a .... morire; questo sarà l'esito della sinistra italiana se da un lato sarà sempre combattuta dall'idea del "mi si vede di più se..." e dall'altra divisa, preoccupata dello scranno ecc.
Ecco cos pubblica il Fatto Quotidiano il (di Giulia Zaccariello | Bologna) 23 febbraio 2014
Di stoccate ne arrivano, tante, a decine: critiche al nuovo governo negli interventi sul palco, attacchi a Renzi nelle interviste a margine. Ma niente di più: Pippo Civati si prepara a votare la fiducia al nuovo esecutivo ed esclude il rischio di una scissione interna al partito. Lo spiega a margine del summit convocato domenica mattina a Bologna, dove sono arrivati un migliaio di sostenitori e parecchi parlamentari vicini all’ex candidato alle primarie, tra i quali Sandra Zampa e Davide Mattiello. “C’è un modo diverso di fare le cose”, annuncia l’ex candidato alla segreteria del Pd, anticipando alla stampa alcuni contenuti del suo intervento. “Non abbiamo intenzione di far cadere questo esecutivo. Ma tanto non siamo noi a essere decisivi. Se lo fossimo, avrei ricevuto tante telefonate in questi giorni dal Presidente del Consiglio e invece niente. Voteremo per restare dentro il Partito democratico. Cominciamo a preparare il dopo Renzi”. Dal palco annuncia la decisione sofferta di votare la fiducia e commenta con una battuta la carica di riforme annunciate dal neo presidente del Consiglio: “Ogni volta che Renzi apre bocca sulle riforme, muore un costituzionalista”. Tempo per ridere, ma con molte preoccupazioni sul futuro: “Le insidie peggiori ora arrivano dal tranquillissimo Letta. Se Letta si sente così a disagio è un problema personale, ma anche politico”. 
E annuncia che probabilmente in Senato si costituirà un gruppo del nuovo centrosinistra. “Non perché lo ordino io”, spiega, “non ho questo potere, è perché c’è bisogno di costituire una coalizione progressista in questo Paese. Ci sono pezzi che si dividono tra il Pd, sempre più a fatica, Sel, la lista Tsipras, così come nel mondo di Grillo ci sono un sacco di persone che vorrebbero dare una mano ad un progetto diverso, ma è chiaro che non lo vedono nello schema di Enrico Letta, e che Renzi riprende esattamente, in cui ‘noi siamo il palazzo, voi la piazza, risolviamo noi e non abbiamo bisogno di voi’”.
La scelta di votare la fiducia, Civati lo dice senza mezzi termini, non è stata affatto facile. Dire sofferta è poco. “Potessi votare liberamente senza mettere in discussione i rapporti col Pd voterei un no con convinzione. Non è una questione di disciplina di partito, ma se io non dovessi votare un governo che ha una legittimazione del Pd dovrei uscire dal partito”. Il deputato non ha paura a parlare di ricatto: “È chiaro che se non si vota la fiducia si va fuori dal Pd, ma il ricatto non l’ho posto io. Per citare il regista Moretti, ci facciamo notare di più se rimaniamo. Il Pd resta la nostra casa. Potrebbe essere una decisione impopolare, ma oggi penso alle cose serie. Non voglio fare il Giordano Bruno della situazione, la pira umana. L’ho già fatto un intero anno e francamente vorrei fare dell’altro”.
L’altro di cui parla ha già un nome. Si chiama Nuovo centro sinistra. “Non sarà un partito e nemmeno il prima passo di una scissione”, mette in chiaro, “ma una rete trasversale di centrosinistra”. Perché “c’è problema politico gigantesco e un intero schieramento di sinistra che non è rappresentato”.
All’iniziativa hanno risposto un migliaio di persone e il tono degli interventi dei sostenitori è estremamente critico nei confronti del governo Renzi. Ricorrenti sono però gli appelli a condurre una battaglia politica dall’interno del Pd. Una richiesta di sostegno al governo arriva anche da Filippo Taddei, responsabile economico del partito e sostenitore al congresso della mozione Civati, che dal palco fa capire come un voto contro “indebolirebbe il partito” ma anche la stessa corrente di Civati.
Sul palco compare una bandiera dell’Ulivo durante l’incontro. Sul drappo verde, c’è scritto “L’ulivo per il Partito democratico“. Durante l’incontro vengono resi noti anche i risultati del sondaggio online lanciato da Civati sabato, con cui il deputato ha chiesto agli elettori un parere sul voto di fiducia al nuovo governo Renzi. I numeri fotografano una base Pd spaccata, ma tendente verso il sì. In tutto hanno risposto circa 20.370 persone, e poco più della metà , il 50,1%, ha dato il via libera al sostegno al nuovo premier. Il no ha raggiunto quota 38,5%, mentre il 10,7% si è espresso a favore dell’astensione.
p.s.
come volevasi dimostrare dall'ulivo in po questo non è un paese per ...... la sinistra. Con questi personaggi possiamo cantare il de profundis di quello che fu il PCI. Cosa e chi rimane? M5S per chi ha ancora voglia, proporrei il "turarsi il naso" ma so già che in diversi sotrceranno il naso: problemi loro perchè questo non è più tempo di indugi.

2016, fine della democrazia: il privilegio sarà legge

Si chiama Ttip, Trattato Transatlantico, e se va in porto siamo rovinati. A decidere su tutto – lavoro, salute, cibo, energia, sicurezza – non saranno più gli Stati, ma direttamente le multinazionali. I loro super-consulenti, attraverso lobby onnipotenti come Business Europe e Trans-Atlantic Business Dialogue, in questi mesi stanno dettando le loro condizioni alle autorità di Bruxelles e di Washington, che nel giro di due anni contano di trasformarle in legge. A quel punto, la democrazia come la conosciamo sarà tecnicamente finita: nessuna autorità statale, infatti, oserà più opporsi ai diktat di questa o quella corporation, perché la semplice accusa di  aver causato “mancati profitti” esporrà lo Stato nazionale – governo, magistratura – al rischio di pagare sanzioni salatissime. Già oggi, vari Stati hanno dovuto versare 400 milioni di dollari alle multinazionali. La loro “colpa”? Aver vietato prodotti tossici e introdotto normative a tutela dell’acqua, del suolo e delle foreste. E le richieste di danni raggiungono già i 14 miliardi di dollari. La novità: quello che oggi è un incubo, domani sarà legge.
Se sarà approvato il Trattato Transatlatico, avverte Lori Wallach su “Le Monde Diplomatique”, niente fermerà più l’appetito privatizzatore dei David Rockefeller
“padroni dell’universo”, specie nei settori di maggior interesse strategico: brevetti medici e fonti fossili di energia. Un sogno, a quel punto, concepire politiche di lotta all’inquinamento e per la protezione del clima terrestre. Il Ttip «aggraverebbe ulteriormente il peso di questa estorsione legalizzata», che giù oggi ricatta molti Stati, dal Canada alla Germania. Il grande business lavora per eliminare le leggi statali per far posto a quella degli affari. Attualmente, negli Usa sono presenti 3.300 aziende europee con 24.000 filiali. Ognuna di esse, dice Wallach, «può ritenere di avere buone ragioni per chiedere, un giorno o l’altro, riparazione per un “pregiudizio commerciale”». Peggio ancora per gli europei: sono addirittura 14.400 le compagnie statunitensi dislocate nell’Unione Europea, con una rete di 50.800 filiali. «In totale, sono 75.000 le società che potrebbero gettarsi nella caccia ai tesori pubblici».
L’aspetto più inquietante del “cantiere” del Trattato, un dispositivo destinato – se approvato – a sconvolgere la vita democratica di tutto l’Occidente – è la sua massima segretezza: la stampa è stata espressamente invitata a starsene alla larga. Si tratta di un ordinamento decisamente eversivo: il grande business si prepara ad emanare i propri diktat non più di nascosto, attraverso le lobby e politici compiacenti del Congresso e della Commissione Europea, ma ormai alla luce del sole, trasformando addirittura in legge il privilegio di una minoranza, contro la stragrande maggioranza della popolazione. L’autonomia istituzionale dello Stato? Completamente aggirata, disabilitata, in ogni settore: dalla protezione dell’ambiente a quello sanitario, dalle pensioni alla finanza, dai contratti di lavoro alla gestione dei beni comuni primari, Ttip
come l’acqua potabile. Si avvicina la “grande privatizzazione definitiva” del mondo occidentale.
Sicurezza degli alimenti, norme sulla tossicità, assicurazione sanitaria, prezzo dei medicinali. E ancora: libertà del web, protezione della privacy, cultura e diritti d’autore, risorse naturali, formazione professionale, strutture pubbliche, immigrazione. «Non c’è una sfera di interesse generale che non passerà sotto le forche caudine del libero scambio istituzionalizzato», scrive Lori Wallach. Rispetto al Trattato Transatlantico, le condizioni-capestro oggi imposte dal Wto sono considerate “soft”. A decidere su tutto saranno tribunali speciali, formati da avvocati d’affari che si baseranno sulle “leggi” della Banca Mondiale. Fine della democrazia: «L’azione politica degli eletti si limiterà a negoziare presso le aziende o i loro mandatari locali le briciole di sovranità che questi vorranno concedere loro». Neppure la fantasia di Orwell era arrivata a tanto. Eppure, è esattamente l’incubo che ci sta aspettando, se nessuno lo fermerà. Ed è inutile farsi illusioni: per ora, del “mostro” non parla nessuno. Non una parola, ovviamente, dalle comparse della politica, e neppure da giornali e televisioni. La grande minaccia si sta avvicinando indisturbata, all’insaputa di tutti.
dal blog: libreidee

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