Previsioni. Sabato,
in un video, ho detto: “
Il
Pd vince a Cagliari con Zedda, a Milano al ballottaggio su Parisi, a
Torino al ballottaggio su Appendino, a Bologna al ballottaggio sul
centrodestra. A Napoli vince De Magistris al ballottaggio su Lettieri,
con idolo Valente fuori. E a Roma Raggi e Giachetti al ballottaggio, con
Raggi favorita. Se ne sbaglio 1 su 6 vado a lavorare al Foglio, se ne
sbaglio 2 faccio un duetto coi Modà a San Siro”. Al momento
le ho prese tutte,
compresi i secondi arrivati: fenomeni si nasce, e io modestamente lo
nacqui (cit). Il ballottaggio di Milano, decisivo per capire chi ha
vinto e perso, è però molto aperto. Teoricamente potrebbero esserci
ribaltoni anche a
Torino e
Bologna.
Faccio comunque presente che Cerasa mi ha già detto che non mi vuole,
avendo già messo sotto contrario Scaramacai, quindi resterò al
Fatto.
Fiuuuu. Il mio produttore teatrale mi ha poi fatto firmare uno strano contratto: “
Se il Pd perderà a Milano e Torino, farai una data de Il sogno di un’Italia
con Mariano Apicella al posto di Giulio Casale”. Altre considerazioni.
Affluenza.
E’ calata di 5 punti rispetto al 2011, ma non è crollata. Il 62,14%, di questi tempi, non è poco. E a Roma si è votato più di tre anni fa, quando vinse Marino.
Pd.
Si staglia all’orizzonte il mito di Rosato, l’uomo che si tinge i
capelli col petrolio di contrabbando e ha la capigliatura dei playmobil
rasati col decespugliatore. Frase forte uno (nella notte): “
A Milano siamo saldamente in testa” (certo, “
saldamente”). Frase forte due: “
Vinciamo in 800 comuni su 1300, quindi il Pd sta benissimo”.
Avvertenza: quando una forza politica non parla delle grandi città ma
di Ortignano Raggiolo, vuol dire che quelle amministrative le ha perse.
Se la prima forza italiana esulta per essere arrivata seconda
(staccatissima) a Roma, per aver vinto al primo turno a Cagliari (con un
candidato di Sel) o per essere andata al secondo turno da favorita in
città dove fino a tre mesi fa credeva di vincere in ciabatte (Torino,
Milano, Bologna): be’, se tutto questo accade, quel partito – sebbene
abbia quasi tutta l’informazione a favore –
non sta forse benissimo.
Le sfide chiave. Renzi ha parlato pochissimo di Amministrative perché
avvertiva la mal parata:
ha il coraggio dei puffi, quando perde. Da qui al 19 giugno ciarlerà
senza dire nulla: come sempre. Il 19 giugno farà i complimenti alla
Raggi, tanto Roma l’ha già data per persa e spera che i 5 Stelle dimostrino in una grande città di
non saper governare, regalandogli così il trionfo nel 2018 (o 2017). Le sfide chiave sono
Torino e soprattutto
Milano.
Se perderà il suo Sala, che fino a febbraio doveva vincere al primo
turno (cit), sarà per lui un disastro senza pari. Tenendo per giunta
conto del tanto di buono fatto da
Pisapia.
M5S. A metà notte credevano di avere vinto ancora di più e già erano partiti con i soliti toni inutilmente
trionfalistici: l’harakiri del #
vinciamonoi, a molti attivisti, non ha insegnato nulla. E’ però innegabile che siano
i veri vincitori. Sembra già normale, ma una forza “antagonista” che a soli 7 anni dalla nascita vince nella Capitale è
notizia clamorosa. Notevole anche il risultato di Torino:
Chiara Appendino
parte con 11 punti in meno rispetto a Fassino, un altro che fino a
pochi mesi fa doveva vincere in carrozza (cit). Torino sarebbe la
vittoria perfetta per i M5S, perché Torino è
molto meno complessa di Roma.
Emblematico che una città notoriamente “tradizionalista” abbia
regalato tanti consensi al M5S: soltanto sei anni fa, quando la Bresso
perse comicamente con
Cota,
Pd e stampa regionale sentenziarono che era colpa di Grillo, reo di avere “rubato” i voti al centrosinistra.
In sei anni è cambiato tutto.
I 5 Stelle si confermano però forza altalenante: in alcune parti
attecchiscono (Savona, Sicilia) e in altre no. Mestissime le prestazioni
a Milano e Napoli:
De Magistris gli ha rubato completamente la scena. Discreto il 16% di Bologna, ma niente ballottaggio.
M5S (dimenticavo). Due cose ancora.
1.
I dibattiti sulla “democrazia interna” – vedi Pizzarotti e affini –
appassionano social e media, ma interessano meno di niente l’elettorato.
Non spostano nulla, anche perché tutti sanno benissimo che Di Maio conti più di Giarrusso o Grillo più di Toninelli: è il segreto di Pulcinella.
2.
I 5 Stelle sono stupidamente accostati da più parti al populismo dei
Trump & Le Pen, ma – oltre a non entrarci nulla – vincono proprio
dove si presentano
più garbati e meno divisivi. La
minor presenza (mediatica) di Grillo li ha aiutati. I 5 Stelle vincono
con le Raggi e vanno forte con le Appendino: nel momento in cui invece
puntano sul loro aspetto
crimi-lombardesco, ovvero quello
“talebano-sentenziante”, esaltano i tanti ultrà in servizio permanente
sul web ma vincono al massimo alla playstation.
M5S (dimenticavo un’altra volta). Il M5S non pare esattamente “
morto”
come si sostiene ciclicamente, per esempio dopo la loro waterloo alle
Europee. Renzi non è minimamente riuscito a disinnescarli, anzi con la
sua boria bulimica di potere e con le sue fanfaronate
comico-dittatoriali li ha esaltati: è la sua più grande sconfitta.
Stacce, Matteo.
Centrodestra.
E’ morto e sepolto, anche se una vittoria di Parisi cambierebbe la
narrazione (cit). Un centrodestra così marginale non si era mai visto
negli ultimi vent’anni. Qualcuno mi dirà qui che il centrodestra non è
certo marginale, essendo come noto al governo: vero, ma stavo parlando
di centrodestra “ufficiale”. Il quale, e si sapeva già, ha chance solo
quando si presenta unito (a forza e per forza). Vedi caso
Liguria con
Toti,
vedi caso Milano con Parisi. A parte Bologna e Lettieri, dove partono
comunque in netto ritardo, il resto fa piangere. Disastro assoluto a
Roma:
Berlusconi non ha regalato voti a Marchini, ma glieli ha tolti. Ormai quel che tocca muore, e ve lo dice un milanista.
Arancioni.
Zedda ha stravinto al primo turno, De Magistris vincerà contro tutto e
tutti (i 5 Stelle sono insopportabili quando sostengono che “lui è
uguale agli altri”: uguale una mazza). E Pisapia avrebbe vinto ancora.
Guarda un pò: gli “arancioni” del 2011 non erano poi
un’idea così stupida. E magari avrebbero più chance di vincere dell’orrendo Partito della Nazione.
Bersaniani.
Dopo questo risultato stitico del Pd, la sedicente minoranza interna
batterà finalmente un colpo? No. Passiamo al punto successivo.
Distanze.
Queste elezioni ribadiscono la distanza sempre più incolmabile tra
elettori di sinistra e Pd, ma il Pd e i suoi ultrà lo negheranno
ancora. Facendo un altro regalo al M5S.
Idoli assoluti.
Adinolfi, che ha preso meno voti della sua bella copia Ferrara quando si autocandidò con la baracconata antiabortista. Orfini, che su
L’Unità (quindi da nessuna parte) aveva garantito che “la Raggi non vincerà”: può essere, ma a oggi pare difficile.
Big Jim Masia,
che sta a Mentana come il punching-ball a Muhammad Ali. E Romani di
Forza Italia, che ieri su RaiTre sembrava il reduce triste di se stesso
(e vederlo così era bellissimo).
Idoli ancora più assoluti. Il pelaticcio
Rondolino,
che il 13 aprile cinguettava garrulo: “Vi do una buona notizia:
Virginia Raggi non andrà al ballottaggio” (si era appena sbronzato con
la Meli perché
Gozi gli aveva appena regalato un poster
della Pinotti). Lo scherano della carismatica Valente, che su La7 a
mezzanotte faceva il bullo garantendo che i risultati avrebbero rivelato
sorprese straordinarie (certo: sono arrivati terzi con la metà dei
voti di De Magistris. Davvero straordinari). E poi lui: il gigantesco
Osvaldo
The Man Napoli. In piena era berlusconiana faceva il
reuccio minore, ora conta meno di Rodrigo Ely nel Milan. A Torino era il
candidato ufficiale (ahahahah) di Forza Italia e AN e ha preso il 5%.
In confronto la battaglia di Canne, per i romani, fu un trionfo
inaudito.
Daje Osvaldo: sei tutti noi.
Curiosità. Ah, ragazzi, mi sono distratto: Ernest
Goodfella Carbone l’ha già twittato
“#Ciaone”?
P.S. Non dimenticatelo mai:
Mastella vive e lotta in mezzo a noi. Sempre. Anche quando nessuno glielo ha chiesto.
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penso sia chiaro...