Fonte: Il Fatto Quotidiano Roberto Marchesi Zonaeuro - 18 Maggio 2020
Alla
domanda di Gregor Peter Schmitz, del Project Syndicate, che gli
chiedeva se avesse mai visto nella sua lunga vita e carriera una crisi
simile a questa, George Soros, uno dei più terrificanti speculatori finanziari operante a cavallo del XX e XXI secolo, ha risposto senza esitare: “No. This is the crisis of my lifetime!”.
Chi
ha più di 50 anni non ha necessità di essere un intenditore dei
mercati finanziari per conoscere la fama di George Soros. All’inizio
degli anni ’90, operando spregiudicatamente con operazioni “short” sulle valute europee (sterlina inglese e lira italiana) ha guadagnato per i suoi Hedge Funds (e per se stesso, diventando di colpo multimiliardario)
molti miliardi di dollari – e altre valute, inclusa la lira italiana.
Le cui banche centrali, che intervenivano nei mercati in difesa della
propria moneta, lui trattava come fossero birilli del bowling,
infliggendo perdite colossali.
Attualmente, benché ormai da
ultraottantenne abbia lasciato ai figli l’attività dei fondi da lui
creati, continua, dopo essersi trasformato in perfetto filantropo
con la sua Fondazione “Open Society”, a dare forte impulso nel diretto
sostegno di molte attività culturali e civili, tutte aventi finalità
progressiste e liberali, ma anche, più specificamente, politiche,
rivolte al contenimento dei dilaganti nazionalismi che spuntano un po’
ovunque, ma soprattutto nella sua amata Europa (lui è nativo ungherese).
Dunque
chiedere a Soros un parere sulla gravità di questa crisi è come
chiedere ad uno storico se conosce un “certo” Napoleone. Nella risposta
più circostanziata Soros non ha perso l’occasione di precisare che
anche prima della crisi da Coronavirus aveva già
capito di trovarsi “in un momento rivoluzionario nel quale ciò che era
ritenuto impossibile diventava non solo possibile, ma addirittura
necessario”.
Soros è quindi, al pari di molti altri economisti, perfettamente cosciente che l’impatto della globalizzazione
sulle economie nazionali, insieme ad altre motivazioni più specifiche,
aveva già rotto da tempo diversi equilibri e che una pesante crisi era
nell’aria. Il Covid-19 ha quindi rotto una diga di
“cartapesta”, tenuta insieme (a mio avviso) più dall’ottimismo degli
operatori di Borsa che dalla reale rispondenza delle quotazioni al
valore intrinseco dei titoli.
Tuttavia anche Soros si chiede come
abbia potuto questa pandemia cogliere così di sorpresa tutti i governi
del mondo, essendo storicamente noto che pestilenze di questo tipo,
negli ultimi quattro secoli, sono state una costante purtroppo ineluttabile e hanno falciato ogni volta decine di migliaia di vittime inermi.
Benché la contagiosità di questo virus sia molto alta, ciò che è successo e sta succedendo in America è indicativo di errori plateali
e di assoluta mancanza di tutele preventive sul piano sociale. Non è
concepibile che in una democrazia evoluta i morti da virus raggiungano
il numero di 100mila e l’indice della disoccupazione
passi in soli due mesi dal minimo storico del 3,5% di febbraio al
massimo storico del 14,7% di fine aprile. Queste cifre sono non solo una
tragedia per l’intera popolazione, ma anche una pessima pagella per qualunque governo.
Soros
liquida con una battuta di sconforto il giudizio sul governo, ma alla
domanda se il “capitalismo” sopravviverà a questa catastrofe non fa
sconti e dice che no, non potrà ritornare a dove eravamo: questa crisi cambierà tutto, anche se adesso nessuno sa come. Teme che a livello globale guadagneranno spazio i sistemi autocratici,
Cina in testa, ma lamenta anche le aspirazioni autoritarie di Trump,
che trovano fortunatamente nella Costituzione, e nel popolo, un freno
adeguato.
E’ invece più preoccupato per l’Europa, in questo
momento, perché è tuttora una Unione incompleta e quindi è più
facilmente attaccabile dai nazionalismi già presenti al suo interno.
Non
gli sfugge nemmeno (come è ovvio, con la sua immensa esperienza
proprio in campo finanziario) il problematico momento “finanziario”
apparentemente irrisolvibile a causa dei litigi tra i
maggiori partner europei su come coprire l’immensa spesa generata dalla
pandemia e dagli indispensabili blocchi nelle attività produttive, la
cui copertura è stata individuata dalla presidente Ursula von der Leyen in almeno un trilione di euro (mille miliardi).
Ma
gli Usa, dopo i due trilioni di dollari concessi a Trump e in buona
parte già distribuiti il mese scorso, si apprestano ora ad un altro
“mega-regalo” di tre trilioni (pressappoco con le
stesse modalità del precedente) che vede i democratici favorevoli e i
repubblicani che vorrebbero – ma non possono – dire di no (se vogliono
salvare consensi per le elezioni di novembre).
La proposta di Soros è però diversa sia da quella vecchia dei coronabond sia da quella del Recovery Fund, ora approvata dal Parlamento Ue.
Secondo me, nell’ottica di una seria costruzione dell’Europa unita,
sarebbe persino preferibile a quella attuale Ue – che tuttavia, al
momento, sarebbe il “male minore” perché consente di proseguire la
presenza europea (e italiana) nei mercati ma mantenendo intatta la
distinzione del debito originario dei singoli Stati, che nella
costruzione di un Organismo unico è una palla al piede
già ora pesantissima ma che peserà sempre di più: è semplicemente
impossibile sperare che l’Italia possa, in un situazione come quella che
si sta determinando, ridurre il suo debito e nel contempo mantenere la
sua potenza economica. Lui propone invece i cosiddetti “Consols” (consolidated bonds),
nient’altro che “Perpetual Bonds” già emessi dalla Gran Bretagna per
finanziare le guerre napoleoniche e per la prima guerra mondiale (ma
anche gli Stati Uniti si sono serviti di questo strumento finanziario
nel 1870).
I “Consols”, a differenza dei Coronabond, verrebbero emessi dalla Commissione Europea in accordo con la Bce;
avendo un periodo di vita “perpetuo” (cioè destinati alla
rinegoziazione/cancellazione dopo un periodo molto lungo di anni)
verrebbero sottoscritti soprattutto da quei risparmiatori
di lungo periodo (Fondi, Assicurazioni, ecc.) che necessitano di un
buon rendimento a breve. Essendo questo un tempo in cui gli interessi
sono molto bassi, o addirittura negativi, l’offerta troverebbe
certamente elevato interesse nel particolare mercato dei bond.
La spiegazione completa del loro funzionamento è descritta nell’articolo dal titolo The EU should issue Perpetual Bonds, a firma dello stesso Soros.