venerdì 15 giugno 2018

Stop al Parmesan: governo vuole bloccare il Ceta, Ue infuriata

Fonte: W. S. I. 15 giugno 2018, di Alessandra Caparello

ROMA (WSI) – Dopo aver aperto un caso in Ue sul fronte migranti con il no allo sbarco della nave Aquarius, il nuovo governo gialloverde apre un altro capitolo dei rapporti internazionali e questa volta riguarda il Ceta, il Trattato di libero scambio con il Canada.
Il neo ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio ha annunciato la volontà dell’esecutivo di chiedere al Parlamento di non ratificare il trattato commerciale tra Ue e Canada ed altri simili al Ceta, come previsto nel contratto di governo. Entrato in vigore in via provvisoria il 21 settembre scorso, il Ceta è ancora in attesa di essere ratificato dagli Stati membri tra cui anche l’Italia.
“Non si tratta solo di una posizione dei sovranisti della Lega ma i dubbi su questo accordo sono comuni a tanti miei colleghi europei”.
Perché questo secco no? Per il ministro non si può ratificare il trattato con il Canada visto che tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti Dop e Igp. Plaude all’iniziativa del governo il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
“La decisione di non ratificare il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta) è una scelta giusta di fronte ad un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia (…) per l’Italia l’opposizione è giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l’Unione europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan”.
L’UE non l’ha presa bene e avverte che così il Ceta può veramente saltare. Se l’Italia non ratifica l’accordo con il Canada, si metterebbe in discussione il trattato. Da Bruxelles ricordano tuttavia che la posizione di Centinaio va contro quanto deciso al G7, che ne ha ribadito la priorità”.
“L’Ue lavora perché le politiche commerciali dell’Europa siano benefiche per tutti gli Stati”.

giovedì 14 giugno 2018

Economista “dei consumi” scrive al ministro Tria: “crescita si fa con la spesa”

Fonte: Wall Street Italia 14 giugno 2018, di Redazione Wall Street Italia
Buon giorno Ministro Tria,
non vorrei apparirle sgarbato per aver saccheggiato, indebitamente, stralci del suo dire accademico. L’ho fatto, ne sono responsabile.
Bene, mi sembra Lei nutra dubbi su uno dei cardini del contratto di governo a cui dovrà dare copertura economica:
“Non sappiamo ancora cosa sarà questo reddito di cittadinanza e, quindi, le risorse richieste e l’ampiezza del pubblico dei beneficiari. Esso sembra oscillare tra una indennità di disoccupazione un poco rafforzata, e magari estesa a chi è in cerca di primo impiego, e un provvedimento, improbabile, tale da configurare una società in cui una parte della popolazione produce e l’altra consuma“.
Nutro parte delle stesse perplessità, alle quali mi permetta di aggiungere come, nell’esser “cittadino”, non si configuri un esercizio produttivo che, in quanto tale, debba essere retribuito.
Nutro, da economaio che scrive a un economista, altresì il dubbio che lei, sbirciando, possa scorgere altro dalla configurata società dove si produce e si consuma.
Una gran bella società dove, piaccia o meno, questo s’ha da fare per generare la ricchezza che occorre per poter esser prospera.
Crescita si fa con i consumi, così si genera redditoSocietà, dove il produrre è condizione necessaria ma…. nient’affatto sufficiente per generare quella ricchezza e dove la pratica del consumare deve farsi invece indifferibile per garantirne i 2/3. Già, dove la crescita si fa con i consumi, con la spesa aggregata, non con la produzione né con il lavoro. Ebbene sì, funziona così.
Orbene nel borsellino, adeguato alla bisogna per sostenere il potere d’acquisto e rispondere a quell’indifferibilità, sta il problema che, nel raschiare il fondo del barile con lo spostamento del prelievo fiscale, dell’Iva si/no/ni e la flat tax, non viene risolto.
L’irresolutezza sta in un vecchio paradigma, ancora agente, che ha reso il problema del borsellino un enigma, attribuendo ai soggetti economici onori ed oneri, impropri.
Eh sì, perché prima del borsellino sta quel lavoro che lo rifocilla.
Quel lavoro, appunto, che mostra in forma esplicita i corni dell’enigma: paga il prezzo d’una capacità d’impresa inutilizzata che riduce l’occupazione e/o il remunero degli occupati e che, funzione accessoria per l’esercizio di consumo, mancando di rifocillare proprio il borsellino rende gli agenti economici ancor più sovraccapaci.
In questo sta l’azzardo, reso spendibile da quel vecchio paradigma che rischia di azzoppare quel prefisso “cambiamento” reclamato dal Governo con il quale si è accinto a collaborare.
Bene sono stato renitente al voto, non intendo altresì sottrarmi a dar contributo per rimuovere l’impaccio generato da quel meccanismo di trasferimento della ricchezza, dall’impresa alla spesa, attraverso il remunero del lavoro.
Vista la mole di lavoro del suo agire ministeriale e l’impaccio, a mio dire, di quel vecchio paradigma, mi prendo la libertà di proporne la sostituzione con uno nuovo di zecca, che le recapito nella forma stringata di un tweet:
“La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca trasferire quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunerando tutti sottrae sovraccapacità alle imprese, migliora la produttività totale dei fattori, tiene attivo il ciclo economico.”
Buon lavoro Ministro
Firmato: Mauro Artibani, l’Economaio

mercoledì 13 giugno 2018

Donald Trump e Kim Jong-un, cos’è successo a Singapore

Fonte: Il Fatto Quotidiano Mondo | 13 giugno 2018 

Il presidente Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un si sono incontrati presso la “Cappella Singapore” un resort di lusso sull’isola di Sentosa. La scelta della località è ricaduta su Singapore perché il Paese asiatico è uno dei pochi a intrattenere rapporti diplomatici con entrambi gli Stati.
Nei giorni scorsi avevamo assistito all’arrivo di Kim e del suo entourage, tra le migliaia di fotografi occorsi per immortalare la storica occasione, su un boeing fornito dalla Cina, dato che l’aereo di Stato non era ritenuto idoneo ad affrontare una tratta così lunga. Il leader supremo è stato raggiunto da Trump il 10 giugno, precedentemente impegnato al G7 in Canada.
Di fronte alla stampa, i due si sono stretti la mano, prima dell’attesissimo faccia a faccia (durato circa 40minuti), per poi essere raggiunti dagli altri alti ufficiali. Oltre a Kim, la delegazione nordcoreana comprendeva Ri Su Yong, una dei massimi ufficiali del regime in politica estera e già ambasciatore in Svizzera nel periodo in cui si ritiene che Kim fosse iscritto in una scuola privata nei pressi di Berna. Erano inoltre presenti Kim Yong Chol, ex capo dei servizi di intelligence e adesso vicesegretario del Partito comunista nordcoreano, e il ministro degli Esteri Ri Yong Ho.
Al termine dell’incontro i due leader hanno firmato un’intesa diffusa solo in un secondo momento alla stampa internazionale, ma che contiene alcuni punti su cui si sarebbe trovato un preliminare accordo: l’impegno di entrambi gli attori al miglioramento delle relazioni tra i due Paesi così da assicurare la pace, l’impegno alla costruzione di un duraturo “regime di pace” nella penisola coreana e in linea con la precedente dichiarazione di Panmunjon, l’impegno a compiere i passi necessari al raggiungimento di una “completa denuclearizzazione della penisola coreana” oltre al rimpatrio di prigionieri di guerra e delle salme dei caduti, prevedendo (per coloro già identificati) il rimpatrio immediato. Nel testo della dichiarazione vengono preannunciati nuovi incontri tra alti funzionari nordcoreani e il segretario di Stato Mike Pompeo, ai quali viene affidato il compito di trovare la maniera di tradurre gli impegni presi in fatti.
Al termine del summit, in conferenza stampa il presidente americano ha detto di aver “instaurato un legame molto speciale” con Kim, mentre quest’ultimo ha riconosciuto le “grandi sfide da affrontare”, ma ha espresso il desiderio di collaborare con Trump. L’amministrazione americana può rallegrarsi dell’incontro e delle intese raggiunte ma, stando alle parole di Pompeo, il presidente non siglerà nessun accordo che non garantisca una effettiva protezione dalla minaccia nucleare nordcoreana.
Interrogato dalla stampa sull’impegno preso dal regime sulla denuclearizzazione, il presidente Trump ha assicurato che sarà un processo che avrà inizio “molto, molto presto”. Tuttavia, anche se nel documento finale si parla del mantenimento di buone relazioni tra i due Paesi, non si fa riferimento (almeno per ora) alla riapertura di un canale diplomatico. Si parla di denuclearizzazione ma non si fornisce alcuna indicazione su modi e tempi che tale processo dovrebbe seguire. Inoltre il documento non fornisce alcun dettaglio su come verranno condotte le verifiche, circa lo smantellamento dell’arsenale atomico di Pyongyang o che cosa sarà richiesto in cambio.
Per la Corea del Nord, l’incontro è uno straordinario successo d’immagine. Le foto dei due capi di stato fianco a fianco, con le bandiere americane che sventolano accanto a quelle del regime rappresentano un grande risultato per un leader che solo l’estate scorsa era considerato il paria della comunità internazionale. Nelle successive dichiarazioni Trump ha aggiunto che gli Stati Uniti sospenderanno le esercitazioni militari congiunte con la Corea del sud, definite provocatorie ed eccessivamente costose.
Veniamo inoltre a conoscenza della decisione di Kim di procedere alla distruzione di un sito di lancio missilistico come segno di buona volontà. Gesto particolarmente apprezzato da Trump ma che risulta poco più che simbolico dato che il 90% delle capacità di lancio nordcoreane sono installate su piattaforme mobili. Tali accordi, stando al presidente Trump, risultano essere esclusi dal documento siglato in quanto frutto di conversazioni occorse in un momento successivo alla firma dell’intesa. Trump ha anche menzionato la possibilità che l’armistizio siglato tra le due Coree nel 1953 possa trasformarsi presto in un trattato di pace, questione sulla quale è stato eletto il premier sudcoreano Moon Jae-in che si è congratulato del vertice attraverso un comunicato ufficiale.
Mondo | 13 giugno 2018

martedì 12 giugno 2018

Aquarius, Salvini continua a indovinarle tutte

Il Fatto Quotidiano Politica | 12 giugno 2018 


Se non ci fosse stata la Spagna, ci sarebbe stato lui. Salvini ha scelto una nave con cui poteva rischiare: assai cinico, ma lecito (dal suo punto di vista). L’Aquarius non è una bagnarola, tutto era monitorato e Salvini ha atteso che qualcuno si facesse avanti per farla attraccare. Se non si fosse mosso nessuno, ovviamente avrebbe dovuto “aprire i porti”, perché non è un aguzzino (non scherziamo) e perché l’Italia è un Paese che come accoglienza non ha nulla da invidiare a nessuno. A quel punto, politicamente, avrebbe perso su tutta la linea. Il suo è stato un “all in” a poker. Ha vinto lui.
Razzismo. Grandi peana per il premier spagnolo che ha salvato centinaia di vite (che non erano a rischio). Bello. Poi però qualcuno dovrebbe spiegarmi perché quando la stessa Spagna non accoglie nessuno ma erige muri e fili spinati, è lecito. Quando Malta se ne frega, è lecito. Quando Germania e Francia se ne fregano, è lecito. E quando invece l’Italia – per una volta – alza la voce e pone un problema reale, è razzista.
Salvini è il più bravo. Salvini è il politico più bravo, per distacco, del lotto. Continua a essere sottovalutato in maniera puerile e miope. Oppure si confonde la bravura con la simpatia. Ragazzi, chiariamoci: se uno è di destra, non è che poi dovete stupirvi se fa cose di destra. Magari lo votano apposta. Finiamola poi col far coincidere la stima con la condivisione. Per me la vita è sacra e chiudere i porti è semplicemente irricevibile, ma il mio parere ora non conta nulla. Almirante sapeva fare opposizione come pochi, ma asserirlo non significava certo condividerlo. L’altro giorno, alla Camera, Del Rio ha fatto un discorso efficacissimo e riuscito: se lo dico – e lo ripeto – non vuol dire che lo condivido, ma vuol dire che gli riconosco un’abilità politica.
Sarebbe bello che i talebani grillini, questa cosa elementare, la capissero. Al tempo stesso, e torniamo al tema di questi giorni, asserire che Salvini le sta indovinando tutte non vuol dire condividerlo: vuol dire riconoscerne il talento (cinico) politico e la scaltrezza, che gli stanno permettendo di mangiare in testa a tutti.
.. il resto al link suindicato

lunedì 11 giugno 2018

Amministrative, Salvini padrone assoluto. Di Maio non pervenuto

Fonte: Il Fatto Quotidiano Elezioni Amministrative 2018 | 11 giugno 2018

Nella domenica elettorale sovrastata dal caso della nave Aquarius, c’è un solo evidente filo di continuità tra il turno amministrativo e le storiche elezioni politiche del 4 marzo. Ossia la crescente affermazione della Lega nazionalista di Matteo Salvini. Un dato accentuato ancora di più dalla non secondaria circostanza che giusto dieci giorni fa è stato varato il primo esecutivo populista della Repubblica.
Ecco, questo il punto centrale: se vogliamo ravvisare una tendenza nazionale in questo voto che ha riguardato 761 comuni (di cui 20 capoluogo di provincia) e 6 milioni e 700mila italiani, c’è da dire subito che l’onda non è stata gialloverde o gialloblu ma esclusivamente leghista. Meglio, salviniana. In tutto sono cinque le considerazioni che si possono svolgere in attesa del ballottaggio del 24 giugno:
1. Prima di esaminare il ruolo da dominus del capo del Carroccio, Salvini Dux come già lo chiama qualcuno, è necessario fare una premessa. Ancora una volta il primo “partito” si conferma quello dell’astensionismo. Quasi il 40 per cento degli aventi diritto ha preferito invece starsene a casa o andare al mare. Una cifra imponente soprattutto se raffrontata con l’atavica fedeltà dell’elettore al voto comunale. Insomma il tasso di sfiducia verso le istituzioni si espande ed è probabile che in quel quaranta per cento ci sia una grossa fetta di cittadini già delusi dal grillismo di governo, se non altro per la “qualità” dell’alleato scelto dal M5S per il fatidico contratto di governo.
2. Premesso tutto questo, si arriva alla percezione netta dell’avanzata leghista, che riesce a tenere in vita la coalizione di centrodestra. Sarebbe affrettato e poco razionale dire che questo governo non fa bene ai pentastellati, soprattutto dopo la domenica del blocco navale del ministro dell’Interno. Ma c’è un dato inequivocabile: la luna di miele del governo Conte, appena iniziata, avrebbe dovuto apportare qualche beneficio. Invece per l’ennesima volta c’è stata la conferma dell’abisso tra il voto nazionale del M5S e quello locale. E’ sufficiente spiegare tutto questo con l’alibi dello scarso radicamento, anche al netto del fenomeno sempre più diffuso delle liste civiche che penalizza tutte le forze, in particolare Pd e Forza Italia?
.. il resto al link suindicato

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