venerdì 4 settembre 2015

ed ecco il bail-in, come da programma.....

anziché farle fallire le salvano: eppure nel mondo del libero mercato dove tutto viene regolato dalla legge della domanda e dell'offerta se un operatore è fuori mercato perchè non più concorrenziale o perchè mal gestito o peggio dovrebbe chiudere e invece le salvano. E' vero che non sono più direttamente gli Stati a farlo, svenandosi, ma a pagare sono i piccoli azionisti e i correntisti: alla faccia sia del libero mercato che della neutralità dello Stato .... eppure uno dei precetti del liberismo è esattamente quello precedentemente detto, le banche semi-fallite devono essere lasciate andare al loro destino e non salvate. Il caso del giorno sono alcune casse di risparmio italiane che sono sull'orlo del fallimento, ebbene cos'hanno pensato di fare i soloni del liberismo dello stato-bancomat quando serve? Per evitare che siano, come previsto dalla normativa europea fra l'altro che entrerà in vigore l'anno prossimo, i grandi azionisti a pagare hanno deciso attraverso un artificio.. a pagare saranno, in assenza di detta normativa, tutti i piccoli azionisti e i correntisti sotto i 100 mila euro: un esempio di inequità che solo un governo che sia diretta espressione delle lobby finanziarie può fare senza nemmeno preoccuparsi di perdere la faccia. In totale il costo sarà di 1,5 mld di euri e nemmeno si è certi che staranno a galla!!!!! Ciò fa il paio con il Quantitative alla Draghi che sta pompando centinaia di mld di euro nelle casse delle banche senz'alcuna reale contropartita ma teso solo a dare loro fiato: la scusa ufficiale è che "il mondo bancario ha bisogno di liquidità per finanziare la ripresa" mentre in realtà, se si guardano sia l'andamento delle borse che il reale impiego di capitali, ciò non fa che staccare assegni d'oro ai CEO e ai CdA delle banche stesse: alla faccia di tutti gli altri e della ripresa...
ricollegandomi ai post precedenti (fra i quali ce n'era anche uno che parlava proprio del bail-in e del bail-out) ciò spiega quanto da molti affermato: il sistema, checchè se ne dica, fa acqua da tutte le parti e non sta per niente bene e se c'è qualche bastian contrario, leggi Cina, allora diventa estremamente pericoloso perchè fa da modello e da alternativa al morente sistema di cui sopra e va eliminato: anche a costo di far fallire le stesse industrie occidentali che lì hanno investito e aperto impianti!!!!

giovedì 3 settembre 2015

ri-girare la frittata... made in china

ho letto oggi con grande interesse l'articolo di Giulietto Chiesa sul Fatto Quotidiano di  oggi perchè penso, sul serio, che ABBIA ragione... il problema è qui in Occidente non in China ma per placare le ansie dei popoli.. ansie da guerra imminente, per ora economica poi si vedrà (con gli USA armati fino ai denti e gli altri paesi satelliti che si sono nel frattempo riarmati mi pare inevitabile una guerra: da un lato il blocco asiatico China- Russia dall'altro l'Occidente), tutto fa per girare lo sguardo, piegare la realtà e fare dinsinformazione: anche nel tempio del giornalismo americano, The New York Times, non si riesce a resistere alla tentazione e rigira la frittata a sfavore della China anzichè prendere atto del fallimento storico del capitalismo liberista che altro non ha saputo far che creare una superclasse transnazionale di supericchi e privilegiati che parassita intere economie con il favore dei governi e dei ceti abbienti: altro che democrazia e libertà e fine della storia. Sia chiaro che la China non è un paese di vittime e di satarellini ma al contempo qui in occidente abbiamo visto nascere e radicarsi un regime sovranazionale per nulla democratico né tantomeno libero, anzi le continue crisi, e l relative bolle esplose, sono il segnale che gli stati occidentali non sanno più che farsene dei principi liberali e un pò alla volta si stanno spostando in quell'ambito che qualcuno nel oltre duemila anni fa definì "oligarchia", ossia il potere di un gruppo ristretto di persone a scapito della maggioranza. Ben nè ha parlato anche la politologia quando la teorizzava incasellandola come "governabilità": non si spiega altrimenti come mai laddove si vota, ancora, qualunque sia l'esito del voto allafine prevalgono sempre gli interessi oligarchici (Tsipras e il suo governo nè è solo l'ultimo esempio).. tutto ciò ha ben poco a che fare sia con la democrazia che con il liberalismo ma a molto a che fare con con quella che qualcuno definì come autoritarismo democratico ossia un dittatura vellutata dove a fronte del mantenimento puramente formale dei principi liberal-democratici in realtà si è in presenza di un vero e proprio regime autoritario basato sul controllo della masse e sulla loro riduzione a consumatori senz'alcun reale diritto né formale né, tantomeno, sostanziale..... un esempio sono le authority, le agenzie ecc. tutti organi puramente amministrativi gestiti da persone non elettive di nomina governativa che decidono praticamente su tutto senz'alcun controllo democratico.. stesso discorso è il MES di cui non si conoscono i componenti e che godono di immunità extratteritorialità e non perseguibilità da parte degli stati e dei cittadini: decidono della vita di tutto ma non ne rispondono né sono sottoposti a nessun controllo; non molto democratico né tantomeno liberale. E questi sono esempi ma le rete messa su in questi anni è molto più estesa e penetrante nella nostra privacy di quanto si pensi e per giunta gestita non sempre da persone "equidistanti" e competenti.
Ora:
un potere così pervasivo (oltrechè corrotto, decadente e, perchè no, violento) può tollerare un contropotere altrettanto forte e pervasivo?
un blocco economico in crisi può tollerare che il suo alter ego, che finora ha giocato con le stesse regole perchè gli è convenuto, possa cambiarle in corsa per salvarsi dalla crisi che pur la sta attangliando (si parla sempre di un mercato di oltre 1 mld di persone che cresce non più al 8% annuo ma al 7%) interviene direttamente nel gioco e fa una cosiddetta "entrata a piedi uniti" lasciando il cerino acceso nelle mani degli speculatori e svelandone l'ordito e la trama?
la superclasse transnazionale che è il vero "ponte di comando (definizione del giornalista non mia)" può sopportare che i propri soldi svaniscano per i limiti imposti da un governo, quello cinese, mettendone in discussione i profitti sperati?
A voi la risposta... dopo aver letto l'articolo






mercoledì 2 settembre 2015

il cerchio si chiude, dopo 11 anni...

.... e ci risiamo. Sono passati 11 anni ma si ritorna sempre al punto nodale: la "promessa" di tagliare le tasse. Mr. B aprì la strada, e vinse; ora il suo erede (che ne glorifica la prima versione) ritorna alle origini: entro dicembre "sarà tenuto il funerale delle tasse sulla casa". C'è una ma:  la Commissione UE Subito è partito il cartellino giallo: noi avevamo, e sono stati ampiamente accontentati, raccomandato di spostare la tassazione dal mondo del lavoro (soprattutto ai grandi papaveri dell'industria) al consumo e ai patrimoni, casa compresi... e di considerare l'elastico della flessibilità sul rapporto deficit/pil come già teso e rilasciato: non ci sono bis.
Riuscirà il nostro eroe nel proposito o si rivelerà un bluff? Esistono, o no, milioni di italiani, beoni, sono disposti a tutto pur di votarlo credendogli a priori e bevendosi tutto? E' la solita strategia dell'effetto annuncio: la sparo grossa subito, tanto i media mi coprono le spalle, poi man mano aggiusto il tiro e trasformo il tutto nel solito giroconto: levo da un lato e ci rientro dall'altro affinchè tutti siano felici, Commissione UE compresa.... tutti felici, tutti più poveri tranne i, veri, ricchi che già sapranno come fare e chi votare per evitare che anche un cent gli esca dalla tasca: non è un caso che è aumentata esponenzialmente la loro migrazione all'estero non da ora...

martedì 1 settembre 2015

44 mila in più....

tanto rumore per nulla..... + 44 mila posti di lavoro. S'inneggia alla ripresa, al corretto funzionamento del job act ecc. in realtà anche se l'aumento degli occupati è sempre positivo di ripresa del lavoro non si può proprio parlare: qui si parla di una diminuzione dal 12.9 al 12%, quindi uno 0,9: niente a che vedere che so con l'america del new deal che dava lavoro, anche facendo buchi per poi riempirli, che vedeva centinaia di migliaia di posti di lavoro in più in pochissimo tempo. Lì però c'era lo Stato che interveniva (nonostante il parere contrario della finanza storica, prescott bush in testa.. lo stesso che finanziava i nazisti della prima ora); c'era anche la paura del comunismo (molto teorica e sventolata ai ceti abbienti per fargli scucire montagne di soldi attraverso una tassa sui grandi patrimoni del 400% più alta del normale); c'era la necessità di risollevare le sorti di una intera nazione: insomma un altro pianeta molto lontano da noi... oggi non è così: la finanza non ha confini e gestisce trilioni di dollaroni che si muovono a velocità luce per il pianeta sempre a caccia di investimenti per specularci sopra; c'è un ceto dirigente non all'altezza della situazione; un enorme massa di diseredati sempre, compassionevolmente e per gentile concessione della politica e della finanza, tenuti poco sopra il limite della sopravvivenza e che vive una vita precaria senza alcuna possibilità di migliorare la propria condizione (Orwell docet), anzi di fronte ha l'attrettanto grande massa di poveri veri verso cui rischia di scivolare. Quel 0,9 hai voglia a sventolarlo... c'è poco da festeggiare anche perchè semmai può esser letto, molto più correttamente secondo me, come il fallimento, un altro, della ricetta liberista che continuano pedestremente a seguire!
Vi suggerisco di leggere quest'articolo di Pietro Garibaldi per la Voce.info (non certo un covo di comunisti disfattisti) pubblicato oggi sul Fatto Quotidiano dal Titolo "Lavoro, la calda estate delle statistiche difficili dal leggere" perchè da un esempio, semmai non fosse chiaro ai più, di COME si leggono i dati e di COME li si interpretano senza trionfalismi......

lunedì 31 agosto 2015

Borse a picco, cinesi imprevedibili. Ma l’Occidente non ha colpe?

articolo scritto da Loretta Napoleoni sul Fatto Quotidiano del 30/8/2015
Il lunedì nero della borsa cinese ha fatto riversare fiumi di inchiostro sulle prime pagine dei giornali finanziari. Le critiche nei confronti del governo di Pechino sono tante e tutte sembrano avere la stessa matrice: la Cina è ancora comunista.

In un articolo del Financial Times, pur ammettendo che il panico che il crollo degli indici di borsa cinesi ha prodotto nel mondo era infondato, si accusa il governo di essere incompetente in materia finanziaria. Se è vero che in finanza ciò che conta sono i risultati, un motto che dal crollo della Lehman Brothers è diventato il mantra delle banche centrali e dei governi occidentali, allora il semplice fatto che venerdì Piazza affari cinese ha chiuso in attivo guadagnando più della metà di quanto è stato perso lunedì (- 8,5 per cento), basta per affermare che, almeno nel brevissimo periodo, il peggio è stato evitato.

Il problema di fondo è che la politica monetaria e finanziaria cinese sono imprevedibili. Naturalmente anche quella occidentale è poco chiara rispetto al passato, sappiamo se la Riserva Federale alzerà i tassi d’interesse o meno nelle prossime settimane? Assolutamente no. L’economia globalizzata condiziona le politiche delle singole nazioni a quelle delle altre, quindi un crollo degli indici cinesi della portata di quello di lunedì scorso può costringere la Riserva Federale americana a posporre l’aumento dei tassi, perché ha indebolito i mercati finanziari mondiali trascinando in rosso tutte le piazze affari, inclusa quella di Wall Street.

Ma in Occidente le relazioni tra banche centrali, governi e mercato finanziario sono molto ‘intime’. L’élite del denaro e quella della politica si muovono nelle stesse cerchie sociali. La gente parla e lascia intendere. Quindi è più facile farsi un’idea di quello che succederà. Ad esempio, nessuno mette in dubbio che la Banca Centrale Europea continuerà a sostenere la Grecia. Certo anche da noi ci sono le sorprese, nessuno si aspettava che la Banca centrale svizzera abbandonasse da un giorno all’altro la difesa del tasso di cambio franco nei confronti dell’euro. Ma in generale, questo tipo di evento straordinario è raro.

Diverso è il discorso nei confronti dell’élite cinese. Nessuno vanta un legame abbastanza stretto per poter ‘prevederne’ le mosse. Senza parlare della struttura mista dell’economia, dove decisioni a carattere ‘socialista’, come la svalutazione dello Yuan e l’abbandono del pegging con il dollaro, possono essere prese senza alcun problema.

Sarebbe meglio ammettere che il sistema cinese è diverso da quello occidentale e proprio a causa di queste diversità strutturali funziona in un altro modo. Sicuramente la svalutazione ed il crollo degli indici di borsa fanno parte del meccanismo di aggiustamento cinese, lasvalutazione, ad esempio darà impeto alle esportazioni ed il crollo finanziario ha sgonfiato la bolla. Per ora tutti questi aggiustamenti sembrano funzionare, la Cina ha rallentato la sua corsa verso lo sviluppo, ma mantiene ancora un tasso del 7 per cento, che noi occidentali non ci permettiamo neppure di sognare.

Tra le tante critiche mosse alla politica di Pechino questa settimana c’è la perdita della fiducia dell’investitore occidentale, che con il crollo di lunedì ha perso bei soldi. Si vuole ammonire la Cina che se continua così allora non vedrà più in borsa i nostri soldi. Nessuno riflette che forse la bolla è legata proprio a questo, al massiccio ingresso degli investitori globali nel mercato finanziario cinese grazie al progressivo processo di liberalizzazione, un fenomeno che Pechino ha sempre temuto. Forse un’interpretazione alternativa è la seguente: il crollo non vuole solo sgonfiare la bolla ma ripulire la piazza dalla speculazione occidentale. Staremo a vedere.

p.s.

spero che serva a fare chiarezza...

domenica 30 agosto 2015

la nuova finanza globale

siamo ciò che siamo....
pecore che imitano i lupi
buona domenica

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