venerdì 15 marzo 2019

Banca Giappone critica teoria MMT, ma la applica da 30 anni

Fonte: W.S.I. 15 Marzo 2019, di Mariangela Tessa

Il numero uno della Banca centrale del Giappone, Haruhiko Kuroda, critica la MMT, Modern Monetary Theory, bollandola come “estrema”. Dichiarazioni che sollevando un polverone sul web, visto che come ricordato alcuni osservatori, il Giappone pratica questa teoria da circa trent’anni.
“Penso sia una teoria estrema, che non dovrebbe essere accettata. Il governo ha la responsabilità della propria politica fiscale” ha spiegato Kuroda, parlando con i giornalisti, dopo la due giorni di riunione della BoJ, ricordando che il  debito del Giappone è molto alto ed è quindi importante che  migliori le casse pubbliche nel lungo termine.
Sulla base della MMT, quando uno Stato o un’altra autorità centrale emette la moneta con la quale stampa i propri titoli di debito, virtualmente ha sempre la possibilità di ripagare le proprie obbligazioni mediante monetizzazione dei deficit. 
Ne consegue il fatto che per poter finanziare gli investimenti pubblici utili per poter ridare slancio alla ripresa economica e alla domanda, lo Stato non sia costretto ad incrementare la pressione fiscale.
Questa teoria trova piena applicazione in Giappone, dove tra l’altro le politiche ampiamente espansive degli ultimi anni e confermate anche oggi hanno avuto poco o nessun effetto sull’inflazione.
Come ha scritto Gearoid Reidy su Bloomberg:
“Kuroda finalmente ha affermato che la politica monetaria moderna è un’ idea estrema. Ovviamente il Giappone ha praticamente applicato la MMT negli ultimi tre decenni, con un’eccezione cruciale: quando deve fingere di preoccuparsi davvero del debito”.

giovedì 14 marzo 2019

IL DOPPIO STANDARD, commerciare con la Cina è un "peccato" ma con paesi come l'Arabia Saudita è un 'dovere'

Fonte: Informazione consapevole Di Salvatore Santoru
In questi giorni si sta parlando molto degli accordi economici che l'Italia dovrebbe fare con la Cina. Tali accordi sono alquanto criticati da una certa parte delle cosiddette 'élite occidentali' e una delle principali motivazioni, tra le altre, sarebbe il fatto che il paese asiatico non sia conforme al modello liberal-democratico occidentale.
Tale preoccupazione è certamente fondata ma, d'altro canto, non si può non segnalare un certo 'doppio standard'. Difatti, se è pur vero che esistono situazioni controverse e discutibili in Cina, che dire di paesi come l'Arabia Saudita o gli Emirati (ecc) ?
Con tali paesi, governati da regimi ben poco rispettosi di diritti umani/civili, l'Italia e altri paesi occidentali fanno molti accordi ma ciò non desta sospetto in quanto 'il commercio è sempre commercio'.
D'altronde, la maggior parte di tali stati risultano alleati storici degli Stati Uniti o di altre potenze occidentali e quindi il problema (nel caso cinese) sembrerebbe maggiormente di carattere geopolitico piuttosto che una mera questione di diritti e di sicurezza.
Il punto di tale breve articolo non è contrastare le legittime e anche abbastanza condivisibili perplessità nei riguardi degli accordi con la nazione asiatica ma, semmai, segnalare un certo 'interessato allarmismo' e tale 'doppio standard'.

mercoledì 13 marzo 2019

Commerzbank Deutsche Bank: come la Germania aggira il bail-in

Fonte: W.S.I. 13 Marzo 2019, di Alessandra Caparello

Diventa sempre più concreta la fusione tra i due colossi tedeschi Deutsche Bank e Commerzbank. Tante le indiscrezioni di stampa, da quelle del Welt am Sonntag a quelle di Reuters, secondo cui i colloqui starebbero andando avanti  da un po’ di tempo e starebbero diventando seri.
Deutsche Bank, prima banca tedesca, è in crisi da anni e solo nel 2017 ha registrato una perdita da mezzo miliardo. Per salvare l’istituto di Francoforte la soluzione messa in campo dal governo di Angela Merkel è la fusione con una banca più in salute, Commerzbank per l’appunto.
Un funzionario vicino al governo tedesco ha affermato che il ministro delle finanze Olaf Scholz e l’Spd, il partito socialdemocratico, stanno lavorando attivamente all’operazione, ma anche i conservatori guidati da Merkel avrebbero accettato l’idea della fusione. Il nodo principale pare che riguardi il processo di implementazione.
La fusione ha grosse implicazioni in EuropaMa la fusione è un progetto che ha implicazioni non solo tedesche ma anche europee, visto che porterebbe alla nascita del secondo polo finanziario dell’Eurozona dietro Bnp Paribas. Si tratterebbe di un colosso con circa 2.000 miliardi di euro di asset, 845 miliardi di euro di depositi, oltre 2.500 filiali e 141.000 addetti. Di contro si parla di 30mila posti di lavoro che andranno persi in Deutsche Bank.
Come ci sarà la fusione ancora non è dato saperlo ma quello che balza subito agli occhi è che a pagare il conto non saranno i risparmiatori tedeschi, visto che Berlino non userà le regole del bail-in come successo peraltro con la NordLb.
Ancora una volta la Germania che ha tanto spinto per attuare le norme sul salvataggio delle banche in Ue, le aggirerà e come scrive MilanoFinanza  la Commissione Ue, dopo aver fatto le pulci all’Italia, dovrà dare l’ok alla maxi-fusione con denaro pubblico dopo lo stop al sostegno a piccole banche da parte del Fitd finanziato con soldi privati

lunedì 11 marzo 2019

I PRIMI DATI Reddito di cittadinanza: Lombardia e Piemonte tra le prime cinque regioni che ne hanno fatto richiesta

Fonte: Identità Insorgenti (ma pure sulla versione cartacea del Fatto Quotidiano di oggi e su altri media anche online)
Dopo tanto parlare di Reddito di Cittadinanza i media mainstream si aspettavano lunghe code agli sportelli del Sud per consegnare la documentazione: ma alle Poste e nei Caf, dove i dipendenti erano pronti a giornate più intensa delle altre, sono state ore abbastanza tranquille, a dispetto di chi diceva che ci sarebbe stato l’assalto alla diligenza da parte dei cittadini meridionali.
Invece sorpresa delle sorprese: tra le prime cinque regioni che stanno chiedendo il reddito di cittadinanza, la prima è la Lombardia. E solo due sono le regioni del sud in classifica. La Campania, seconda (che però se la gioca al fotofinish con la regione del Nord, in costante testa a testa). E la Sicilia, quarta. Terza regione è il Lazio, quinta il Piemonte.
Nella due giorni grillina a Milano, il vicepremier Luigi Di Maio ha sottolineato il primato della Lombardia. “Proprio la Lombardia, in queste ore, è  la prima regione per numero di richieste di reddito di cittadinanza. Ci tengo a evidenziarlo per dire che a tutti puà capitare di avere delle difficoltà ed è quando ci sono le difficoltà inattese che capisci se hai uno Stato dalla tua parte o non ce l’hai”. Il dato che vede la Lombardia guidare la classifica, che anche Matteo Salvini ha sottolineato con “orgoglio”, sembra però dimostrare due cose: che l””assistenzialismo”, come molti hanno definito la misura del governo per il riequilibrio sociale, sembra piacere molto anche al Nord. E che evidentemente nella povertà siamo tutti fratelli d’Italia…
I dati dei primi cinque giorni
Questo il primo bilancio, che riguarda solo Poste Italiane e non i caf. Dopo cinque giorni sono oltre 122 mila le domande pervenute a Poste italiane nei primi tre giorni di avvio del reddito di cittadinanza. Di queste 95.994 sono state presentate presso gli uffici postali e 18.292 online. A comunicarlo ufficialmente è sempre una nota del ministero del Lavoro. Le prime cinque regioni per numero di richieste, al momento, sono Lombardia, Campania, Lazio, Sicilia e Piemonte.

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