venerdì 13 luglio 2018

Corbyn ai partiti Ue di sinistra: "Dite no all'austerity o gli elettori..."

Fonte: Affari italiani Venerdì, 13 luglio 2018 - 18:21:00  di Carlo Patrignani
L'ipotesi di una 'Brexit progressista', ossia di una uscita 'a sinistra' dalle politiche di austerità dell'Ue, ispirata al programma di riforma strutturale del capitalismo finanziario del leader laburista Jeremy Corbyn, tiene in apprensione l'establishment di Bruxelles: il timore è dover far i conti, anche a breve per le crescenti difficoltà della Premier Teresa May, con una maggioranza di governo non più nelle mani dei conservatori, i Tories.
Si tratta per ora di segnali ma molto significativi, ricavati dall'attivismo di Corbyn, probabile neo Premier a Downing Street nel caso di elezioni anticipate, che in Olanda ha lanciato un chiaro messaggio: "se i partiti socialisti e socialdemocratici europei non rifiutano le politiche di austerità e il neoliberismo saranno rifiutati dagli elettori".
Così ha titolato giorni fa The Indipendent: 'Corbyn tells European social democrats: Reject austerity and neoliberalism or voters will reject you', in un lungo reportage - trascurato dai nostri media - sull'incontro avuto dal leader laburista con i laburisti d'Olanda.
L'ampio intervento di Corbyn, a un convegno del Partito laburista olandese, ha messo in chiaro, da una parte, che l'immigrazione non è di per se il problema principale: è più 'un'arma di distrazione di massa' che una questione reale, dato che non c'è alcuna invasione e dall'altra la persistenza di un 'deficit strutturale' della cultura politica - persino working class è sparita, come se i lavoratori fossero inesistenti - della sinistra in Europa che ha favorito la diffusione dei populismi di destra e ha finito per rafforzare le elite di Bruxelles.
"E' tempo di cambiare in Europa - è stato l'incipit di Corbyn - Ma i partiti socialisti europei porteranno questo cambiamento solo se c'è un chiaro rifiuto di un modello economico e sociale che mette gli operai l'uno contro l'altro, che vende la nostra ricchezza (i cosiddetti beni comuni) collettiva a prezzi stracciati e dà un immeritato sussidio ai banchieri e ai capi delle corporazioni. Se non guidiamo questo cambiamento, altri lo faranno sicuramente. Il sistema fallito ha fornito terreno fertile per la crescita della politica xenofoba e del capro  espiatorio: se non offriamo una alternativa chiara e radicale e una speranza per un futuro migliore e più prospero, la politica dell'odio e della divisione continuerà ad avanzare nel nostro continente".
Quindi, rivolto ai partiti socialisti e socialdemocratici europei, ha aggiunto "rifiutate l’austerità o vi troverete ad affrontare il rifiuto dei votanti. Se i nostri partiti sembrano solo un'altra parte dell’establishment, che sostiene un sistema economico fallito, disegnato per le élite ricche del mondo economico, saranno rifiutati. E i falsi populisti e chi sfrutta la questione dei migranti (la destra) riempiranno tale vuoto".
La preoccupazione - derivata dall'attivismo di Corbyn - che aleggia nelle alte sfere, le elite, dell'Ue è quella di dover far a breve i conti con il progetto culturale e politico del leader del Labour Party che si basa sull'analisi e la critica del capitalismo - tema lasciato cadere dalle sinistre europee dopo il crollo del Muro di Berlino - rimettendo al centro le nazionalizzazioni dei taluni servizi pubblici universali: sanità, trasporti, istruzione, casa; l'occupazione e il lavoro; la tutela dei beni comuni; la qualità della vita e la libera circolazione non solo delle merci ma anche e soprattutto delle persone.
E questa preoccupazione è alimentata da una campagna di mobilitazione perchè non si realizzi la Brexit della May che permetterà ai Tories - sostiene il tank tank Another Europe Is Possible - "di liberalizzare ulteriormente l'economia, di ridurre i diritti dei lavoratori e le protezioni ambientali, di punire i migranti per i fallimenti delle élite", ma, appunto, di promuovere 'A Brexit progressive', una Brexit di marca progressista, ovviamente ispirata da Corbyn.
"I laburisti di Corbyn hanno mobilitato milioni di persone, offrendo speranza per un governo per molti non pochi, for the many, not the few - è la campagna di Another Europe Is Possible - E' nell'interesse di un futuro governo laburista fermare i Tories e mantenere la Gran Bretagna nell'Ue". Per realizzare il suo programma e per dar man forte alle sinistre europee.

giovedì 12 luglio 2018

Pensioni, altolà Corte dei Conti: riforma Fornero non si può cambiare

Fonte: W.S.I. 12 luglio 2018, di Alessandra Caparello

La Legge Fornero, quella annunciata dall’ex ministro in lacrime durante la conferenza stampa, è stata “brusca ma necessaria” dice la Corte dei Conti che oggi lancia l’altolà al governo: non si può cambiare.
Lo si legge nel rapporto 2018 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica in cui si sottolinea che spazi per modulare la legge di riforma previdenziale del 2011 oggi sono strettissimi.
“La correzione sul fronte del sistema pensionistico è stata imposta dalla virulenza della crisi sovrana. Negli ultimi anni il legislatore si è trovato di fronte a due implicite sfide: da un lato, correggere gli effetti indesiderati della legge Fornero e, dall’altro, monitorare il processo di riforma con riguardo agli andamenti complessivi della spesa nel breve e nel lungo termine (ndr. A seguito) di un attento monitoraggio delle tendenze in atto e della predisposizione di eventuali interventi correttivi, l’insieme delle evidenze di cui oggi disponiamo soprattutto di quelle in materia di proiezioni della spesa nel lungo periodo, spinge a ritenere che sono stretti, se non del tutto esauriti, gli spazi per ulteriori attenuazioni degli effetti correttivi della legge Fornero, a meno di un ripensamento complessivo del sistema”.
Una doccia gelata per il governo giallo-verde che della riforma alla legge Fornero ne ha fatto uno dei capisaldi della campagna elettorale, sia da parte di Lega che dei Cinque Stelle. Proprio ieri le parole del ministro Luigi Di Maio  intervenuto su quota 100 e quota 41 che permetteranno di superare la riforma Fornero, affermando che il governo  è “al lavoro”,  e sta “valutando visto che non tutte le possibili combinazioni sono convenienti”.
Nel suo rapporto poi la Corte dei Conti sottolinea come sia necessario affrettarsi a ridurre e in prospettiva a rimuovere, l’inevitabile pressione de debito pubblico sui tassi di interesse e sulla complessiva stabilità finanziaria del Paese e una nuova riforma fiscale.
“Necessità di una più strutturale del sistema impositivo per renderlo coerente con una maggiore equità e con un più favorevole ambiente per la crescita”.

mercoledì 11 luglio 2018

Italexit, per BlackRock governo ambiguo, “banco di prova: legge di bilancio”

Fonte: W.S.I. 11 luglio 2018, di Mariangela Tessa

Continua a tenere banco tra gli esperti l’ipotesi di una disgregazione dell’eurozona e delle conseguenze che uno scenario del genere potrebbe determinare. A questo proposito, oggi, il fondo americano BlackRock ha messo in guardia i Paesi europei, Italia in testa, dai rischi connessi a un’uscita dall’euro.
Sulla tenuta della moneta unica “esistono dei rischi sicuramente”, ma i Paesi Ue devono essere “attenti ai danni auto-inflitti” perché “ci troviamo in un sistema fluido e oggi i diversi populismi europei tirano tutti in direzioni diverse”, ha spiegato Bruno Rovelli, chief investment strategist di BlackRock Italia durante un incontro con la stampa.
Parlando del caso Italia, Rovelli ha specificato che, dopo le elezioni politiche del 4 marzo,
“eravamo colpiti dalla mancata reazione del mercato, nonostante ci fossero scenari possibili che non sarebbero stati graditi” agli investitori. E qui il manager di BlackRock torna su quelli che definisce i “danni auto-inflitti”, citando la bozza del contratto di governo, che “conteneva cose che non potevano non risvegliare i mercati”.
Nonostante poi sia stata smentita, “il solo fatto di averla pensata, vuol dire che da qualche” quelle ipotesi “esistevano”. A distanza di oltre un mese dall’avvio del governo Conte, “l’ambiguità di fondo e rimasta uguale” e “si fa fatica a trovare un punto di coesione”.
Rovelli cita le differenze tra le rassicurazioni del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e altri esponenti della maggioranza sul fronte economico. Per questo, conclude, la prossima Legge di bilancio “costringerà tutti a uscire allo scoperto” e permetterà di capire “in modo più chiaro come il governo pensa di procedere”. Nell’attesa, “se si guarda ai puri fondamentali dell’Italia, gli spread sono più larghi di quanto sia giustificato”.

martedì 10 luglio 2018

Siria, l’Opac conferma che a Douma non fu usato gas nervino

Fonte: Il Fatto Quotidiano Mondo | 10 luglio 2018 
Ancora una volta si trattava di una bieca menzogna. Di una bieca menzogna volta a far passare, presso l’opinione pubblica, un disumano attacco imperialistico per un nobile intervento umanitario. Già accadde con l’Iraq di Saddam. E ora è accaduto nuovamente con la Siria di Assad. Per mesi, a reti unificati, i pedagoghi del mondialismo e gli stregoni della notizia ci hanno letteralmente tempestati, senza tregua: in Siria, non v’era dubbio, Assad usava le armi chimiche. Ergo occorreva intervenire d’imperio e manu militari per fermarlo.
La solita storia, vecchia quanto quella, narrata da Fedro, del lupo e dell’agnello. La talassocrazia del dollaro aveva già deciso, come il lupo con l’agnello, di aggredire la Siria, rea di essere uno Stato sovrano non allineato con il nuovo ordine mondiale americanocentrico e, per di più, colpevole di essere per più ragioni in una posizione assolutamente strategica. Occorreva agire secondo i più vieti schemi dell’imperialismo, nobilitandolo come umanitario ed etico. Lacrimevoli omelie di Saviano, servizi strappalacrime dei telegiornali, e via discorrendo. Il potere intellettuale agiva a pieno regime, sostenendo senza riserve il potere materiale.
E ora apprendiamo ciò che già sapevamo. L’Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) dice ora nel suo rapporto preliminare di non aver rinvenuto prove di attacchi chimici con gas nervino da parte dell’esercito regolare siriano contro la città di Douma, alla periferia di Damasco. Si fa solo riferimento al possibile e tutto da dimostrare uso del cloro. Per mesi io stesso venni deriso, schernito e vituperato quando, in radio, in televisione e nei miei articoli dicevo, solo contro tutti, che era una bieca invenzione made in Usa per vili fini imperialistici. Ora non una televisione, non una radio, non un quotidiano nazionale che diffonda la notizia. Nessuno che abbia il coraggio di dire che ci hanno presi in giro per mesi.
Sorge allora spontanea la domanda sollevata a suo tempo da Cicerone. Per quanto tempo ancora abuserete della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora vi prendete gioco dei popoli più deboli per i vostri biechi fini imperialistici?
Mondo | 10 luglio 2018

lunedì 9 luglio 2018

Trump in Ue: Nato trema in vista del summit con Putin

Fonte: W.S.I. 9 luglio 2018, di Alessandra Caparello 
Grande attenzione per l’arrivo del presidente Donald Trump a Bruxelles mercoledì e giovedì prossimo per il vertice NATO.
Il motivo dell’apprensione riguarda il budget per la difesa dell’Organizzazione, terreno di scontro tra Ue e Usa con Washington che ha minacciato a più riprese di voler ridurre l’apporto.
In più occasioni Trump ha manifestato una certa insofferenza per il fatto che i paesi europei, in primis la ricca Germania, sono del tutto distanti dall’obiettivo del 2% del PIL concordato nel 2014.
“Una continua inadeguata spesa militare tedesca nella difesa mina la sicurezza dell’Alleanza e legittima altri alleati a non venire incontro ai loro doveri di spesa, perché vedono la Germania come un modello”.
Così scriveva il tycoon in una lettera inviata alla cancelliera tedesca Angela Merkel poco tempo fa e rivelata dal New York Times. Da qui il presidente Trump ha minacciato, qualora le cose non cambiassero, di essere pronto anche a tirarsi indietro.
“Diventerà sempre più difficile giustificare agli occhi dei cittadini americani perché alcuni paesi non condividono il peso della sicurezza collettiva della Nato, mentre soldati statunitensi continuano a sacrificare le loro vite all’estero o a tornare in patria gravemente feriti”.
Ma a destare preoccupazione è anche il possibile riavvicinamento tra Usa e Russia. Il presidente degli Stati Uniti e il presidente russo si incontreranno subito dopo, il 16 luglio, in un vertice storico a Helsinki.
Donald Trump ha fatto della sua intenzione di cercare una convergenza con Mosca e Vladimir Putin una priorità durante la sua campagna elettorale del 2016, mettendo in allarme i suoi detrattori. E gli alleati NATO sono i più in allarme, visto che con la nuova alleanza Trump-Putin verrebbe meno uno dei motivi principali per aumentare le risorse economiche per garantire la difesa della NATO, ossia la minaccia di aggressione militare dal Cremlino.

domenica 8 luglio 2018

Angela Merkel non vuole più i migranti. E in Europa torna l’idea di internare i diversi

Fonte: Il Fatto Quotidiano Economia Occulta | 8 luglio 2018 

Il 7 luglio quella che si considera la sinistra italiana, che tradotta in termini moderni è la componente liberal, progressista, anti-Salvini e così via del Paese, ha indossato una maglietta rossa per sensibilizzare alla crisi dei migranti l’altra fetta dell’Italia. Ma è evidente che il modo in cui l’attuale governo sta gestendo questa crisi in fondo non dispiace agli italiani. E infatti l’accordo stipulato a Bruxelles dieci giorni fa non è stato contestato dalla stampa o dall’opposizione (quella che dovrebbe esserci sempre in un Paese democratico). In realtà l’accordo era uno specchietto per le allodole, volutamente ambiguo per poter essere manipolato dai vari leader che lo hanno firmato.
Esiste un’espressione anglosassone che ne riassume bene la sua ambiguità “il diavolo si nasconde nei dettagli”. E infatti, mentre sulla carta si dice che è stata trovata una soluzione, in pratica non si sa come verrà applicata. Il punto cruciale è cosa fare dei migranti che riescono a raggiungere il suolo europeo, come stabilire chi ha diritto all’asilo, ma soprattutto dove farlo? Senza parlare poi dei costi dell’assistenza e dei rimpatri. L’accordo prevede centri di accoglienza volontari, in altre parole saranno le nazioni a decidere se vorranno aprirli oppure no sul loro territorio e già diverse hanno detto che non succederà a casa loro.
I tedeschi, come al solito, hanno suggerito uno stratagemma: i rifugiati verranno internati in una striscia di territorio al confine tra Germania e Austria che verrà considerata né territorio tedesco né austriaco, per poter negar loro ogni pretesa di diritto legata alla territorialità. Bruxelles ha già storto la bocca, ma l’idea potrebbe essere supportata da altri leader. In fondo se i migranti non possono essere fermati alle porte dell’Europa meglio radunarli in centri ad hoc in Europa da dove poterli rimpatriare. E così nel vecchio continente torna l’idea di costruire campi dove internare gli altri, i diversi, i migranti, i rifugiati, gli extra-comunitari.
La crisi dei migranti, l’ennesimo terremoto politico e sociale che scuote l’Unione europea, mette a nudo nuove realtà nazionali e nazionaliste che nulla hanno a che vedere con il sogno di un’Europa unita e pacifica ma che si riallacciano a sentimenti manifestati nel periodo tra le due guerre. Chi lo avrebbe detto che saremmo scivolati di nuovo lungo questa china? Tra le metamorfosi più preoccupanti c’è la progressiva scomparsa della vecchia Germania, apertamente liberale e anti-razziale, e l’emergere di una nazione molto più ricca degli altri Stati membri dell’unione, intenzionata a difendere i privilegi conquistati negli ultimi decenni.
Lo scontro al vetriolo sulla questione dei migranti, come lo ha definito la stampa anglosassone, tra la cancelliera Angela Merkel e il suo ministro degli Interni, Horst Seehofer, e il compromesso raggiunto confermano queste riflessioni. A Bruxelles si fatica a capire cosa stia realmente succedendo a Berlino, possibile che la Merkel abbia abbandonato la politica del benvenuto lanciata nell’estate del 2015 per difendere la propria poltrona? L’internamento dei migranti fa paura, specialmente se messo in relazione alla politica delle frontiere aperte promossa dall’Unione e difesa sempre dalla Merkel. Certo è che se non si vuole controllare chiunque cerchi di varcare il confine tra l’Austria e la Germania – e cioè porre fine a Schengen – a chi lo attraversa verranno necessariamente applicate metodologie pericolose, come il profiling razziale, in altre parole chi ha gli occhi azzurri ed i capelli biondi non verrà fermato alle frontiere mentre chi è di colore lo sarà.
La storia si ripete? Speriamo proprio di no. Anche sul piano economico la nuova Germania sembra allontanarsi sempre di più dall’Unione, secondo uno studio condotto dalla prestigiosa think thank, Bruegel, è infatti tra le nazioni che meno si conformano alle raccomandazioni e direttive specifiche della Commissione europea. In altre parole, quasi sempre Berlino le ignora. E questo avviene a 365 gradi, dalle misure per aiutare ad integrare i lavoratori migranti fino alle linee guida sulle priorità degli investimenti pubblici.
Molte delle raccomandazioni di Bruxelles fanno parte di una politica di lungo termine intenzionata a convincere Berlino a far gravitare la domanda interna e gli investimenti pubblici per ridurre il surplus delle partite correnti. È  questa una crociata che l’Unione europea combatte dalla fine degli anni Novanta contro i politici tedeschi che perseguono invece la filosofia del risparmio e, in fondo, anche contro gran parte della popolazione che vede il surplus delle partite correnti non come un problema ma come una virtù. Un braccio di ferro che nell’era del populismo moderno rischia di danneggiare gli equilibri politici del vecchio continente.
Economia Occulta | 8 luglio 2018

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