giovedì 14 maggio 2015

Ci rubano il tempo per non farci pensare. Ecco il grande complotto

visto su real time
Di Gianfranco Carpeoro - AVVERTENZA! :: questo stralcio su uno scritto di Carpeoro richiede un po' di tempo per essere letto e ... purtroppo sarebbe utile soprattutto a chi "non ha molto tempo" ...


Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. 



Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. 



Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè“affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.



La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”? 



Nel film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e Troisi, Leonardo è un ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono state tolte perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000 pagine di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi. Il tempo è un bene collettivo, ma anche individuale. Il tempo è denaro, si dice, ma non è vero: il tempo non è denaro. 



Il denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro potrai sempre recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E questo è fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati, nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere mondiale, è fondato sulla sottrazione del nostro tempo.



Il tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto: perché, in quanto moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di potere. Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo.



La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. Il miglior consumatore è quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate. In tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. Se un grande filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure un motivo, no?



E quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare. Ma dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook – che è un modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si va a riguardare le scemate che ha scritto in precedenza? 

Facebook non è un libro, un quaderno. E poi a un certo punto ti impedisce di andare indietro. E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini del grande progetto: la sottrazione del tempo. Noi non pensiamo, perché il tempo ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo. 

Chi di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si iscrive al partito che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e facendo causa per averli, i congressi? Certo,nessuno nega che anche Facebook abbia anche i suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del resto, nessuna cosa è mai interamente negativa. In una rivisitazione del “Dottor Jekyll”, Mister Hide deve fare un’azione malvagia, pesca un pesciolino dalla boccia e dice “adesso lo do al gatto”, ma poi ci ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato uno Stato a Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler?



Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità. 



Se ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro particolare, tu non diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi quattro sigari all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore? Quando io ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione di un piacere – che è la sigaretta: te la fumi, senza più neppure accorgerti che stai fumando. Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare a quello che stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare. Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia di persone. Una volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno sarebbe morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris.



Le cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani. E’ stato costruito uno schema per cui la quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente superiore a quella dell’uomo di 400 anni fa. Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata. L’uomo del ‘400 non ti diceva “ok, lo faccio subito”, ma “lo faccio dopo”: era la difesa del principio in base al quale lui sceglieva come destinare il proprio tempo. Su questo presupposto, il vero atto rivoluzionario è riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’ semplice, ed è alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione, costruire un vissuto diverso. Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione del tempo. E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere anche le altre. Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è piaciuta, se ho scelto di vederla, perché anche quella è un’esperienza. Il tempo è perso se sono a una conferenza noiosa e non l’ho deciso io, di andarci. E il tempo perso non è restituibile.



Anche all’interno dello schema della società odierna, noi potremmo riappropriarci di una serie di cose. Rispetto ai concetti più complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa più semplice da spiegare, da far capire. Se a un certo punto ognuno di noi, nel suo piccolo, fa questa operazione su se stesso e la stimola nelle persone che gli sono vicine, scopre che questo è l’unico modo – vero – per recuperare energie per poi rifare progetti e rimettersi in moto. Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso, a livello di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a nulla. Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci il tempo. Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare, esce il computer nuovo che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi lavorando come un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti. Quando dirigevo “Pc Magazine” scrissi un editoriale nel quale dicevo: non comprate l’ultimo modello, perché vi fa risparmiare un’ora di lavoro ma ve ne fa perdere dieci per pagarlo. Il direttore italiano di Cisco ci tolse la pubblicità e inviò una lettera di fuoco, di tre pagine. Risposi con due parole: “Sopravviveremo entrambi”.



Tutto è costruito per fotterci il tempo. 

La macchina da 50 milioni di euro, che può essere il sogno della mia vita, convive col divieto di superare i 130 chilometri orari. Che me ne faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare le Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale. 

A chi non piacerebbe una bella casa, con parco e piscina? Ho un amico industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è stata costruita su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl. 

Un umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda: dove la fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”, dell’orientamento fatto in modo serio? 



Il Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una truffa, ma il vero Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro, “così in cielo così in terra”, in alto come in basso. 

Ci sono energie che vengono da sopra e energie che vengono da sotto. Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i livelli: da egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo. Ora, studiare la ragnatela del tellurismo, la ragnatela geo-magnetica, non è semplice. Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire i terremoti.

Io ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i terremoti li prevede. Ci ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè l’espressione del tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le vene, i canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale. 

Ma non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne sappiano qualcosa, di tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo. Le forze che vengono dall’alto, invece, sono alla base del simbolismo astrologico, il cui significato non è quello divinatorio, di stabilire i caratteri dei segni. Il simbolismo astrologico nasce come ancestrale collocazione in un ordine, da parte degli antichi, delle energie che provengono dalle stelle. 



Il testo base della difesa dell’astrologia l’ha scritto Firmico Materno, è un romano del 100 dopo Cristo. La prima cosa che scrive è che l’astrologia non serve per divinare. Tralasciando i fabbricanti di oroscopi, se invece studiamo come questa simbologia ha cercato di raffigurare i potenziali energetici delle varie costellazioni, non dico che possa essere una cosa esatta, ma è una cosa storica, mentre l’astrologia di oggi è come il Reiki, che non è una disciplina tradizionale e nasce per fottere soldi alla gente, su invenzione di un americano del secolo scorso.



Le discipline tradizionali non necessariamente sono esatte, ma hanno una storia. Trovate molte differenze tra il rosario cristiano e il mantra degli indiani? La scansione dei tempi comporta un esercizio di respirazione. E’ la “novena della Vergine” o qualcos’altro? 

Certo che è qualcos’altro: l’hanno teorizzato i benedettini, si chiama Esicasmo ed è lo Yoga dei cristiani. 

E’ uguale: serve a regolare la respirazione per raggiungere un determinato stato di meditazione, solo che i preti si guardano bene dallo spiegare una cosa del genere. 



C’è nel Cristianesimo qualcosa che andrebbe approfondito, ma non te lo dicono, perché per loro non è questo il business. 



Idem per la massoneria: la dottrina massonica non è un business, mentre l’organizzazione massonica lo è. Se voglio fare il business mi interessa l’organizzazione, non la teoria. Poi, certo, mi serve qualcosa di appiccicaticcio per convincere la gente che è una cosa seria – ma come fumo negli occhi, non come materia da approfondire.



Il problema è che la sottrazione del tempo è innanzitutto è un’operazione di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi e vendicativi. Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività, vendicatività e incapacità di subire un torto. 



Alla fine, subire un piccolo torto non è la fine del mondo: se uno ti passa davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne importa? Noi litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché? Perché la sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso. Siamo convinti che non dobbiamo essere fregati. E non capiamo che, in una vita sociale, un poco dobbiamo essere fottuti tutti quanti. Siamo esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un limite entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è oltrepassato. Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre. Succede quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci.



Se tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a prenderti il tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a prenderti il tempo, t’incazzi. Questo è il meccanismo. I primi che si fottono il tempo da soli siamo noi. Se al posto di Facebook avessimo un diario serio, lo scopriremmo che ci fottiamo il tempo. Il problema vero, centrale, è che rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità della vita, piccole rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo fare è riprenderci il tempo. L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso del viaggio, 500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia in Cina in aereo, avrebbe mai scritto il “Milione”? Il senso del viaggio qual è? Chi si organizza le vacanze lo fa, il ragionamento sul senso del viaggio? No, certo, perché gli hanno fottuto il tempo. La sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della vita. “L’ozio e il negozio” dei latini si colloca perfettamente in questo quadro: tutte le cose in cui bisognava pensare erano delegate all’“otium”, non al “negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”, ti va male il “negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’“otium” con calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate.



In realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare entro certi schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. Se tu questo equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è morta. Le nostre energie sociali, la capacità di avere progetti, di scoprire cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero. Diventiamo degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri ci fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo. 



Anche Sant’Agostino diceva “fa’ quel che vuoi”. La gente lo fraintendeva, e pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio” l’ha spiegato: “fa’ quello che vuoi” significa che devi fare quel che vuoi veramente, non quello che ti spingono a fare. “Fa’ quel che vuoi” non significa andare a cercare tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire che non è quel che vuoi, se ci pensi bene. 



Era anche quello che diceva Epicuro: «La felicità è semplice, basta inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna capire qual è il piacere».



 http://paolofranceschetti.blogspot.it/2015/05/ci-rubano-il-tempo-per-non-farci.html
p.s.
vi alscio questo per il week end... sono viaggio quando lo leggerete e spero vi faccia riflettere un pò....

mercoledì 13 maggio 2015

Altiero Spinelli, povero: tradito proprio da tutti

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 12 maggio 2015 a firma di
Va bene che “l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita”, così come si legge in quella pietra miliare che è stato il Manifesto di Ventotene, vergato da Altiero Spinelli, padre dell’Europa. Ma la cosiddetta libertà di trovare rifugio nel gruppo misto, così come fatto anche da Barbara Spinelli che ha mollato la Lista Tsipras, sa di presa in giro. Proprio nel momento in cui al premier ellenico servirebbero consigli, appoggi, proposte e sponde, ecco che la lista che porta il suo nome naufraga. E chi non ha contribuito a cementare idee, spunti, valori e strategie punta il dito contro un’atomizzazione che nei fatti è anche conseguenza di quegli strappi e quelle litigiosità elevate al cubo. Il tutto mentre Atene è questa volta sì a un passo dal default.
Non è stato un bell’esempio il comportamento di Barbara Spinelli. Con tutto il rispetto per l’intellettuale, l’editorialista e per il cognome che porta – ma forse proprio per questo – ci si sarebbe attesa altra direzione di marcia. Prima la promessa di lasciare il seggio, poi lo strappo con la Lista Tsipras ma prima un vuoto valoriale. Non c’è bisogno di indossare una casacca politica o cromatica per lavorare affinché l’Europa aggiusti il tiro di politiche e direttrici di marcia. Il patriottismo euromediterraneo dovrebbe essere un timbro ben presente nella carta di identità tanto degli italiani quanto dei tedeschi.
Gli spunti dei padri fondatori dell’Unione, Spinelli, Adenauer, De Gasperi, Schuman sono stati traditi da una classe dirigente inetta e irresponsabile che ha prodotto regole uguali per Paesi ancora diversi, un’unione monetaria prima che politica, la farsa di commissari ad hoc che non si occupano delle materie per le quali sono stati nominati (non dimentichiamo l’assenza di Mogherini al vertice Merkel-Hollande-Putin a Mosca: un pugno in faccia all’Ue).
Prima di invocare gli Stati Uniti d’Europa (oggi più un’utopia che una meta reale), serve interrogarsi su quale sia la sovranità nazionale dei singoli membri del club Ue. O in che misura immaginare di ritagliare uno spazio comunitario per le singole istanze territoriali quando ad esempio il ruolo di porta mediterranea non vale all’Italia un sostegno concreto sul fronte immigrati, con l’apposito ente, il Frontex, situato illogicamente a Varsavia e non, come sarebbe più ragionevole, nel cuore del Mesogheios. Due Europe, due monete, due Stati, due bilanci? Oggi non più un rischio ma una realtà, con il vago comportamento di chi, pur sentendosi investito di galloni, poi finisce per comportarsi come il comandante Schettino abbandonando la nave e tradendo un cognome e tante idee.
Il poeta greco Giorgios Seferis, Nobel per la letteratura nel ’63, nella poesia “Rifiuto” scrisse: “Su di una spiaggia segreta bianca come una colomba morivamo di sete ma l’ acqua era salata. Sulla spiaggia dorata scrivemmo il suo nome; ma venne bella la brezza dal mare e cancellò le parole. Con quale spirito, quale animo, quale desiderio e quale passione afferrammo la nostre vite: un errore! Così cambiammo la nostre vite“.
Ecco, il cambiamento in questa Europa azzoppata non ci sarà a breve se continueranno a non esserci statisti, idee lungimiranti, atteggiamenti esemplari. Perché un buon esempio, quasi sempre, è meglio di mille leggi.
Twitter: @FDepalo
p.s.
a tutto c'è un limite a maggior ragione per una cosiddetta ICONA della sinistra italiana come Barbara Spinelli figlia di Altiero..... che non mi venga più a dire che la sinistra italiana sia ancora viva e vegeta perchè finora, e mi spiace aver fatto da Cassandra perchè lo sostengo fin dal primo giorno dell'apertura di questo (nel mondo virtuale); nel mondo reale, fin dal 1990..... ci sarebeb da nascodersi alla vista dei cittadini che hanno votato per questi individui mentre invece continuerà a girare per il vecchio mondo e magari la ritroveremo in qualche altra lista a dire cose che, visto questo precedente, evidentemente non pensa proprio. E nemmeno mi si venga a parlare di solidarismo e internazionalismo!!!

martedì 12 maggio 2015

i, falsi, numero della ripresa...

il comune cittadino, quello che ascolta la radio e la tv, dirà: ma come l'istat dai dei dati deludenti e l'inps dice l'esatto opposto sull'occupazione (e quindi) sulla ripresa? E a prima vista sembra essere così... ma solo a uno sguardo superficiale..... in realtà hanno una loro coerenza e una loro verità se, edico se, li si guarda come insiemi che, dovrebbe, rappresentare la realtà.
Il dato Istat è semplice: nuovi contratti; trasformazioni; partite iva, o finte tali, e autonomi ecc. e dall'altro lato nuovi occupati, trasformazioni, licenziati ecc. il tutto a campione naturalmente... sono dati veri e credibili? Si perchè registrano "nascita", "trasformazione" e "fine", altro non c'è.
Quelli Inps invece ci dicono altro e sono più particolareggiati e NON sono a campione ma fotografano quanto comunicato dalle varie realtà del paese...... c'è una differenza netta: l'inps nel registrare una, ad esempio, trasformazione da contratto di lavoro autonomo a subordinato non registra un "disoccupato" in più fra gli autonomi e uno in più fra i dipendenti.... semplicemente cancella una figura e la traspone nell'altra molto linearmente cosa che l'ista non fa: tutto qui.
Ecco eprchè i dati, anche se possono sembrare contrastanti, in realtà sono ASSOLUTAMENTE sincronici perchè guardano la stessa realtà da angolazioni diverse e, se si fosse intellettualmente onesti, chi li legge e fa parte di istituzioni politiche dovrebbe semplicemente astenersi dal commentare tirando i due enti per la giacca perchè le due rilevazioni pur se guardano, ripeto, la stessa realtà arrivano a diverse conclusioni perchè diversi sono gli obiettivi che hanno istituzionalmente parlando: l'una deve registrare la geografia del lavoro, l'altra deve registrare i flussi e le evoluzioni, del percorso lavorativo degli occupati sia che siano autonomi che si trasformano in dipendenti sia nel percorso inverso.
Sapete però il vero problema e la vera questione? Pochi dicono che questa "debole (per usare un eufemismo)" ripresa è DROGATA dagli sgavi fiscali concessi dal governo alle imprese... non ai lavoratori sia chiaro, quindi: quando essi finiranno cosa accadrà? A essere realisti tornerà tutto come prima o quasi ossia, grazia al job act, e imrpese avranno mano libera di mandarli a casa anche con un semplice messaggino o al massimo di demansionarli senza se e senza ma: altro che fare dei progetti di vita futura!!! La precarietà sarà istituzionalmente il totem a cui tutti dovranno inchinarsi e il futuro sarà sempre meno roseo dei loro genitori e nonni.
Si ptoeva fare altrimenti? Certo che si poteva: gli stessi soldi che vengono impiegati per dare sgravi fiscali o per finanziare corsi e stage FASULLI potevano essere impiegati per creare posti di lavoro, non necessariamente pubblici, a cui potevano accedere sia i nuovi occupati sia le altre fasce di lavoratori interessati; così durante e dopo la grande depressione fu fatto nel paese modello del mondo occidentale, gli usa, e non c'è ragione alcuna perchè non debba funzionare altrove.... a maggior ragione visto che quei posti creati negli anni che vanno dal 1928 al 1939 erano posti a debito ossia davvero lo stato non aveva nulla in cassa e quindi era costretto da un lato a tassare i grandi patrimoni con tasse esossime (anche del 150% del valore del patrimonio), naturalmente ricorrendo al drappo rosso del pericolo comunista (funziona sempre, come ben sappiamo), e dall'altro a emettere "pagherò" pubblici da rimborsare a babbo morto..... e funzionò. Qui non siamo, ancora, ridotti così e lo stato in cassa di avanzi primari ne ha in pratica da oltre un decennio: questi soldi veri potrebbero essere impiegati meglio che semplicemente pagare la TAV, gli F35, e altre oscenità del genere.. per tacere dell'expo (a proposito quanti sono i visitatori VERI di questa mitica manifestazione del made in italy ogm free per finta? Non si riesce a sapere quanti sono, chissà perchè...). So già l'obiezione: e il deficit? E il debito pubblico? E il partito della spesa pubblica? E la corruzione e il clientelismo? e si potrebbe continuare all'infinito..... qui mi spiace dirlo cade l'asino: ci vorrebbe una rivoluzione "rock" come fu quella islandese o un ricambio completo del ceto dirigente; ma siamo già nel mondo dei sogni e mi fermo....

lunedì 11 maggio 2015

il primo test dell'era renzi

allora. E' andata: chi non perde piglia tutto: è fortunato il PD che non ha, ancora, rivali alla sua, molto bassa, altezza. Visti i risultati non c'è da sperare per il futuro: l'unico vero risultato è l'astensione che la fa da padrona e che salva le chiappe al partito di potere meglio noto come "della nazione" e che fu il pd stile americano. Così com'è il risultato è chiaro: NON vince chi prende più voti ma chi o non perde o perde di meno e questo è quelli che è accaduto; gli altri? Bè anche da quella sponda è un pianto: il candidato più votato della destra è uno di Casapuond; l'ex destra populista ne esce a pazzi nel senso che l'uno, la lega, cannibalizza l'altro, il pdl/forza italia, diventando il punto di riferimento della destra ufficiale con l'aggravante di essere stata "scelta" come avversaria proprio dal pd.... pensate un pò: un partito di destra espressione del "meglio" del paese che si sceglie il proprio avversario in una competizione cosiddetta democratica e snobba gli altri; vi pare una democrazia questa o solo un gioco delle parti in una comemdia di stampo del tardo pirandellismo?
p.s.
i 5Stelle? Come da programma: aumentano, di (troppo) poco e rimangono irrilevanti.. viste anche le gaffe continue dei guru che li guidano che sempre più sembrano votati all'indifferenza generale....
Il tutto non vi pare una situazione di tipo greco? Una destra ufficiale che raccoglie gli scarti degli altri (PD); una ex destra, ormai inesistente, fagocitata dai populisti che imitano, e anche male, (la lega.... sempre meno lega) la marine lepen; i neofascisti che fanno il pieno di voti a scapito del resto delle destre storiche (il loro candidato è quelle che prende più preferenze, sempre nella destra); un movimento sociale (5stelle) che altro non è che una valvola di sfogo: è un vero miracolo NON al posto della Grecia...

domenica 10 maggio 2015

Elezioni Uk 2015, i mercati premiano la vera democrazia

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 10 maggio 2015a firma di 
L’inaspettata vittoria di David Cameron nel Regno Unito ha prodotto una sorta di euforia sui mercati. L’indice Stoxx Europe 600 è salito di 2,9 punti percentuali, facendo così registrare un aumento dell’1,4 per cento nell’arco di una settimana durante la quale tutti si aspettavano risultati elettorali completamente differenti. Nel momento in cui i Tory hanno raggiunto la soglia dei 326 parlamentari, che gli permette di governare da soli, l’indice Ftse 100 è aumentato del 2,3 per cento. Simile ottimismo serpeggiava venerdì scorso in Europa, l’indice Dax e Swiss Market sono saliti rispettivamente di 2,7 e 2,5 punti percentuali.
A prima vista la risposta positiva dei mercati sembra fuori luogo. Mai il Regno Unito è stato così diviso, la mappa elettorale mostra una Scozia decisamente nazionalista ed un sud conservatore. La presenza dei laburisti è sporadica in Inghilterra e nel Galles mentre in Scozia, un tempo baluardo della sinistra, sono stati rimpiazzati dall’Snp, lo Scottish National Party. I liberal democrats, poi, sono stati decimati.
Non solo David Cameron dovrà fare i conti con un partito, Snp, all’opposizione molto più radicale dei vecchi e  nuovi laburisti, ma sarà costretto a dare spazio all’interno del suo partito all’ala degli euroscettici. Tutto ciò sullo sfondo del referendum sull’Europa Unita, promesso all’elettorato insieme alla decisione di non ripresentarsi per un terzo mandato.
Certo non c’è da stare tranquilli, la politica di austerità perseguita fino ad oggi potrebbe facilmente essere sabotata dall’opposizione e dagli euroscettici; il referendum rimane una grossa incognita, che succederà all’economia se la popolazione voterà a favore dell’uscita dall’Unione Europea? Anche se il Regno Unito non ha aderito all’euro, l’Europa rimane il partner commerciale più importante del regno di sua maestà. Senza parlare poi del futuro della piazza di Londra, la più importante del vecchio continente, quali le implicazioni del Brexit?
Nonostante queste grosse incertezze i mercati hanno applaudito la vittoria di Cameron. Perché?
In un’Europa politicamente divisa, dove i governi di coalizione sono diventati la norma, il mandato di Cameron, tra i pochi a poter governare da solo, e cioè senza dover scendere a compromessi con altri partiti, è un fattore di stabilità e non c’è niente altro che al momento i mercati anelano.
Ma c’è un altro elemento che sicuramente gioca un ruolo importante nella psicologia dei mercati: la prova di democrazia che ancora una volta il Regno Unito ha superato con grande successo. L’anima della democrazia è l’alternanza di governo, che altro non è che il potere del voto. Molti che nel 2010 si sentivano laburisti o liberal democrats giovedì hanno votato un altro partito. Ancora più encomiabile è la risposta dei leader dei tre partiti sconfitti Miliband, Clegg e Farage, tutti e tre si sono dimessi e lo hanno fatto con stile. In politica si vince e si perde, questo è il principio della democrazia.
Una prova di democrazia, dunque, quella britannica che nel sud d’Europa ancora non si è vista. Nel nostro paese pur di non perdere la poltrona si è disposti a tutto, anche a votare una legge elettorale che di democratico ha ben poco. Da noi i partiti cambiano nome, si fondono, si ristrutturano per evitare che chi ne fa parte si debba dimettere, il lupo italiano perde sempre e solo il pelo. Ed infatti da trent’anni vediamo sempre le stesse facce e quelle poche nuove sono i loro cloni.
Suggerisco alla nostra classe politica di ascoltare i discorsi in cui i tre leader britannici annunciano le loro dimissioni e di confrontarli con l’arroganza di quelli dei nostri leader anche quando sono stati sconfitti alle urne o mai eletti in Parlamento.
Noi che viviamo da decenni nel Regno Unito queste differenze le vediamo e non ci sorprende che la risposta dei mercati al mandato di Cameron sia stata positiva. In una vera democrazia tutte le decisioni sono giuste, ed anche una campagna elettorale povera di idee nuove, come è stata quella appena conclusasi nel Regno Unito, può produrre un risultato positivo. Dove invece la democrazia è debole elezioni e referendum spesso producono risultati disastrosi.
p.s.
ora che anche la dr.ssa Napoleoni, e non solo i soliti due di picche, l'ha detto chiaro spero che qualche campanellino nel mondo reale per gli italiani suoni.....

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