Di
Gianfranco Carpeoro - AVVERTENZA! :: questo stralcio su uno scritto di
Carpeoro richiede un po' di tempo per essere letto e ... purtroppo
sarebbe utile soprattutto a chi "non ha molto tempo" ...
Il
rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi
quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di
efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un
coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza.
Una
persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a
considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi
risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è
automaticamente un’inefficienza, un’inabilità.
Quante
volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina
lente”, cioè“affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il
motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo
editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la
lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi,
all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso
dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo
cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.
La
velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente.
Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore
negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto
che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”?
Nel
film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e Troisi, Leonardo è un
ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono state tolte
perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i
suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000
pagine di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi. Il tempo è
un bene collettivo, ma anche individuale. Il tempo è denaro, si dice,
ma non è vero: il tempo non è denaro.
Il
denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro potrai sempre
recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E questo è
fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati,
nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere
mondiale, è fondato sulla sottrazione del nostro tempo.
Il
tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto: perché, in quanto
moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di potere.
Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo.
La
sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in
consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in
consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. Il miglior consumatore è
quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate. In
tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella
di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale
dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa
narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in
compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è
individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. Il pensiero è
veramente la radice della nostra essenza. Se un grande filosofo come
Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure
un motivo, no?
E
quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare. Ma
dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook – che è un
modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si va a
riguardare le scemate che ha scritto in precedenza?
Facebook
non è un libro, un quaderno. E poi a un certo punto ti impedisce di
andare indietro. E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini del grande
progetto: la sottrazione del tempo. Noi non pensiamo, perché il tempo
ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo.
Chi
di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si iscrive al partito
che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e facendo
causa per averli, i congressi? Certo,nessuno nega che anche Facebook
abbia anche i suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del
resto, nessuna cosa è mai interamente negativa. In una rivisitazione
del “Dottor Jekyll”, Mister Hide deve fare un’azione malvagia, pesca un
pesciolino dalla boccia e dice “adesso lo do al gatto”, ma poi ci
ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato uno Stato a
Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler?
Resta
però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti
quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla
sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un
concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono
fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità.
Se
ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro particolare, tu non
diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi quattro sigari
all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore? Quando io
ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione di un piacere – che è la
sigaretta: te la fumi, senza più neppure accorgerti che stai fumando.
Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare a quello che
stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono
toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare.
Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia di persone. Una
volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno sarebbe
morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris.
Le
cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione del tempo
significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione
della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo
fatte ieri e quindi le rifaremo domani. E’ stato costruito uno schema
per cui la quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente
superiore a quella dell’uomo di 400 anni fa. Oggi, i nostri gesti
automatici sono il 90% della giornata. L’uomo del ‘400 non ti diceva
“ok, lo faccio subito”, ma “lo faccio dopo”: era la difesa del
principio in base al quale lui sceglieva come destinare il proprio
tempo. Su questo presupposto, il vero atto rivoluzionario è
riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’ semplice, ed è
alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione, costruire
un vissuto diverso. Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione
del tempo. E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere
anche le altre. Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è
piaciuta, se ho scelto di vederla, perché anche quella è un’esperienza.
Il tempo è perso se sono a una conferenza noiosa e non l’ho deciso io,
di andarci. E il tempo perso non è restituibile.
Anche
all’interno dello schema della società odierna, noi potremmo
riappropriarci di una serie di cose. Rispetto ai concetti più
complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa
più semplice da spiegare, da far capire. Se a un certo punto ognuno di
noi, nel suo piccolo, fa questa operazione su se stesso e la stimola
nelle persone che gli sono vicine, scopre che questo è l’unico modo –
vero – per recuperare energie per poi rifare progetti e rimettersi in
moto. Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso, a livello
di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a
nulla. Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci il tempo.
Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare, esce il computer nuovo
che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi lavorando come
un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti. Quando
dirigevo “Pc Magazine” scrissi un editoriale nel quale dicevo: non
comprate l’ultimo modello, perché vi fa risparmiare un’ora di lavoro ma
ve ne fa perdere dieci per pagarlo. Il direttore italiano di Cisco ci
tolse la pubblicità e inviò una lettera di fuoco, di tre pagine.
Risposi con due parole: “Sopravviveremo entrambi”.
Tutto è costruito per fotterci il tempo.
La
macchina da 50 milioni di euro, che può essere il sogno della mia
vita, convive col divieto di superare i 130 chilometri orari. Che me ne
faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare le
Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale.
A
chi non piacerebbe una bella casa, con parco e piscina? Ho un amico
industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è stata costruita
su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl.
Un
umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda: dove la
fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”,
dell’orientamento fatto in modo serio?
Il
Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una truffa, ma il vero
Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro, “così in
cielo così in terra”, in alto come in basso.
Ci
sono energie che vengono da sopra e energie che vengono da sotto.
Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i livelli: da
egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo. Ora, studiare la
ragnatela del tellurismo, la ragnatela geo-magnetica, non è semplice.
Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire i terremoti.
Io
ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i terremoti li prevede. Ci
ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè l’espressione del
tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le vene, i
canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale.
Ma
non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne sappiano qualcosa, di
tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo. Le forze che vengono
dall’alto, invece, sono alla base del simbolismo astrologico, il cui
significato non è quello divinatorio, di stabilire i caratteri dei
segni. Il simbolismo astrologico nasce come ancestrale collocazione in
un ordine, da parte degli antichi, delle energie che provengono dalle
stelle.
Il
testo base della difesa dell’astrologia l’ha scritto Firmico Materno, è
un romano del 100 dopo Cristo. La prima cosa che scrive è che
l’astrologia non serve per divinare. Tralasciando i fabbricanti di
oroscopi, se invece studiamo come questa simbologia ha cercato di
raffigurare i potenziali energetici delle varie costellazioni, non dico
che possa essere una cosa esatta, ma è una cosa storica, mentre
l’astrologia di oggi è come il Reiki, che non è una disciplina
tradizionale e nasce per fottere soldi alla gente, su invenzione di un
americano del secolo scorso.
Le
discipline tradizionali non necessariamente sono esatte, ma hanno una
storia. Trovate molte differenze tra il rosario cristiano e il mantra
degli indiani? La scansione dei tempi comporta un esercizio di
respirazione. E’ la “novena della Vergine” o qualcos’altro?
Certo che è qualcos’altro: l’hanno teorizzato i benedettini, si chiama Esicasmo ed è lo Yoga dei cristiani.
E’
uguale: serve a regolare la respirazione per raggiungere un
determinato stato di meditazione, solo che i preti si guardano bene
dallo spiegare una cosa del genere.
C’è nel Cristianesimo qualcosa che andrebbe approfondito, ma non te lo dicono, perché per loro non è questo il business.
Idem
per la massoneria: la dottrina massonica non è un business, mentre
l’organizzazione massonica lo è. Se voglio fare il business mi
interessa l’organizzazione, non la teoria. Poi, certo, mi serve
qualcosa di appiccicaticcio per convincere la gente che è una cosa
seria – ma come fumo negli occhi, non come materia da approfondire.
Il
problema è che la sottrazione del tempo è innanzitutto è un’operazione
di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi e vendicativi.
Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività, vendicatività e
incapacità di subire un torto.
Alla
fine, subire un piccolo torto non è la fine del mondo: se uno ti passa
davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne importa? Noi
litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché? Perché la
sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso.
Siamo convinti che non dobbiamo essere fregati. E non capiamo che, in
una vita sociale, un poco dobbiamo essere fottuti tutti quanti. Siamo
esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un limite
entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è
oltrepassato. Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre. Succede
quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a
quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci.
Se
tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a prenderti il
tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a prenderti
il tempo, t’incazzi. Questo è il meccanismo. I primi che si fottono il
tempo da soli siamo noi. Se al posto di Facebook avessimo un diario
serio, lo scopriremmo che ci fottiamo il tempo. Il problema vero,
centrale, è che rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità
della vita, piccole rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo
fare è riprenderci il tempo. L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso
del viaggio, 500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia
in Cina in aereo, avrebbe mai scritto il “Milione”? Il senso del
viaggio qual è? Chi si organizza le vacanze lo fa, il ragionamento sul
senso del viaggio? No, certo, perché gli hanno fottuto il tempo. La
sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della vita. “L’ozio e il
negozio” dei latini si colloca perfettamente in questo quadro: tutte le
cose in cui bisognava pensare erano delegate all’“otium”, non al
“negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”, ti va male il
“negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’“otium” con
calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate.
In
realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare entro certi
schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. Se tu questo
equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è
morta. Le nostre energie sociali, la capacità di avere progetti, di
scoprire cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero. Diventiamo
degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri ci
fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo.
Anche
Sant’Agostino diceva “fa’ quel che vuoi”. La gente lo fraintendeva, e
pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio” l’ha spiegato:
“fa’ quello che vuoi” significa che devi fare quel che vuoi veramente,
non quello che ti spingono a fare. “Fa’ quel che vuoi” non significa
andare a cercare tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire
che non è quel che vuoi, se ci pensi bene.
Era
anche quello che diceva Epicuro: «La felicità è semplice, basta
inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna capire
qual è il piacere».
http://paolofranceschetti.blogspot.it/2015/05/ci-rubano-il-tempo-per-non-farci.html
p.s.
vi alscio questo per il week end... sono viaggio quando lo leggerete e spero vi faccia riflettere un pò....