giovedì 22 gennaio 2015

Due pianeti “nascosti” dietro Nettuno, l’ipotesi degli scienziati sul sistema solare

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 16 gennaio 2015
Potrebbero esserci due pianeti nascosti oltre Nettuno. Il che significa che il Sistema solare potrebbe essere un po’ più grande del previsto. È un’ipotesi che fa discutere gli astronomi da anni, ma che ora sembra essere confermata da una nuova simulazione al computer, realizzata in collaborazione fra l’università Complutense di Madrid e quella britannica di Cambridge. Il risultato è pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters.
Se confermata, l’ipotesi potrebbe rivoluzionare i modelli finora usati del nostro Sistema solare. Secondo i calcoli dei ricercatori, ci sarebbero non uno, ma ben due pianeti in più che potrebbero spiegare il comportamento delle orbite degli oggetti celesti oltre Nettuno.
La teoria finora accettata sostiene che le orbite dei corpi celesti che si muovono oltre Nettuno dovrebbero essere distribuite casualmente e avere determinate caratteristiche di inclinazione dell’asse di rotazione. Ma ciò che si è osservato in una dozzina di questi corpi è piuttosto diverso. “Questo eccesso di oggetti con parametri orbitali inaspettati ci fa ritenere che alcune forze invisibili alterino la distribuzione di questi elementi orbitali – spiega Carlos de la Fuente Marcos, coautore dello studio – e la spiegazione più probabile che è che vi siano due pianeti sconosciuti oltre Nettuno e Plutone”.
L’articolo su MNRASL
Foto di Nettuno della Nasa
p.s.
stasera qualcosa di più leggero... siamo in prissimità dei fine settimana e quindi il cervello degli italioti è rivolto al calcio domenicale e al riposo (l'ordine sceglietelo voi).. a proposito del post del Fatto: se fosse confermata la notizia non potrebbe essere che su questi pianeti di periferia ci possa essere qualcosa di inaspettato? Magari, e qui vado nel campo delle ipotesi, fra essi c'è quel pianeta X, di cui parlano tanti miti delle prime civiltà, e gli dei? Vedremo.... nel frattempo mi limito a registrare la cosa e la aggiungo alle tante altre che stanno pian piano venendo alla luce, fra le tante censure, in questi anni e che lentamente ci danno un quandro un tantino diverso rispetto alla storia ufficiale che fin qui abbiamo studiato..

mercoledì 21 gennaio 2015

La crisi in Ucraina potrebbe scatenare una guerra nucleare, avverte Gorbaciov...

Fonte: Sa Defenza  (Justin Huggler telegraph tradusiu imprentau de Sa Defenza)

Mikhail Gorbachev, l'ex leader sovietico, avverte che il mondo è a rischio di  "guerra nucleare" a causa delle tensioni tra la Russia e l'Occidente per l'Ucraina.
In un'intervista con la rivista tedesca Spiegel, Gorbaciov ha detto che se entrambe le parti hanno perso il loro selfcontrol nell'attuale crisi, che potrebbe portare ad una guerra nucleare, ed ha parlato dei suoi timori che il mondo "non sopravviverà nei prossimi anni" .
"Io in realtà vedo tutti i segni di una nuova Guerra Fredda", ha detto Gorbaciov. "Potrebbe esplodere tutto da un momento all'altro se non agiamo in fretta. La perdita di fiducia è catastrofica. Mosca non ha fiducia dell'Occidente, e l'Occidente non crede a Mosca ".

Alla domanda se pensava che la situazione potrebbe portare a una guerra, Gorbaciov ha detto: "Non pensateci nemmeno. Tale guerra oggi  probabilmente porterà inevitabilmente ad una guerra nucleare. E le dichiarazioni e la propaganda di entrambe le parti mi fanno temere il peggio. Se qualcuno perde i nervi saldi in questa atmosfera di sfiducia, non so se noi  sopravvivremo ai prossimi anni. "
Tale duro avvertimento dalla ex leader sovietico che portò alla fine della Guerra Fredda suscita domande a cui dare risposte.
"Non dico queste cose con leggerezza", ha detto Gorbaciov. "Io sono un uomo di coscienza. Ma , la realtà è questa . Sono davvero molto preoccupato. "
L'83enne ha parlato circa l'attuale situazione di stallo tra la Russia e l'Occidente. L'anno scorso ha colto l'occasione del discorso per il 25° anniversario della caduta del muro di Berlino per mettere tutti in guardia: "Il mondo è sull'orlo di una nuova guerra fredda".
Gorbaciov è stato critico verso il suo successore, Vladimir Putin, accusandolo in un recente libro di eccessiva sicurezza  nel credere di essere "secondo solo a Dio".
Ma ha dato la colpa per l'attuale crisi all'Occidente, di aver sconfinato in quello che la Russia vede come la sua sfera di influenza.
"L'espansione verso est della NATO ha distrutto l'ordine di sicurezza europea", ha detto a Spiegel. "Una mentalità vincente e pericolosa ha preso piede in America."
p.s.
e se lo dice colui che ha determinato la fine dell'urss facendo un favore storico agli "spiriti animali del capitalismo".... c'è da crederci

martedì 20 gennaio 2015

Un povero mondo di pochi ricchi

via oxfam
Secondo il Rapporto Grandi disuguaglianze crescono di Oxfam, la ricchezza detenuta dall’1% della popolazione mondiale supererà nel 2016 quella del restante 99%. Il fatto che questa disuguaglianza sia in continua e costante crescita rende necessarie misure dirette a invertire la tendenza.
Alla vigilia del World Economic Forum di Davos, il Rapporto denuncia il fatto che l’esplosione della disuguaglianza frena la lotta alla povertà in un mondo dove oltre un miliardo di persone vive con meno di 1,25 dollari al giorno, e 1 su 9 non ha nemmeno abbastanza da mangiare.
Winnie Byanyima, direttrice esecutiva di Oxfam International, userà quest’anno tutta l’influenza che deriva dal suo ruolo di co-chair al Forum per chiedere un’azione urgente volta ad arginare la marea crescente della disuguaglianza, partendo da una proposta di contrasto reale all’elusione fiscale delle multinazionali e da una spinta verso l’adozione di un trattato globale di lotta ai cambiamenti climatici.
Grandi disuguaglianze crescono è il documento di analisi pubblicato oggi da Oxfam, da cui emerge che l’1% della popolazione ha visto la propria quota di ricchezza mondiale crescere dal 44% del 2009 al 48% del 2014 e che a questo ritmo si supererà il 50% nel 2016. Gli esponenti di questa elite avevano una media di 2,7 milioni di dollari pro capite nel 2014. Del rimanente 52% della ricchezza globale, quasi tutto era posseduto da un altro quinto della popolazione mondiale più agiata, mentre il residuale 5,5% rimaneva disponibile per l’80% del resto del mondo: vale a dire 3,851 dollari a testa, 700 volte meno della media detenuta dal ricchissimo 1%.
“Vogliamo davvero vivere in un mondo dove l’1% possiede più di tutti noi messi insieme?  – ha detto Winnie  Byanyima – La portata della disuguaglianza è semplicemente sconcertante e nonostante le molte questioni che affollano l’agenda globale, il divario tra i ricchissimi e il resto della popolazione mondiale rimane un totem, con ritmi di crescita preoccupanti.”
“Negli ultimi 12 mesi, i leader mondiali – dal Presidente Obama a Christine Lagarde – hanno più volte ribadito quanto necessario e importante sia affrontare il tema della grande disuguaglianza. Ma ancora poco è stato fatto in termini concreti ed è arrivato il momento per i nostri leader di prendersi carico degli interessi della stragrande maggioranza per intraprendere un cammino verso un mondo più giusto per tutti.”
“Se il quadro rimane quello attuale anche le elite ne pagheranno le conseguenze – afferma Roberto Barbieri, Direttore Generale di Oxfam Italia – perché non affrontare il problema della disuguaglianza riporterà la lotta alla povertà indietro di decenni. I più poveri sono poi colpiti 2 volte: perché hanno accesso a una fetta più piccola della torta e perché in assoluto ci sarà sempre meno torta da spartirsi, visto che la disuguaglianza estrema impedisce la crescita.”
Lo scorso anno, Oxfam ha dominato la scena a Davos, rivelando che gli 85 paperon de’ paperoni del mondo detenevano la ricchezza del 50% della popolazione più povera (3,5 miliardi di persone). Quest’anno il numero è sceso a 80, una diminuzione impressionante dai 388 del 2010. La ricchezza di questi 80 è raddoppiata in termini di liquidità tra il 2009-2014.
Oxfam chiede ai governi di adottare un piano di sette punti per affrontare la disuguaglianza:
  1. contrasto all’elusione fiscale di multinazionali e individui miliardari;
  2. investimento in servizi pubblici gratuiti, come salute e istruzione;
  3. distribuzione equa del peso fiscale, spostando la tassazione da lavoro e consumi verso capitali e ricchezza;
  4. introduzione di salari minimi e graduale adozione di salari dignitosi per tutti i lavoratori;
  5. introduzione di una legislazione ispirata alla parità di retribuzione, e politiche economiche che prevedano una giusta quota per le donne;
  6. reti di protezione sociale per i più poveri, incluso un reddito minimo garantito;
  7. un obiettivo globale di lotta alla disuguaglianza.
Il documento di analisi di oggi, che arriva dopo il rapporto di ottobre Partire a pari merito: eliminare la disuguaglianza estrema per eliminare la povertà estrema, fa luce sul fatto che le grandi ricchezze siano passate alle generazioni successive e che le elite mobilitino ingenti risorse per piegare regole e leggi a loro favore. Più di un terzo dei 1.645 miliardari della classifica Forbes ha ereditato parte o tutta la ricchezza che detiene.
Il 20% dei miliardari ha interessi nei settori finanziario e assicurativo, un gruppo che ha visto la propria liquidità crescere dell’11% nei 12 mesi precedenti a marzo 2014. Questi settori hanno speso 550 milioni di dollari per fare lobby sui decisori politici a Washington e Bruxelles nel 2013. Nel 2012 negli Stati Uniti solo durante il ciclo elettorale, il settore finanziario ha speso 571 milioni di dollari in contributi per le campagne.
I miliardari che hanno interessi nei settori farmaceutico e sanitario hanno visto il loro patrimonio netto collettivo crescere del 47% in un solo anno. Questi settori, durante il 2013, hanno speso oltre 500 milioni di dollari in lobby a Washington e Bruxelles.
La preoccupazione di Oxfam è che il potere di lobby di questi settori possa essere un ostacolo alla riforma del sistema fiscale globale e all’adozione di regole sulla proprietà intellettuale che non precludano l’accesso dei più poveri a medicine salva-vita.
Come più volte ribadito da più parti, Fondo Monetario Internazionale in primis, la disuguaglianza estrema non è soltanto una pessima notizia per gli ultimi del mondo ma anche un danno enorme per la crescita economica.
p.s.
Avendo raggiunto, quasi, i 55 anni sono cinico abbastanza da non meravigliarmi di questa (ed altre) "denuncia" ben sapendo che il cancro che sta metastasizzando il pianeta è un prodotto umano anzi ne è la sua massima espressione. Peccato  perchè questo non può che corroborare quanti, anche a costo di passare per complottisti, continueranno a pensare e a dire che per forza ci dev'essere un collegamento fra questo cancro che sta distruggendo non solo gli umani ma il globo intero e questa ristrettissima èlite che di questo sistema vive e su esso prospera!

lunedì 19 gennaio 2015

Questione Meridionale: il Sud che si insegna a scuola e i dati scientifici, non opinabili

di | dal Fatto Quotidiano 19 gennaio 2015
Accade in Italia che una delle case editrici più blasonate pubblichi un testo scolastico in cui la storia viene raccontata in questi termini, a proposito di Questione meridionale.
In primis, essa viene definita un “differenziale di sviluppo economico, di benessere sociale” e fin qui ci siamo, ma anche “di identità civile e culturale che separa le regioni settentrionali da quelle meridionali e che costituisce il più drammatico freno alla crescita complessiva del paese”. La seconda parte della definizione fa sorgere qualche presagio su quanto si legge nel seguito della trattazione. Cito direttamente dal libro:
la discussione storica«… sul tronco di una differenza di sviluppo economico hanno preso forma una organizzazione sociale ed una identità civile profondamente diverse da quelle delle regioni centro – settentrionali. Esse sono dominate da un individualismo diffidente, nel quale gli interessi della famiglia o del clan si antepongono e, inevitabilmente, si contrappongono a quelli dello stato e della collettività nazionale. Su questo sottofondo pesano gli intrecci clientelari e la pervasività della violenza come pratica diffusa e sostanzialmente accettata per la risoluzione dei conflitti, sul cui tronco sono sorte associazioni criminali di dimensioni gigantesche».
Identità civile “diversa”, individualismo diffidente, preferenza degli interessi di famiglia (o clan) a quelli statali o collettivi, interessi clientelari…Da meridionale mi domando di quale Sud si parli. Non è certo il Sud in cui sono cresciuto, sono stato educato, ho studiato e vivo. E dove milioni di persone vengono in vacanza, d’estate, a trascorrere l’antologia del proprio anno solare. Le cronache insegnano, piuttosto, che clientelismo, corruttela, racket e malaffare sono mali declinati ormai in tutti i dialetti dello stivale. Ossia dovunque il tessuto politico, sociale ed economico si prestino al loro radicamento.
Il passaggio più drammatico è quello sulla violenza pervasiva accettata come pratica diffusa e accettata nella risoluzione dei conflitti. Si parla in termini generali di un Sud che, a questo punto, sarebbe meglio conoscere, visitare, studiare…
Credo sia utile riflettere sull’impatto culturale e umano che questo tipo di narrazione possa avere sullo studente del Nord Italia quanto sul suo compagno di classe di origini meridionali. Quale orrore nel rivelare le proprie origini ai propri compagni di scuola…Mai sia.
Preferisco, a questo punto, citare una fonte accreditata e dissonante. E sognare il tempo in cui la storia del nostro Paese possa essere spiegata in termini non banalmente dicotomici. Perché l’obiettivo dell’insegnamento consiste nella formazione di coscienze critiche. E i libri di testo sono gli strumenti di quella difficile e delicata operazione.
In un interessante articolo apparso sulla “Rivista di politica economica”, i ricercatori Vittorio Daniele (Università di Catanzaro) e Paolo Malanima (Cnr) si impegnano a “commentare le serie annuali del prodotto regionale, e d’individuare alcune variabili che possono avere influenzato i differenziali di sviluppo stimati”. Dati scientifici, non opinabili. Dai quali si evince che il divario Nord-Sud non affonda le radici nella storia preunitaria ma in quella trova la sua marcata e sistematica amplificazione. Dicono gli autori “Il divario economico fra le due grandi aree del paese in termini di prodotto sembra invece essere un fenomeno successivo. Pare di poter dire che esso cominciò a manifestarsi dalla fine degli anni ’70 e negli anni ’80”. E, più avanti nel testo dell’articolo “Nel 1891, in Italia, gli squilibri regionali risultano modesti. Se in alcune regioni dell’Italia Nord-Occidentale, come Liguria e Lombardia, i livelli di reddito pro capite sono significativamente superiori alla media nazionale, anche nel Mezzogiorno vi sono regioni relativamente prospere. In Campania il reddito pro capite è comparabile a quello della Lombardia, mentre in Puglia e nelle Isole maggiori è analogo a quello medio nazionale. Una situazione di relativo ritardo caratterizza alcune regioni del Mezzogiorno, come Abruzzi e Calabria, mentre nel Nord è il Veneto la regione più arretrata. Le condizioni regionali sono, dunque, molto simili e le differenze esistenti nei livelli del reddito pro capite non rendono possibile una divisione secondo la linea Nord-Sud”. “Nel 1951 la distinzione tra Centro-Nord e Mezzogiorno è netta: l’Italia è un’economia dualistica”.
Parliamone, dati alla mano…
p.s.
aggiungo solo alcune fonti:
  1. Gino Luzzatto, l'economia italiana dal 1861 al 1894 Einaudi; 
  2. Pino Aprile,  Terroni edizioni piemme;
  3. Gigi di Fiore, Controstoria della liberazione Rizzoli.
..... in più ci metto che se questo paese fosse nato sulla base di vere premesse "unificatrici (e non solo con la necessità di eliminare pericolosi concorrenti ai piemontesi e agli inglesi)" tutto sarebbe potuto essere diverso: sappiamo benissimo che la storia la scrivono i vincitori e la studiano i vinti!
p.s.
QUESTO E' UN POST DI PARTE! CREDO CHE CHIUNQUE SI POTRA' RICONOSCERE IN ESSO.. DA QUALUNQUE PARTE DI QUESTO PAESE PROVENGA....

World Economic Forum, a Davos le previsioni arrivano con un anno di ritardo

di | dal Fatto Quotidiano del 18 gennaio 2015
La prossima settimana parte Davos, il World Economic Forum, ed ancora una volta bisogna dire che le previsioni fatte lo scorso anno sono state piuttosto scarse. Nessuno, ad esempio, aveva predetto il crollo dei prezzi del petrolio né l’abbandono della difesa del tasso di cambio franco svizzero euro, due fenomeni, tra i tanti ai quali abbiamo assistito nel 2014, che hanno scosso i mercati e ricordato alle masse che nessuno, neppure i potenti del mondo che ogni anno si incontrano a Davos, controllano l’economia. Tantomeno i buoni intenti professati dai partecipanti nel 2014 – come negli anni precedenti – hanno prodotti i risultati sperati: dai cambiamenti climatici fino alla lotta contro la povertà, le promesse sono state tante ed i risultati scarsissimi.
Viene spontaneo chiedersi perché questo appuntamento invernale continua a riempire le prime pagine dei giornali ed a fare notizia dal momento che prevede sempre ciò che è già successo, ma soprattutto ci si domanda cosa ci vanno a fare ancora i politici a Davos dal momento che nessuna delle loro promesse si è mai avverata? Quest’anno persino Matteo Renzi è nell’illustre lista dei premier, a quanto pare l’intento è di rassicurare con quel suo stile da giovanotto ‘so-tutto-io’ i giovani miliardari americani dell’elettronica e dell’informatica che al timone del Titanic Economia Italia non c’è più un burocrate come Mario Monti ma uno in gamba come loro. Renzi, come tutti gli altri premier a Davos, ci va per attirare capitali ed investitori in casa propria, un’impresa più che ardua ed a volte, come nel caso del Titanic Economia Italia, francamente impossibile.
Ma torniamo ai fatti. Quest’anno su richiesta del World Economic Forum un gruppo di illustri economisti, politologi, uomini d’affari e personaggi di spicco ha prodotto alcune previsioni sul 2015 secondo le quali il problema principale che il pianeta dovrà affrontare nei prossimi 12 mesi saranno i conflitti internazionali. Insomma esattamente quello che abbiamo visto nel 2014, peccato che queste previsioni arrivino con un anno di ritardo, ma almeno sappiamo che anche i grandi della terra dopo aver letto queste previsioni sapranno ciò che sta accadendo!
Naturalmente anche i cambiamenti climatici continueranno ad avere un ruolo fondamentale nelle tensioni sociali a cui dovremmo far fronte. Infine, la terza piaga del 2015, sempre secondo queste previsioni, sarà la disoccupazione, o meglio, la mancanza di nuove opportunità di occupazione, un fenomeno con il quale noi comuni mortali conviviamo da diversi anni.
La prossima settimana i grandi della terra discuteranno principalmente di questi temi, ma anche di altri come il riaccendersi dei focolai del terrorismo del fondamentalismo islamico in Europa e nel resto del mondo, della possibile uscita della Grecia dall’euro, dell’avanzata dei partiti e movimenti dell’estrema sinistra e destra in Europa e della xenofobia e islamofobia che serpeggia nel vecchio continente. Insomma c’è abbastanza per deprimersi. Meno male che a Davos ci sono tante feste e cocktail dove scambiare quattro chiacchiere con i divi di Hollywood, sempre ben accetti, per poter dimenticare tra un martini e l’altro le tragedie del mondo!
Il grande assente quest’anno sarà Mario Draghi, forse oggi l’uomo più enigmatico d’Europa. Draghi questa settimana ha ben altre gatte da pelare, giovedì prossimo la Banca centrale europea potrebbe presentare il tanto atteso programma di Quantitative Easing, tanto atteso perché è dalla fine del 2011 che il governatore della banca centrale europea rassicura i mercati che farà di tutto per salvare l’euro, ebbene finalmente è arrivato il suo mezzogiorno di fuoco.
Altri grandi assenti i greci, impegnati nella campagna elettorale che si concluderà con le elezioni del 25 gennaio, un evento che un po’ tutti attendono con il fiato sospeso.
Anche se nel programma ufficiale il futuro dell’euro non c’è, nelle riunioni a porte chiuse degli eurocrati e dei vari premier europei questo sarà il tema più dibattuto, in particolare si discuterà del deprezzamento della moneta unica europea rispetto al dollaro ed alle altre monete forti come il franco svizzero o la sterlina. La guerra dei cambi è infatti appena iniziata, ma a Davos nessuno lo ammetterà fino all’anno prossimo.
p.s.
Come da anni si sostiene questi "incontri" non servono ad altro che a fare da specchio per le allodole"..... noi

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