venerdì 6 marzo 2020

I trentamila soldati Usa sbarcati in Europa confermano ancora la sudditanza dell’Ue

Fonte: Il Fatto Quotidiano Cronaca - 6 Marzo 2020 Diego Fusaro
Intanto, nel silenzio generale, la Costituzione è di fatto sospesa, dacché sono vietate le pubbliche assemblee in nome di quello che il Ministero ha appellato “allontanamento sociale tra le persone”. Espressione che, per ironia della sorte, potrebbe essere il motto del neoliberismo e della sua dissoluzione programmatica dei legami sociali.
L’ha ben evidenziato Giorgio Agamben, che da subito ha segnalato come si stesse delineando un preciso metodo di governo centrato sull’emergenza e sul “vivere pericolosamente”, che è appunto – Foucault docet – la norma del liberismo.
Dal 5 marzo, più di 20mila soldati statunitensi stanno sbarcando in Europa. Ne ha puntualmente dato la notizia il manifesto, con un articolo di Manlio Dinucci dal titolo 30mila soldati dagli Usa in Europa senza mascherina. Secondo quanto evidenziato da Dinucci, i soldati della monarchia del dollaro hanno preso ad arrivare in porti e aeroporti europei per l’esercitazione “Defender Europe 20” (Difensore dell’Europa 2020). Si tratta, a tutti gli effetti, del più grande dispiegamento di truppe statunitensi in Europa degli ultimi 25 anni.
Spiega Dinucci che, complessivamente, stanno giungendo dal Leviatano a stelle e strisce in sei porti europei (in Belgio, Olanda, Germania, Lettonia, Estonia) 20.000 pezzi di equipaggiamento militare. Perché, allora, l’operazione Defender Europe 20? La spiegazione ufficiale è che essa viene svolta al fine di “accrescere la capacità di dispiegare rapidamente una grande forza di combattimento dagli Stati Uniti in Europa”.
La prima domanda da porsi, dunque, è la seguente: perché vi sarebbe bisogno di una “grande forza di combattimento” in Europa? Dagli Usa, poi. E, soprattutto, da chi dovrebbero difendere l’Europa gli Usa? Giacché il tutto si svolge precipuamente sul fronte orientale, in direzione del confine russo, o addirittura negli ex spazi sovietici ora atlantizzati (come la Lettonia e l’Estonia), la risposta è autoevidente: l’obiettivo è difendere l’Europa dalla Russia di Putin. Come se quest’ultima avesse tra i suoi obiettivi l’invasione dell’Europa.
Eppure, se consideriamo il diagramma dei rapporti di forza dal 1989 a oggi, ci accorgiamo di come la Russia non si sia espansa, ma si sia anzi ristretta: a tal punto che molte sue aree di competenza, come la Georgia e l’Ucraina, la Lettonia e l’Estonia, sono ora indipendenti o, meglio, direttamente sotto l’egida atlantista. Sembra, insomma, che la minaccia di occupazione dei territori altrui giunga assai più da Washington che da Mosca.
L’operazione si chiama orwellianamente ‘Difensore dell’Europa 2020’, ma è verosimile ipotizzare che l’obiettivo non sia difendere l’Europa, bensì accerchiare sempre più massicciamente – con intenti aggressivi e non difensivi – la Russia di Putin, rea di non essere allineata con il nuovo ordine mondiale e con l’americano-sfera; garantire la stabile sudditanza dell’Unione Europea, colonia degli Usa.
Ciò, una volta di più, smonta il teorema di quanti sostengono che se l’Unione Europea fosse solida e unita sarebbe un polo alternativo e indipendente: falso. La Ue resta una colonia statunitense, punteggiata com’è di basi americane (senza che si dia in terra americana una sola base europea, ça va sans dire). Il liberatore americano, che già nel 1945 assunse in simultanea il ruolo di nuovo occupante, cerca ovviamente di camuffare in ogni guisa il proprio ruolo reale: e lo fa, appunto, asserendo di voler difendere l’Europa, quando in realtà, come si è detto, mira a tenerla subalterna rispetto a Washington e a usarla come avamposto per la nuova “guerra fredda” contro la Russia putiniana e contro la Cina comunista, che restano a oggi i veri nemici della civiltà dell’hamburger.
Né si oblii, a proposito di strategia del camuffamento, che, come ricorda Dinucci, la “Us Army Europe Rock Band” terrà in Germania, Polonia e Lituania “una serie di concerti a ingresso libero che attireranno un grande pubblico” (sic!). La solita pratica del panem et circenses, com’è evidente. Obiettivo? Il solito: far sì che gli schiavi amino le loro catene e seguitino a essere cultori ignari della propria schiavitù.
Al di là dell’aspetto geopolitico, su cui s’è testé concentrata l’attenzione, val la pena soffermarsi su un altro aspetto, anch’esso degno di considerazione. L’operazione “Defender Europe 20” avviene nel bel mezzo di quella che l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato essere un’epidemia di grande portata, quella legata al Coronavirus. Insomma, come sottolinea Dinucci, l’operazione si svolge con modi e tempi che rendono de facto impossibile “sottoporre decine di migliaia di soldati alle norme sanitarie sul Coronavirus e impedire che, nei turni di riposo, entrino in contatto con gli abitanti”.
E ancora: “I 30mila soldati Usa che ‘si spargeranno attraverso la regione europea’ sono di fatto esentati dalle norme preventive sul Coronavirus che invece valgono per i civili”. Diceva Bertrand Russell che a rendere più complicata la già di per sé complicata vita sul pianeta Terra è il fatto che le persone intelligenti sono piene di dubbi e gli stolti hanno solo certezze. Di più, diffamano quanti abbiano dubbi e domande. Possibile che gli Usa svolgano proprio ora la loro esercitazione, come se il Coronavirus non esistesse? O forse v’è una connessione tra il Coronavirus e l’esercitazione Usa? Sono eventi sconnessi tra loro, come pure è possibile, o sono invece da leggersi unitariamente, come connessi e rispondenti a una medesima logica?
Tante domande. Che è bene porre, senza farsi scoraggiare e intimidire dalla sempre più opprimente cappa del pensiero unico, che non tollera dubbi e dilemmi. Quel che è peggio è che tutti, come se anestetizzati, non si accorgono di nulla o lo trovano normale o diffamano chi faccia notare che v’è qualcosa su cui vale la pena riflettere criticamente.

mercoledì 4 marzo 2020

Primarie Usa 2020: se fossi americano, voterei Sanders

Fonte: Il Fatto Quotidiano Mondo - 3 Marzo 2020 Diego Fusaro
Se fossi americano, voterei Bernie Sanders. Che è sovranista, populista e socialista. E sempre l’ha rivendicato, con enfasi e senza perifrasi edulcoranti. Bernie Sanders in America, come Jean-Luc Mélenchon in Francia, rappresenta la possibilità di un sovranismo populista socialista e non liberista. In ciò sta la differenza (e la preferibilità) di Sanders rispetto a Donald Trump, che è sovranista populista e liberista. Come un’altra volta dissi, peggio di Trump poteva esservi solo la Clinton. E infatti, per fortuna, Trump ebbe la meglio.
La Clinton rappresenta the worst, il pessimum. È il liberismo cosmopolita allo stato puro, il peggior volto del capitalismo della openness, che significa in pari tempo apertura dei mercati e delle guerre made in Usa in nome del globalismo senza frontiere. La Clinton, lo sappiamo, fu la candidata ideale del cartello finanziario d’Oltreoceano: era il loro prodotto ideale, come già il marito Bill Clinton. Su di lei puntavano. E ora sono costretti a ripiegare su Trump, cambiando, come usa dire, cavallo in corsa.
Sanders è l’homo novus: non è cosmopolita liberista, come la Clinton; non è liberista sovranista, come Trump. Ha capito che la sola via per porre in essere democrazia e socialismo è l’aurea via del sovranismo populista, id est della sovranità che spetta al popolo, che può esercitarla solo ove la sovranità sia dello Stato nazionale e non del Fmi o dei mercati. Questa è la chiave di volta, su cui bene hanno insistito Mouffe e Laclau nei loro scritti sul populismo socialista. Non può esistere un socialismo che non sia populista, questa è la verità. In ciò sta l’inganno delle sinistre fucsia europee, cosmopolite e demofobiche, proprio come la signora Clinton.
Vero è che Sanders fece un errore e non veniale: nel 2016 finì per appoggiare la Clinton, contro Trump. Non capì, o finse di non capire (o fu costretto a non capire), che il nemico principale era lei, col suo cosmopolitismo che ben rappresenta l’interesse dei mercati liberi dagli impacci della politica e degli Stati. Il capitalismo vuole, infatti, superare la sovranità degli Stati, con cui pure andò a braccetto, per superare eo ipso la possibilità dialettica delle democrazia e dei diritti sociali, che pure lo Stato rese possibile. Trump è lo Stato sovrano a vantaggio del capitale (Stato pro Israele, contro il pubblico e contro il socialismo, contro Iran e Cuba, ecc.). La Clinton è direttamente il capitale senza maschere e senza mediazioni.
Ecco, Sanders sbagliò ad appoggiare the worst, la Clinton: la battaglia per lo Stato sovrana è giusta, perché è la possibilità del socialismo democratico, che Sanders giustamente cerca di attuare. Ergo, il nemico primissimo è la Clinton. Trump è nemico secondario. L’erramento di Sanders fu di non capirlo. E di appoggiare, in seconda battuta, la Clinton contro Trump. Errore fatale e gravissimo. Che invece non fece Jean-Luc Mélenchon: il quale, sempre osteggiando la Le Pen, mai appoggiò il liberista cosmopolita Macron. Vedremo ora come andrà a finire. Se Sanders verrà battuto da altri candidati “dem”, allora è verosimile che a gareggiare contro Trump sarà un alter ego della Clinton.
E, in quel caso, dovremo ripetere il discorso che nel 2016 facemmo per Trump come peggiore di tutti, fuorché della Clinton.

domenica 1 marzo 2020

Coronavirus, il primario Galli: “Sta succedendo qualcosa di grave, anche in Germania e Francia”

Fonte: Fanpage.it
“È accaduto quello che molti di noi temevano e speravano non accadesse. Il virus ha dimostrato di aver eluso i criteri di sorveglianza. L’epidemia ha a tutti gli effetti conquistato una parte d’Italia. Ci troviamo a dover gestire una grande quantità di malati con quadri clinici importanti. Sta succedendo qualcosa di grave, non soltanto da noi ma anche in Germania e Francia, che potrebbero ritrovarsi presto nelle nostre stesse condizioni e non glielo auguro”: così il primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, sull’emergenza coronavirus.
"In quarantadue anni di professione non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive. La situazione è francamente emergenziale dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria. È l’equivalente dello tsunami per numero di pazienti con patologie importanti ricoverati tutti insieme": il primario infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, commenta così quello che sta accadendo in questi giorni, dopo l'esplosione dei casi di coronavirus in Italia. In un'intervista al Corriere della Sera, il professore afferma di comprendere chi ha voluto infondere tranquillità, paragonando il Sars-Cov-2 a una banale influenza, ma sottolinea come non si siano considerate a pieno le potenzialità del virus.
"È accaduto quello che molti di noi temevano e speravano non accadesse. Il virus ha dimostrato di aver eluso i criteri di sorveglianza. L’epidemia ha a tutti gli effetti conquistato una parte d’Italia. Ci troviamo a dover gestire una grande quantità di malati con quadri clinici importanti. Sta succedendo qualcosa di grave, non soltanto da noi ma anche in Germania e Francia, che potrebbero ritrovarsi presto nelle nostre stesse condizioni e non glielo auguro. Stiamo trattando una marea montante di pazienti impegnativi", continua il professore, spiegando che analizzando i quadri clinici risulta che l'infezione non sia recente: "È verosimile che i ricoverati abbiamo alle spalle dalle due alle quattro settimane di tempo intercorso dal momento in cui hanno preso il virus allo sviluppo di sintomi molto seri, dalla semplice necessità di aiutarli con l’ossigeno fino a doverli assistere completamente nella respirazione".
Galli sottolinea quindi che il contagio ha diverse fasi, e solitamente i sintomi toccano i picchi di gravità dopo più di una settimana da quanto è stato contratto. Secondo il professore, quindi, è molto probabile che ci siano molti più casi di quelli che conosciamo, anche se questi non si sono ancora esplicitati: "Per usare un termine tipico dell’epidemiologia, questa è solo la punta dell’iceberg. Anche la migliore organizzazione sanitaria del mondo, e noi siamo tra queste, rischia di non reggere un tale impatto".
Per quanto riguarda le misure messe in capo dal governo contro la diffusione del coronavirus, il professore sottolinea che è stato fatto tutto il possibile e che ora sia necessario continuare secondo questa linea e cercare di evitare l'affollamento di persone: "Purtroppo il virus è entrato in Italia prima che si cominciasse a ostruirgli la strada con la chiusura dei voli dalla Cina. La penetrazione nel nostro Paese è precedente, circolava già prima della fine di gennaio anche a giudicare dall’impennata di questi ultimi giorni", spiega Galli. Sul fatto che l'epidemia si sia diffusa velocemente nel Nord Italia, mentre al Sud sono stati registrati solo qualche caso, Galli afferma: "Qualcuno, forse una sola persona, è arrivata a Codogno e ha sparso l’infezione senza che ce ne accorgessimo. Un fenomeno casuale con l’aggravante che il focolaio è partito in ospedale. Mi auguro che non accada di nuovo quello che è successo in Lombardia dove un paziente infetto si è presentato al Pronto soccorso e non è stato riconosciuto perché i criteri di classificazione dei sospetti dettati dall’Organizzazione mondiale della sanità erano già superati"

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