di Daniele Guido Gessa | 5 ottobre 2014
Kinshasa, anni Venti del Novecento.
Spostamenti resi più facili
dai “nuovi” mezzi di trasporto, treni e convogli per le merci. Inoltre,
un boom demografico e una sessualità sempre più spinta e frenetica,
resa possibile anche dalla
prostituzione “di massa”. Infine, le nuove terapie mediche, con le iniezioni – con a
ghi spesso infetti – come cura a ogni male. L’università di
Oxford insieme a quella di
Lovanio, in Belgio, hanno ricostruito esattamente
quando e dove il
virus dell’Hiv, responsabile per
l’Aids, fece il primo “
salto di specie”
dalle scimmie all’uomo, diventando endemico per decenni, per poi
esplodere in tutto il mondo negli anni Ottanta del secolo scorso.
Il
periodo – rintracciato grazie all’analisi storica del genoma dell’Hiv –
è appunto quello degli anni Venti, quando iniziò il colpo di coda
dell’era degli imperi, un’epoca di sviluppo per le nazioni colonizzate e
di grandi cambiamenti sociali. Il luogo, dicono ora gli studiosi delle
due università, era la Kinshasa (Leopoldville fino al 1966) allora
avamposto del potere belga in Africa, la più grande città di quella che
ora è la
Repubblica Democratica del Congo. Con un parallelo inquietante, per quanto riguarda l’origine del virus, con l’attuale epidemia di
Ebola: la notizia relativa a una trasmissione dovuta ai
cacciatori che maneggiavano la carne della
selvaggina
delle foreste. Sangue e altri liquidi biologici infetti. E così si
arrivò a quel numero di persone che finora hanno contratto l’Hiv:
75 milioni in tutto il mondo.
“Fu
la tempesta perfetta”, dicono ora gli studiosi. Il Belgio aveva
infatti appena costruito le ferrovie, facilitando gli spostamenti della
popolazione e portando, ogni anno, un milione di pendolari a Kinshasa.
Inoltre, tutti quei lavoratori – maschi – che portarono la rete dei
binari nel Congo non fecero altro che far aumentare la sproporzione fra
uomini e donne, in un rapporto di due a uno che rendeva difficili le
relazioni amorose e quasi impossibile, per gli operai, trovare una
fidanzata o una moglie. Come conseguenza, sottolineano gli scienziati,
si ebbe un
aumento della prostituzione, spesso in case
di piacere, con un aumento “incredibile” di malattie a trasmissione
sessuale. Fra le quali, appunto, l’Aids. Che allora, chiaramente, non si
chiamava così, era una malattia praticamente sconosciuta, ma gli
scienziati, studiando il genoma del virus, ne sono ora certi: l’Hiv
rimase endemico per almeno sessant’anni, per poi esplodere negli anni
Ottanta e colpire, in primo luogo, la comunità omosessuale di
Stati Uniti ed
Europa. Ancora, sottolineano gli studiosi di Oxford e Lovanio, in un certo qual modo anche la
moderna medicina
è stata colpevole. In quegli anni le cliniche cominciarono a effettuare
le iniezioni così come le conosciamo noi oggi. Con aghi spesso
infetti, chiaramente e, una volta che la persona malata saliva su un
treno per tornare nella sua provincia di provenienza, il virus
viaggiava sullo stesso vagone.
Parlando con la
Bbc, il professor
Oliver Pybus
dell’università di Oxford, ha detto: “Possiamo vedere le impronte della
storia nei genomi di oggi, che hanno lasciato una traccia, un segno
della mutazione del Dna che che non può essere eradicato. Così facendo
abbiamo potuto ricostruire ‘l’albero genealogico’ del virus e
rintracciare le sue radici”. Ormai, del resto, è quasi certo, almeno per
la scienza ufficiale: l’Hiv è una versione mutata di un virus degli
scimpanzé, un’
immunodeficienza dei primati tuttora
presente in molte comunità di scimmie. Secondo gli studiosi “il
passaggio fra animale e uomo non è avvenuto solo una volta” ed ecco così
la presenza di diversi ceppi del virus, con dei sottogruppi che, in
Africa,
sono endemici di alcune zone ben specifiche. Pybus e il team di
studiosi hanno così definito anche la prima vera causa del diffondersi
del virus: “Una zona molto popolata e molto in crescita, dove anche la
medicina di quei tempi registrava un’alta incidenza di malattie
sessualmente trasmesse”. Un boom demografico, insomma, unito alla
maggiore facilità di movimento. “Ed è affascinante ora avere uno sguardo
interno alla prima fase della pandemia dell’Hiv”, ha commentato il
professor
Jonathan Ball, che ha collaborato con il gruppo di ricerca. Proprio mentre l’
epidemia dell’Ebola, che finora ha ucciso più di
3mila persone in Africa, ha
persino fatto il salto dell’Oceano, arrivando – ma finora solo con un
caso accertato – negli Stati Uniti d’America. Non treni ma
aerei questa volta, ma le similitudini sono tante, hanno ammesso gli studiosi.
p.s.
ehm,
mi sorge un dubbio: ma davvero ebola non era previsto che potesse
esplodere in questo modo? E come mai è già uscito fuori dai breaking
news dei media? E come mai non ci sono iniziative internazionali per
fermarla? Forse Big Pharma, e i suoi sodali, ha i fatto i suoi e visto
che lì ci sono molti poveri e pochi soldi da spillare ha deciso di
tenere un profilo basso e aspettare che esploda nel mondo ricco?