venerdì 25 gennaio 2008

Un'uscita a testa alta.................

Non sono mai stato tenero con questo Governo (tantomeno con quelli precedenti) che non si è spostato di una virgola dal liberismo e dal centrismo così di moda in questi decenni, ma una cosa devo riconoscergli: se ne esce a testa alta! Ha giocato a risiko ed ha perso ma ha PARLAMENTARIZZATO la crisi facendo vedere agli italiani "chi" lo tradiva (non si sa se per futuri incarichi promessi o perchè spera così di rimandare sine die, o almeno finchè possibile, il referendum e/o la riforma elettorale e sperando che si vada subito ad elezioni anticipate in modo da perpetuare la tragedia da reality di anacronistici partitini dello 0 virgola qualcosa che ingessano i governi) e chi pur mettendosi alle sue spalle in questo momento in realtà lavorava per lasciarlo senza nemmeno lo scrannino (ossia il suo partito). Non sono molte le volte, nel corso della nostra storia repubblicana, che un Presidente del Consiglio ha avuto questo coraggio politico e di questo gli va dato atto: è uscito davvero con l'onore delle armi! Non era facile la situazione in cui è nato e non è stato facile gestire la nazione (bene o male lo dirà la storia) con la polpetta avvelenata che gli era stata rifilata al momento del voto grazie alla "porcata" della legge Calderoli la situazione era al limite dell'ingestibile ed è già tanto che sia durato quant'è durato e chi festeggia ora per strada dovrebbe invece pensare che dovrebbe, invece di festeggiare per la fine "l'oppressore", chiedersi cosa accadrà ora e quali rischi corre il paese anche in vista della più grave crisi economica che l'Occidente abbia conosciuto negli ultimi 50 anni. Già siamo un paese che vivacchia alle spalle delle altrui fortune senza nulla fare per apportare il proprio contributo, ora ci si mette anche la guerra per bande della politica e davvero si può dire che la frittata è fatta e siamo noi nei guai perchè questa frittata ce la dovremo mangiare tutta se non si risolverà in fretta la crisi e si darà un governo al paese (nelle mie speranze naturalmente non un governo come gli ultimi, Prodi compreso, ma, vista la situazione e visto il parco politici a disposizione, mi accontenterei di uno simile) in grado di traghettarlo all'interno della bufera che si sta scatenando a livello internazionale. Ha ragione Stiglitz quando dice che siamo anche fortunati dato che con il supereuro siamo in parte protetti dallo tsunami ma non bastano, naturalmente le rassicurazioni per far ripartire un paese depresso, stanco, deluso e disilluso come il nostro dove l'unico prodotto che si è creato negli ultimi anni che sia accettabile a livello politico è la figura dell'imbonitore che ipnotizza i cittadini. Ritengo che abbia ragione chi, come la Bindi, afferma che non c'è tempo per ragionare e fare almeno la riforma elettorale e il referendum è la sola strada: come dicevo in un post precedente sono dell'opinione che in momenti come questo sia necessario che il corpo elettorale si esprima chiaramente sulla materia mandando un segnale ai vari parvenù della politica che i datori di lavoro, noi, sono stufi dei dipendenti e che quindi sono in partenza le lettere di licenziamento in tronco per incapacità manifesta e sfruttamento delal propria posizione per fini personali. Sarà la volta buona questa? No se si continua a giocare a rimpiattino con l'opposizione e se si continua a dare spazio a quelli dello zero virgola qualcosa che sono capaci di condizionare la scelta di milioni di elettori italiani e non hanno nemmeno un partito ma sono solo "liberi" pensatori o poco più. Discorso a parte si deve fare per il ParDem che ancora una volta si connota solo come un'associazione di persone che mirano al mantenimento del potere anche facendo accordi con la parte avversa e minando per propri disegni e interessi di partito più che quelli del paese: non ha ideali nè cose nuove da proporre ma solo la solita minestra riscaldata in salsa liberista.

Il numero magico di Bush: 935

Secondo il Center for Public Integrity Bush (e la sua Amministrazione) pur di portare il paese in guerra contro l'Iraq hanno mentito (detto balle in poche parole) per ben 935 volte in due anni. Non sapevo che si potesse tenere la contabilità delle balle in politica anche perchè in Italia le balle dette e scritte sono tali e tante che contarle sarebbe una fatica di Sisifo (con tutto il rispetto per il personaggio mitologico) e forse si fa prima a dire le due o tre cose vere che i nostri politici dicono:ad esempio il nome e cognome . Siamo così abituati alle frottole che crediamo a chiunque ci dica per esempio che creerà un milione di posti di lavoro o a chi darà una spinta al paese con un colpo di reni: balle appunto. Negli USA è diverso (anche se è vero che ne combinano di tutti i colori particolarmente, come anche denuncia nel suo libro uno che di potere se ne intende, come Al Gore, questa Amministrazione) lì certe cose le rpendono sul serio e prima o poi si scatenerà una campagna stampa contro le balle dette da far tremare i polsi anche al più freddo e navigato degli uomini politici, soprattutto quando verrà squarciato il velo di menzogne sull'operato di Bush e sodali in questi otto anni. No lì non scherzano su queste cose e sono tremendamente seriosi in tema di menzogne tanto che anche promettenti carriere politiche (coem anche presidenti) sono entrati in crisi per una "Levinskata" di straforo, perchè lì, a differenza dell'Italia, si presuppone che se sei un'uomo pubblico e fai delle affermazioni poi qualcuno se controlla e le scopre false, subito si pensa che se menti su una cosa menti su tutto e allora son dolori perchè entri nel rtitacarne mediatico/politico che ti fa a pezzi. Al massimo in Italia, invece, ti becchi i riflettori dei media, subito esce uno che ti difende (magari scusandoti perchè così fan tutti....), e se qualche magistrato si mette in moto allora si parla di attacco proditorio e finisce tutto a tarallucci e vino con annessa prescrizione e se proprio va male con l'indulto sei salvo, vivo e vegeto.......

L'esito della crisi? Si spera trasparente

Ha deciso di lottare Prodi e di non cedere alle sirene di coloro che, temendo il precipitare della situazione e l'avvio rapido verso elezioni che nessuno in questo momento vuole (nonostante le sparate nemmeno nella destra ci sono politici che andrebbero alle urne con il "porcellum") epperò nemmeno volgiono cedere di un passo al momento referendario temendo con esso la imposizione di un sistema elettorale che impone a tutti di stare insieme appassionatamente (come veri fratelli coltelli) gli fanno sapere più o meno velatamente che è meglio che si dimetta ora ed evitando eventi traumatici per amici e nemici: tutti gli vanno intorno e dire e suggerire di farsi da parte perchè nessuno vuole essere di fronte alla pubblica opinione il killer del Governo. Da politico di estrazione DC Prodi sa benissimo invece che solo se resiste alle sirene potrà avere ancora un ruolo politico nel paese e quindi tiene duro: non solo agli avversari esterni alla (ex) coalizione ma anche fra quelli che riteneva alleati e amici di partito: ecco il motivo per il quale si presenterà al Senato e andrà incontro o alla vittoria o alla sconfitta ma comunque al rimanere (e vincere o perdere) in piedi ed uscire a testa alta dalla scena raggiungendo in questo modo due obiettivi: creare un'alternativa all'amico/avversario Veltroni e persentarsi alla testa di una coalizione di delusi dal ParDem che gli porti via voti, il tutto naturalmente condito dal fatto che non ritiene che sia arrivato il momento di farsi da parte e andare i pensione. E' irrilevante il voto del Senato dal punto di vista strategico mentre ha enorme valenza l'aver costretto il ParDem a rimanere sulle posizioni del Governo e del suo Capo per non perdere credibilità e rimanere con il cerino acceso in mano della scelta fra andare alle elezioni con l'attuale sistema o navigare a vista dopo il referendum rimanendo in mezzo al guado della politica e, contemporaneamente, subendo attacchi da ogni parte politica e dalla opinione pubblica. La unica novità è la trasparenza di questa crisi politica (l'ennesima) e la sua parlamentarizzazione che nel nostro paese è una cosa abbastanza rara. Un ruolo importante lo giocherà anche il Capo dello Stato che mira almeno a riformare il sistema elettorale e non favorire la ulteriore instabilità dei futuri esecutivi. Non è stato peggiore dei precedenti questo governo: si è semplicemente mantenuto nel solco del liberismo che dagli anni '90 fa macelleria sociale nel nostro paese a scapito di chi lavora e vive di stipendio che da solo regeg buona parte degli introiti dello Stato. Troppo spesso l'ala sinistra della coalizione ha spinto per programmi sociali e redistributive e troppo spesso i liberisti li hanno zittiti in nome del risanamento e del mercato e mai si è sentito qualcuno ribadire che erano stati mandati lì proprio in base al programma e non perchè fossero particolarmente o fossero facce nuove rispetto al panorama politico attuale: invece hanno tradito non solo l'elettorato ma anche il mandato di governare imprimendo una rottura con il passato ed entrambe le cose sono state non solo non rispettate ma addirittura irrise dagli stessi politici pronti alla negoziazione e al compromesso, foss'anche con il diavolo, pur di restar dove sono e anche in questo il Governo non ha lasciato la via maestra. L'unica a perdere davvero, sarà come la solito la società sempre più abbandonata a se stessa e lontana dalla feudalità della politica.

giovedì 24 gennaio 2008

Un'altra vittoria della civiltà sull'oscurantismo

E siamo a tre: dopo Cagliari e Firenze anche il TAR del Lazio boccia la legge 40 sulla fecondazione mandando inoltre i fascicoli alla Consulta Costituzionale per un'esame delle norme della legge stessa e il conseguente annullamento anche delle linee guida: indovinate qual'è stata la sentenza? ECCESSO DI POTERE. Insomma dopo il fallimento del referrendum, grazie al NOSTRO qualunquismo e menefreghismo, e l'immobilismo dell'attuale maggioranza in materia (ma non solo su questa materia) i cittadini e i giudici stanno ristabilendo la civiltà in questo paese. Se la Corte Costituzionale dovesse abrogare la legge faremmo in un sol colpo un salto in avanti ponendoci di nuovo nel novero dei paesi civili e laici: e questo a demerito della classe politica che è incapace di scostarsi dai diktat di oltretevere. Nel nostro paese, putroppo, devono essere i cittadini (e la storia si ripete dopo aborto, divorzio, finanziamento pubblico ai partiti ecc.) che fanno le riforme e non gli organi preposti dalla Costituzione i quali sanno solo fare compromessi al ribasso e badare al loro piccolo paticulare. Ora se non vogliono vedere crollare il resto dell'impianto umiliante per le coppie che ricorrono a queste tecniche i politici dovranno darsi una mossa ricordandosi che sono lì non per volere di qualche entità soprannaturale o per grazia ricevuta ma per voto avuto dai cittadini. Ecco perchè in Italia l'attacco ai giudici è continuo e si spiega anche perchè il referendum è malvisto dalla classe dirigente: con il corpo elettorale non ci sono mezzi termini o sì o no anche quando lo stesso è pervaso da qualunquismo prima o poi ad una determinazione ci arriva e quando ciò accade son dolori per loro. Se la Consulta dovesse continuare sulla stessa linea la sconfitta sarebbe bruciante per gli oscurantisti piazzandogli fra le gambe un bel macigno anche per quanto riguarda aborto ed in prospettiva il divorzio, l'eutanasia, le coppie di fatto e i cosiddetti divorzi brevi; ma soprattutto finirà la pratica vegognosa dei viaggi della speranza grazie ai quali intere catene di cliniche private e pubbliche di paesi stranieri stanno facendo affari d'oro con i soldi che le persone, nostri concittadini, gli danno. Immaginando il disappunto degli oscurantisti (dalla prime dichiarazioni tutte stizzite e "nervose" si evince che cominciano a comprendere che nel nostro paese non tutti si genuflettono ai voleri altrui) e i distinguo degi centristi l'unica reale soluzione è quella di eliminare questa legge in toto e farne una che davvero si civile e adeguata alle tecniche avanzate presenti nel e proposte dal mondo scientifico: le stesse tecniche che chi vuole l'eliminazione dell'aborto vorrebbe usare per limitarlo e dato che la scienza in sè non è nèbuona nè cattiva si deve pensare che è l'uso che se ne fa è strumentale ai fabbisogni e ai voleri ora di questa parte ora di un'altra.

Davos: entra la depressione esce la spavalderia e il liberismo

Son finiti i tempi delle luminarie e delle arroganti prosopopee sul magnificenza del re liberismo e sulle sue capacità di assicurare a tutti (compresi i morti di fame) un futuro roseo e ricco: il bagno di arroganza è finito nell'acqua tempestosa della recessione in puro stile american way of life e se non fosse per Bernanke che ha rialzato i tassi con una mossa disperata l'effetto a cascata sarebbe stato davevro tragico per tutti: altro che Grande Depressione in un colpo solo le persone comuni si sarebebro trovate dalla misera vita a cui sono tenute alla fame nera e in cuor loro molti avrebbero cominciato a ripensare a tutte le parolone dette negli anni precedenti cominciandosi a chiedere se questo davvero è il migliore dei mondi possibili e non ce ne fosse un'altro là poco oltre nella vicina america latina dove "l'onda rossa (termine non mio)" ha ripreso vigore: com'è facile e masochistico sparare giudizi tranchant, nonostante la crisi imminente per chi ha paraocchi tali da non capire che continuando a difendere un sistema ingiusto e iniquo non fa un favore nemmeno a se stesso e ai suoi figli; meglio sarebbe che cominciasse a guardarsi intorno ad osservare la macelleria sociale che il liberismo ha fatto in questi decenni. Infatti i soloni e sacerdoti liberisti in tempi come questi diventano improvvisamente keynesiani e chiedono, anzi strepitano, a gran voce l'intervento pubblico a difesa dei loro profitti e delle loro attività disposti ad ammettere solo in parte le proprie responsabilità ma pronti comunque a battere cassa per rovesciare sulla società i costi delle loro avventure finanziarie e speculative sperando che siano altri, facilmente individuabili nei comuni cittadini, a apagfare il conto della loro irresponsabilità. Non meraviglia, quindi, che la Gallup, come ogni anno, nel sondaggio sullo stato di contentezza dei cittadini abbia registrato in "TUTTO" il mondo un'aumento vertiginoso dell'insoddisfazione e della depressione degli stessi non solo per il futuro loro ma anche dei loro figli ma esprimono, per la prima volta, anche sfiducia negli imprenditori e nei politici che non sono più punti di riferimento per uscire dalla crisi attuale e dare alle successive generazioni non solo un mondo migliore ma anche diverso dall'attuale. Indovinate un pò a chi va la fiducia? A intellettuali e scienziati proprio quelli verso i quali si sono riversati gli strali dei liberisti per essere dei rompiscatole quando mettevano, e mettono, in guardia, il pianeta dai mali che l'eccessivo sfruttamento delle risorse, frutto di un sistema che per mantenersi deve crescere all'infinito e che non ammette critiche di sorta nemmeno da chi per mestiere è tenuto a farle. Ora veniamo alla parte Italia: ma davvero lo volete sapere come la pensiamo e a quale parte delle risposte abbiamo dato dato maggior valore? Siete sicuri? O lo sapete già e non avete il coraggio di dirlo nemmeno a voi stessi perchè dovreste ammettere che nn avete capito un bel niente di come vanno le cose e di come vi hanno preso per il c....?

mercoledì 23 gennaio 2008

radicalizzare lo scontro tra laici cattolici? Qui prodest

Sono in molti a sostenere che oggi dopo la caduta delle ideologie ottocentesche e novecentesche (liberalismo, comunismo ecc.)e la conseguente caduta dello steccato fra destra e sinistra storica, preconizzata lucidamente da Bobbio, che i partiti hanno assunto un fisionomia uguale mirando soprattutto al cosiddetto centro. Negli ultimi tempi però sta emergendo una nuova radicalizzazione fra laici e cattolici che fa dire a qualche esponente che oggi la divisione non è politica ma di fede: lo scontro in poche parole si avrebbe fra Ratzinger e i laici per il controllo delal politica e della società e che quindi si deve scegliere da che parte stare. Ammettendo che la diffrenza fra destra e sinistra è finita e quindi l'elettore deve scegliere non in base all'idea di società che viene avanzata ma in base ai programmi politico/economici che vengono proposti (peraltro assolutamente simili) dagli schieramenti e alle sue convenienze; oera invece si cerca di introdurre una variabile pericolosa: lareligione. Dare l'idea che è in atto uno scontro fra laicità e fideismo è illogico oltre che distruttivo perchè presupporrebbe che a seconda che vinca l'uno o l'altro lo Stato assume un'aspetto confessionale o meno: ed ho dei dubbi che l'Italia sarebbe uno Stato democratico se a vincere fosse l'integralismo fideista. E' pericoloso per molti motivi ma soperattutto è stupido perchè se è vero che la Chiesa cerca di condizionare sempre di più la vita politica italiana compensando con ciò la caduta di presa sociale è anche vero che istituzioanlizzare una cosa del genere significherebbe mettere la società non di fronte ad una scelta ma di fronte alla'lternativa fra un potere dispostico basato sul fideismo dal un lato e i sostenitori di un potere "liberale" ma laico dall'altro con la conseguenza prima che lo scontro si baserebbe su idelogie che non mirano a migliorare l'assetto sociale ma solo da un lato a restaurare il secolarismo da un lato e dall'altro, in teoria, a ristabilire lo statu quo: entrambe scelte inaccettabili. In realtà la radicalizzazione dello scontro è voluta da chi vede che oltre a colpi di mano più in là di tanto non si riesce ad andare e non fa presa sulla società che è laica abbastanza da nonfaresi abbindolare con la prosopopea sull'aborto ed il divorzio che ormai sono entrati nel suo DNA; soprattuto costringere molti cattolici, tipiedi verso la linea oscurantista della CHiesa del XXI secolo, a scegliere fra la fede e la laicità sarebbe rinunciare a un valido baluardo contro l'intgegralismo che cerca di imporre la propria visione delle cose. Non cadiamo nella trappola che ci stanno preparando e facciamo tesoro della lezione di laicità di De Gasperi e Moro che si erano profondamente credenti ma anche sapevano discernere fra il bene pubblico e i desiderata di chi crede ancora che la breccia di Porta Pia non sia mai avvneuta.

Civiltà, tolleranza e integrazione: tre parole che mancano a Milano

Il Ministero della Istruzione taglierà i fondi (8 milioni di euro) al Comune di Milano a seguito della decisione della Giunta di non ammettere i figli degli immigrati clandestini nelle scuole materne e negli asili della città. La querelle ha dell'incredibile: un -Comune italiano decide autonomamente di clandestinizzare i figli degli immigrati violando non solo i principi del diritto nazionale e internazionale (per non parlare della sempre sottaciuta Costituzione), delle convenzioni internazionali e delle regole comunmente accettate e sottoscritte che sono alla base della società avanzatae liberale quale il nostro paese ritiene di essere. E' un gesto di egoismo clamoroso e anche un'autogol clamoroso che ci qualifica come un paese intollerante e incivile composto da persone che hanno dimenticato troppo in fretta il passato di emigrazione, quando povertà e miseria imperavano nelle nostre campagne e nelle zone più povere delle città, e si comporta in maniera becera e incivile. Com'è passato in fretta il tempo: quante stagioni ha conosciuto questa città passando dalla città operaia piena di immigrati "meridionali" (dove c'erano cartelli del genere non si affitta ai meridionali), democratica a parole, alla città "da bere" affaristica dove contava essere vicino al potente e dove si speculava anche sulle opere caritatevoli tipo il Pio Albergo Trivulzio; alla città, ancora, che ha visto crescere il fenomeno leghista (nel quale fermentano i mostri del razzismo) frutto della paura e dalla mancanza del senso della ragione oggi Milano vive il suo medioevo con norme di cui tutti noi ci dovremmo vergognare, perchè siamo cittadini di uno Stato che ha siffatti Comuni nel suo grembo. Il modello Giuliani, ormai di moda da noi, è fallimentare ed è tipico delle società egoistiche che proprio non riescono a capire che non solo gli immigrati sono un bene prezioso per la nostra economia (molte aziende non andrebbero avanti senza il loro prestare forza lavoro), ma che se non vogliamo la nascita di comunità separate ed estranee fra loro e con noi è proprio l'integrazione la carta vincente e invece emarginandoli sempre di più di certo non li aiutiamo ad integrarli nè loro nè per giunta i loro figli che colpa non hanno se non quella di essere venuti al mondo nel periodo sbagliato nel paese sbagliato. Si parla di integrazione ma si pratica l'intolleranza; si parla di accoglienza ma ci si dimentica, nella cosiddetta "capitale economica del paese, le "orde" svolgono lavori per i quali vengono pagati poco e male e li costringono a sacrifici enormi per mandare soldi a casa o per mantenere le famiglie che si sono portati appresso: sia chiaro molta delinquenza cè frutto della emarginazione e della nostra volontà di fare leggi e non applicarle dando all'estero la giusta impressione di essere il bengodi dei malviventi. Ma un caposaldo di democrazia e tolleranza era rimasto: le scuole di base per i bambini aprte a tutti primo passo verso l'integrazione e il riconoscimento sociale; ora gli si vuol togliere questa possibilità ma poi non ci meravigliamo che le nostre città diventano ghetti cinesi, dove vivono e si confrontano mondi separati che non comunicano fra loro e nemmeno si comprendono per la mancanza di lingua comune, nè ci dobbiamo meravigliare se a quel punto gli immigrati cominciassero ad aprire loro scuole dove insegnano, come nei paesi di origine (e come del resto già accaduto proprio a Milano), ai loro figli, che si fa? Gli si manda la celere, o gliele chiudiamo subito e di imperio spingendoli sempre più ai margini della nostra società costringendoli a mettere i figli in strada e per la strada magari andando a rimpolpare la già folta schiera dei pusher e per giunta pieni di rancore verso il paese ospite? Non ho ancora sentito nessun prelato parlare su questo problema e mi chiedo: ma come la Chiesa così sollecita quando si tratta di temi che afferiscono ai temi della "vita" e del riconoscimento della propria identità ma anche pronta ad invocare l'obiezione di coscienza dei farmacisti nel caso dovessero vendere la pillola RU486, tacere o non intervenire in questa triste vicenda? Forse non si vuole colpire un'alleato politico in nome di futuri scambi e favori? A differenza di quanto, invece, avvenuto a Roma con Veltroni che si è visto spiattellare davanti ai giornalisti la cenciata sul disagio nella capitale valgono a Milano i due pesi e le due misure o dobbiamo pensare che c'è condivisione della linea della giunta meneghina? Sarebbe trsite che la presenza della Chiesa opprimente quando si tratta di imporre le proprie visioni messianche e salvifiche si fermi al confien di Milano perchè là ci sono amici degli amici cdhe possono tornare utili per altri probblemi e di conseguenza si chiude un'occhio su quanto fanno, come si chiuse un'occhio sulla politica economica del precedente governo che redistribuì verso l'alto la ricchezza e si da addosso a questo che almeno una parvenza di equità l'ha data e c'è da chiesersi dove sono i difensori delal libertà se permettono che cose del genere accadono.

martedì 22 gennaio 2008

L'Italia affonda nel marasma della politica

Nemo profeta in patria: potrebbero dire così i ricercatori dell'Eurispes che hanno fotografato, nel rapporto annuale, la mancanza di fiducia dei cittadini nelle Isituzioni. Si salvano Presidenza della Repubblica (approdo finale delle ansie degli italiani con il 60% dei consensi) e la Magistratura (con il 47% dei consensi, in ribassi ma sempre alto rispetto al resto). Il resto, in particolare le Istituzioni democratiche e la politica crollano ai minimi storici senza, a quanto è dato sapere, eccezione alcuna. L'intepretazione non lascia adito a dubbi: i cittadini non si fidano e non riconoscono più "questa politica" come propria e di conseguenza se ne allontanano completamente (pur continuando ad andare a votare ma ciò è da considerarsi poco più che un rito della liturgia democratica in quanto ha perso molta della valenza iniziale non essendoci nè uomini nè partiti nè soprattutto ideologie che possano scaldare gli animi e riempire le tasche vuote). Discorso a parte vale per la Chiesa, anch'essa in crollo di consensi, che con la sua linea politica aggressiva non sembra incontrare il favore della maggioranza degli italiani. Il precedente Papato ne aveva acquisiti di consensi molti di più proprio per la capèacità di ascoltare e incanalare le ansie degli italiani, mentre questo va in controtendenza, tende a chiudere il recinto a arroccarsi sulle proprie posizioni: le gerarchie vaticane questo non lo possono ignorare; dovranno valutare se continuare a considerare il nostro paese come il "giardino di casa" nel quale liberamente scorrazzare senza contrasto alcuno da parte laica, oppure accreditare un radicale cambiamento di rotta che riporti la Chiesa a quello che era lo spirito "sociale" del Concilio Vaticano II°. La attuale linea non paga, anzi crea anticorpi nella società, e, se pur ci si deve fare la tara ai sondaggi ecc., una cosa la si evince chiaramente: senza un cambio di linea la Chiesa è vista come un'entita parte del gioco politico italiano e i cittadini questo non lo apprezzano e vedono il Papa "politico" come parte, se non partito, in causa e dottrinariamente schierato schierato dalla parte della conservazione dello status quo e di conseguenza non come punto di riferimento ideale perchè "altro" rispetto al desolante panorama italiano. E nel realtà ciò è visibilissimo: è vero che la chiamata in armi delle schiere da un segnale di solidità di fronte alla società sfilacciata ma è anche vero che se perde la sua terzietà e si schiera politicamente è vista come parte e quindi oltre che essere sottoposta a critiche perde l'autorevolezza che prima aveva conquistato.

Mastella sfiducia Prodi maa temere per la propria poltrona sono i piccoli

dai e dai alla fine il modo di mettere il Governo con le spalle al muro lo hanno trovato. Non ci è riuscito Berlusconi ma il leader di un cespuglio centrista deluso perchè a fronte di quelli che ritiene attacchi non ha visto solidarietà politica dei suoi alleati. Non sto a giudicare non mi compete, ma rilevo due cose: innanzitutto che, a differenza del 1992, non ci sono nè popolo dei fax nè catene umane a difesa della magistratura o di questa o quella Istituzione poi che i dibattiti delle persone non vertono per nulla sulle vicende politiche ma piuttosto sul proprio futuro in un paese dove sembra conti di più le vicende della casta che al crisi che attanaglia i redditi che non riescono ad arrivare a fine mese. L'assuefazione, anticamera della rassegnazione, è il male peggiore in una società democratica perchè significa che quel popolo è pronto per un regime autoritario, sottotraccia o no,nel quale si accetta di tutto pur di vivere tranquilli la propria vita e sperare che qualcuno faccia qualcosa di positivo per migliorare lel condizioni di vta e di lavoro dei cittadini, naturalmente che non sia la solita prosopopea sul mercato e sulle sue virtù che sono sotto gli occhi di tutti e che sono così buone da aver ridotto a miseria un terzo degli italiani. Questo malandato governo cade ma siamo sicuri che si vada dritti alle elezioni, con il sistema elettorale fatto dal precedente governo e definito da uno dei firmatari come una porcata? E, soprattutto, i partitini, che finora hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità sfruttando la rendita dell 0, qualcosa, davvero credono di sopravvivere a tutto ciò? In realtà hanno solo la possibilità di prolungare di un'anno la propria agonia prima della riforma elettorale, perchè in base alla legge sui referendum in caso di scioglimento anticipato del Parlamento lo stesso referendum slitta di un'anno (infatti nel nostro paese da quando questa legge è entrata in vigore sono molte le legislature finite in anticipo per evitare "scomodi" referendum come quello sul divorzio o sull'aborto) sperando che nel frattempo si riesca a dar vita ad una legge meno penalizzante per loro. Come molti affermavano è dal centro che veniva il pericolo per questa maggioranza e indatti dal centro è arrivato il siluro per Prodi che rischia di affondare definitvamente la maggioranza affidando a governi elettorali la gestione dell'ordinario e il traghettamento delle istituzioni nell'ennesima riforma del sistema elettorale presentata come la panacea, era considerato tale anche il sistema che uscì dal precedente referendum sul sistema elettorale ma così non fu, di tutti i mali mentre invece i problemi sono altri e molto più pressanti. A ciò va aggiunto anche il fattore "R" che pesa sempre di più nel quadro politico italiano e sempre di più fa sentire la propria presenza e volontà di potere sulla debolissima classe politica nostrana: tant'è che oggi molti media, anche quelli della borghesia moderata, imputrano anche a questo fattore la caduta del Governo Prodi ritenuto troppo sbilanciato a sinistra e poco incline ai "desiderata" della gerarchia vaticana. In mezzo come sempre noi cittadini che in attesa che lassù qualcuno si decida a prendere in mano e risolvere i problemi reali del paese continuiamo pazientemente la nostra vita fatta di lotta quotidiana contro il carovita, la burocrazia, lo stipendio inconsistente ecc.

lunedì 21 gennaio 2008

Venti di crisi al Forum di Davos: siamo al che fare?

Sta per cominciare a Davos il Forum dove vengono decisi i destini dell'economia planetaria nei prossimi mesi e riveste particolare importanza soprattutto ora dato che siamo in vista di una recessione proveniente dagli USA (nonostante ciò i signori della finanza anche in tempo di crisi provocata dalle loro speculazioni che hanno aperto buchi catastrofici nelle banche che dovevano gestire facendole, in certi casi, quasi fallire si sono staccati assegni di utili stratosferici lasciando agli azionisti il compito di pagare il conto mentre il costo ultimo di questo circo andrà tutto sulle spalle dei consumatori) e provocata da un lato dall'estrema volatilità delle Borse finanziarie dall'altro dall'allegra gestione degli strumenti finanziari, in particolare dei subprime che stanno spingendo sul lastrico tante famiglie italiane, ma non solo, che non sono più in grado di pagare mutui con rate astronomiche. Un'altro problema che sta emergendo sono anche gli strumenti finanziari che molti Enti locali stanno usando per trovare soldi e che presentando le stesse caratteristiche dei subprime c'è da scommertterci, quando scoppierà anche questo bubbone, andranno in dissesto finanziario e costringeranno i cittadini a sborsare moneta per coprire i buchi. Per anni il liberismo, spinto dall'ideologismo della scuola di Chicago, ha eliminato, o spinto ad eliminare, barriere e leggi in nome della libera circolazione delle merci e dei soldi (creando laddove richiesto dalle contingenze politiche anche enormi sperequazioni sociali ed economiche), e per farlo si è anche ricorso a vedere con avore colpi di stato. Ora sembra invece che la corrente d'aria stia cambiando e si vada verso una richiesta di segno opposto: si chiede ai Governi di cambiare rotta e immettere controlli e norme stringenti. Ma quali sono i veri motivi? In realtà i signori della finanza, che a Davos sono presenti in forze (insieme a politici altra umanità varia fra cui quest'anno anche alcune associazioni no global che sono state integrate per consentire acostoro di rifarsi la verginità perduta) sono premuti non tanto dalla preoccupazione per le sorti delle famiglie e dei comuni mortali quanto dai loro profitti (ossia dai nuovi campi da "arare" in vista di ulteriori profitti, uno di essi è l'oro blu ossia l'acqua che pur se dai discorsi che si fanno li fann sembrare persone ragionevoli in realtà costoro hanno l'unico problema di guadagnare spremendo utili e spendendo sempre meno in modo da socializzare le eventuali perdite doveute anche a proteste popolari o cambi di maggioranza) minacciati dall'aggressività delle tigri asiatiche che sono presenti in forze dovunque ormai e acquistano sempre maggiori fette di mercato a danno dei primi figli di economie mature ed ora anche in crisi; quindi urge aiuto di Stato mandando a farsi benedire i principi sacri del lberismo e i suoi corollari. Se guardiamo storicamente il processo è sempre avvenuto così: il liberismo in tempi di vacche grasse è abilissimo a strepitare per chiedere minori controlli mentre in tempi vacche magre è assolutamente incapace di proporre valide alternative e tutto quello che sa fare è chiedere interventi statali di aiuto (il classico medello dello Stato bancomat) e protezionismo contro "gli aggressori" esterni che minano la democrazia e la libertà (LEGGASI I LORO PROFITTI E IL CONTROLLO DEL MERCATO E DELLE RISORSE). Quindi gli scenari da quest'anno cambieranno per quelle popolazioni ridotte alla fame nera dal liberismo? No! Accadrà solo che i lupi si saranno messi addosso la pelle dia gnello e per qualche tempo (finchè la buriana non sarà passata) si cospargeranno il capo di cenere e andranno a Canossa scalzi.............................

domenica 20 gennaio 2008

Dopo i tanti...Day oggi ecco a Voi il Papa Day

Oggi a Roma accadono due cose nello stesso momento: il primo Angelus dopo i "fatti" della Sapienza e la I° riunione fondativa per la creazione del partito di Dio (avrei potuto metterne il nome arabo ma non è nel DNA attizzare polemiche ma solo riflessioni). Che avessero o meno valutato le conseguenze della loro presa di posizione i 67 Professori che firmarono il documento contro l'invito al Papa (a proposito il documento, come l'invito, era di novembre 2007 quindi tutta la polemica innescata e la successiva rinuncia si può tranquillamente pensare che, forse, erano perlomeno un pò strumentali?) involontaramente si sono prestati al gioco di chi voleva conquistare altro terreno nella politica con effetti e ricadute nella società di sicuro NON positive per chi non si adegua alle Direttive della gerarchia ecclesiale. Concatenando i fatti sotiri si comprende il perchè la Chiesa stia scendendo in campo politico: meno vocazioni; meno persone che vanno in Chiesa; meno persone che seguono il "dettato" religioso (divorzi, interruzioni di gravidanza, fecondazioni all'estero per chi se lo può permettere, separazioni, insomma la laicità e la secolarizzazione sono presenti nel DNA italiano anche se conteporaneamente, ed è questo che ci rende particolari, siamo anche bigotti e provinciali quindi siamo anche un pò credenti o ci conviene esserlo) meno persone che dimostrano con i fatti che seguono la Chiesa e non la Costituzione democratica, ecc. per non parlare poi dell'estero dove lo stesso "accadimento" del mancato intervento papale alla Sapienza era citato come notizia secondaria se non citato affatto. Insomma l'Italia, per sua sfortuna, è l'ultima ridotta ecclesiale o se volgiamo dirlo chiaro la linea del Piave e se crolla questa la Chiesa non solo ha fallito la missione storica che si è data ma anche gli obiettivi egemonici sull'intero Occidente per orientarlo secondo i suoi dettami. Infatti la concorrenza (già anche qui c'è concorrenza ed anche fortissima) dell'islam ma anche delle sette evangeliche e dei protestanti è fortissima e la Chiesa di Roma perde posizioni su posizioni e se dovesse mollare anche in Italia per lei sarebbe la fine o quantomeno vedrebbe di molto ridotto il proprio ascendete e potere su di noi. Ecco perché sta allargando i confini dei suoi interventi al di là di quanto gli sarebbe consentito e manda segnali semppre più penetranti nella nostra politica e ritagliandosi un ruolo politico oltre che, e questo gli compete, religioso e di orientamento delle coscienze. E' la cosiddetta "linea Ruini" che si è affermata i questi: un'intreccio fortissimo con la elitè di potere che avviluppa la casta politica, economica e i ceti che rappresentano cercando in via elitaria di far passare la "confessionalità" della politica sopra la teste delle persone che o non sono osservanti o lo sono tiepidi o sono atei o semplicemente sono indifferenti (nel senso che hanno una religiosità ma di fronte a problemi come una separazione o altro sceondo a compromessi e agiscono senza seguire il dettato di Oltretevere). Se c'è una cosa che gli italiani devono comprendere è che il diavolo si nasconde nei dettagli: e se i fermano e/o si svegliano dal torpore mediatico/veliniano in cui sembrano caduti negli ultimi decenni e non possono che accrogersi della cosa. E lo sanno anche le gerarchie e i loro sodali "laici" infati sanno che se, ad esempio, lanciassero una campagna referendaria contro l'aborto, avrebbero una sonora sconfitta in termini di voti. Ecco appunto la spinta per ritagliarsi spazi politici sia dentro che fuori i partiti se non addirittura (ma non ora fa un pò quado gli italiani avranno digerito la "presenza" ingombrante della stessa in politica) un vero e proprio partito politico direttamente facente capo a Oltretevere. Sia chiaro non sto parlando nè di complotto nè di colpi di stato nè nulla di simile, ma solo di linea politica e concatenazione di fatti ed eventi (in alcuni casi creati in altri provocati involontariamente). Due aspetti dovrebbero prosi all'attenzione: la politica genuflessa (oggi saranno presenti anche politici di vari schieramenti che hanno "accolto" la chiamata) e l'ordine sparso dei laici. Non ci sono più personalità politiche come quella di De Gasperi che pur essendo osservanti cattolici sapevano dire di no alla Chiesa assumendo un'atteggiamento "laico" rispetto ai diktat che gli arrivava, nè ci sono più partiti laici e aconfessionali che si possono ergere a difesa della sperazione fra Stato e Chiesa nel campo politico e sociale: mancando queste due caratteristiche la società italiana è sovraesposta alle sirene integraliste e davvero ci si può aspettare un'accentuazione della Confessionalità dello Stato e il ritorno a dogmi quali la religioe di stato e la obbedienza incondizionata ai "desisderata" ecclesiali. O ci si RASSEGNA o si comincia a ragionare da società liberale quale dovremmo essere e spingiamo i politici ad assumersi le loro responsabilità e ricordarsi che non sono agli ordini di un potere terzo rispetto allo Stato italiano (per giunta nemmeno democratico) oppure, alle prossime elezioni, si vota per chi fa della separazione fra Chiesa e Stato la linea politica principale della propria iniziativa politica e sociale. Altrove fanno così: Sarkozy, per esempio, pur avendo delle prerogative anche di carattere ufficiale repsso la Chiesa di Roma come Capo di Stato francese non ci pensa due volte a sposarsi per la terza volta; oppure la Spagna dove il tanto vituperato Zapatero che ha promosso riforme sociali (prendendo atto della spinta che veniva dalla società) ha come avversario del partito popolare un leader che non ci pensa nemmeno a cancellarle (forse, e dico forse, le cambierà ma non in aspetti essenziali). Solo da noi, invece, prima di parlare di adeguare alla società la legislazione bisogna chiedere il nullaosta?
Di seguito pubblico il testo dell'intervento del Papa alla Sapienza: provate a a leggerlo alla luce dello scenario su esposto e rifletteteci!
"Magnifico Rettore, autorità politiche e civili, illustri docenti e personale tecnico amministrativo, cari giovani studenti! E' per me motivo di profonda gioia incontrare la comunità della Sapienza - Università di Roma in occasione della inaugurazione dell'anno accademico. Da secoli ormai questa Università segna il cammino e la vita della città di Roma, facendo fruttare le migliori energie intellettuali in ogni campo del sapere. Sia nel tempo in cui, dopo la fondazione voluta dal Papa Bonifacio VIII, l'istituzione era alle dirette dipendenze dell'Autorità ecclesiastica, sia successivamente quando lo Studium Urbis si è sviluppato come istituzione dello Stato italiano, la vostra comunità accademica ha conservato un grande livello scientifico e culturale, che la colloca tra le più prestigiose università del mondo. Da sempre la Chiesa di Roma guarda con simpatia e ammirazione a questo centro universitario, riconoscendone l'impegno, talvolta arduo e faticoso, della ricerca e della formazione delle nuove generazioni. Non sono mancati in questi ultimi anni momenti significativi di collaborazione e di dialogo. Vorrei ricordare, in particolare, l'Incontro mondiale dei Rettori in occasione del Giubileo delle Università, che ha visto la vostra comunità farsi carico non solo dell'accoglienza e dell'organizzazione, ma soprattutto della profetica e complessa proposta della elaborazione di un "nuovo umanesimo per il terzo millennio".
Mi è caro, in questa circostanza, esprimere la mia gratitudine per l'invito che mi è stato rivolto a venire nella vostra università per tenervi una lezione. In questa prospettiva mi sono posto innanzitutto la domanda: che cosa può e deve dire un Papa in un'occasione come questa? Nella mia lezione a Ratisbona ho parlato, sì, da Papa, ma soprattutto ho parlato nella veste del già professore di quella mia università, cercando di collegare ricordi ed attualità. Nell'università "Sapienza", l'antica università di Roma, però, sono invitato proprio come Vescovo di Roma, e perciò debbo parlare come tale. Certo, la "Sapienza" era un tempo l'università del Papa, ma oggi è un'università laica con quell'autonomia che, in base al suo stesso concetto fondativo, ha fatto sempre parte della natura di università, la quale deve essere legata esclusivamente all'autorità della verità. Nella sua libertà da autorità politiche ed ecclesiastiche l'università trova la sua funzione particolare, proprio anche per la società moderna, che ha bisogno di un'istituzione del genere. Ritorno alla mia domanda di partenza: che cosa può e deve dire il Papa nell'incontro con l'università della sua città? Riflettendo su questo interrogativo, mi è sembrato che esso ne includesse due altri, la cui chiarificazione dovrebbe condurre da sé alla risposta. Bisogna, infatti, chiedersi: qual è la natura e la missione del Papato? E ancora: qual è la natura e la missione dell'università? Non vorrei in questa sede trattenere Voi e me in lunghe disquisizioni sulla natura del Papato. Basti un breve accenno. Il Papa è anzitutto Vescovo di Roma e come tale, in virtù della successione all'Apostolo Pietro, ha una responsabilità episcopale nei riguardi dell'intera Chiesa cattolica. La parola "vescovo" - episkopos, che nel suo significato immediato rimanda a "sorvegliante", già nel Nuovo Testamento è stata fusa insieme con il concetto biblico di Pastore: egli è colui che, da un punto di osservazione sopraelevato, guarda all'insieme, prendendosi cura del giusto cammino e della coesione dell'insieme. In questo senso, tale designazione del compito orienta lo sguardo anzitutto verso l'interno della comunità credente. Il Vescovo - il Pastore - è l'uomo che si prende cura di questa comunità; colui che la conserva unita mantenendola sulla via verso Dio, indicata secondo la fede cristiana da Gesù - e non soltanto indicata: Egli stesso è per noi la via. Ma questa comunità della quale il Vescovo si prende cura - grande o piccola che sia - vive nel mondo; le sue condizioni, il suo cammino, il suo esempio e la sua parola influiscono inevitabilmente su tutto il resto della comunità umana nel suo insieme. Quanto più grande essa è, tanto più le sue buone condizioni o il suo eventuale degrado si ripercuoteranno sull'insieme dell'umanità. Vediamo oggi con molta chiarezza, come le condizioni delle religioni e come la situazione della Chiesa - le sue crisi e i suoi rinnovamenti - agiscano sull'insieme dell'umanità. Così il Papa, proprio come Pastore della sua comunità, è diventato sempre di più anche una voce della ragione etica dell'umanità. Qui, però, emerge subito l'obiezione, secondo cui il Papa, di fatto, non parlerebbe veramente in base alla ragione etica, ma trarrebbe i suoi giudizi dalla fede e per questo non potrebbe pretendere una loro validità per quanti non condividono questa fede. Dovremo ancora ritornare su questo argomento, perchè si pone qui la questione assolutamente fondamentale: che cosa è la ragione? Come può un'affermazione - soprattutto una norma morale - dimostrarsi "ragionevole"? A questo punto vorrei per il momento solo brevemente rilevare che John Rawls, pur negando a dottrine religiose comprensive il carattere della ragione "pubblica", vede tuttavia nella loro ragione "non pubblica" almeno una ragione che non potrebbe, nel nome di una razionalità secolaristicamente indurita, essere semplicemente disconosciuta a coloro che la sostengono. Egli vede un criterio di questa ragionevolezza fra l'altro nel fatto che simili dottrine derivano da una tradizione responsabile e motivata, in cui nel corso di lunghi tempi sono state sviluppate argomentazioni sufficientemente buone a sostegno della relativa dottrina. In questa affermazione mi sembra importante il riconoscimento che l'esperienza e la dimostrazione nel corso di generazioni, il fondo storico dell'umana sapienza, sono anche un segno della sua ragionevolezza e del suo perdurante significato. Di fronte ad una ragione a-storica che cerca di autocostruirsi soltanto in una razionalità a-storica, la sapienza dell'umanità come tale - la sapienza delle grandi tradizioni religiose - è da valorizzare come realtà che non si può impunemente gettare nel cestino della storia delle idee. Ritorniamo alla domanda di partenza. Il Papa parla come rappresentante di una comunità credente, nella quale durante i secoli della sua esistenza è maturata una determinata sapienza della vita; parla come rappresentante di una comunità che custodisce in sé un tesoro di conoscenza e di esperienza etiche, che risulta importante per l'intera umanità: in questo senso parla come rappresentante di una ragione etica. Ma ora ci si deve chiedere: e che cosa è l'università? Qual è il suo compito? E' una domanda gigantesca alla quale, ancora una volta, posso cercare di rispondere soltanto in stile quasi telegrafico con qualche osservazione. Penso si possa dire che la vera, intima origine dell'università stia nella brama di conoscenza che è propria dell'uomo. Egli vuol sapere che cosa sia tutto ciò che lo circonda. Vuole verità. In questo senso si può vedere l'interrogarsi di Socrate come l'impulso dal quale è nata l'università occidentale. Penso ad esempio - per menzionare soltanto un testo - alla disputa con Eutifrone, che di fronte a Socrate difende la religione mitica e la sua devozione. A ciò Socrate contrappone la domanda: "Tu credi che fra gli dei esistano realmente una guerra vicendevole e terribili inimicizie e combattimenti ? Dobbiamo, Eutifrone, effettivamente dire che tutto ciò è vero?" (6 b - c). In questa domanda apparentemente poco devota - che, però, in Socrate derivava da una religiosità più profonda e più pura, dalla ricerca del Dio veramente divino - i cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto se stessi e il loro cammino. Hanno accolto la loro fede non in modo positivista, o come la via d'uscita da desideri non appagati; l'hanno compresa come il dissolvimento della nebbia della religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio che è Ragione creatrice e al contempo Ragione-Amore. Per questo, l'interrogarsi della ragione sul Dio più grande come anche sulla vera natura e sul vero senso dell'essere umano era per loro non una forma problematica di mancanza di religiosità, ma faceva parte dell'essenza del loro modo di essere religiosi. Non avevano bisogno, quindi, di sciogliere o accantonare l'interrogarsi socratico, ma potevano, anzi, dovevano accoglierlo e riconoscere come parte della propria identità la ricerca faticosa della ragione per raggiungere la conoscenza della verità intera. Poteva, anzi doveva così, nell'ambito della fede cristiana, nel mondo cristiano, nascere l'università. E' necessario fare un ulteriore passo. L'uomo vuole conoscere - vuole verità. Verità è innanzitutto una cosa del vedere, del comprendere, della theorìa, come la chiama la tradizione greca. Ma la verità non è mai soltanto teorica. Agostino, nel porre una correlazione tra le Beatitudini del Discorso della Montagna e i doni dello Spirito menzionati in Isaia 11, ha affermato una reciprocità tra "scientia" e "tristitia": il semplice sapere, dice, rende tristi. E di fatto - chi vede e apprende soltanto tutto ciò che avviene nel mondo, finisce per diventare triste. Ma verità significa di più che sapere: la conoscenza della verità ha come scopo la conoscenza del bene. Questo è anche il senso dell'interrogarsi socratico: Qual è quel bene che ci rende veri? La verità ci rende buoni, e la bontà è vera: è questo l'ottimismo che vive nella fede cristiana, perchè ad essa è stata concessa la visione del Logos, della Ragione creatrice che, nell'incarnazione di Dio, si è rivelata insieme come il Bene, come la Bontà stessa. Nella teologia medievale c'è stata una disputa approfondita sul rapporto tra teoria e prassi, sulla giusta relazione tra conoscere ed agire - una disputa che qui non dobbiamo sviluppare. Di fatto l'università medievale con le sue quattro Facoltà presenta questa correlazione. Cominciamo con la Facoltà che, secondo la comprensione di allora, era la quarta, quella di medicina. Anche se era considerata più come "arte" che non come scienza, tuttavia, il suo inserimento nel cosmo dell'universitas significava chiaramente che era collocata nell'ambito della razionalità, che l'arte del guarire stava sotto la guida della ragione e veniva sottratta all'ambito della magia. Guarire è un compito che richiede sempre più della semplice ragione, ma proprio per questo ha bisogno della connessione tra sapere e potere, ha bisogno di appartenere alla sfera della ratio. Inevitabilmente appare la questione della relazione tra prassi e teoria, tra conoscenza ed agire nella Facoltà di giurisprudenza. Si tratta del dare giusta forma alla libertà umana che è sempre libertà nella comunione reciproca: il diritto è il presupposto della libertà, non il suo antagonista. Ma qui emerge subito la domanda: Come s'individuano i criteri di giustizia che rendono possibile una libertà vissuta insieme e servono all'essere buono dell'uomo? A questo punto s'impone un salto nel presente: è la questione del come possa essere trovata una normativa giuridica che costituisca un ordinamento della libertà, della dignità umana e dei diritti dell'uomo. E' la questione che ci occupa oggi nei processi democratici di formazione dell'opinione e che al contempo ci angustia come questione per il futuro dell'umanità. Jurgen Habermas esprime, a mio parere, un vasto consenso del pensiero attuale, quando dice che la legittimità di una carta costituzionale, quale presupposto della legalità, deriverebbe da due fonti: dalla partecipazione politica egualitaria di tutti i cittadini e dalla forma ragionevole in cui i contrasti politici vengono risolti. Riguardo a questa "forma ragionevole" egli annota che essa non può essere solo una lotta per maggioranze aritmetiche, ma che deve caratterizzarsi come un "processo di argomentazione sensibile alla verità" (wahrheitssensibles Argumentationsverfahren). E' detto bene, ma è cosa molto difficile da trasformare in una prassi politica. I rappresentanti di quel pubblico "processo di argomentazione" sono - lo sappiamo - prevalentemente i partiti come responsabili della formazione della volontà politica. Di fatto, essi avranno immancabilmente di mira soprattutto il conseguimento di maggioranze e con ciò baderanno quasi inevitabilmente ad interessi che promettono di soddisfare; tali interessi però sono spesso particolari e non servono veramente all'insieme. La sensibilità per la verità sempre di nuovo viene sopraffatta dalla sensibilità per gli interessi. Io trovo significativo il fatto che Habermas parli della sensibilità per la verità come di elemento necessario nel processo di argomentazione politica, reinserendo così il concetto di verità nel dibattito filosofico ed in quello politico. Ma allora diventa inevitabile la domanda di Pilato: che cos'è la verità? E come la si riconosce? Se per questo si rimanda alla "ragione pubblica", come fa Rawls, segue necessariamente ancora la domanda: Che cosa è ragionevole? Come una ragione si dimostra ragione vera? In ogni caso, si rende in base a ciò evidente che, nella ricerca del diritto della libertà, della verità della giusta convivenza devono essere ascoltate istanze diverse rispetto a partiti e gruppi d'interesse, senza con ciò voler minimamente contestare la loro importanza. Torniamo così alla struttura dell'università medievale. Accanto a quella di giurisprudenza c'erano le Facoltà di filosofia e di teologia, a cui era affidata la ricerca sull'essere uomo nella sua totalità e con ciò il compito di tener desta la sensibilità per la verità. Si potrebbe dire addirittura che questo è il senso permanente e vero di ambedue le Facoltà: essere custodi della sensibilità per la verità, non permettere che l'uomo sia distolto dalla ricerca della verità. Ma come possono esse corrispondere a questo compito? Questa è una domanda per la quale bisogna sempre di nuovo affaticarsi e che non è mai posta e risolta definitivamente. Così, a questo punto, neppure io posso offrire propriamente una risposta, ma piuttosto un invito a restare in cammino con questa domanda - in cammino con i grandi che lungo tutta la storia hanno lottato e cercato, con le loro risposte e con la loro inquietudine per la verità, che rimanda continuamente al di là di ogni singola risposta. Teologia e filosofia formano in ciò una peculiare coppia di gemelli, nella quale nessuna delle due può essere distaccata totalmente dall'altra e, tuttavia, ciascuna deve conservare il proprio compito e la propria identità. E' merito storico di san Tommaso d'Aquino - di fronte alla differente risposta dei Padri a causa del loro contesto storico - di aver messo in luce l'autonomia della filosofia e con essa il diritto e la responsabilità propri della ragione che s'interroga in base alle sue forze. Differenziandosi dalle filosofie neoplatoniche, in cui religione e filosofia erano inseparabilmente intrecciate, i Padri avevano presentato la fede cristiana come la vera filosofia, sottolineando anche che questa fede corrisponde alle esigenze della ragione in ricerca della verità; che la fede è il "sì" alla verità, rispetto alle religioni mitiche diventate semplice consuetudine. Ma poi, al momento della nascita dell'università, in Occidente non esistevano più quelle religioni, ma solo il cristianesimo, e così bisognava sottolineare in modo nuovo la responsabilità propria della ragione, che non viene assorbita dalla fede. Tommaso si trovò ad agire in un momento privilegiato: per la prima volta gli scritti filosofici di Aristotele erano accessibili nella loro integralità; erano presenti le filosofie ebraiche ed arabe, come specifiche appropriazioni e prosecuzioni della filosofia greca. Così il cristianesimo, in un nuovo dialogo con la ragione degli altri, che veniva incontrando, dovette lottare per la propria ragionevolezza. La Facoltà di filosofia che, come cosiddetta "Facoltà degli artisti", fino a quel momento era stata solo propedeutica alla teologia, divenne ora una Facoltà vera e propria, un partner autonomo della teologia e della fede in questa riflessa. Non possiamo qui soffermarci sull'avvincente confronto che ne derivò. Io direi che l'idea di san Tommaso circa il rapporto tra filosofia e teologia potrebbe essere espressa nella formula trovata dal Concilio di Calcedonia per la cristologia: filosofia e teologia devono rapportarsi tra loro "senza confusione e senza separazione". "Senza confusione" vuol dire che ognuna delle due deve conservare la propria identità. La filosofia deve rimanere veramente una ricerca della ragione nella propria libertà e nella propria responsabilità; deve vedere i suoi limiti e proprio così anche la sua grandezza e vastità. La teologia deve continuare ad attingere ad un tesoro di conoscenza che non ha inventato essa stessa, che sempre la supera e che, non essendo mai totalmente esauribile mediante la riflessione, proprio per questo avvia sempre di nuovo il pensiero. Insieme al "senza confusione" vige anche il "senza separazione": la filosofia non ricomincia ogni volta dal punto zero del soggetto pensante in modo isolato, ma sta nel grande dialogo della sapienza storica, che essa criticamente e insieme docilmente sempre di nuovo accoglie e sviluppa; ma non deve neppure chiudersi davanti a ciò che le religioni ed in particolare la fede cristiana hanno ricevuto e donato all'umanità come indicazione del cammino. Varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorità ecclesiali, sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono. Ma allo stesso tempo è vero che la storia dei santi, la storia dell'umanesimo cresciuto sulla basa della fede cristiana dimostra la verità di questa fede nel suo nucleo essenziale, rendendola con ciò anche un'istanza per la ragione pubblica. Certo, molto di ciò che dicono la teologia e la fede può essere fatto proprio soltanto all'interno della fede e quindi non può presentarsi come esigenza per coloro ai quali questa fede rimane inaccessibile. E' vero, però, al contempo che il messaggio della fede cristiana non è mai soltanto una "comprehensive religious doctrine" nel senso di Rawls, ma una forza purificatrice per la ragione stessa, che aiuta ad essere più se stessa. Il messaggio cristiano, in base alla sua origine, dovrebbe essere sempre un incoraggiamento verso la verità e così una forza contro la pressione del potere e degli interessi. Ebbene, finora ho solo parlato dell'università medievale, cercando tuttavia di lasciar trasparire la natura permanente dell'università e del suo compito. Nei tempi moderni si sono dischiuse nuove dimensioni del sapere, che nell'università sono valorizzate soprattutto in due grandi ambiti: innanzitutto nelle scienze naturali, che si sono sviluppate sulla base della connessione di sperimentazione e di presupposta razionalità della materia; in secondo luogo, nelle scienze storiche e umanistiche, in cui l'uomo, scrutando lo specchio della sua storia e chiarendo le dimensioni della sua natura, cerca di comprendere meglio se stesso. In questo sviluppo si è aperta all'umanità non solo una misura immensa di sapere e di potere; sono cresciuti anche la conoscenza e il riconoscimento dei diritti e della dignità dell'uomo, e di questo possiamo solo essere grati. Ma il cammino dell'uomo non può mai dirsi completato e il pericolo della caduta nella disumanità non è mai semplicemente scongiurato: come lo vediamo nel panorama della storia attuale! Il pericolo del mondo occidentale - per parlare solo di questo - è oggi che l'uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all'attrattiva dell'utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo. Detto dal punto di vista della struttura dell'università: esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo più o meno grande. Se però la ragione - sollecita della sua presunta purezza - diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e - preoccupata della sua laicità - si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma. Con ciò ritorno al punto di partenza. Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell'università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro. Dal Vaticano, 17 gennaio 2008 BENEDICTUS XVI (16 gennaio 2008)

PrimaTorino poi Marghera: a fronte dell'immbilismo i prossimi dove?

Fra un pò non faranno nemmeno più notizia tanto sono frequenti i morti sul lavoro (almeno quelli che si conoscono, perchè nel sommerso è completamente diverso e, almeno ufficialmente poco si sa, poi nel mondo reale basta solo guardarsi in giro e si capisce al volo) nel nostro paese e anche se la Confindustria minimizza i dati dicendo che siamo nella media europea (è vero ma anche i morti in Iraq sono nella o sotto la media ma ciò non toglie che sia giusto o non ci sia da allarmarsi) e, come dicono in molti, le loro sono le classiche lacrime di coccodrillo di chi si sente sotto i rilettori della pubblica opinione che li giudica severamente solo perchè il connubio fra media e mondo industriale è tale che i primi non spingono sull'acceleratore per non turbare i manovratori pur essendone costretti a parlare perché fa notizia. Certo non è solo da quella parte la responsabilità: la lista è lunga. I politici innazitutto che fanno leggi depotenziandole sotto il profilo penale (molte norme sono accompagnate da sanzioni amministrative o pecuniarie e per l'impreditore è più conveniente pagare la multa che mettersi in regola sempreché non ci siano condoni o simili), o allargando le maglie della sicurezza: la cosa è facile e non si rischia molto dato che basta tagliare fondi alle Regioni e alla Sanità, in particolare , per evitare fastidiosi controlli oppure eliminare gli Ispettorati o ancora dividerne le funzioni fra viarie amministrazioni et volià il gioco è fatto. Ma più di tutti i sindacati (non quelli territoriali) che accettano nelle negoziazioni con Governo e le altre parti sociali accettano "correzioni" o altro come materia scambio per salvare posti di lavoro o altro simile (come se il diritto alla salubrità e sicurezza fosse negoziabile) comunque abdicando alla propria mission e contrbuedo a rendere "invisibili" non solo la classe operaia in senso stretto ma anche i lavoratori dipendenti nel senso ampio del termine: sono i meno scusabili perchè i diritti NON si negoziano nemmeno di fronte ad un governo considerato amico (un'esempio per rinfrescare la memoria quando uscì la 626 nessuno disse nulla quando il governo successivo, Dini, emise un secondo provvedimento dove la materia di riforma principale furono le sanzioni penali a carico del datore di lavoro quasi tutte amministrativizzate, un grande esempio di civilità del lavoro) o comunque non ostile. E ora ecco i frutti delle modernizzazioni stile anni 90 dove a governare erano soprattutto o governi tecnici o di centro-sinistra(?) che presero il pallino ed introdussero i processi liberisti anche in un mondo come quello del lavoro dove le conquiste furono sudate e frutto delle lotte dei lavoratori a suon di scioperi e quindi pagate di tasca loro. L'ironico (e mi scuso per il termine che non vuol essere in nessun modo irriguardoso per i lavoratori morti e per le loro famiglie) è che sono gli stessi che oggi si dolgono dell'accaduto, in qualche caso si cospargono il capo di cenere, ma poi continuano bellamente le loro tresche "politiche" per auto riprodursi e continuare a fare danni alla società facendogli perdere persone che, oltre a vivere con difficoltà la loro vita, vedono e sentoo su di sè lo sfruttamento mediatico in seguito all'intervento del politico che "esprime il proprio rammarico" che a mio parere potrebbe, se avesse un minimo di dignità, starsene zitto e attuare quanto solo a parole affermato: imporre ai "padroni delle ferriere" leggi stringenti sulla sicurezza e salubrità del luogo di lavoro con vere sanzioni, processi rapidi e pene esemplari al primo che sgarra: soprattutto non a spese dello Stato ma di tasca propria visto i profitti altissimi che hanno accumulato dal 1980 ad oggi con i quali spesso hanno giocato in borsa ma nemmeno gli è sfiorata l'idea di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei propri dipendenti.

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