sabato 9 giugno 2018

Report top secret Casa Bianca: “Dazi deleteri per economia”

Fonte: W.S.I. 8 giugno 2018, di Mariangela Tessa

La guerra commerciale intrapresa dagli Stati Uniti non fa bene all’economia a stelle e strisce. E questo lo sa bene anche il presidente Usa, Donald Trump, nonostante le sue dichiarazioni pubbliche. È quanto emerso da un’analisi condotta dal Council of Economic Advisers, il team di esperti economici della Casa Bianca, circolata solo internamente al civico 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington (come spesso succede) e mai resa pubblica.
A renderlo noto il New York Times, che tuttavia afferma di non essere a coscenza delle stime economiche esatte contenute nel documento.
Non è un caso, dunque, che durante un incontro con la stampa, il presidente del Council of Economic Advisers, Kevin Hassett, martedí scorso, abbia evitato accuratamente di rispondere a domande su potenziali stime calcolate ipotizzando una guerra commerciale tra Usa e Cina, che potrebbe scoppiare “poco dopo” il 15 giugno se Washington tirerà dritto con i dazi contro prodotti tecnologici cinesi per 50 miliardi di dollari.
Per il momentoa Casa Bianca si è trincerata dietro un no comment. “Non facciamo commenti su documenti interni”, ha detto la portavoce Lindsay Walters al Nyt.
La rivelazione del documento arriva proprio alla vigilia del G7, in partenza oggi. Un summit che si preannuncia tutto in salita, proprio per le posizioni dell’amministrazione Trump.
“Se si ipotizza un futuro in cui chiunque altro riduce le tariffe doganali ai livelli delle nostre, cio’ e’ enormemente positivo per l’economia globale e per quella Usa“, aveva detto descrivendo Trump come un grande negoziatore.
Peccato che le reazioni alle mosse della Casa Bianca siano state opposte visto che Ue e Canada hanno promesso ritorsioni ai dazi sull’acciaio e sull’alluminio fatti scattare contro di loro il primo giugno scorso. Il Messico, a sua volta punito, ha annunciato in settimana dazi contro prodotti agricoli e in acciaio degli Usa per 3 miliardi di dollari.

mercoledì 6 giugno 2018

Governo, Mario Monti evoca lo spettro della Troika. Proprio lui

Fonte: Il Fatto Quotidiano Politica | 6 giugno 2018

Senza pudore e senza senso della misura, ecco che ora l’uomo dei mercati, Mario Monti, in Senato rievoca lo spettro della Troika. La chiama in causa con naturalezza, come se fosse la cosa più normale del mondo. Lo storytelling è sempre il medesimo, quello dettato dalla ossequiosa teologia dei mercati speculativi e dalla loro religione sacra del classismo planetario.
Questo il messaggio, neppure troppo in codice: fate quel che vogliono i mercati e la Ue, voi del novello governo gialloverde, o l’Italia verrà in un batter d’occhio invasa da una giunta militare economica liberista come quella a suo tempo presieduta dallo stesso Monti, l’euroinomane fiduciario dei mercati speculativi. Un governo tecnico Mario Monti bis? Il colpo di Stato finanziario del 2011 avvenne per il tramite dell’instaurazione di un governo formalmente definito “tecnico” e, in verità, corrispondente a una giunta militare di tipo economico, imposta autocraticamente dalla Banca centrale europea con il solo obiettivo di adeguare la penisola italiana ai parametri economici europei, destrutturando i residui diritti sociali e del lavoro. E fu subito riforma Fornero.
Ecco il messaggio che ora Mario Monti ci sta inviando. Rinunziate a velleità populiste e di difesa degli interessi della nazione e del lavoro. Rispettate i desiderata dei turbomondialisti apolidi e dei mercati finanziari deregolamentati.

martedì 5 giugno 2018

JP Morgan: Italia fuori dall’euro l’opzione migliore

Fonte: W. S. I. 5 giugno 2018, di Mariangela Tessa

L’uscita dell’Italia dalla zona euro sarebbe un bene. E non solo per Roma. È la conclusione alla quale giungono gli analisti di JP Morgan in un rapporto in cui viene affrontato il tema del “Quitaly” o “Italexit”, ovvero lo scenario finanziario di un’eventuale uscita dell’Italia dalla zona euro.
Gli strategist arrivano a tale conclusione dopo aver preso in considerazione i saldi Target2, che sono esplosi dal momento del lancio del QE della BCE a oggi.
Quando la Banca d’Italia, attraverso il programma di Quantitative Easing, acquista titoli da una banca tedesca o da una banca del Regno Unito con un conto in Germania – spiega JP Morganquesto flusso provoca un aumento della Banca dei deficit Target2 in Italia e un aumento delle eccedenze della Bundesbank. Allo stesso modo, quando la Banca d’Italia acquista obbligazioni da un investitore nazionale ma questi utilizza il ricavato per acquistare un’attività all’estero, allora la Banca d’Italia si assume anche la responsabilità nei confronti dell’eurosistema. La liquidità creata da Banca d’Italia non rimane in Italia, ma si diffonde in Germania o in altre giurisdizioni”.
Insomma, queste passività verso l’estero sono da onorare o no? In teoria come osserva la JP Morgan, è qui che sorge la polemica, perché se un paese – che dovesse dichiarare in partenza default delle sue passività esterne ridenominandole nella sua valuta – dovesse rinnegare la sua passività dei pagamenti Target2, avrebbe poco da perdere bruciando tutti i ponti con l’Europa quando rinuncia alla “valuta comune”.
È una domanda che è stata posta anche da alcuni eurodeputati del MoVimento 5 Stelle a Mario Draghi in tempi non sospetti. La risposta al quesito è di particolare importanza per l’Italia, spiega JP Morgan. Mentre le passività nette per gli investimenti internazionali della Spagna si sono attestate intorno ai mille miliardi di euro alla fine dello scorso anno, quasi il triplo delle passività Target2, da noi le passività nette sull’investimento internazionale sono state molto più ridotte (115 miliardi alla fine dello scorso anno) rispetto alle passività Target2 intra europee, che sono state pari a quasi il quadruplo: 426 miliardi di euro.
Ciò – spiega JPM – è dovuto al fatto che l’Italia ha accumulato negli anni più attività esterne all’Europa della Spagna e dovrebbe quindi essere complessivamente più capace di rimborsare le sue passività esterne. 
In altre parole, mentre le passività esterne lorde in generale sono simili in Italia e Spagna, dal punto di vista della responsabilità netta con l’Europa, un’uscita dall’euro del nostro paese sarebbe molto meno minacciosa per le nazioni creditrici rispetto all’uscita dell’euro in Spagna.
Non c’è troppo da rallegrarsi, tuttavia: l’andamento dei flussi dei pagamenti ha spinto mesi fa Marcello Minenna, economista responsabile di analisi quantitativa presso la Consob, a evidenziare come un allargamento progressivo dei saldi passivi del sistema Target 2, significhi anche che le imprese italiane continuano con maggiore convinzione a reinvestire all’estero piuttosto che nell’economia nazionale. Più che in una sfiducia nella tenuta dell’area euro, c’è una sfiducia nel sistema Italia.
 

domenica 3 giugno 2018

M5S e Lega votano per fondo di aiuti Ue per lasciare l’euro, BTp sotto pressione

Fonte: W. S. I. 1 giugno 2018, di Daniele Chicca

I rendimenti dei titoli di Stato sono tornati a salire dopo le notizie secondo cui i deputati europei dei due partiti alla guida del nascente governo Conte, Lega e MoVimento 5 Stelle, avrebbero votato in settimana a favore della raccolta di fondi Ue per sostenere economicamente i paesi ad abbandonare l’area euro.
I tassi dei BTp a due anni scambiano di 50 punti base sopra i livelli dell’avvio al momento. Reuters scrive che il voto si è svolto proprio nelle ore in cui M5S e Lega stavano ultimando gli ultimi dettagli per arrivare alla formazione della coalizione di governo atipica e anti sistema.
M5S e Lega hanno tentato di rassicurato il Quirinale (e i mercati) del fatto che nei loro programmi non è presente l’intenzione di lasciare l’Eurozona. Nonostante le intenzioni e volontà espresse da Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il fatto che si siano impuntati sul nome di Paolo Savona all’Economia dopo il veto di Sergio Mattarella – prima di ripensarci – fa presumere che ci tengano a cambiare per lo meno le carte del tavolo dei negoziati con Bruxelles.
Il quotidiano Cyprus Mail riporta a sua volta che tutti e sei gli eurodeputati della Lega e 14 membri del M5S presenti nel parlamento Ue hanno votato mercoledì scorso a favore di un documento in cui si chiede “la creazione di programmi di aiuto finanziario agli Stati membri che hanno in mente di negoziare l’uscita dall’area euro“.
Nel dettaglio nel documento proposto da un gruppo di europarlamentari si chiede un “risarcimento per i danni sociali ed economici provocati dall’appartenenza all’area euro“. Il testo è un emendamento a una risoluzione del Parlamento europeo sul bilancio UE per il periodo 2021-2027 e alimenta i timori di “Italexit”.
La proposta ha incontrato il voto favorevole di 90 deputati ma è stata respinta dalla maggioranza dei 750 euro parlamentari. La notizia non dovrebbe rappresentare una grossa sorpresa, dal momento che il programma del contratto di governo (vedi proposta dei mini-Bot) è decisamente anti establishment e vi è la presenza di più di un elemento che ha mostrato un certo euroscetticismo in passato (tra cui gli esponenti leghisti e il professore ed ex banchiere 81 enne Savona).

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