venerdì 21 ottobre 2016

Obama ha tolto l’alibi a Renzi. Con il No l’Italia non crollerà (Antonio Padellaro)

L’Italia del No deve essere sommamente grata a Barack Obama che con quattro semplici paroline: “Renzi resti comunque vada” ha cancellato, speriamo definitivamente, la colossale psicofesseria del “Salto nel buio”, secondo cui l’eventuale sconfitta del Sì al referendum getterà il Paese negli oscuri abissi dell’ignoto, spazzando via governo e premier, creando un pericoloso vuoto di potere: una sorta di 8 settembre della democrazia con populisti e loro degni compari a gozzovigliare sulle macerie della Riforma costituzionale, della Stabilità e dunque della Repubblica.
Orrore. Nell’imbarazzante festicciola alla Casa Bianca (con il premier italiano e i suoi cari nella parte dei parenti poveri ammessi a tavola) il dato politico non è il grazioso endorsement di un presidente Usa (che tra l’altro sta per sloggiare) a favore del “Matteo giovane e bello”, con in cambio ringraziamenti fantozziani (“Oggi Obama ha organizzato anche il sole”, quanto è buono lei).
Per carità, da quelle parti ne hanno visti parecchi di veri o presunti statisti italiani presentarsi col cappello in mano a prendere ordini. La novità risiede invece nel combinato disposto tra il sostegno di Washington al Sì (che presumibilmente non sposterà un voto) e le precise disposizioni trasmesse a Roma se dovesse vincere il No.
Colpisce intanto e non poco che il grande alleato, nel momento in cui formula un sostegno sfacciato nei confronti di metà (a essere generosi) popolo italiano contro l’altra metà del popolo italiano interferendo pesantemente negli affari di quello che dovrebbe essere uno Stato sovrano, prenda in seria considerazione la sconfitta del proprio beniamino.
Il quale, nel mondo che conta non deve essere proprio considerato un campione vincente della politica, per capirci un Rosberg o un Marquez, alle luce delle continue spintarelle ricevute in prossimità del traguardo dallaMerkel o dal commissario europeo Moscovici o da JP Morgan o dalle agenzie di rating e ora perfino dalla Casa Bianca.
Resta il fatto che se vince il No Obama, o chi per lui, ha deciso e non si discute, che Renzi resterà ben piantato a Palazzo Chigi. Glielo hanno comunicato tra un agnolotto e una colatura di rafano, ma adesso dovranno dirlo anche a Sergio Mattarella. Perfino in quello sgorbio di nuova Carta costituzionale che porta il nome della Boschi non è previsto che il presidente della Repubblica italiana si adegui ai desiderata di uno Stato estero, ancorché superpotente.
Ma forse non ce ne sarà bisogno potendo il Quirinale rinviare il governo Renzi alle Camere o comunque rimetterlo rapidamente in sella fino alla scadenza naturale del 2018 non essendoci maggioranze alternative a quella esistente.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 20/10/2016.
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.. e basterebbe questa prozione di articolo a dirla tutta se non fosse che, complici i media, il martellamento ormai è quotidiano: nemmeno ai tempi del minculpop era così. Bisognerebbe che qualcuno indaghi tra le assonanze del piano rinascita nazionale della P2 e queste riforme partite dal '92: si farebbero interessanti scoperte!

mercoledì 19 ottobre 2016

Lavoro, Inps: “31% di licenziati in più nei primi otto mesi del 2016. E -351mila assunzioni rispetto al 2015”

Finiti gli effetti degli sgravi contributivi: a ribadirlo sono i dati dell’Osservatorio sul precariato relativi ai primi otto mesi del 2016. Il rallentamento ha riguardato principalmente i contratti a tempo indeterminato: -395.000, pari a -32,9%. Per quanto riguarda i tempi determinati, invece, si registrano 2.385.000 assunzioni, in aumento sia sul 2015 (+2,5%), sia sul 2014 (+5,5%). Su del 28% i licenziamenti disciplinari.Dopo il taglio degli sgravi, sul mercato del lavoro si fa sentire appieno l’effetto del Jobs Act: meno assunzioni e piùlicenziamenti. L’effetto principale della riforma del lavoro voluta da Matteo Renzi è tutto nei dati forniti nell’Osservatorio sul precariato dell’Inps relativo ai primi otto mesi dell’anno.
E che dimostrano come, una volta eliminato di fatto l’articolo 18 e finiti gliincentivi per la creazione di nuovi posti di lavoro, il trend è tutto tranne che positivo: -8,5% di assunzioni e +31% di licenziamentirispetto ai primi otto mesi del 2015. Arrivano al 28% in più, inoltre, i licenziamenti disciplinari, quelli che il Jobs Act ha reso a tutti gli effetti più facili da portare a termine per le aziende. Nel dettaglio, poi anche altri indicatori testimoniano come gli effetti positivi del provvedimento firmato dal ministro del LavoroGiuliano Poletti siano ormai un lontano ricordo. Nel frattempo, dopo aver speso oltre 14 miliardi per gli sgravi, il governo ha preso atto del flop: nella prossima legge di Bilancio non saranno rinnovati, se non per i giovani che vengono assunti dopo uno stageo tirocinio. Infine il capitolo voucher, nuova frontiera del precariato: nel periodo gennaio-agosto 2016 ne sono stati venduti 96,6 milioni con un incremento, rispetto ai primi otto mesi del 2015, del 35,9%.
E’ boom di licenziamenti: +31% in tutto, +28% quelli disciplinari – Nei primi otto mesi del 2016 i licenziamenti sui contratti a tempo indeterminato passano da 290.556 a 304.437 (+31%), ma aumentano soprattutto i licenziamenti cosiddetti “disciplinari”, ovvero quelli per giusta causa e giustificato motivo. Nel periodo in esame sono passati dai 36.048 dello stesso periodo del 2015 a 46.255 (+28%). Per coloro che sono stati assunti con il contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs act a partire dal marzo 2015, sono cambiate le sanzioni in caso dilicenziamento ingiusto, con la sostanziale cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che ha eliminati la reintegra automatica nel posto di lavoro.
Giù le assunzioni: – 351mila rispetto al 2015 Flessionenetta per quanto riguarda le assunzioni: meno 351mila rispetto allo stesso periodo del 2015. Si tratta di quelle riferite ai soli datori di lavoro privati: nel periodo gennaio-agosto 2016 sono state 3,78 milioni, con una riduzione dell’8,5% rispetto a gennaio-agosto dell’anno scorso. Nel novero complessivo sono comprese anche le assunzioni stagionali (447mila). Il rallentamento ha riguardato principalmente i contratti a tempo indeterminato: -395mila, pari a -32,9% rispetto ai primi otto mesi del 2015. Il calo, spiega l’Inps, va considerato in relazione al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015, anno in cui le assunzioni potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni. Stesso identico discorso per la contrazione del flusso ditrasformazioni a tempo indeterminato (-35,4%). Se il trend è direttamente calcolato sulla presenza o meno di aiuti governativi, quindi, il futuro non promette nulla di buono: per l’anno 2017, infatti, l’esecutivo ha deciso di azzerare gli incentivi invece di abbassarli al 20% come prevedeva il piano iniziale.
Contratto a tempo indeterminato: meglio del 2015 e del 2014 Tornando ai dati, invece, per i contratti a tempo determinato nei primi 8 mesi del 2016 si registrano 2.385.000 assunzioni, in aumento sia sul 2015 (+2,5%), sia sul 2014 (+5,5%). Su anche i contratti in apprendistato: +18,0%. I contratti stagionali invece registrano una riduzione del 7,4%. In relazione all’analogo periodo del 2015, le cessazioni nel complesso, comprensive anche dei rapporti di lavoro stagionale, risultano diminuite del 7,3%. La riduzione è più consistente per i contratti a tempo indeterminato (-8,3%) che per quelli a tempo determinato (-5,2%). Nei primo 8 mesi del 2016 le assunzioni con esonero contributivo biennale sono state pari a 247mila, le trasformazioni di rapporti a termine che beneficiano del medesimo incentivo ammontano a 84mila, per un totale di 330mila rapporti di lavoro agevolati. Nel 2016, i rapporti di lavoro agevolati rappresentano il 32,8% del totale delle assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato. Nel 2015, l’incidenza delle assunzioni e trasformazioni agevolate (con abbattimento totale dei contributi a carico del datore di lavoro per un triennio), sul totale delle assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato, era stata pari al 60,8%.
Nei primi 8 mesi del 2016, inoltre, nel settore privato si registra un saldo, tra assunzioni e cessazioni, pari a +703mila, inferiore a quello del corrispondente periodo del 2015 (+813mila) e superiore a quello registrato nei primi otto mesi del 2014 (+540mila). Su base annua, il saldo consente di misurare la variazione tendenzialedelle posizioni di lavoro. La differenza tra assunzioni e cessazioninegli ultimi dodici mesi ad agosto 2016 risulta positiva e pari a +514.000, compresi i rapporti stagionali. Il risultato positivo è imputabile al trend di crescita registrato dai contratti a tempo indeterminato, il cui saldo annualizzato ad agosto 2016 è pari a +518.000. Nello stesso arco di tempo preso in esame, poi, sono stati stipulati 330.262 contratti a tempo indeterminato con gli sgravi. Si tratta del 32,8% dei contratti rispetto al totale delle assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato. Ad agosto irapporti stabili instaurati con l’incentivo sono stati 24.692, in calo rispetto ai 45.624 di luglio. Nel complesso negli otto mesi considerati 246.532 sono assunzioni a tempo indeterminato mentre 83.730 sono trasformazioni di contratti a termine. I contratti stipulati con lo sgravio contributivo rappresentano l’8,2% del totale dei rapporti di lavoro instaurati.
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Meriti (Marione)

martedì 18 ottobre 2016

L'ANALISI DEL WASHINGTON POST: 'LA RUSSIA NON SI STA PREPARANDO ALLA GUERRA'

Di Salvatore Santoru

Di Salvatore Santoru dal sito Informazione consapevole

Negli ultimi giorni si è parlato molto del "clima di guerra"(1) che starebbe dominando in Russia, "clima di guerra" che è stato contestato in un articolo(2) dalla redazione russa del quotidiano statunitense "Washington Post".
Come riportato dal "Post"(3), la redazione di Mosca della testata statunitense "ha deciso di valutare questi segnali per capire se siano indicazioni verosimili del fatto che la Russia si stia preparando a combattere", e ha concluso che la Russia non si sta propriamente preparando alla guerra. Più specificatamente, la testata statunitense ha analizzato in dettaglio quelli che sono stati considerati "segnali" del "clima di guerra" russo, come il rifugio anti-atomico,il razionamento energetico, l'invio di missili a Kalingrad e la possibilità reclutare riservisti nell'esercito e le dichiarazioni del controverso politico dell'utradestra Vladimir Zhirinovsky(4).

NOTE:

(1) http://it.blastingnews.com/cronaca/2016/10/la-russia-si-sta-preparando-alla-guerra-con-l-occidente-001175113.html
(2) https://www.washingtonpost.com/news/worldviews/wp/2016/10/15/are-the-russians-really-preparing-for-war/
(3) http://www.ilpost.it/2016/10/18/russia-stati-uniti-guerra/
(4) https://informazioneconsapevole.blogspot.it/2016/10/lavvertimento-shock-di-zhirinovsky-se.html
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ora il noto giornale complottistico-comunista che va sotto il nome di Washington Post ne spara tante... ma vuoi vedere che stavolta c'ha preso? E' vero o no che la Russia s'è trovata spesso in imbarazzo notevole a causa del separatismo, fomentato dice dagli occidentali, in Cecenia, Moldavia, ecc.? Ed è vero o no che, grazie a Wikileaks, sta venendo fuori che a fornire la armi all'IS, quand'era ancora un gruppo dell'alleanza dei ribelli e patrioti contro Assad, le hanno fornite gli americani? E che la Clinton sapeva?
Ci saranno mai risposte?
Da quel che sta emergendo c'è quasi da augurarsi davvero che a vincere sia Trump e NON la Clinton....

lunedì 17 ottobre 2016

Povertà, Caritas: “Ora aumenta con il diminuire dell’età. E al Sud colpisce più gli italiani che gli stranieri”

di | 17 ottobre 2016  dal Fatto Quotidiano

Al Sud, nei centri di ascolto della Caritas gli italiani che chiedono aiuto per arrivare a fine mese hanno superato gli immigrati. E in tutta Italia esiste una vera e propria emergenza giovani, dovuta alla crisi del mercato del lavoro che continua a penalizzarli: più diminuisce l’età, più cresce la povertà. Sono alcuni degli aspetti che emergono dal rapporto 2016 della Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale dal titolo ‘Vasi comunicanti’, elaborato sui dati del 2015, che affronta questi temi confrontano la situazione in Italia e quel che accade oltre i confini nazionali. Il documento, frutto dell’analisi dei dati e delle esperienze quotidiane delle oltre duecento Caritas diocesane operanti sul territorio nazionale, arriva nella Giornata internazionale della povertà e a due giorni dal varo di una legge di bilancio che, stando alle slide presentate da Matteo Renzi, rinvia al 2018 l’aumento di 500 milioni del Fondo per la lotta alla povertà. Quelle risorse, necessarie per far partire il Reddito di inclusione attiva, come fatto notare dalla Cisl erano state al contrario promesse per il 2017. “Un errore ed un danno all’intero Paese”, accusa il sindacato. Intanto l’Eurostat ha reso noto che la Penisola è al quarto posto nella Ue per aumento (+3,2%) del rischio di povertà tra il 2008 e il 2015, alle spalle di Grecia (+7,6%), Cipro (+5,6%) e Spagna (+4,8 per cento).
LA POVERTÀ INVERSAMENTE PROPORZIONALE ALL’ETA’ – Secondo i dati Istat in Italia vivono in uno stato di povertà 1,58 milioni di famiglie, per un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi. “Le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzogiorno – spiega il rapporto – da quelle con due o più figli ancora minorenni, dalle famiglie di stranieri, dai nuclei il cui capofamiglia è in cerca di un’occupazione o operaio, ma anche dalle nuove generazioni”. Ed è quest’ultimo un elemento inedito messo in luce dall’analisi della Caritas, che stravolge il vecchio modello italiano: “La povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, diminuisce all’aumentare di quest’ultima”. La crisi del lavoro, infatti, continua a penalizzare soprattutto giovani e giovanissimi sia in cerca di una prima occupazione sia di un nuovo lavoro, ma anche gli adulti rimasti senza un impiego. D’altro canto, secondo gli ultimi dati Istat, l’incidenza più alta di povertà si registra proprio tra i minori, gli under 18, seguita dalla classe 18-34 anni. Al contrario gli over 65, diversamente da quanto accadeva meno di un decennio fa, si attestano su livelli contenuti di disagio. Il risultato è che degli oltre 4,5 milioni di poveri totali, il 46,6% ha meno di 34 anni (si tratta di 2 milioni e 144mila persone).
I DATI DEI CENTRI DI ASCOLTO: SEMPRE PIU’ UOMINI E DISOCCUPATI – Accanto ai dati dell’Istat il rapporto fornisce quelli raccolti presso i centri di ascolto promossi dalle Caritas diocesane o collegati con esse (1.649 centri di ascolto dislocati su 173 diocesi). Nel corso del 2015, le persone incontrate sono state 190.465. Ed ecco un’altra novità. “Come nel passato – spiega il dossier – il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario (57,2%), ma non più in tutte le aree del Paese”. Nel Mezzogiorno la percentuale di italiani è pari al 66,6%. Il 2015 segna anche un ulteriore cambio di tendenza: per la prima volta risulta esserci una sostanziale parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne (50,1%), a fronte di una lunga e consolidata prevalenza del genere femminile. L’età media delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto è 44 anni. Disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 60,8% del totale.
Tra i beneficiari dell’ascolto e dell’accompagnamento prevalgono le persone sposate (47,8%), seguite dai celibi o nubili (26,9%). Si tratta di persone con la licenza media inferiore per il 41,4%, la licenza elementare (16,8%) o la licenza di scuola media superiore (16,5%). I bisogni o problemi più frequenti che li hanno spinti a chiedere aiuto sono soprattutto materiali: povertà economica (76,9%), disagio occupazionale (57,2%), problemi abitativi (25%) e familiari (13%). Ma la verità è che in molti casi queste difficoltà si sommano l’una all’altra rendendo la situazione ancora più complessa.
LA POVERTÀ DEI RIFUGIATI E DEI RICHIEDENTI ASILO – A questi dati, si aggiungono quelli relativi ai rifugiati e ai richiedenti asilo. Nel 2015 sono sbarcati sulle coste italiane 153.842 migranti, provenienti soprattutto da Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan, Gambia, Siria, Mali. i richiedenti asilo sono stati 83.970, mentre dieci anni fa (nel 2005) erano poco più di 10mila. “Nel corso del 2015 i profughi e i richiedenti asilo in fuga da contesti di guerra che si sono rivolti ai Centri di Ascolto Caritas sono stati 7.770”, spiega il rapporto. Si tratta per lo più di uomini (92,4%), con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenienti soprattutto da Stati africani e dell’Asia centro-meridionale. Basso risulta essere il loro capitale sociale e culturale. Numerosi i casi di analfabetismo (26,0%). Il 61,2% si trova in situazioni di povertà economica (povertà estrema o mancanza totale di un reddito). Oltre la metà (il 55,8%) non ha un posto dove vivere. Queste persone chiedono beni e servizi materiali (pasti alle mense, vestiario, prodotti per l’igiene) oltre a un alloggio. “Il 2015 è stato definito come ‘l’annus horribilis’ per i movimenti migratori – chiosa la Caritas – per l’elevato numero di rifugiati, sfollati e morti, ma anche per la debolezza e l’egoismo che molti Paesi hanno dimostrato nell’affrontare l’emergenza umanitaria”. Infatti “la politica europea è risultata frammentata, disunita e per molti aspetti inadeguata e le immagini di muri e fili spinati stridono con gli ideali e i principi del grande ‘sogno europeo’, quello di un continente senza più confini”.
di | 17 ottobre 2016

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Commenti?

domenica 16 ottobre 2016

Prove di una guerra di aggressione.....

.. e dire che non potremo dire che non lo sapevamo (così non potremo dire che non lo sapevamo per la bomba climatica esplosa fra liguria a toscana.. perchè gli allarmi i soliti complottisti lo avevano lanciato.. ma si sa che sono disfattisti, no?): l'aggressitività della NATO non è un fatto di oggi: son decenni, ossia da Reagan in poi, che l'occidente si prepara a lla guerra; una guerra autoditruttiva, oltreche distruttiva, perchè di fronte non ci sarà la Russia di un Eltsin nè la Cina di Mao ma quella di Putin che, ci piaccia o meno, ha ritrovato il proprio orgoglio nazionale e la Cina del liberismo in salsa mandarina con qualche sporcatura di socialismo oligarchico alla Emanuel Goldstein (sapete chi è? Si.. no leggete poco, mi spiace per voi.. però sono un buono e vi do una traccia: dice nulla 1984?); due paesi cambiati e ritrovati che hanno ben imparato la lezione del passato (quel della rapina delle risorse prima che se le prendano gli altri.. noi) e della storia recente: non puoi fidarti dei vicini 'democratici (si con il forse perchè a ben vedere ormai di democrazia ce n'è ben poca qui in occidente e men che meno in USA; votiamo si è vero ma poi al potere ci va chi vogliono altri e quindi, ci arriveremo, che votiamo a fare?)' ammantati di diritti umani ma armati fino ai denti.
E, bé ci siamo: nel 2018 ci saranno le più grandi manovre militari che mai si son viste ai confini russi, e temo anche cinesi, nella storia recente... e ci saremo anche noi con ben 150 uomini, come quando Cavour inviò (con scarso successo perchè la maggior parte si ammalarono di malaria e altro) soldati in Crimea, che parteciperanno ad esse. Ha ragione l'ex ambasciatore Sergio Romano: "non dovremmo dimenticare come la Russia abbia vissuto l’allargamento della Nato ai paesi che facevano parte del Patto di Varsavia e addirittura alle repubbliche baltiche che facevano parte dell’ex Unione Sovietica. Sempre secondo Romano "Inoltre, le origini dell'animosità russa/statunitense sono da far risalire alla politica estera dell'amministrazione Bush, non del tutto modificata dall'amministrazione Obama che comunque inizialmente "dette prova di una certa sensibilità", come quando "nel 2009, a Ginevra, Hillary Clinton, allora segretario di Stato americano donò al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov un pulsante rosso con la scritta reset. Il messaggio era chiaro: c’era la volontà americana di rendere la situazione meno tesa, di ricercare un dialogo. Obama, ad esempio, modificò la strategia di Bush accontentandosi di basi di missili intermedi."la situazione è peggiorata dopo la crisi ucraina e l'invasione russa della Crimea, situazioni in cui secondo Romano "bisogna tenere conto di altri fattori". "Ad esempio, non bisognerebbe dimenticare l’intesa raggiunta col presidente filorusso Yanukovich, che aveva accettato di indire nuove elezioni. L’accordo era stato certificato dai quattro ministri degli esteri di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito. Solo che la notte seguente a quell’accordo c’è stato il colpo di Stato in Ucraina che ha destituito Yanukovich. È stato quell’evento a far precipitare la situazione. Un atto che, a torto o ragione, Mosca ha interpretato come ostile ed eterodiretto dagli Stati Uniti. Così come del resto, il sostegno offerto ai ribelli siriani contro Assad."
D'altronde poco si sa di cosa passi per la mente dei vertici della NATO perchè l'invio dei nostri soldati dovrebbe anche servire a  presidiare i confini con la Russia, nell'ambito del programma di rafforzamento dei confini baltici della NATO. Tale programma rientra in un progetto di difesa delle frontiere orientali della NATO e dovrebbe servire ai fini di stabilizzare i confini tra i paesi membri della NATO e la Russia e costituisce una risposta al recente invio di missili russi a Kalingrad...
insomma se vi trovaste nelle condizioni dei russi che si vedono,e lo sono, praticamente circondati sol perchè hanno rialzato la testa che fareste? Io lo so cosa farei.. esattamente quel che stanno facendo: qui Putin c'entra poco e molto c'entrano gli affari.... e l'orgoglio. Mai come ora c'è una importante differenza fra le prossime scelte del governo americano a seconda di chi vince: ed è certo che se vince Killary Clinton la guerra sarà molto ma molto più vicina!!!!
Fonte: Informazione Consapevole

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