Ma allora ha vinto Renzi e come? Ha stravinto e questo è un dato di
fatto incontrovertibile nel dato elettorale e nell'annientamento
dell'apparato neotogliattiano di quel che fu il PD democrat, molto poco
social, all'amerikana voluto da U. Ueltroni. Ma non sono tutte luci: da
voxpopuli.info gira la voce che ci siano state delle dazioni ai rom per
farli votare.. per chi, se vera la notizia, lo stabilirà chi di dovere; a
livorno, questa la dice il tirreno nella pagina toscana di oggi, un
esponente della destra locale si è recato alla sezione del pd per votare
... per Renzi, c'è stato qualche problema ma il regolamento lo permette
quindi......; mr. B ha telefonato ieri a renzi, lo sostiene
ilnumerozero.com, facendogli le congratulazioni e dicendogli che l'aveva
capito quand'era... andato a arcore. Luci e ombre insomma che non fanno
bene alla sua immagine e, soprattutto, dovrebbero gettare nello
sconforto i 2,5 mln di illusi che l'hanno votato. Altre voci
incontrollate sostengono che presto il PD vedrà una scissione: altra
delusione. Altri ancora già mugugnano perchè il neo segretario ha già
fatto tana libera tutti con il governo sostenendo che la sua dipartita
non è al'ordine del giorno: un chiaro segnale al vero capo del governo
lì.. sull'alto colle. Personalmente ritengo che il pd avrà una
connotazione centrodestroide e che presto, alle europee, farà la fine
degli altri segretari ma.. nessuno prevede il futuro.
Detto ciò ora vi propongo due punti di vista a voi il dire quale scenario è migliore..
Matteo Renzi è di destra o di sinistra?di Stefano Feltri | 9 dicembre 2013
Secondo
me Matteo Renzi è di sinistra. L’Italia oggi si divide in due blocchi:
quelli che pensano che Renzi sia uno di destra che ha preso la guida
del Pd per una fortuita concatenazione di errori e quelli che a cui non
interessa, destra o sinistra purché porti rinnovamento e aiuti
l’Italia a uscire dalla palude della recessione. Dicono che Renzi sia di destra perché ha carisma,
perché capisce la televisione, perché è stato ad Arcore da Silvio
Berlusconi, perché non cita Gramsci, perché preferisce Mandela a
Berlinguer. Ma anche perché non ama la Cgil, parla di merito e vuole
valutare gli insegnanti, è di destra perché parla sempre di cultura, di
Dante e delle bellezze fiorentine ma non cita mai i libri che ha letto
(forse perché ne ha letti pochi). Tutto vero. Ma anche riduttivo. Il
problema è che in Italia negli ultimi 20 anni ci siamo abituati a misurare la sinistra in rapporto a Silvio Berlusconi.
E visto che Berlusconi è tv, carisma, slogan, comunicazione, e
Berlusconi è di destra, allora Renzi è di destra. Molto superficiale.
Dovendo scarnificare l’infinito dibattito su destra e sinistra, mi
sentirei di proporre questa distinzione: la destra ha al centro
l’individuo, la sinistra la società. Per la destra poco importa se
quelli intorno a te stanno male, soffrono, stagnano nella povertà, se
la disperazione dei Paesi vicini produce fastidiosi immigrati, se le
cose belle di cui tu godi (assistenza sanitaria, cultura, maternità)
non sono condivisi anche dal tuo vicino. Questa è la destra. Ma Renzi
non è questo. I discorsi molto americani – nel senso che creano
aspettative, atmosfere, tensioni ideali ma non si fermano sui dettagli –
del sindaco di Firenze vanno in un’altra direzione.
Trascurando il politichese, e quindi leggi elettorali, alleanze,
riforme costituzionali e fuffa varia, quello che resta della proposta
di Renzi è la promessa di una società più dinamica, in cui i dinosauri
vengono rispettati ma rimossi dalle posizioni di potere, in cui una
generazione (quasi tre ormai, i ventenni, i trentenni e i quarantenni)
non vengono più sacrificati e spremuti, scaricando su di loro i costi
della competizione globale. Renzi non vuole meno Stato, come la destra più liberista
(anche quella che si colloca sinistra, tipo Alesina & Giavazzi),
non crede che il mercato sia più efficace della mano pubblica nel
risolvere i problemi dei più deboli. Il nuovo segretario Pd parla di
asili nido e assistenza agli anziani garantita dallo Stato, non di
privatizzare l’istruzione o la sanità. Chi si professa di sinistra in
Italia in questo momento dovrebbe dedicare la stessa attenzione ai
cassintegrati che guadagnano 800 euro per non lavorare così come alle
partite Iva che per avere lo stesso reddito netto devono faticare a
tempo pieno senza tutele. Renzi non ha ancora messaggi espliciti su
questo, ma ti dà quell’idea. Sai che non sarà un altro politico di
sinistra che si commuove per Bella Ciao e gli operai mentre pensa alla
sua barca a vela o alla prossima cena con il finanziere d’area. La cosa
che turba tanti è che Renzi non è di sinistra sulle questioni sindacali.
Non è di sinistra nel senso in cui lo è stata la filiera
Pci-Pds-Ds-Cgil: il suo approccio non è la contrapposizione
capitale-lavoro, non affronta le imprese come il nemico, anzi, vorrebbe
più imprenditori, più start-up (che poi vuol dire solo nuove imprese) e
pensa che lavoratori e datori di lavoro siano soltanto due ruoli
diversi necessari per raggiungere uno scopo comune, la creazione di
ricchezza e benessere per tutti. Ma davvero c’è qualcuno disposto a
sostenere che al Cgil, la Cisl e la Uil sono un baluardo indispensabile
per la tutela dei più deboli in Italia? La vera disuguaglianza in
questi anni non è stata tra padroni e salariati, ma tra chi è rimasto
fermo e chi ha continuato a crescere, sia tra Paesi che dentro i Paesi.
La distinzione tra classi sociali non funziona più (ci sono gli
imprenditori che si suicidano e quelli che portano i soldi in Svizzera,
gli avvocati che evadono il fisco per comprarsi la Porsche e quelli a
inizio carriera che guadagnano meno di un manovale, le archistar e gli
architetti a partita Iva con stipendi da stagisti). Su una cosa però
Renzi effettivamente non è di sinistra: lui vuole vincere,
in un modo americano, senza compromessi, senza condivisione di
responsabilità (ricordate Bersani che diceva “mi comporterò come se
avessi il 49 per cento anche se avrò il 51?”). In Italia la sinistra
post-comunista non ha mai saputo davvero vincere, c’è voluto Romano
Prodi, un ex-Dc che sarebbe arduo considerare di destra. Ora c’è Renzi.
Se la sconfitta è di sinistra, allora Renzi è di destra e Gianni
Cuperlo è invece perfettamente mancino. Ma se essere di sinistra vuol
dire cercare di cambiare le cose in modo che non prevalga la legge
della giungla (del mercato, della competizione ecc) con la quale si
salvano solo i più forti, allora Renzi può collocarsi a sinistra. Ora,
però, deve dimostrare di essere all’altezza della responsabilità che la
storia e i disastri dei suoi colleghi di partito gli hanno consegnato.
altro post
Renzi, stupiscici
di Andrea Scanzi | 9 dicembre 2013
Le primarie del Pd sono una buona notizia.
Ridicolizzarle come fa Grillo
(o Yoko Ono Casaleggio), dando implicitamente dei “babbei” a chi ha
speso due euro per esprimere la sua preferenza, è assai mesto.
Nonché sgradevole.
Sono una buona notizia (e lo scrive uno che volutamente non ci è
andato, e se ci fosse andato avrebbe votato Civati) per l’affluenza,
anzitutto: quando tre milioni di italiani vanno a votare, nonostante i
disastri che ha fatto e fa il Pd, significa che
la partecipazione è ancora così alta da apparire quasi stoica. Uno
stoicismo che confina talora con il masochismo, ma sempre meglio
partecipare ancora che sventolare bandiera bianca. L’esito delle
Primarie, ovviamente, era scontato. Quando scrissi più volte che
Pippo Civati
non aveva chanches, e certo non lo scrissi con gioia, molti ebbero pure
il coraggio di insultarmi: era cosa ovvia. Il suo risultato (si può
dire? Abbastanza deludente) dimostra peraltro come i giochini dei
trending topic tipo
#vincecivati su Twitter non contino una mazza. Ieri era “piazze piene urne vuote”, oggi “Twitter pieno urna vuota” (o auditel vuoto, altrimenti
Virus o
Masterpiece farebbero
il 47% di share). Civati è un bravo ragazzo e una persona colta, ma
nel Pd conta come il due di quadri quando briscola è cuori: vada
altrove, abbia coraggio e non si accontenti di fare la ruota di scorta
di lusso e ben pettinata del Partito (com’è una ruota di scorta ben
pettinata? Boh. E’ venuta così).
Gianni Cuperlo è stato demolito,
e anche questo era ovvio. Era il primo a saperlo e forse sperarlo. Mi
spiace per lui, che è brava persona, ma non mi spiace per
l’apparato dalemiano, che ha fatto più danni della grandine e deve andare in pensione. Per sempre. Resta
Matteo Renzi, lo stravincitore annunciato.
E qui ci si aspetterebbe che io partissi in una demolizione del
neo-segretario. Perché mai? Renzi è un furbino, un demitiano, un
marchionniano, un forneriano: uno yuppie a metà tra Jerry Calà e
Jovanotti. Un boyscout paninaro folgorato sulla via dei Righeira e delle
merendine. Uno che ama gli inceneritori e pure l’acqua privata.
L’espressione di un
rinnovamento quieto, abbastanza ‘paraculo’ e fatalmente disinnescato. Ma non è certo
un incubo (anti)democratico come Berlusconi.
Ne condivide molte idee, e sarebbe stato perfetto come leader del
centrodestra (infatti è amato da Lele Mora come da Briatore), ma è una
figura politica da contestare per le sue idee: non per la sua fedina
penale, che pure non è esattamente intonsa (
una
condanna ce l’ha pure lui, in primo grado: danno erariale per
l’inquadramento contrattuale di alcuni dipendenti assunti a tempo
determinato. Tradotto un po’ brutalmente, vuol dire più o meno assunzioni clientelari). Devo anche ringraziarlo, perché
nel suo discorso di vittoria ha saccheggiato a piene mani – come ha già notato la Rete – il mio libro
Non è tempo per noi (esempio
tra i tanti: “Ora tocca a noi che dopo la morte di Falcone e
Borsellino ci siamo iscritti a Giurisprudenza”. Se non altro, Matteo è
un buon lettore e sa scegliere gli autori giusti. E magari si è
vendicato del mio post birbo sulla sua foto estatica con il noto
statista di sinistra Ciriaco De Mita. Uno a uno, palla a Rignano
sull’Arno). Renzi ha promesso molte cose e per lui adesso comincia il
difficile:
è più semplice fare il Premier che il segretario del Pd,
circondato come è (e sarà) da vecchi lupi di mare che non vedono l’ora
di sfruttarlo e disinnescarlo. Come farà con De Luca accanto, con
Franceschini, con Latorre? Purtroppo per lui, sarà assai complicato. Non
l’ho votato e non lo voterò, perché è un
democristiano nientalista.
Un venditore di Best Company, più che di fumo. Ma è un politico che
rispetto, e che sarà divertente osservare, analizzare, plaudire (spero) e
criticare (temo). Sono molto curioso di vederlo all’opera su scala
nazionale. Se saprà ricostruire (in meglio: in peggio è dura) il Pd,
sarò il primo a esserne felice. Con Renzi arriva ufficialmente
la generazione dei quarantenni in politica.
La nuova segreteria Pd ne è piena. Cosa sapranno/sapremo fare? Boh.
Alfano non farà nulla, se non perdere. E chi se ne frega. Molti 5 Stelle
stanno crescendo, e la loro idea di cambiamento radicale è ambiziosa e
meritevole di attenzione. Renzi ha promesso la luna, e staremo a
vedere. Ha già un banco di prova decisivo:
il governo Letta.
Ha detto che con lui certi dirigenti non avranno più spazio e che non
sarà più tempo di inciuci. Bene, ci stupisca: abbia il coraggio di far
cadere questo governicchio patetico. Abbia il coraggio di mettere in
discussione Re Giorgio Napolitano (già terrorizzato dall’entità
numerica del successo renziano). Acceleri per una
legge elettorale,
e poi via al voto. Al più presto, affinché la sempiterna Casta non
sfrutti la decisione della Consulta sul Porcellum per blindarsi ancora
di più nelle stanze dei bottoni. Adesso dipende da lui: o sarà in grado
di stupire positivamente, o si limiterà a essere uno dei tanti a cui
chiedere “facce Tarzan”. Nel frattempo, complimenti per la vittoria e
in bocca al lupo: a lui, ma più che altro al paese. Cioè a noi.