giovedì 5 aprile 2018

Fonte: Punto Informatico giovedì 29 marzo 2018 di Alfonso Maruccia

Fonte: Punto Informatico giovedì 29 marzo 2018 di Alfonso Maruccia

Dopo la scoperta dell'abuso dei dati del social network per la campagna elettorale di Trump, Facebook deve ora fare i conti con il crollo in borsa, le polemiche, le cause legali e la FTC che alita sul collo di Zuckerberg
Roma - Può una piccola società di analisi britannica come Cambridge Analytica (CA) affossare un colosso come Facebook, social network con un giro di affari annuale di oltre 70 miliardi di dollari e più di 2 miliardi di utenti attivi al mese? Per ora, lo scandalo alimentato dall'accesso non autorizzato a 50 milioni di account da parte di CA sta facendo passare un brutto quarto d'ora alla creatura di Mark Zuckerberg e soci, e nel prossimo futuro le cose non potranno far altro che peggiorare.

In molti si sono detti "arrabbiati" per la scoperta della reale natura del business di Facebook, vale a dire la vendita dei dati degli utenti a soggetti di terze parti e ai network pubblicitari: Lauren Price, un utente del Maryland, sostiene di aver sperimentato in prima persona la campagna di advertising a tema politico scaturita dal lavorìo di CA con il team di Donald Trump nel 2016, e ora vuole fare causa al social network. Un'altra iniziativa legale la sta portando avanti Fan Yuan, azionista di Facebook che si considera frodato per le comunicazioni non veritiere che stanno ora portando al calo del titolo in borsa.

Le performance azionarie di Facebook non possono che essere descritte come un vero e proprio tracollo, visto che negli ultimi 10 giorni il titolo ha perso qualcosa come 100 miliardi di dollari di valore. E se gli utenti o gli azionisti sono arrabbiati le aziende che fanno pubblicità non hanno reagito meglio, con Mozilla che ha comunicato la "sospensione" delle sue campagne pubblicitarie seguita dal rivenditore di ricambi per auto Pep Boys, il colosso bancario tedesco Commerzbank e altri ancora.
In rete è nato il movimento #DeleteFacebook per invogliare utenti e aziende a cancellare la propria presenza sul social network in disgrazia, un'iniziativa appoggiata dal co-fondatore di WhatsApp Brian Acton che tra l'altro ha portato persino Elon Musk a eliminare le pagine di SpaceX e Tesla. Musk ha cancellato milioni di "follower" e commenti accumulati nel tempo senza battere ciglio.

La maggioranza degli utenti - soprattutto negli USA - non si fida più di Facebook, mentre Facebook spende somme considerevoli dispensando messaggi pubblicitari in cui Zuckerberg chiede scusa e promette di fare il bravo in futuro. Un futuro che potrebbe però riservargli un'autentica mazzata economica, visto che la Federal Trade Commission (FTC) statunitense ha confermato l'apertura di un'indagine nella possibile violazione dell'accordo stretto tra le due entità nel 2011. Un'eventuale multa potrebbe valere miliardi di dollari, e non si parla certo di soldi virtuali.

E mentre Zuckerberg chiede scusa per lo scandalo CA, un altro potenziale guaio Facebook lo sperimenta con la scoperta, da parte degli utenti, delle abitudini di tracciamento della corporation sui telefonini Android: provando a cancellarsi dal social network, qualcuno si è trovato davanti a un archivio con l'elenco particolareggiato delle chiamate e dei messaggi testuali scambiati negli anni. È una funzionalità attiva solo con il consenso "informato" del cliente e che serve a migliorare l'esperienza utente, si sono giustificati da Facebook.

Alfonso Maruccia

mercoledì 4 aprile 2018

Atlanta, attacco hacker alle istituzioni. Anche questa volta si poteva evitare

Fonte: Il Fatto Quotidiano Tecno | 3 aprile 2018

Il sindaco di Atlanta nell’uovo di Pasqua non ha trovato la soluzione al suo problema. Nessuno dei suoi collaboratori e neanche un qualsivoglia cittadino di notoria fortuna ha avuto come sorpresa la chiave per decifrare il patrimonio informativo che consente il regolare funzionamento della città e della sua cintura metropolitana (con quasi sei milioni di abitanti).
Visto che le feste sono trascorse, spieghiamoci meglio.
Da dieci giorni la capitale dello stato americano della Georgia, Atlanta (quella che nel 1996 ha ospitato le Olimpiadi), è sotto scacco informatico. Sedici anni di digitalizzazione di dati, fascicoli, pratiche, archivi sono andati in fumo. Nessun incendio (in quel caso forse si sarebbe salvato qualcosa), ma la “semplice” cifratura di tutto quel che era memorizzato su sistemi centrali e computer collegati. Tonnellate virtuali di informazioni sono illeggibili da una settimana e mezza ed è questa la vera notizia, perché incidenti analoghi non sono nuovi nemmeno dalle nostre parti ma – incrociamo le dita – finora senza conseguenze di questa gravità.
La catastrofe digitale in questione non costituisce un esempio di imprevedibile attacco al sistema nervoso di un ente pubblico o di una azienda privata. Si tratta di una devastazione che prudenza, buon senso e qualche elementare misura di sicurezza (anche solo culturale) avrebbero potuto evitare.
In termini pratici un insieme di istruzioni maligne (mandate in esecuzione da un paio di “clic” del mouse di qualche dipendente sprovveduto o distratto) hanno sottoposto a operazioni crittografiche i supporti di memorizzazione del sistema informatico pubblico di Atlanta. I dati – indebitamente trasformati dal venefico ransomware – non possono essere più utilizzati dai programmi che in precedenza se ne servivano e non possono nemmeno essere letti con procedure di emergenza.
Per recuperare la quantità infinita di file così danneggiati, occorre (quasi si trattasse di una cassaforte da aprire) disporre della “combinazione”: è necessaria la “chiave” con cui i dati sono stati cifrati, in maniera da liberare dall’incredibile cyber-sortilegio le informazioni indispensabili per far tornare alla normalità la grande città.
La metropoli statunitense è nel più totale caos tecnologico e a nulla sono valsi gli sforzi di esperti, tecnici, investigatori e impiegati pubblici. Gli strumenti informatici sono fuori uso e si è tornati a carta e penna.
I pirati che hanno innescato questa baraonda sarebbero pronti a dare le chiavi per ripristinare la situazione ma pretendono un riscatto di 51mila dollari da pagare in bitcoin (senza però dare garanzie di rispettare la promessa di consegnare la loro sorta di “antidoto”).
I tentativi di apertura dei file portano soltanto alla visualizzazione di messaggi goliardici dei balordi che hanno mandato a segno l’attacco. “Scusateci” e “Mi spiace” sono diventati una sorta di suffisso standard che ha completato il nome in precedenza identificativo di archivi o documenti.
Nonostante i funzionari di Atlanta spieghino alla cittadinanza che il blocco dell’attività amministrativa sia dovuto al fatto che i dati sono nelle mani di una banda di pirati, in realtà ci si trova dinanzi non a un furto ma a un danneggiamento.
Il sindaco Keisha Lance Bottoms, insediatosi nello scorso mese di gennaio, non ha fatto menzione di un eventuale pagamento della somma pretesa effettuato entro il termine del 28 marzo fissato dagli estorsori. Gli specialisti del Federal Bureau of Investigation, giunti in soccorso e all’opera da qualche giorno, non rilasciano dichiarazioni. La situazione è oggettivamente complicata.
L’episodio, non il primo e purtroppo nemmeno l’ultimo, deve far riflettere e indurre ad avviare ogni iniziativa utile per scongiurare il verificarsi di simili problemi. Le precauzioni e le contromisure tecniche devono essere affiancate da una campagna di sensibilizzazione sui rischi informatici e da iniziative didattiche che possano “vaccinare” gli utenti. Ma siccome siamo tutti convinti che certe fregature tocchino in sorte solo agli altri, si sorride di queste storie e si volta rapidamente pagina.
@Umberto_Rapetto
Tecno | 3 aprile 2018

martedì 3 aprile 2018

Evasione fiscale, italiani “poveri” ma non rinunciano a gita di Pasqua

Fonte: W. S. I. 3 aprile 2018, di Livia Liberatore

Secondo i dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, in Italia quasi la metà dei cittadini, circa 30 milioni di persone, dichiara meno di 15 mila euro, una cifra quasi ai livelli della soglia di povertà. La quantità di persone che vivono sotto questa soglia nel nostro Paese è aumentata negli ultimi anni, come testimoniano i numeri dell’Istat. La fascia di soggetti a rischio di povertà o esclusione è salita nel 2016 al 30%, dal 28,7% dell’anno precedente.
Più nello specifico, a crescere è il numero di chi a rischio di povertà (20,6% da 19,9%), di chi vive in famiglie gravemente deprivate e a bassa intensità lavorativa. Allo stesso tempo, i dati sull’evasione fiscale sono chiari: la perdita che questa provoca per il gettito dello Stato è superiore ai 111 miliardi l’anno, cifra in aumento di anno in anno.
Un articolo di Filippo Facci su Libero Quotidiano mette in relazione questi numeri con quelli diffusi da Federalberghi sulle recenti vacanze di Pasqua. Quasi 11 milioni di italiani si sono spostati per Pasqua, muovendo un giro d’affari da 3,58 miliardi di euro, con una crescita di più del 7,2% rispetto all’anno scorso. Oltre 350 mila persone hanno scelto di pranzare in un agriturismo, mentre chi ha scelto di rimanere a casa ha speso oltre 1,2 miliardi di euro a tavola.
Secondo l’autore, questi dati sono una prova dell’alta evasione fiscale nel Paese, oltre che del fatto che le persone non sono disposte a rinunciare ad alcune spese. Altri numeri mostrano anche che se non si considera soltanto il Pil, la ricchezza e il tenore di vita degli italiani, sommando patrimoni, case, titoli e rendite, restano tra i più alti del mondo. Per esempio l’ Italia sarebbe il primo paese del mondo in quanto a seconde abitazioni.

lunedì 2 aprile 2018

Nucleare, più che Pasqua sembra l’inferno

Fonte: Il Fatto Quotidiano Economia Occulta | 1 aprile 2018

Quest’anno la Pasqua è arrivata con una serie di notizie sensazionali. Prima la notizia, subito smentita, che per il Papa “l’inferno non esiste”, poi Vladimir Putin che ha risposto con il lancio del Satana 2, missile intercontinentale balistico, che secondo lui è in grado di penetrare qualsiasi scudo difensivo. Fosse che fosse che il diavolo si sia trasferito con la sua corte infernale in Russia?
Scherzi a parte, se oggi Dante riscrivesse l’Inferno sicuramente dedicherebbe uno dei gironi più bassi al nucleare. E lì troveremmo molti personaggi contemporanei dal momento che dai tempi della Guerra fredda la corsa agli armamenti atomici non è mai stata così attiva. Nel 2017, Kim Jong-un, il giovane dittatore nord-coreano, ha lanciato una serie di missili balistici per dimostrare che può colpire una metropoli americana. Gli iraniani hanno ripreso, ma forse non hanno mai smesso di lavorare alacremente al nucleare e le trattative per impedirglielo sembrano al momento inefficaci. Poi ci sono i pachistani, gli israeliani e tutte le nazioni che, secondo i protocolli attuali, la bomba possono averla, inclusa la Cina e gli Stati Uniti. C’è anche chi sostiene che, non soddisfatta di possedere ogni arma prodotta dall’industria bellica, l’Arabia Saudita vuole anche lei la bomba.
Lo sforzo di denuclearizzare il mondo appartiene al passato, agli anni Novanta, quando alcuni stati (Argentina e Brasile) rinunciarono alle loro ambizioni di diventare potenze nucleari e stati dotati di armi atomiche abbandonarono volontariamente quelle già costruite (Sud Africa) o ereditate (Ucraina, Bielorussia, Kazakistan). C’erano diversi fattori alla base di questi straordinari risultati, come la fine dell’apartheid o l’implosione dell’Unione Sovietica, che oggi sono scomparsi. C’era anche un importante filo conduttore politico che legava queste decisioni: la denuclearizzazione avveniva senza tattiche armate o l’uso della forza ma grazie alla diplomazia della non proliferazione.
Tutti questi successi diplomatici, infatti, furono il frutto delle negoziazioni e dei trattati per ridurre le forze offensive strategiche degli Stati Uniti e della Russia. L’estensione indefinita del trattato di non proliferazione (Ntp) nel 1995 li riassumeva un po’ tutti, come pure la conclusione dei negoziati sul Trattato sulla messa al bando totale di tutti gli esperimenti nucleari (Ctbt).
Tutto ciò ormai appartiene alla storia. Il nucleare è tornato di moda sotto tutti i punti di vista, è considerato una fonte alternativa di energia da sfruttare in un mondo futuro dove scarseggeranno gli idrocarburi e un eccellente deterrente contro nazioni nemiche. Gli Stati dotati di armi nucleari, in particolare gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, stanno ricapitalizzando e modernizzando i loro armamenti. I tanto sperati tagli alla spesa nucleare degli Stati Uniti non avverranno perché il Cremlino si sta riarmando ed infatti l’elenco delle violazioni dei trattati russi cresce costantemente e così gli schieramenti di difesa missilistica degli Stati Uniti vengono potenziati e ampliati. Adesso che è arrivato Satana 2 l’amministrazione Trump avrà mano libera per neutralizzarlo ignorando i limiti imposti dal trattato di non proliferazione.
Kim Jong-un, rocket man, come lo ha definito Donald Trump, è solo la punta dell’iceberg. Il vero problema è la corsa agli armamenti nucleari a livello globale che nessuno denuncia. Il più alto rischio che tutti corriamo non è la guerra atomica ma la convivenza con fonti di radiazioni letali, non soggette a protocolli di sicurezza internazionali. Più armi ci sono, più il pericolo di una tragedia dovuta al cattivo funzionamento o alla scarsa manutenzione delle strutture atomiche cresce. Per accertarsene basta menzionare Chernobyl, un bell’esempio dell’inferno sulla terra.

test velocità

Test ADSL Con il nostro tool potrete misurare subito e gratuitamente la velocità del vostro collegamento internet e ADSL. (c) speedtest-italy.com - Test ADSL

Il Bloggatore