venerdì 16 febbraio 2018

Elezioni: governo impossibile o intesa extralarge tra sinistra e destra

Fonte: WSI 16 febbraio 2018, di Alessandra Caparello

ROMA (WSI) – Impossibile che si formi un governo stabile l’indomani del voto previsto per il 4 marzo in Italia. Questo il risultato che deriva da un sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere della Sera.
Nessuna maggioranza si profila, ad eccezione di un’ipotesi oggi remota: un’intesa extralarge che comprenda almeno il centrosinistra, Forza Italia, Noi con l’Italia e Leu”.
Una situazione di blocco per cui sia Berlusconi che Renzi indicano di superare tornando a breve al voto, con la stessa legge elettorale. Ma, dice l’istituto, francamente “è difficile immaginare che in pochi mesi possano cambiare sensibilmente gli orientamenti degli elettori. Il rischio è di perpetuare l’impasse”.
L’ultimo sondaggio rivela che il dato di incertezza e astensione rimane elevato, attestandosi ancora al 34%, una percentuale molto alta considerando che al voto manca una manciata di settimane.
“Molto probabile che diminuirà il numero dei votanti, attestandosi presumibilmente intorno al 70%, comunque qualche punto sotto il 75% del 2013″.
Tra tutti i partiti quello che soffre di più è il partito democratico, che sconta la difficoltà ad affermare una propria agenda e le faide interne fino al calo di consensi di Matteo Renzi.
Insomma una situazione pericolosa che però non è condivisa dal premier Paolo Gentiloni che ha rassicurato la cancelliera tedesca Angela Merkel e la Germania durante la conferenza stampa dei due leader a Berlino.
“L’Italia avrà un governo e penso che avrà un governo stabile. Non credo che esista alcun pericolo che abbia un governo dominato da posizioni populiste e anti europee. Le soluzioni di governo non le danno i sondaggi ma gli elettori il 4 marzo. Dobbiamo tutti rispettare quella che sarà la scelta e il giudizio degli elettori. Io, come sapete, penso che l’unico pilastro possibile di coalizione stabile e pro Europa di governo possa essere la coalizione di centrosinistra guidata dal Pd”.

giovedì 15 febbraio 2018

Alert debito: Italia paese più rischioso nell’eurozona dopo la Grecia

Fonte: WSI 15 febbraio 2018, di Alessandra Caparello

ROMA (WSI) – Il debito pubblico italiano è il secondo più rischioso tra quelli dei paesi dell’eurozona dietro la Grecia, superando il Portogallo.
Lo rende noto l’ultimo rapporto sulla sostenibilità dei debiti pubblici degli Stati Ue della Commissione Ue in cui ha sottolineato che quello italiano resta vicino ai picchi e per questo resta esposto a rischi sfavorevoli.  Per Bruxelles nessun Paese rischia stress di bilancio nel breve termine, fatta eccezione per Italia, Spagna, Francia, Portogallo e Belgio per cui la Commissione Ue vede alti rischi per la sostenibilità a medio termine su tutti e due gli indicatori utilizzati per valutare il rischio.
“In questi cinque Paesi c’è bisogno di un aggiustamento significativo di bilancio per assicurare la sostenibilità a medio termine raggiungendo il target del debito al 60% nel 2032″.
Una doccia fredda per il nostro paese nel momento in cui Bankitalia aggiorna sull’importo del debito arrivato a pesare in un anno ben 36,6 miliardi di euro in più. A fine 2017 il debito pubblico italiano ammontava a 2.256,1 miliardi di euro contro i 2.219,5 del dicembre 2016, i 2.173 di fine 2015 e i 2.137 di fine 2014. E in uno scenario in cui la Bce rialzasse i tassi del 100%, entro il 2028 il debito aumenterebbe di 9 punti percentuali.
Secondo alcuni economisti a pesare potrebbe essere l’incertezza politica, sebbene vada rilevato come guardando alla situazione politica confusa venutasi a creare in Germania, oltre al controverso risultato elettorale in Spagna, i mercati abbiamo spesso snobbato gli incerti scenari politici prodotti dal voto. Nell’eurozona il profilo di rischio più alto resta quello sul debito pubblico della Grecia con il tasso sul decennale al 4,33%, al secondo posto sale l’Italia con tassi del 2,085%, al terzo scende il Portogallo al 2,075%

mercoledì 14 febbraio 2018

LA REPUBBLICA CECA SI SGANCIA DALL’EURO! ORA A BRUXELLES TEMONO LA CZEXIT

Fonte: il sapere è potere 2
Pochi giorni fa la Repubblica Ceca ha deciso di sganciare la propria moneta nazionale dall’euro, abbandonando il cambio fisso di 27 corone ceche per euro, in vigore da tre anni, e di far fluttuare liberamente il cambio sui mercati finanziari. E lo ha fatto dicendo addio al peg, cioè al tasso di cambio “ancorato” che impediva la libera fluttuazione.


Per mantenere il rapporto fisso, la Banca Centrale ceca ha impegnato sinora ingenti risorse, ma ormai la scelta stava diventando fin troppo costosa. 

Ma la vera sorpresa è arrivata dopo l’ annuncio, quando a svalutarsi non è stata la corona ceca bensì la moneta unica (del 3%): quindi niente cariole e cavallette paventate dagli euro-nazisti da strapazzo!

La decisione del premier social-democratico Bohuslav Sobotka ha certamente una valenza politica ed internazionale molto forte: un altro bello schiaffone all’Unione Europea, di cui la Repubblica Ceca fa parte! Si pensava, infatti, che anche la sua corona sarebbe – prima o poi – finita con il lasciare il posto alla moneta unica… e invece il governo di Praga ha deciso di riguadagnare la libertà di fluttuazione!

Ora a Bruxelles temono la Czexit, infatti il premier ceco aveva già annunciato che – in caso di Brexit – anche la Repubblica Ceca avrebbe seriamente valutato l’ipotesi di abbandonare l’UE attraverso un referendum popolare! La Brexit c’è stata.

Insomma, se si ha la possibilità di scappare dal recinto schiavistico, scappano tutti…

Fonte: Giuseppe PALMA – La Costituzione Blog
Tratto da: www.stopeuro.news

martedì 13 febbraio 2018

Scandalo sessuale travolge l’Oxfam, si dimette vice direttrice

Fonte: WSI 12 febbraio 2018, di Livia Liberatore

Un’inchiesta del Times mette nei guai l’Oxfam, la confederazione internazionale di organizzazioni non profit impegnate per la lotta alla povertà nel mondo, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo. Secondo quanto pubblicato dal giornale britannico, nel 2011, nel corso della missione successiva al terremoto che colpì Haiti nel 2010, il personale di Oxfam avrebbe ingaggiato prostitute, anche giovanissime.
La vice direttrice esecutiva di Oxfam. Penny Lawrence, si è dimessa prendendosi tutta la responsabilità per il comportamento del personale dell’organizzazione umanitaria. Lawrence ha detto di vergognarsi del fatto che tutto sia successo sotto il suo controllo. Oxfam è stata criticata anche per il modo in cui ha gestito lo scandalo. Secondo l’inchiesta del Times, Oxfam era a conoscenza delle preoccupazioni sulla condotta di due degli uomini coinvolti nello scandalo sessuale ad Haiti prima che venissero nominati in ruoli umanitari di alta responsabilità nel Paese colpito dal terremoto.
Un’inchiesta interna ha portato al licenziamento di quattro membri dello staff e alle dimissioni di altri, incluso il direttore di Oxfam ad Haiti. Ma la no profit, che ha sede nel Regno Unito, è stata accusata di aver insabbiato la vicenda. Sulla vicenda è intervenuta la Commissione europea, che nel 2011, anno a cui risalgono gli episodi incriminati, ha attribuito ad Oxfam 1,7 milioni di finanziamenti europei.
La Commissione ha invitato Oxfam a “fare piena luce” sul coinvolgimento di alcuni membri della Ong nello scandalo sessuale ad Haiti, minacciando di tagliare i finanziamenti. Il comportamento del personale dell’organizzazione ad Haiti non sembra l’unico a destare dubbi. Anche l’Observer scrive che operatori di Oxfam sono stati scoperti a frequentare prostitute, sfruttandone la miseria, già in Ciad nel 2006.

lunedì 12 febbraio 2018

Social network, il grande reflusso

Fonte: Punto Informatico di Alfonso Maruccia

Roma - Si è aperta la stagione della caccia ai social network, una tecnologia che a dire di chi ha contribuito a crearla rappresenta oramai un rischio per l'umanità più che uno strumento utile a socializzare in rete. Dall'interno, il padrone di Facebook pensa piuttosto a restituire un senso di "genuinità" all'esperienza.

Mark Zuckerberg ha annunciato da tempo che il social network in blu deve cambiare, e ora il fondatore di Facebook ha ammesso che i cambiamenti radicali agli algoritmi di selezione per il feed delle notizie (focalizzato sui post di parenti e amici piuttosto che su tutto il resto) hanno spinto gli utenti a passare 50 milioni di ore in meno ogni giorno sul portale.

L'obiettivo di Zuckerberg è naturalmente quello di migliorare le interazioni del suo social, ma dall'esterno c'è chi si limita a squalificare l'intero concetto di social networking come malsano, pericoloso e deleterio per l'umanità e soprattutto per i più piccoli.
E da tempo ormai che gli "insider" hanno preso a sparare sul mondo che hanno contribuito a creare, con personalità come Sean Parker (già presidente di Facebook) impegnate a denunciare i danni al cervello provocato dai meccanismi di cattura dell'attenzione insiti nelle reti sociali. Anche Chamath Palihapitiya, già vice-presidente di Facebook, ha sparato ad alzo zero sul servizio parlando di "strumenti che stanno facendo a pezzi il tessuto sociale del modo in cui funziona la nostra società."

I pentiti del social networking ossessivo compulsivo si sono ora coalizzati nel Center for Humane Technology, organizzazione che ha la missione dichiarata di "creare consapevolezza culturale" in merito ai gravi rischi di Facebook, YouTube e compagnia. Le grandi corporation dell'IT hanno scelto di danneggiare in maniera deliberata la psiche dei loro utenti, dicono i membri dell'organizzazione, e per contrastare il fenomeno intendono favorire studi sulla dipendenza dei più giovani dalle tecnologie, fornire risorse ai genitori per razionare l'uso dei gadget mobile dei figli e altro ancora.

Alfonso Maruccia

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