venerdì 4 aprile 2014

Renzi e mr. B: stesso percorso, stesso destino, stesse gaffes .. a nostre spese

... a quanto pare i due nel titolo sembrano molto simili, quanto a gaffe.
Mr. B ne ha fatte a iosa nel corso del ventennio e il suo erede non sembra da meno, pare.... non solo mostra l'arroganza del potere (quando dice .. spara a zero sugli amici e gli avversari) ma alcune cose che (se pur tutti le sanno o le sospettano perchè gli affari a livello internazionale non seguono mica le leggi sugli appalti) lui le dice....
Renzi, gaffe in tv su Eni: “E’ un pezzo fondamentale dei nostri servizi segreti”
di Redazione Il Fatto Quotidiano 4 aprile 2014
Gaffe di Matteo Renzi sull‘Eni. Ieri sera il premier era ospite a Otto e mezzo, su La7. Si parlava di nomine ai vertici delle aziende pubbliche e, in particolare, dei requisiti di onorabilità che il ministro dell’Economia, Padoan, vuole imporre ai loro amministratori. Tentando di dribblare una domanda di Lilli Gruber sulla possibilità che Paolo Scaroni, ad del gruppo energetico, sia riconfermato nonostante la recente condanna in primo grado, il premier si è però fatto scappare una rivelazione ben più compromettente: ha rivelato, in pratica, che il gruppo energetico ha stretti legami con gli uomini dei servizi. Questa, testualmente, la frase incriminata: “L’Eni è oggi un pezzo fondamentale della nostra politica energetica, della nostra politica estera, della nostra politica di intelligence. Cosa vuol dire intelligence? I servizi, i servizi segreti“. Apriti cielo: Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, ora grida allo scandalo e parla di “gaffe inqualificabile e pericolosa”. Che cosa c’è sotto è presto detto: a livello ufficioso è noto che le sedi estere del Cane a sei zampe spesso ospitano anche le nostre “barbe finte”, più o meno mascherate da dipendenti. Un segreto di Pulcinella, forse, ma custodirlo è buona norma e dichiararlo in prima serata non è certo consigliabile. Per la sicurezza stessa di chi per l’Eni lavora, magari in Paesi politicamente turbolenti.“Ma il presidente del Consiglio italiano, dottor Matteo Renzi, si rende conto di quello che ha detto?”, è la domanda retorica di Brunetta. ”Quella di Renzi è una frase sconcertante a livello nazionale e internazionale, fatta nei confronti di una grande multinazionale dell’energia, quotata in borsa. Siamo veramente senza parole”. E ancora: “Cosa voleva dire Renzi riferendosi a politica di intelligence e a servizi? E’ proprio di una società quotata in borsa fare intelligence e occuparsi dei servizi? E quando l’Eni partecipa ad una gara internazionale la vince per la sua capacità tecnologica, per la sua capacità di competere o per la sua intelligence? E’ assolutamente inaudito, aberrante”. In ogni caso, ha promesso Brunetta, “delle sue affermazioni gli chiederemo conto in Parlamento già dalla prossima settimana”.
p.s.
errare humanum est, perseverare ....
 e con questo buona domenica

giovedì 3 aprile 2014

Shale gas, due studi: “Con il fracking al massimo due anni di abbondanza”

1 aprile 2014 da Il Fatto Quotidiano

Nonostante tutta la propaganda di petrolieri, investitori, banche e politici lo shale gas non sarà la soluzione di nessuno dei nostri problemi energetici o occupazionali.
E questo non lo dice l’ultimo arrivato, ma due studi eseguiti dal Post Carbon Institute e dall’ Energy Policy Forum in cui si analizzano circa 65 mila pozzi da fracking e il ruolo delle speculazioni di Wall Street nel promuovere lo shale gas. Questi studi colpiscono a picconate il mito secondo il quale gli Usa diventeranno “energeticamente indipendenti” grazie allo shale gas. Gli autori dei report sono J. David Hughes, geologo, che per ben 32 anni ha lavorato per l’industria del petrolio e del gas (e quindi sa quel di cui parla) e che adesso è il presidente della Global Sustainability Research.  Assieme a lui, Deborah Rogers, analista finanziaria di Wall Street.
Dai due, due parole soltanto: bolla energetica. Ma prima un passo indietro.
In questi anni si è sentito da tutte le parti che gli Usa hanno questa abbondanza di shale gas, che finalmente si svezzeranno dal Medio Oriente, che è una questione di sicurezza nazionale fare fracking. In tutto questo, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha dato una grossa mano. Ad esempio, nell’edizione 2013 del suo World Energy Outlook, spara con ottimismo che le risorse di “petrolio recuperabili” continuano a crescere di pari passo con i progressi tecnologici, appunto fracking e trivellazione di pozzi orizzontali.
Obama stesso, nel discorso alla nazione dopo l’inaugrazione del 2012 annunciò trionfante che il fracking avrebbe portato a circa 600 mila posti di lavoro e che “abbiamo riserve di gas che dureranno per 100 anni e la mia amministrazione farà di tutto per sviluppare questa fonte energetica in modo sicuro“.
L’Iea prevede che nel 2035 si useranno circa 100 milioni di barili di petrolio e gas al giorno.  Oggi ne usiamo 85. Ma niente paura: abbiamo 2670 miliardi di barili di petrolio convenzionale e gas naturale, 345 miliardi di barili di tight oil leggero, 1880 miliardi di barili di bitume e petrolio extra-pesante e 1070 miliardi di barili di kerogen oil. Un sacco di numeri e il paradiso petrolifero per tutti!
Ora tutte queste cose di cui si parla sono per la maggior parte idrocarburi non convenzionali, e cioè idrocarburi difficili da tirare fuori, più inquinanti di quelli convenzionali – bitume, petrolio da spremere dalle rocce, terreno da fratturare, alte temperature e solventi per separare il petrolio dal resto.
E’ pura distruzione.
Ma grazie alla creatività e alla tecnologia Usa – un paese che risolve ogni problema – non ci saranno problemi: diventeranno il maggior produttore mondiale, saranno addirittura esportatori di gas e di petrolio e in qualche modo  il tutto sarà fatto in “sicurezza”! Un paradiso ancora più paradiso di prima.
Entrata in scena di Hughes e Rogers.
I due analizzano scientificamente e con dettaglio circa 65 mila pozzi di fracking da gas e da petrolio situati in 31 giacimenti e concludono che invece di un secolo di energia a basso costo e prosperità economica, il fracking darà… al massimo dieci anni di abbondanza! Dicono:
1. Il boom del tight oil e shale gas è stato ampiamente sovrastimato dagli operatori e dagli speculatori.  Le riserve di shale gas sono state sovrastimate dai vari operatori da un minimo del 100 per cento fino al 400-500 per cento. Cioè hanno sparato numeri a casaccio.
2. Wall Street ha giocato un ruolo chiave dietro le quinte nella promozione del boom del fracking attraverso fusioni e acquisizioni societarie, replicando un modello simile a quello già visto con il boom immobiliare e che ha portato alla crisi finanziaria recente.
3. Giacimenti da sfruttare con il fracking e che sono altamente produttivi sono quasi un miraggio.  Basta pensare che l’80 per cento di tutta la produzione di queste fonti non convenzionali viene solo da cinque giacimenti di gas e due di petrolio. Addirittura le aree più produttive sono delle piccole macchie all’interno di questi giacimenti. I due principali giacimenti di shale oil negli Usa sono il Bakken Shale fra North Dakota e Montana e l’Eagle Ford in Texas, dove ci sono riserve per circa 5 miliardi di barili – 10 mesi di fabbisogno nazionale USA.
4. I pozzi di tight sono in declino e sono poco efficenti, proprio come i pozzi di estrazione di shale gas. Il declino medio per pozzo va dal 77 all’89 per cento nel corso dei primi tre anni dalla trivellazione. Cioè se prima tiri fuori 100, dopo tre anni tiri fuori 25 se è troppo. Se si guarda ai giacimenti interi, dove il numero di pozzi può aumentare nel tempo, il declino è compreso tra il 28 ed il 47 per cento all’anno.
5. Visto che ciò che si estrae da ciascun pozzo diminuisce rapidamente, tutto quello che si può fare è di aumentare spasmodicamente il tasso di trivellazione. Ogni anno vengono trivellati circa 7 mila nuovi pozzi di shale gas a un costo di 42 miliardi di dollari semplicemente per cercare di mantenere una produzione costante. Spesso sono pozzi secondari, più difficili da trivellare o da cui estrarre idrocarburi, per cui si stima che con il passare del tempo ne verranno costruiti sempre di più, sempre meno redditizi, e con costi saranno sempre più alti.
E come risponde Wall Street a tutto questo?
Con poca voglia di promuovere ulteriori investimenti, progetti di oleodotti e di gasdotti abbandonati. La panacea pare essere l’esportazione. E infatti il prezzo del gas negli Usa è molto minore che negli altri paesi e si pensa che esportando il gas ci saranno maggiori introiti.
Deborah Rogers continua cosi: “Il dibattito sul fracking in Usa è sempre stato costantemente incentrato sulla capacità di creare nuovi posti di lavoro e benefici economici, con rischi molto limitati sui possibili impatti sull’ambiente e sulla salute pubblica. Ma i dati non mentono: in tutte le regioni in cui c’è stato lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas l’equilibrio economico è dimostrato essere stato molto elusivo, mentre il degrado ambientale ed i costi secondari indotti sono stati reali”.
Cioè progresso duraturo niente, devastazione ambientale vera.
p.s.
ricordate il post di ieri, vero (in questo blog c'è sempre una ragione per le cose, a prima vista, astruse scritte)? Bene se leggete questo articolo della D'Orsogna nella prospettiva proposta ieri..... emerge una verità realmente problematica che dovrebbe far porre domande ai cittadini del pianeta a qualunque latitudine perchè non è possibile che ogni volta venditore, peraltro ricchissimi, di puro fumo.. diventino credibili

mercoledì 2 aprile 2014

buoi al macello....

Sapevate che esiste l'economia comportamentale? E sapevate cosa studia?
Ok, dicesi finanza comportamentale e/o economia comportamentale sono campi di studio strettamente legati, che applicano la ricerca scientifica nell'ambito della psicologia cognitiva alla comprensione delle decisioni economiche e come queste si riflettano nei prezzi di mercato e nell'allocazione delle risorse. Entrambe si interessano della razionalità, o meglio della sua mancanza, da parte degli agenti economici. I modelli studiati in questi campi tipicamente integrano risultati della psicologia cognitiva con l'economia neoclassica (da Wikipedia).
Leggendo "il prezzo della disuguaglianza" del premio nobel per l'economia del 2001 J. Stiglitz mi sono imbattuto in questo settore dell'economia che mi ha confermato nella mia convinzione che siamo ridotti a parco buoi, nemmeno più consumatori ma proprio buoi nel recinto: oggetto di studi, indagini mirate ma sopratutto oggetto delle attenzioni di chi da un lato ha come fine il profitto e dall'altro ha come fine il controllo delle informazioni affinchè i buoi non si accorgano di esserlo ma ne abbiano solo una percezione marginale affinchè possano comprederlo senza poter far nulla: ossia non abbiano quella riflessività dell'azione che contraddistingue l'agire umano nel corse della sua evoluzione da scimmia a essere umano; ora ciò, hanno stabilito i papaveri del consumismo e le aziende commerciali che fanno profitto, non serve più.. anzi è molto malvisto perchè se fra i consumatori ci dovesse essere qualche potenziale essere senziente che si accorge della truffa il giochino potrebbe entrare in crisi perchè the show must go on. Il punto, come sempre, non è il singolo individuo ma la massa: è facilmente manovrabile e influenzabile..... un gregge nel quale una, possibile, pecora nera non fa numero ma, al contrario, fa scopo perchè è parte della statistica  naturale che ci sia direi dato che su essa si stringe la tenaglia composta da chi spera di liberarsi dal giogo senza troppo sudare e chi spera nel fallimento per poter stringere ancora la vite e mantenere controllo e fare profitto. Keynes, economista e investitore, diceva: "le idee degli economisti e dei filosofi, sia quelle giuste che quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si ritenga. In realtà il mondo è governato da poche cose all'infuori di quelle. Gli uomini della pratica, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza iltellettuale, sono spesso schiavi di qualche economista defunto".... chiaro? No? Un esempio: il marlboro man, lo ricordate? Quanti hanno guardato la sua pubblicità e l'hanno ammirato? La forza dell'immagine è questa: colpire l'immaginazione a livello profondo: almeno una persona su tre ha iniziato a fumare grazie a quella foto; e ha fumato proprio quella marca di sigarette, dice nulla? Bene, ora tutto quanto sopra rapportatelo non solo all'economia in senso stretto ma allargatelo alla politica e l'equazione ha la sua soluzione: controllare i media significa controllare il comportamento della massa e dei suoi componenti perchè nessuno sa cosa accadrà dopo quindi carpe diem.... ed è quel carpe diem che frega i buoi e li aiuta ad autorinchiudersi ne recinto; chi dice il contrario è in malafede.... perchè sta facendo "framing" ossia: un processo inevitabile di influenza selettiva sulla percezione dei significati che un individuo attribuisce a parole o frasi. Il framing definisce la "confezione" di un elemento di retorica in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre. I mass media o specifici movimenti politici o sociali, oppure determinate organizzazioni, possono stabilire dei frames correlati all'uso dei media stessi.
Ora preoccupatevi pure.... e andate a votare alle europee senza cedere ai messagi subliminali che invocano il contrario.

martedì 1 aprile 2014

Clima, l’Onu: “Guerre e conflitti sociali? Colpa anche di siccità, carestie e alluvioni”

l'Ipcc ha finalmente presentato il report sul clima.... e signore e sinori siamo proprio nei guai. Potevo farci un post ma ho preferito invece, per l'esattezza della comunicazione e non solo, presentarvi quanto scritto sul Fatto Quotidiano del 1/4/2014 a firma di Melania Carnevali: meglio non saprei fare.... ah dimenticavo: qui c'è il report dell'Ipcc ma è in inglese, se lo conoscete ok sennò vi accontentate di quanto scritto sotto.
p.s.
se provate sentimenti come angoscia, preoccupazione, dolore e rabbia siete in ottima compagnia... li ho provati anch'io leggendo il report in originale
ecco di seguito l'articolo
Guerre, emigrazioni, povertà e conflitti sociali. La sicurezza mondiale è messa a rischio dal cambiamento climatico. A sostenerlo è il rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change, il gruppo intergovernativo formato dai maggiori esperti mondiali sul cambiamento climatico, istituito nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite proprio con l’obiettivo di studiare il riscaldamento globale e i suoi effetti. Per la prima volta il gruppo di esperti del Working Group II dell’Ipcc trova un nesso diretto fra il cambiamento climatico e l’insicurezza mondiale.
L’Ipcc, insignito del premio Nobel per la pace nel 2007, base le sue analisi principalmente sulla letteratura scientifica – informazioni tecniche e socio-economiche – e si occupa di trarre valutazioni per la comprensione dei mutamenti climatici, dei loro impatti potenziali e delle soluzioni da proporre alle politiche pubbliche. È diviso in tre gruppi di lavoro: il Working Group I, che si occupa delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici, il Working Group II che si occupa degli impatti e delle soluzioni e il Working Group III che cerca alternative per la mitigazione dell’impatto ambientale dell’uomo (come la riduzione dell’emissione di Co2). Il rapporto del Working Group I dell’Ipcc è stato presentato a Stoccolma nel settembre 2013. Ieri è stato il turno del secondo gruppo di lavoro, il terzo verrà presentato ad aprile a Berlino, mentre l’intera pubblicazione del “Quinto rapporto di valutazione” si concluderà il prossimo ottobre con il rapporto di sintesi.
Il cambiamento rispetto all’ultimo rapporto di valutazione pubblicato nel 2007 è notevole. Allora gli scienziati sottolineavano il grande impatto dell’attività umana sull’ambiente e l’importanza di fermare il riscaldamento globale: emergeva però solo la criticità ambientale e non quella sociale. L’ultimo rapporto invece collega i conflitti sociali e l’insicurezza mondiale al riscaldamento globale e aumenta il livello di rischio: nel 2007 nel grafico di sintesi era “alto” e di colore rosso acceso, ora il livello è “molto alto” ed è viola. Con questo gli scienziati non vogliono dire che il caldo aumenti direttamente la violenza, ma che crea le condizioni che vi portano. La siccità, la mancanza di cibo, le alluvioni: tutti elementi che innescano una corsa alle risorse e agli spazi, a maggior ragione in un periodo in cui la popolazione mondiale è in crescita, mentre risorse e spazi diminuiscono per effetto, appunto, del cambiamento climatico. In altre parole il riscaldamento globale è un “moltiplicatore di conflittualità”: crea le condizioni per conflitti, guerre ed emigrazioni, che a loro volta creano ulteriori conflitti. “L’interferenza umana con il sistema climatico – inizia il rapporto – si sta verificando e il cambiamento climatico pone seri rischi per i sistemi naturali e umani”.
In quelle circa 50 pagine rivolte ai leader politici di tutto il mondo, il team di scienziati ricorda come i cambiamenti climatici stiano già colpendo l’agricoltura, la salute, gli ecosistemi terrestri e marini, l’approvvigionamento idrico e i mezzi di sussistenza di tutti i paesi, non solo quindi quelli del Terzo mondo. Tuttavia gli effetti saranno peggiori se il ciclo non si inverte. Il cambiamento climatico può infatti, secondo l’Ipcc, destabilizzare il mondo in modi diversi. In primo luogo con le emigrazioni di massa, che renderanno più difficile per i paesi mantenere il controllo delle loro popolazioni. “Il profugo ambientale – si legge nel report – non sarà più un’eccezione”. Ne è un esempio il Bangladesh dove il mare sta divorando lentamente pezzi di terra nel lato del Gange costringendo migliaia di contadini a lasciare le loro terre verso le città, dove, non a caso, nel 2013 si è registrato un picco di conflitti sociali e di abusi dei diritti umani. Lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha associato la guerra in Sudan e una “guerra ecologica” che ha provocato un milione di profughi.
Il team di esperti dell’Ipcc ripete la parola rischio in tutto il report e chiede di fermare l’impatto umano sull’ambiente, in modo da bloccare questo circolo vizioso. Il copresidente del Workin Group II, Vicente Barros, ha commentato durante la presentazione del report a Yokohama: “Viviamo in un’epoca segnata da cambiamenti climatici di origine antropica. In numerosi casi non siamo preparati ai rischi climatologici ai quali facciamo già fronte. Investire in una migliore preparazione può anche essere pagante tanto adesso che in futuro”.
p.s. 2
cosa c'è mai da aggiungere?
leggete anche i link

lunedì 31 marzo 2014

Riforme: queste non lo sono.... ipotizziamo?

Credo che farvi l'elenco delle riforme contenute nel DDL "Costituzionale" del Governo Renzi sia inutile: ne parlano anche le pietre e quindi do per scontato che lo sappiate..... parliamo invece di cosa si poteva fare con lo stesso tempo e lo stesso DDL?
La parte che si riforma è quella della politica, il resto non si tocca.
Parlamento
Ipotesi 1°:
Camera eletta con un maggioritario corretto (max 315 deputati), magari con due turni (deputati massimo due mandati poi fermi due giri e poi possono ripresentarsi); dura 5 anni; da la fiducia al governo e la revoca; insomma fa tutte le cose che fa un Parlamento normale; e il Senato? Facile: eletto su base regionale con un sistema proporzionale; con due senatori per ogni regione (tranne quelle che già ora ne eleggono uno) e i senatori non possono espletare più di due mandati; decide sulle materie di carattere regionale; vota sui disegni di legge d'interesse nazionale ma riguardanti sempre gli enti locali; la durata del Senato potrebbe essere di sei anni (in origine la nostra costituzione prevedeva una diversa durata fra le due camere, poi l'hanno cambiata parificandola); partecipa alla elezione del presidente della Repubblica; ospita i senatori a vita; concorre a decidere sia la composizione di parte parlamentare della Corte Costituzionale e del CSM; ai senatori spetterebbe una indennità base e basta. Delibera, infine, con la conferenza Stato-Regioni recependone le indicazioni e gli accordi con possibilità di migliorarli.
Ipotesi 2°
Camera come il punto 1°. Il Senato, andiamo al sodo, invece potrebbe essere composto per il 50% dai presidenti delle Regioni e per il 50% elettivi direttamente per via proporzionale con le stesse competenze del punto 1° e con la durata pari alla Camera; i sentori possono fare due mandati e basta; la parte non elettiva direttamente (i presidenti di regione per intendersi) non percepiscono alcuna indennità aggiuntiva, gli altri come al punto precedente. Stesse materie e competenze.
in entrambi i casi sono sovrani: significa che si autoregolamentano, ma nella spesa ci sono dei limiti imposti dal principio "tanto entra tanto spendi".
Enti locali.
Province: abolite, punto. Non come ora che sono organi di secondo livello in mano ai burocrati e alle consorterie politiche locali senz'alcun controllo democratico.
Comuni. Maggiori competenze e diretti contatti con Regione e Senato per le materie di loro competenza: tributi diretti e senza concorrenza dello Stato; controllo preventivo sulla spessa della Corte dei Conti, che può avere anche poteri penali chiamando a risponderne direttamente i responsabili. Sindaci eletti massimo due volte e senza possibilità di ricandidarsi, titolari della spesa e responsabili di quanto spendono.
Regioni. Ora sono il vero buco nero della spesa e della democrazia. Vista la nascita del Senato delle Regioni perdono molto del proprio potere e diventano dei sindaci "regionali"; il sistema elettorale è quello dei sindaci;; le regioni sulla tassazione possono imporre tasse e imposte al 50% in concorrenza con lo Stato (significa che dell'incasso all'interno del proprio territorio possono prendersene il 50%, irpef compresa) e, sulla base dell'attuale art.117 decidono, senza piè di lista da parte dello stato, della spesa di loro competenza; il presidente non può ricandidarsi per più di due volte. Controllo preventivo, come per i comuni, della spesa da parte della Corte dei Conti.
Referendum. non solo abrogativo ma propositivo e di approvazione dei trattati internazionali nonchè delle leggi di particolare importanza; afferisce sia il livello nazionale che locale; lo possono chiedere 5 consigli regionali; un decimo dei senatori e dei deputati; 1 milione di cittadini quelli nazionali; quelli locali, vincolanti per l'ente che li subisce, almeno 10 comuni con più di 10 mila abitanti o 500 mila cittadini: in entrambi casi, nazionali e locali, serve il quorum che potrebbe essere quello attuale o quello del 50% +1 di quelli che hanno votato: a seconda se si vuol restringere o ampliare la partecipaiozne dei cittadini ma pure la necessità di passare la vita a mettere schede nelle urne..... le materie che vi possono essere sottoposte possono essere quelle attuali integrate dai trattati o dalle esigenze locali (unione di comuni ecc.)
Partiti politici: è abrogato il finanziamento pubblico e la contabilità deve essere pubblica, ossia VOGLIO SAPERE CHI LI FINANZIA E PERCHE'!
Finanziamento all'editoria. Abrogato.
Rai? Neutrale come la BBC e riorganizzata su quel modello con canone che non si paga. Il servizio pubblico viene finanziato con fondi appositi mentre il resto se lo deve cercare sul mercato dove dovrebeb esistere un vero arbitro AGCOM con poteri ispettivi e di controllo composta da tecnici del settore (come in tutti gli altri settori) e nominati da un comitato composto da tecnici e politici (deputati, senatori, governo) così come chi fa parte della dirigenza rai DEV'ESSERE NOMINATA SOLO SULLA BASE DELLE PROPRIE CAPACITA' E CHE NON DEVE FAR PARTE DI PARTITI, FONDAZIONI ECC. DA ALMENO 10 ANNI. Perde un canale generalista e mantiene quelli commerciali.
Fra editoria di carta, radiofonica e televisiva non ci devono essere incroci azionari e di dirigenti. Nessuno può avere più di due canali generalisti e devono pagare un canone allo stato rapportato al volume degli affari e alla fatturazione che verrà impiegato per investimenti, ricerca, concorrenza, manutenzione: il principio è se mercato dev'essere che mercato sia..... con un AGCOM che vigila e controlla.
Ora, non essendo un costituzionalista, ho fatto una proposta che si basa su due punti fondamentali e quel che so di diritto pubblico e costituzionale: il bene comune e il buon senso....... come mai invece dobbiamo mutuare, come fa Renzi, i desiderata del piano di rinascita nazionale e/o di mr. B? Non ci vogliono Einstein per una cosa del genere, o sbaglio? Quello che su ho tratteggiato a grandi linee è uno stato regionale rafforzato, al limite del federale..... meglio sarebbe federale ma tutto non si può avere.

domenica 30 marzo 2014

È già ieri (Marco Travaglio).

30/03/2014 di triskel182
Nel film È già ieri del 2004, Antonio Albanese interpreta un divulgatore televisivo condannato a svegliarsi ogni mattina e a rivivere esattamente ciò che aveva vissuto il giorno prima. Stesso destino tocca agli italiani che leggono i giornali o guardano i telegiornali attivando la funzione “memoria”. Qualunque notizia o annuncio lascia addosso la fastidiosa sensazione di averlo già visto, letto o sentito. Il Corriere titola: “Stretta sui manager pubblici. Dal 1° aprile taglio agli stipendi”. E Repubblica : “Da aprile tetto agli stipendi dei manager”. E La Stampa: “Arriva la stretta sui manager di Stato”. E l’Unità: “Ecco il ‘tetto’ agli stipendi dei manager pubblici”. Retrogusto di déjà vu. Infatti il 31-21-2012, regnante Monti, Repubblica avvertiva: “Manager pubblici, tetto agli stipendi senza deroghe.
Retribuzioni non oltre i 310 mila euro”. E il 29-2-2012 il Corriere comunicava: “Maxi stipendi dei manager, tetto sui contratti futuri”. Quale sarebbe dunque il tetto di Renzi ai manager già sottoposti al tetto di Monti? Un tetto sul tetto? Un sottotetto mansardato? Un soppalco? Mistero. Intanto La Stampa anticipa il “piano di Alfano per recuperare 400 agenti” (infatti vuole tagliare 200 presìdi di polizia): “Giro di vite al Viminale. La scorta sarà data solo a chi rischia davvero”. Ma Alfano era ministro dell’Interno anche nel governo Letta, partito 11 mesi fa. Dunque ci sta dicendo che per quasi un anno ha dato la scorta a gente che rischiava per finta? E a chi, e con quali criteri, e perché? Il libro La Casta di Stella e Rizzo, che fra l’altro segnalava gli sperperi di denaro pubblico per auto blindate usate come status symbol dai papaveri e dalle loro signore per fare la spesa col lampeggiante e accompagnare i figli a scuola senza cercare parcheggio, è uscito nel 2007: quindi, dopo sette anni di solenni promesse di tagli, il Viminale si sveglia nel 2014? Può darsi, come dice Renzi, che l’Italia sia infestata da “un esercito di gufi e rosiconi che spera che l’Italia vada male”: ma non sarà che, più semplicemente, qualcuno ha conservato un pizzico di memoria e, come San Tommaso, crede solo se vede? Prendiamo la riforma del mercato del lavoro: a parte il nome pittoresco (“Jobs Act), si parla di svuotare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per aumentare la “flessibilità” e dunque il precariato in vista dell’auspicato calo della disoccupazione. Oh bella, ma l’articolo 18 non l’aveva già cambiato la Fornero? E la flessibilità non è la parola d’ordine degli ultimi cinque governi, dalla legge Treu del ’97 alla Maroni (detta abusivamente “Biagi”) del 2002 alla Fornero del 2012? I risultati si sono visti: disoccupazione ai massimi storici e zero nuovi posti di lavoro. Andiamo avanti così? Prendiamo gli F-35, che l’Italia scelse di acquistare dall’americana Lockheed grazie ai governi D’Alema e Berlusconi (che ora si dice “contrario da sempre”). Due anni fa Renzi, ancora sindaco di Firenze, tuonava: “Non capisco perché buttare via così una dozzina di miliardi per gli F-35” (6-7-2012). Gliel’ha poi spiegato Obama l’altro giorno. L’attuale ministra degli Esteri Mogherini invocava “la consistente riduzione del numero di F-35 da ordinare” (15-2-2012). E Bersani: “Vanno assolutamente riviste e limitate le spese militari degli F-35, le nostre priorità sono altre: non i caccia ma il lavoro” (22-1-2013). Il 19-3-2014 la ministra della Difesa Pinotti annunciava: “Abbiamo sospeso i pagamenti, facciamo una moratoria, di fronte alle preoccupazioni si può vedere se è il caso di ridimensionare”. L’altroieri, ricevuti gli ordini da Obama, riecco la Pinotti: “I militari stiano sereni, non ci saranno passi indietro”. Chi ricorda queste cosucce è un gufo, un rosicone, o una persona sensata? Per completare il déjà vu, ci sarebbe poi l’arresto di Previti: ma come, non l’avevano già arrestato nel 2006, salvo poi salvarlo con l’indulto? Sì, ma quello era Cesare, lo zio di Umberto. È l’unica novità di giornata, peraltro in linea con la “staffetta generazionale” auspicata dalla ministra Madia: prepensionare i vecchi per liberare le celle ai nipoti.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/03/2014.

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