martedì 7 agosto 2018

Sovranismo - Prof. Alessandro Somma

da oggi e fino a fine agosto anziche tediare con scritti buonisti, pentiti del buonismo, quelli che rimpiangono sempre quelli di prima ecc. posterò dei video su argomenti specifici che trovo possano essere interessanti e stimolanti per tutti......

lunedì 6 agosto 2018

Bollette: slitta al 2020 l’addio al mercato a maggior tutela

Fonte: W.S.I. 6 agosto 2018, di Alessandra Caparello

Slitta la liberalizzazione totale del mercato elettrico e del gas. La maggioranza ha votato a favore di un emendamento al decreto Milleproroghe n. 91/2018, approvato in Commissione Affari Istituzionali del Senato, che rinvia al 1° luglio 2020 la fine dei prezzi di maggior tutela per l’energia elettrica e il gas.
Un rinvio di un ano esatto, dal primo luglio 2019 al primo luglio 2020. A far scattare lo slittamenti dei termini il ritardo nel processo di implementazione della riforma e i dubbi politici sulla necessità di chiudere d’ufficio l’era dei prezzi tutelati. Ancora due anni quindi di mercato a maggior tutela dove le tariffe vengono stabilite ogni tre mesi dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico in base alle quotazioni internazionali degli idrocarburi. Poi dal 2020 si passerà definitivamente a quello libero, determinato dalle società elettriche che offrono, in concorrenza tra loro, diverse soluzioni contrattuali ai consumatori.
“Vogliamo utilizzare questo periodo di tempo concesso dal Parlamento per migliorare le condizioni per la realizzazione di un sistema competitivo che sia in grado di coniugare migliori prezzi per il consumatore con sicurezza e tranquillità delle famiglie, con contratti luce e gas chiari, trasparenti e senza condizioni vessatorie nei loro confronti”.
Così afferma in una nota il sottosegretario allo Sviluppo economico con deleghe all’Energia, Davide Crippa, in riferimento all’emendamento approvato in commissione a Palazzo Madama.
“Tale misura si è resa indispensabile considerando che, visto il precedente termine di luglio 2019, non sussistono le necessarie garanzie di informazione per i consumatori, di mercato, di competitività e di trasparenza. Lavoreremo da subito con tutti i soggetti coinvolti come Arera, Agcm, operatori del settore e Consumatori al fine di raggiungere l’obiettivo fondamentale di garantire alla collettività un mercato energetico efficiente, sostenibile e trasparente”.

domenica 5 agosto 2018

Germania, agli economisti tedeschi l’Europa non piace più

Fonte: Il Fatto Quotidiano  Zonaeuro | 5 agosto 2018 
di Andrea Kalajzic*
In Germania, il dibattito successivo allo scoppio della crisi debitoria nell’Eurozona ha portato alla luce una posizione rigidamente ortodossa, condivisa dalla Bundesbank e dal ministero delle Finanze tedesco, fortemente critica verso la Cancelleria e le istituzioni europee. L’illustrazione probabilmente più completa di questa posizione si trova in alcune pubblicazioni del più prestigioso tra gli economisti conservatori tedeschi, l’ex presidente dell’Ifo Institut for Economic Research di Monaco di Baviera, Hans-Werner Sinn.
All’inizio del nuovo millennio, Sinn era tra coloro che si aspettavano una spinta alla crescita europea e alla convergenza tra le economie dei Paesi aderenti alla moneta unica per effetto di una più efficiente allocazione dei capitali nell’Eurozona. Secondo Sinn, gli squilibri di parte corrente e i crescenti differenziali di inflazione osservati nell’area dell’euro durante gli anni precedenti lo scoppio della crisi andavano quindi interpretati come inevitabili manifestazioni temporanee di un processo di convergenza virtuoso tra le economie reali dei Paesi “periferici” e “centrali” dell’Eurozona.
La crisi ha però spinto Sinn a riconsiderare le sue previsioni ottimistiche. L’economista tedesco parte dalla constatazione che la crisi nell’Eurozona deve essere considerata come una crisi da indebitamento estero, la cui origine è di natura principalmente privata (famiglie e imprese finanziarie) piuttosto che pubblica. Pertanto, l’aumento dei deficit e dei debiti pubblici in rapporto al Pil osservato in Europa dopo il 2008 rappresenta una conseguenza e non la causa della crisi.
Sinn osserva che, indipendentemente dall’origine dei debiti esteri, i risparmi dei Paesi “centrali” dell’Eurozona intermediati dalle grandi banche e assicurazioni nord europee (in particolare da quelle tedesche) hanno drogato artificialmente la crescita delle economie dei Paesi “periferici”, favorendo non solo eccessi di spesa pubblica in Grecia e in Portogallo, ma, soprattutto, la formazione di bolle immobiliari in Spagna e in Irlanda. Questa crescita drogata è all’origine dei crescenti differenziali di inflazione che hanno minato la competitività dei Paesi “periferici” dell’Unione.
Sinn prosegue la sua analisi rigettando le accuse di neomercantilismo dirette alla Germania, affermando che, negli anni successivi all’introduzione della moneta unica, l’emorragia di risparmi verso le “periferie” europee ha provocato una caduta degli investimenti cui è seguita una lunga stagnazione dell’economia tedesca. A causa della caduta dei redditi, l’attivo della bilancia commerciale tedesca derivava quindi soprattutto da un deficit di importazioni. Pertanto, la Germania non poteva essere considerata come la vera beneficiaria dell’introduzione dell’euro.
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Zonaeuro | 5 agosto 2018

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