Fonte:
Il Fatto Quotidiano Economia & Lobby | 21 Gennaio 2019
Giuseppe Brianza
Vorrei parlare di due persone: il professor
Carlo Cottarelli e
Aurelio Peccei.
Il
professor Cottarelli non abbisogna di presentazione. Persona dalla
evidente correttezza e integrità professionale, oltre che competenza,
lo stimo moltissimo, così come la grande maggioranza dei nostri
connazionali. Aurelio Peccei pochi lo conoscono, ma è stato un grande,
grandissimo italiano, un nome da
Premio Nobel.
Ne parlo anche in relazione a una piccola vicenda personale che mi ha
portato nel 1984 a un contatto con lui che mi rimarrà sempre impresso.
Fu uno dei più grandi italiani del secolo scorso; una persona poco
conosciuta ma grandiosa, che aveva posto l’uomo al centro dell’Universo.
Aurelio Peccei, il fondatore del
Club di Roma cui si deve il libro
I limiti dello sviluppo.
Circa 35 anni fa, quando – giovane 42enne, pieno di impulsi conoscitivi – mi era interessato della sorte dell’
oro
(bene rifugio per eccellenza), era l’epoca in cui avvenivano dei
cambiamenti sensibili nel mondo arabo, a seguito di una forte evoluzione
del prezzo del
petrolio che faceva affluire oro a palate nelle casse arabe. Avevo scritto un piccolo studio che andavo raccontando in diversi
Rotary e diversi
Lions club.
Ero un ingegnere, non un economista e percepivo qualcosa al di fuori
degli schemi in voga: raccoglievo consensi. Ma portavo in me una
rilevante incertezza. Pensai di mandare queste mie idee ad Aurelio
Peccei, che non avevo mai conosciuto, ma che per me era una figura di
grandissimo valore e di grande umanità concreta. Gli chiesi, se
possibile, un parere su quelle idee.
Con mia grande sorpresa, nel giro di una settimana mi rispose con una
bellissima lettera che conservo gelosamente e il cui contenuto costituisce la ragione di questo mio post sul
Fatto Quotidiano. Mi disse:
a) apprezzo e condivido le valutazioni da lei fatte sui problemi dell’oro (e, devo dire, trassi un bel sospiro di sollievo); b) stiamo varando e lanciando una iniziativa di studio macropolitico a Ginevra chiamata Forum Humanun. La invito a prendere contatto e a parteciparvi; c)
voi economisti commettete tutti quanti un grosso errore: ritenete che
l’economia costituisca il “grosso” della politica. Non è così,
l’economia è semplicemente un mezzo per avvicinarci il più possibile
alla felicità di tutti, per raggiungere la quale, però, esistono altre
tematiche forse più importanti dell’economia, quali la giustizia, la
sicurezza, la cultura, l’equità, la qualità della vita, l’utilizzo delle
risorse terrestri e umane.
Circa il
Forum Humanum dovetti rinunciarci. Avevo da poco abbandonato la carriera manageriale (a 39 anni ero un vicedirettore
Fiat)
per intraprendere, per mia scelta di vita, quella di consulente
indipendente per la direzione aziendale e, con due figli piccoli, dovevo
stare molto attento a impostare bene questa scommessa. Ma
l’osservazione di cui al punto
c) fu per me una vera a propria svolta filosofica. E così torniamo al professor Cottarelli.
La
realtà è molto semplice: Cottarelli sta a Peccei come un radiologo sta
ad un medico curante. Cottarelli ricopre un ruolo (molto dignitoso e
assolutamente necessario, per carità) di
formatore professionale
delle informazioni e di controllo di ciò che avviene a fronte delle
previsioni adottate; Peccei studiava e forma le previsioni. Non solo,
mentre Peccei pensava e “prevedeva” esplorando al meglio tutti i settori
che compongono la vita politica di un Paese, se togliamo lo scenario
puramente “contabile-amministrativo” Cottarelli è sostanzialmente cieco.
Ma dove sta il
busillis (la difficoltà)? Sta in un vezzo che discende da un’abitudine antica e ingannevole di confondere, specie in
Italia,
l’economia con la sola componente amministrativa. È un classico:
discende da come è impostata la cultura nelle nostre scuole di economia.
Qualche sera fa, seguendo la trasmissione di
Di Martedì, fui molto colpito dalla tensione quasi rabbiosa fra
Giovanni Floris e Cottarelli da un lato e
Luigi Di Maio
dall’altro. Era straevidente che si assisteva allo scontro fra due
mondi che non comunicavano fra di loro. A mio parere Floris e Cottarelli
recitavano un ruolo legato a un approccio tradizionale, vecchio, anche
se corretto e necessario, sia ben chiaro; ma Di Maio parlava un altro
linguaggio, suonava un’altra musica. E Floris e Cottarelli – due ottimi
professionisti dalla evidente onestà intellettuale – non lo capivano.
Chissà come andrà il futuro, ma una cosa è sicura. Ed è che questo
governo gialloverde
ha avviato un approccio del tutto nuovo ed è anche sicuro che io sono
dalla sua parte. Ed è pure opportuno che questa strabordante ossessiva
presenza della parola “economia” nei problemi di politica (che poi è
ormai diventata “
finanza” ancor più che “economia”) ha
un riscontro pazzesco nella realtà umana: ha concentrato la ricchezza
sempre di più su una parte piccolissima della popolazione terrestre e ha
dilatato a dismisura la povertà in tutta la restante parte: bingo,
dottor Peccei!
Economia & Lobby | 21 Gennaio 2019