giovedì 15 maggio 2014

Governo Renzi alla prova del fact checking: quali promesse sono diventate realtà

Un successo per questo governo che sta mettendo uno dietro l'altro molti obiettivi raggiunti: pil che cala; deficit che sale; debito pubblico che raggiunge un altro record in poco tempo. Come i precedenti ha messo un altro tassello sul cammino del paese verso il fallimento.
Ma cosa ha relamente realizzato il nuovo che avanza nel "fare"?
Vediamo...
Dal Fatto Quotidiano del 15 maggio 2014 di
E’ il 17 febbraio. Matteo Renzi – appena nominato e non ancora in carica – dice: “Entro il mese di febbraio compiremo un lavoro urgente sulle riforme della legge elettorale e istituzionali, nel mese di marzo la riforma del lavoro, in aprile la pubblica amministrazione e in maggio il fisco(Ansa). La formula annunciata è questa: portare a compimento una riforma ogni trenta giorni. E’ solo l’inizio, perché il premier sciorina una lunga serie di promesse anche il 24 febbraio mentre è in Senato a chiedere la fiducia e il 12 marzo, giorno della conferenza stampa con le slide in cui annuncia gli obiettivi economici in agenda. L’elenco è lungo: da “entro 15 giorni pagheremo tutti i debiti della P.A.” a “entro il 1° maggio -10% del costo dell’energia per le imprese”, passando per l’edilizia scolastica, il lavoro, i ‘mitici’ 80 euro, il piano casa e le Province. Ilfattoquotidiano.it ha esaminato tutti gli annunci e le promesse di Renzi. Ecco l’esame ragionato alla luce dei fatti delle sue dichiarazioni e quello che è successo dopo.
Riforme istituzionali – NON HA RISPETTATO I TEMPI - Il ddl che dovrà riformare Senato e Titolo V della Costituzione doveva arrivare entro febbraio. Un mese dopo Renzi prende tempo: “Ho illustrato ai ministri un testo di riforma del Senato (…). Diamo 15 giorni e poi si porta in Parlamento” (Ansa, 12 marzo 2014). Invece il Cdm lo licenzia il 31 marzo e l’8 aprile arriva in Senato. Il 12 aprile, a Torino, dove inaugura la campagna elettorale del Pd, Renzi la spara grossa: “Entro il 25 maggio dobbiamo arrivare al superamento del bicameralismo” (Ansa, 12 aprile 2014). Sei giorni più tardi si mostra sicuro: “Sono molto ottimista che entro maggio il Senato approvi la Riforma del Senato e del Titolo V e del Cnel” (Ansa, 18 aprile 2014). Non solo la prima lettura, ma l’intera riforma. Quando il M5S dichiara di appoggiare il testo presentato dalla minoranza Pd, Renzi comincia a spazientirsi: “Lo facciamo entro maggio. Se vogliono perdere la faccia facciamo pure, io no” (Radiocor, 22 aprile 2014). Passano 5 giorni e, parlando a “In 1/2 ora” sul voto in prima lettura a Palazzo Madama entro il 25 maggio, il premier frena: “Se invece del 25 arriva il 5 giugno, non cambia niente” (Ansa, 27 aprile 2014). Il 29 aprile il voto slitta al 10 giugno: “Con 15 giorni in più nessuno si scandalizza”. Ma non sarà facile: il termine ultimo per presentare gli emendamenti in Commissione Affari costituzionali è stato fissato al 23 maggio. Ergo, sulle riforme si tornerà a lavorare solo dopo le elezioni. La verità, forse, è contenuta nel Documento di Economia e Finanza 2014 presentato l’8 aprile: alla voce “Riforme costituzionali”, a pagina 4, si legge. “Approvazione in Parlamento in prima deliberazione (…) entro settembre 2014.
Riforma del lavoro – PROMESSE RISPETTATE A META’ - “A marzo la riforma del lavoro”, spiegava l’ex sindaco il 17 febbraio: il 12 marzo il dl n. 34 firmato dal ministro Poletti viene approvato dal Cdm e il 20 marzo è pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La promessa è rispettata. Non si può dire lo stesso dell’annuncio fatto il 24 febbraio in Senato: “Partiremo, entro marzo, con la discussione parlamentare del cosiddetto Piano per il lavoro”, diceva Renzi chiedendo la fiducia. Invece la discussione inizia solo 2 mesi dopo, il 22 aprile, e il 23 il testo incassa la fiducia alla Camera. Ora il dl è in Senato, ha subito alcune modifiche (in primis, l’obbligo di assunzione per le aziende che sfondano il tetto del 20% del numero di precari viene sostituito da una multa) e la nuova versione è tornata a Montecitorio per l’approvazione definitiva, che dovrà avvenire entro il 19 maggio, pena la decadenza. Giornali e governo parlano trionfanti dell’approvazione dello Jobs Act, che però è una cosa diversa. Perché il dl Lavoro è solo una parte della bozza di riforma presentata da Renzi l’8 gennaio con il nome di Jobs Act: un testo molto complesso contenente provvedimenti che vanno molto al di là di quanto contenuto nel dl Poletti, che si limita alla “semplificazione delle disposizioni in materia di contratti di lavoro a termine”, come recita il titolo del dl. Non solo: nel Jobs Act  la parola “contratto” compare 2 sole volte: si parla di “Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile” e di “un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti”. Nel dl Lavoro non c’è traccia di nessuno dei due.
Riforma della PA – NON CE L’HA FATTA - Doveva arrivare entro fine aprile il testo di legge destinato a riformare la Pubblica amministrazione. Ma mercoledì 30 invece di presentarsi in conferenza stampa a Palazzo Chigi con un dl o un dd, Renzi arriva solo con le linee guida del provvedimento, che sarà un disegno di legge e non un decreto, e arriverà in “consiglio dei ministri il 13 giugno” (Ansa, 30 aprile). Tra tre settimane ci sono le europee e, anche se il governo dice di non voler ridurre gli organici, meglio non scontentare nessuno.
“Riforma elettorale entro maggio”. MA IL DEF DICE SETTEMBRE - “Se arriviamo al passaggio del 25 maggio senza aver fatto la legge elettorale – scandiva il premier il 18 dicembre alla presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa – e, almeno in prima lettura, la riforma costituzionale non andiamo da nessuna parte”. La prima versione del testo debutta alla Camera il 31 gennaio, ma le trattative con Berlusconi proseguono per tutto febbraio e il 5 marzo alla Camera arriva un testo diverso, da cui è stato stralciato l’articolo 2 relativo al Senato. Il 12 marzo l’Italicum passa a Montecitorio con 365 sì, 156 no e 40 astenuti. Il giorno dopo, a Porta a Porta Renzi ribadisce: “Entro il 25 maggio dobbiamo riuscire a chiudere la partita della legge elettorale e la prima lettura della riforma del Senato” (Asca13 marzo). La trattativa è bloccata da 2 mesi e domenica 4 maggio il ministro Boschi intervistata dal Messaggero rinviava ancora: “Possiamo approvarlo prima dell’estate”. Che inizia il 21 giugno. Il Def contiene forse la verità: alla voce “Riforma della legge elettorale (pag. 2) si legge: “Approvazione definitiva entro settembre 2014“.
Sblocco totale dei debiti della PA – NON CE L’HA FATTA - E’ il 24 febbraio, Renzi è al Senato per chiedere la fiducia e promette “lo sblocco totale, non parziale, dei debiti della P.A.”. Il giorno successivo a Ballarò fissa una data: “La Cassa Depositi e Prestiti (…) in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi bloccati per i debiti della P.A.” (Ansa25 febbraio). Il 10 di marzo, invece, non accade nulla e il 12 marzo Renzi rinvia di nuovo e l’importo cresce: “Sblocco immediato e totale del pagamento dei debiti della P.A. – 22 miliardi pagati – 68 miliardi entro luglio“, si legge su una delle slide (la numero 18) utilizzate dal premier per illustrare le misure economiche in agenda. Non passa un giorno che la dead line si sposta di 2 mesi: “Il 21 settembre, a San Matteo, se non abbiamo sbloccato tutti i debiti della P.A. – sorride sornione Renzi a Bruno Vespa il 13 marzo su un divanetto bianco di Porta a Porta - lei va in pellegrinaggio a piedi da Firenze a Monte Senario”. Basta dare un’occhiata al Def e si scoprono cifre e scadenze diverse: a pagina 10 si parla di “ulteriori 13 miliardi per accelerare il pagamento dei debiti arretrati (già avviato nel 2013-2014 con il pagamento di più di 47 miliardi ai fornitori della P.A.)”. I tempi? “Ottobre 2014″.
80 euro in busta paga – CE L’HA FATTA MA I TECNICI BOCCIANO LE COPERTURE - “Entro un mese diamo il percorso preciso su quanto e dove prendiamo i soldi per la riduzione di due cifre percentuali del cuneo fiscale”. E’ il 25 febbraio e Renzi parla così a Ballarò. La prima scadenza, quindi, è il 25 marzo. Invece lunedì 10 il premier gioca d’anticipo: “Mercoledì per la prima volta si abbassano le tasse. Non ci crede nessuno? Lo vediamo” (Ansa10 marzo). Avevano ragione gli scettici, perché il 12 Renzi si presenta in Cdm con una relazione e non con un testo di legge e in conferenza stampa fa una nuova promessa mostrando la slide: “+1000 euro netto all’anno a chi ne guadagna meno di 1500 al mese - Dal 1° maggio“. Dopo un tira e molla infinito per trovare le coperture, il 18 aprile il Cdm approva il decreto Irpef. Ma i guai non sono finiti, perché i tecnici del Servizio Bilancio del Senato, che analizzano il testo prima del passaggio in Aula, il 2 maggio evidenziano diverse criticità: l’aumento della tassazione sulle quote Bankitalia, utilizzato come copertura, pone dubbi di costituzionalità; il minor gettito derivante dal taglio dell’Irap potrebbe essere maggiore dei 2 miliardi previsti; il testo prevede l’utilizzo di risorse attese dalla lotta all’evasione, ma “non è stata fornita alcuna informazione in ordine a eventuali strumenti o metodologie che si ipotizza di utilizzare per il raggiungimento dell’obiettivo” (Ansa, 2 maggio). Tradotto: “Le coperture non ci sono”. E scatta la polemica con il presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso. “I burocrati del Senato dicono il falso” accusa Renzi, con l’ex pm antimafia che risponde a tono: “Non discuta sulla nostra serietà”. Il carico ce lo mettono Forza Italia e Lega, che minacciano di querelare il premier. Ma il numero uno del Senato chiude la polemica: “Per me la lite con Renzi è finita lì”.
Taglio dell’Irap – TEMPI RISPETTATI, MA I TECNICI LO BOCCIANO - ”Irap -10% per le aziende - Dal 1° maggio“, si legge sulla slide numero 24 mostrata in conferenza stampa il 12 marzo. Il 18 aprile il Cdm licenza il decreto Irpef: “Riduciamo anche l’Irap del 10% attraverso misure strutturali per le aziende private”, spiega Renzi (Agi, 18 aprile 2014), ma il taglio sarà pienamente operativo solo dal 2015. Ma per i tecnici del Servizio Bilancio del Senato il minor gettito calcolato dal taglio dell’imposta, 2 miliardi, potrebbe essere sottostimato.
“1,5 miliardi per la tutela del territorio” – NON CE L’HA FATTA - 12 marzo, Slide numero 21: “1,5 miliardi per la tutela del territorio - Dal 1° aprile“. Dell’argomento si parla nel Def, che è un documento di programmazione triennale, è vincolante per il governo ma non ha valore di legge e può essere modificato. Ma per ora è solo un annuncio: il 22 aprile lo conferma il presidente della Commissione Ambiente, Ermete Realacci, che parla dello “sblocco di 1,5 miliardi già stanziati per contrastare il dissesto idrogeologico annunciato dal governo” (Ansa, 22 aprile).
“3,5 miliardi per la sicurezza nelle scuole” – NON CE L’HA FATTA - ”Un piano per le scuole – 3,5 miliardi – unità di missione – per rendere la scuole più sicure e rilanciare l’edilizia”, si legge nella slide numero 20. E’ il 12 marzo. Il 27, parlando ai parlamentari del Pd, fissa una data: “I cantieri partiranno a giugno e i 3,5 miliardi ci sono”. Due settimane dopo, il premier è ancora più preciso: “Dal 15 giugno devono partire i cantieri in tutti i comuni” (Asca, 12 aprile). Qualche giorno dopo ribadisce: “Abbiamo tolto dal patto di stabilità” questi interventi, “saranno 3,5 miliardi di euro” (Radiocor23 aprile). Nel Def, tuttavia, i fondi scendono a quota 2 miliardi, come si legge a pagina 30. Se poi si va a guardare nel testo del decreto Irpef si scopre che per ora le risorse stanziate dall’articolo 48 (Edilizia Scolastica) non vanno oltre i 122 milioni per il 2014 e gli altrettanti del 2015. In tutto 244 milioni, non 3,5 miliardi.
Energia meno costosa per le imprese – NON CE L’HA FATTA - “Dal 1° maggio vi sarà un taglio dei costi dell’energia del 10% per le pmi attraverso una rimodulazione del paniere della bolletta energetica” (Adnkronos, 12 marzo), prometteva il premier, mostrando la slide n. 25. Di testi di legge non se ne sono ancora visti e del taglio dei costi si parla solo nel Def: “Riduzione di almeno il 10% del costo dell’energia delle imprese”, si legge a pagina 23 dove sono indicati anche i tempi: “Settembre 2014“. “Il piano è a buon punto”, ha spiegato il ministro dello Sviluppo, Federica Guidi: un decreto da 1,5 miliardi che, insieme a circolari ministeriali e atti di indirizzo per l’Autorità dell’energia, dovrebbe arrivare entro maggio. L’entrata a regime del quadro normativo potrebbe arrivare in estate, ma “gli effetti si avranno entro fine 2015″ (Ansa30 aprile).
Auto blu all’asta – PROMESSA RISPETTATA A META’ E C’E’ CONFUSIONE SUI NUMERI - “100 auto blu all’asta dal 26 marzo al 16 aprile”, si legge nella slide 16 mostrata il 12 marzo. Il 26 marzo il governo parla “della vendita di 151 auto blu”. Ma i numeri non tornano: nell’avviso di vendita del ministero dell’Interno si parla dell’alienazione di 70 vetture; in quello della Difesa le auto sono 52; 8 quelle dei Vigili del fuoco. Il totale fa 130. Non tornano a tal punto che il 25 aprile il governo annuncia: “Si conferma che tutte e 52 le vetture finora messe all’asta su Ebay sono state regolarmente aggiudicate”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. Quindi a finire all’asta sono state finora 52 auto e non 100, né 151. Poi il 28 aprile su eBay sono arrivate 9 Maserati blindate, per le quali all’8 maggio non era arrivata nessuna offerta. La notizia faceva il giro dei siti di informazione e il 9 maggio le 9 auto non erano nemmeno più sul sito di aste online.
Piano casa – IL DL E’ AL SENATO, MA LA COMMISSIONE BILANCIO HA DUBBI SULLE COPERTURE - Ne aveva parlato il 12 marzo: “Una casa per tutti – Sblocco del piano casa”, recitava la slide numero 23, senza indicare una data. Il 28 marzo il decreto legge numero 47 veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ma in Senato la Commissione Bilancio avanza numerosi dubbi sulle coperture: “Si va dalle norme che prevedono un taglio al fondo anti Tasi per finanziare il bonus affitti (la riduzione al 4xmille per il 2014 per gli immobili affittati a canone concordato e per quelli nei comuni con emergenza abitativa) a quelle relative alla lotta agli affitti in nero passando per la cedolare secca per i canoni concordati” (Ansa, 8 maggio).
Garanzie per i giovani – IL PIANO E’ PARTITO MA “IL RISCHIO PARALISI E’ ALTISSIMO” -1,7 miliardi per garantire ai giovani (18/29 anni) entro 4 mesi dal titolo di studio il lavoro o il proseguimento degli studi – Dal 1° maggio”, recita la slide 28. Si tratta del programma Youth Guarantee – Garanzia Giovani dell’Ue. Il piano è partito il 1° maggio, ma non mancano le difficoltà. Per metterlo in atto le Regioni devono firmare una convenzione con il ministero del Lavoro, ma in poche lo hanno fatto: ”Ad oggi sono state firmate quelle con Emilia-Romagna, Valle d’Aosta e Sardegna, mentre sono già pervenute quelle di Toscana e Veneto, che saranno firmate nei prossimi giorni”, annunciava il 27 aprile il ministro Poletti (Asca, 27 aprile). Cinque su 20. “Il rischio paralisi è altissimo”, spiegano i ricercatori dell’osservatorio Adapt: “Il sito web nazionale messo a punto per aderire al programma – si legge nel bollettino 155/maggio 2014 – non è ancora pienamente attivo, la campagna di comunicazione per la diffusione del piano non è ancora stata avviata e solo poche Regioni hanno firmato una Convenzione con il Ministero del lavoro“. Eppure molte delle risorse a disposizione sono già state spese per la messa a punto del portale”. Non solo: se Renzi parlava di 1,7 miliardi, i fondi sono di meno: il sito del ministero parla di “1,5 miliardi“.
Riforma delle Province – APPROVATA, MA AUMENTANO LE POLTRONE - Le Province sono state riformate (e non abolite) il 3 aprile con l’ok definitivo della Camera ddl Del Rio. La riforma non porta la firma di Matteo Renzi (il testo era stato presentato il 20 agosto 2013 dal governo Letta), che tuttavia il giorno del sì del Senato sparava: “Tremila posti in meno per i politici” (Asca, 26 marzo). Non è così, perché il testo approvato aumenta le poltrone nei comuni: “Per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dieci consiglieri e il numero massimo degli assessori è stabilito in due; per i comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 10.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dodici consiglieri e il numero massimo di assessori è stabilito in quattro”, si legge. In pratica a fronte del taglio di 2.159 poltrone con la riforma delle Province, aumentano i seggi per i consiglieri (pari a 26.096) e i posti da assessore (+5.036) dei Comuni fino a 10 mila abitanti.
p.s.
io altre due cosine ce le avrei da aggiungere....... ma ve le risparmio per impedire di dover assumere antistaminici.
 

mercoledì 14 maggio 2014

partiti e programmi elettorali: un confronto da fare prima di fare qualunque cosa.....

Tutti, proprio tutti, sostengono che sia importante votare, vero? ma i programmi li conosciamo? Quanti di noi sono stati realmente informati dai media o dai partiti stessi sulle loro intenzioni quando saranno al parlamento europeo? Quanti di noi si sono realmente informati?
A sentire i politologi, quelli seri, nemmeno il 15% s'informa e fa una scelta consapevole; del 15% il 50% lo fa solo negli ultimissimi giorni; il resto si basa sul sentito dire (in italia annusa l'aria per capire il vento che tira) in giro o nel cerchio di conoscenze che ha.... non è esattamente, quindi,  un "informarsi" quanto un assumere il minimo d'informazioni che si possono raccattare in giro per farsi un idea di massima: un pò poco.
Bene almeno stavolta non ci saranno alibi... a questo link del Fatto, e su lavoro di quattrogatti.info, c'è la tabella di raffronto fra i programmi elettorali dei vari partiti, e varie consorterie cui si richiamano, o - tradotto - la listre delle loro buone intenzioni.... approfittatene.
p.s.
la notizia è il vero programma per le europee del vero partito che conta, eccola: al Marriott Hotel a Copenhagen, sarà la sede del meeting Bilderberg 2014. C'erano alcuni dubbi su questa sede, dato che si trova vicino ad una strada molto trafficata, ma ora le autorità hanno confermato che si terrà in questo hotel dal 29 maggio al 1° giugno 2014
Hanno anche sistemato una ampia area davanti all'entrata dell'hotel, per farci stare i manifestanti, anche se la Sede Centrale della polizia è vicina a questa sede... cosi potranno tenere d'occhio da vicino quel che accade... Rispetto allo scorso anno, signifca che i manifestanti si potranno riunire a non piu' di 20 metri dall'hotel e quindi sia loro che i media potranno vedere piu' da vicino l'arrivo dei membri del Bilderberg, rispetto allo scorso anno al Grove Hotel in Watford, Inghilterra. I reporters di Infowars saranno sull'area di Copenhagen per coprire l'evento con riprese live in streaming e aggiornamenti regolari. L'organizzazione degli elitari, che annualmente si incontrano o in EU o in USA o in Canada, comprende alcuni dei pesi massimi piu' potenti dell'industria, delle banche, della politica, delle case reali, dell'accademia e tecnologia. . Nel 2010, l'ex Segretario Generale della NATO e membro Bilderberg, Willy Claes ammise che i partecipanti al Bilderberg hanno il mandato di implementare decisioni politiche che vengono formulate durante il meeting. Lo scorso anno, l'avvocato italiano Alfonso Luigi Marra richiese al Pubblico Ministero di Roma di investigare sulla organizzazione clandestina, per attività criminale, chiedendo altresì se il meeting del 2011 in Svizzera non avesse portato alla elezione di Mario Monti come Primo Ministro dell'Italia. Nel 2009, il presidente del Bilderberg Étienne Davignon persino si vantò del fatto che la moneta unica dell'euro, fosse parto mentale del Bilderberg Group. 

martedì 13 maggio 2014

Caso Geithner, Berlusconi: “Lo sapevo, fu golpe”. Fi: “Ora il Parlamento indaghi”

DOBBIAMO CHIEDERGLI SCUSA?
Emerge, ancora una volta, quanto il nostro paese sia sempre stato in balia di ptoeri occulti, di consorterie, di forze oscure (le stesse che hanno messo bombe con la complicità dei politici e dei servizi segreti italici), di lobby ecc. che dal 1860 a oggi hanno sempre indirizzato il nostro paese nel senso quasi sempre opposto a quello che sarebbe stato il suo naturale cammino; non siamo soli, naturalmente: gli stessi usa sono figli di ideali, pur sempre nobili sia chiaro (son tutti nobili gli ideali sulla carta, poi la loro applicazione.....), scritti da... massoni: una nota consorteria democratica. A cosa hanno portato quegli ideali? All'eccidio dei nativi americani (anche gli inglesi hanno fatto la stessa cosa in canada, nuova zelanda, australia, ecc.); all'arricchimento a scapito della massa (il far west altro non è stato che una enorme marcia di decine di migliaia di diseredati su cui hanno speculato affaristi di ogni sorta.. per fare un esempio e per farne un altro: SAPEVATE CHE A SEATTLE C'ERA UNA CITTA' SOTTO LA CITTA' DOVE SCHIAVI E DERELITTI ERANO VENDUTI, LORO MALGRADO, AD AVVENTURIERI, SALOON, ECC.? SI? NO? INFORMATEVI.... questi sono, anche, gli usa); alla speculazione senza alcuna etica nè morale che gli roda la coscienza.
Stiglitz quando pubblicò "il prezzo della disuguaglianza" notò subito che il suo, puntigliosissimo, saggio è passato SOTTO SILENZIO mentre un oscuro francese "economista" pitteny scrive un phamplet nel quale dice "il periodo di 70 anni dove abbiamo vissuto il capitalismo democratico è una parentesi mentre la normalità è la rapina di pochi a scapito degli altri è la normalità e che non è colpa dei ricchi se va così perchè è IL SISTEMA così" ha scalato le top ten non solo delle vendite ma delle critiche, come mai?

E che dire del mitico Van Rompuy, bilderberg, che sostiene che "il parlamento, nonostante in base al trattato abbia allargato i propri poteri, non conta nulla quindi chiunque vinca si va avanti con il programma finora messo in atto (ossia integrazione con gli usa, leadership tedesca, austherity ecc.)"... niente male vero? Molto democratico vero? E, soprattutto, molto liberale... o ci rassegnamo a essere un paese di "avvitatori" di cose costruite altrove o ci riprendiamo il nostro destino: vi starete chiedendo il perchè di questa tirata, vero? Bene.. leggete l'articolo del Fatto Quotidiano del 13 5 2014 a firma della Redazione.
p.s.
potrebbe anche darsi che fosse una mossa che vuole non aiutare mr B. ma in ogni caso il sospetto dell'ingerenza altrui nel nostro paese è davvero terribile!
Buona, si fa per dire, lettura...
Un piano di alcuni funzionari Ue per far cadere il governo Berlusconi. Questo è quanto si legge in Stress Test, libro appena uscito dell’ex ministro statunitense del Tesoro, Tim Geithner, di cui La Stampa pubblica in anteprima alcune parti. Si tratterebbe del “complotto” tante volte evocato dall’ex cavaliere, che oggi ha rilanciato in alcune interviste le accuse nei confronti dell’Europa. Per chiarire quanto successe nel novembre 2011 il ministro dell’Interno Angelino Alfano si è detto possibilista circa l’apertura di una commissione d’inchiesta, come chiesto da Forza Italia. Fonti dell’Ue però smentiscono ogni cosa e accusano: “Erano gli Usa a volere che il Paese andasse in amministrazione controllata”. E il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso aggiunge che “l’Italia era vicinissimo all’abisso” e al G20 di Cannes “alcuni tentarono di metterla sotto la supervisione del Fmi” ma “sarebbe stato un disastro” e “noi siamo stati quasi soli a dire che non doveva succedere”.
La versione dell’ex ministro del Tesoro Usa – Secondo la ricostruzione di Geithner alcuni funzionari europei lo avrebbero contattato nell’autunno del 2011, in piena crisi economica, chiedendogli di partecipare a un piano che convincesse l’ex premier italiano a lasciare il suo incarico. Geithner sostiene che i funzionari “volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti dell’Fmi all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato (Berlusconi, ndr)”.
Geithner, dopo averne parlato anche con Obama, rifiutò la proposta: “Parlammo al presidente di questo invito sorprendente, ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello. ‘Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani’, io dissi”, come si legge in un passaggio del libro. L’ex ministro, invece,  per superare quei mesi critici e salvare l’eurozona, cercò di rafforzare la collaborazione con il presidente della Bce Mario Draghi. La successione del senatore a vita a Mario Monti a Berlusconi sarebbe avvenuta il 12 novembre 2011 e fu ben vista dall’Europa. Geithner definisce Monti come “un economista che proiettava competenza tecnocratica”. A questo cambiamento si aggiunse poi il massiccio finanziamento delle banche voluto da Draghi e la crisi sembrò così parzialmente superata ma rifece capolino già nell’estate del 2012.
La replica dell’ex cavaliere – “Non sono sorpreso”, ha detto in un’intervista a Corriere.it l’ex premier Silvio Berlusconi, che nel novembre 2011, va ricordato, ha rassegnato volontariamente le dimissioni dopo aver perso la maggioranza alla Camera durante il voto del rendiconto generale dello Stato. “Ho sempre dichiarato che nel 2011 nei confronti del mio governo, ma anche nei confronti del mio Paese – afferma oggi l’ex cavaliere -, c’è stato tutto un movimento che era partito dal nostro interno ma poi si è esteso anche all’esterno per tentare di sostituire il mio governo, eletto dai cittadini, con un altro governo”.
Nel giugno del 2011, “quando ancora non era scoppiato l’imbroglio degli spread – continua Berlusconi -, il Presidente della Repubblica Napolitano riceveva Monti e Passera, come è stato scritto, per scegliere i tecnici di un nuovo governo tecnico e addirittura per stilare il documento programmatico. E poi abbiamo saputo anche che ci sono state quattro successive tappe di scrittura, con l’ultima addirittura di 196 pagine”. Berlusconi, ricorda ancora “avevo la contezza che stesse accadendo qualcosa e avevo anche ad un certo punto ritenuto che ci fosse una precisa regia. Al G-20 di Cannes, addirittura, amici e colleghi di altri paesi mi dissero: ‘Ma hai deciso di dare le dimissioni? Perché sappiamo che tra una settimana ci sarà il governo Monti…’. E l’ha rivelato per esempio Zapatero in un suo libro che riguardava quel periodo”. L’ex premier ha affermato anche di non essere sorpreso che queste nuove rivelazioni vengano da un uomo del presidente Usa. “Io devo dire che Obama si comportò bene durante tutto il G20. Noi fummo chiamati dalla Merkel e Sarkozy a due riunioni in due giorni consecutivi e in queste riunioni si tentò di farmi accettare un intervento dal Fondo Monetario Internazionale. Io garantii che i nostri conti erano in ordine e non avevamo nessun bisogno di aiuti dall’esterno e rifiutai di accedere a questa offerta, che avrebbe significato colonizzare l’Italia come è stata colonizzata la Grecia, con la Troika”.
La smentita del complotto delle fonti Ue – “Geithner si è riferito a qualcuno altro, certamente non alle istituzioni Ue, non a Barroso, Van Rompuy o Rehn” che, in particolare a Cannes, “hanno difeso l’indipendenza dell’Italia” e “non volevano che andasse sotto amministrazione controllata, come invece chiedevano gli Usa”. Lo affermano qualificate fonti dell’Ue. E il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso aggiunge che “l’Italia era vicinissimo all’abisso” e al G20 di Cannes “alcuni tentarono di metterla sotto la supervisione del Fmi” ma “sarebbe stato un disastro” e “noi siamo stati quasi soli a dire che non doveva succedere”.
“Sicuramente su questa vicenda va fatta chiarezza – ha aggiunto l’ex ministro degli Esteri Italiano Giulio Terzi di Sant’Agata - perché alla vigilia di elezioni per il Parlamento europeo così difficili, occorre sgombrare il campo da un’idea, che sarebbe veramente devastante per la democrazia, di un’Europa costruita sulle operazioni di palazzo, gli intrighi, la destabilizzazione dei governi legittimamente eletti”.
Le conferme ai condizionamenti - A confermare pressioni per le dimissioni di Berlusconi è intervenuto anche il presidente del Copasir (l’organo di controllo dei servizi segreti italiani del Parlamento), Giacomo Stucchi. “Non sempre tutto è vero, non sempre tutto è falso” ha detto il senatore leghista. E ha aggiunto che “sicuramente dei condizionamenti ci sono stati, perché altrimenti non si capisce quello spread che cresceva dalla sera alla mattina”.
Indiscrezioni che si vanno ad aggiungere a quelle riportate nel libro di Alan Friedman, “Ammazziamo il gattopardo”, in cui il giornalista ha svelato che già dall’estate del 2011 Napolitano stava sondando il terreno per portare a Palazzo Chigi il senatore a vita Mario Monti.
Le reazioni del centro-destra – L’anteprima del libro di Geithner ha suscitato le reazioni nel mondo del centro-destra: “Nell’autunno 2011 ci fu il complotto contro Berlusconi. Lo confermano esponenti di vertice dell’amministrazione americana. Berlusconi, quando parla di un colpo di Stato, ha ragione”, afferma l’esponente di Forza Italia Maurizio Gasparri. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ha fatto sapere che si sta valutando l’apertura di una commissione d’inchiesta, come chiesto da Fi.
A scatenare le polemiche poi, sono state le parole del ministro degli Esteri Federica Mogherini: “La questione riguarda il passato e si tratta di un tentativo, non andato a buon fine, che ci ricorda come l’Italia abbia attraversato stagioni difficili”. Parole definite di una “inaudita gravità” dal senatore di Forza Italia, Altero Matteoli. “È letteralmente incredibile quanto dichiarato dal ministro Mogherini”, ha aggiunto Daniele Capezzone. La questione, dice “riguarda il passato”? Ma davvero non comprende che è in gioco una questione democratica fondamentale? È semplicemente sbalorditivo – continua – che un ministro della Repubblica italiana, qualunque sia la sua appartenenza politica, pensi cose simili: che poi le dica, è addirittura avvilente”.

Expo 2015, come se il tempo non fosse trascorso

il compagno G e tutta la compagnia di giro sono riapparsi dall'ombra. Nessun tempo è passato; non siamo ai tempi di tangentopoli, nè siamo ai tempi della partitocrazia, con la quale l'ipocrisia italiota si poteva spiegare e giustificare nel proprio vivere piccolo borghese, eppure il tempo sembra sia fermo perchè l'azione dei magistrati ha (ri)scoperto il pentolone maleodorante dell'arraffo: non solo delle mafie, cosa ormai data per scontata, ma della (di nuovo) partitocrazia in stile XXI: stessi protagonisti diversi anni nel mezzo. Allora era il sistema di potere pentapartito a farne le spese e i figliocci del pci ne furono solo scalfiti... ora invece questi figliocci ne sono presi in pieno ossia ne sono il perno: ma c'è un altro aspetto ossia che il pentapartito o meglio il suo personale non è sparito ma si è nascosto, si proprio nascosto nel nuovo sistema politico sia nel pd che negli altri partiti al punto da dare l'impressione che cambiato il nome della ditta il resto rimane lo stesso... tutto uguale: anche l'abbraccio mafioso.
Sapete cosa manca realmente? Una qualche indignazione sia pur marginale..... non parlo naturalmente delle anime belle sempre pronte e giustificare le malefatte con finta condanna... no parlo proprio di noi: nessun moto popolare; nessun girotondo pacifico intorno a qualche istituzione, niente.... assuefazione, rassegnazione, menefreghismo, crisi: metteteci tutto anche se in realtà la vera ragione che non porta qualcuno a indignarsi seriamente è l'indifferenza: siamo diventati indifferenti, spersonalizzati, troppo presi da noi stessi e dal nostro guardarci in uno specchio; e questo è un problema perchè ci attendono anni durissimi: il processo di integrazione fra le due sponde dell'atlantico procede spedito; è la base del trattato di libero scambio: solo uguali situazioni possono essere amalgamate perchè se gli americani dovessero trovare attraente il vecchio mondo finirebbe il modello usa e se avvenisse il contrario bè..... addio soldi per la ripresa.
Siamo davvero un paese da operetta: votiamo per rappresentanti di lobby che non hanno alcun interesse per noi se non come mucche da mungere; votiamo per gli stessi che decenni fa sono stati beccati con le mani nel sacco; votiamo, e voteremo, ancora per gli stessi (il nostro ex sindaco per esempio gli stiamo pagando la pensione per aver "lavorato" per un mese alla ditta di famiglia)? La risposta è....

lunedì 12 maggio 2014

Hedge Funds: chi sono i Paperoni della speculazione

di Roberto Marchesi | 11 maggio 2014
Quelli che sono stati i 25 più bravi managers degli Hedge Funds nel 2013 hanno potuto dividersi una torta del valore di 21,15 miliardi di dollari. Il più bravo di tutti però, certo David Tepper, a capo di Appaloosa Management, ha guadagnato da solo circa 3,5 miliardi di dollari, ovvero 3.500 milioni, cioè quasi un milione al giorno. E cosa fa di bello questo fortunato signore? Ha scoperto la pietra filosofale? Oppure riesce a leggere nel futuro e vince di fila tutte le settimane alla lotteria? Niente di tutto questo.
Lui è a capo di Appaloosa, un Hedge Fund che, come tutti gli hedge funds (fondi protetti) raccoglie soldi tra risparmiatori qualificati (non il grande pubblico) e li investe nel mercato utilizzando tutte le più moderne tecniche finanziarie inventate dagli speculatori professionali. La protezione, di cui al nome (hedge), non si riferisce però al fondo in se stesso (che non è protetto contro eventuali perdite) ma al modo nel quale i soldi vengono investiti. Usando le tecniche più emancipate di investimento finanziario viene assunto presuntivamente che il denaro investito potrà dare un maggiore ritorno, e per “Appaloosa” è andata certamente così negli ultimi due anni, ma in questo tipo di operazioni ad alto rendimento ed alto rischio, la bravura non basta, occorre anche una buona dose di fortuna, e quella può girare in ogni momento.
Comunque per ora il gioco vale la candela, e Tepper (insieme agli altri come lui) ha scoperto che speculando sui risparmi degli altri si possono guadagnare milioni (anzi, miliardi!) senza far troppa fatica, perché sui loro particolari investimenti i gestori di questi fondi caricano commissioni note con la formuletta “2 e 20”, ovvero la commissione fissa del 2% sul capitale investito e il 20% del guadagno a operazione conclusa (ovviamente, se c’è un guadagno!). Appaloosa ha distribuito nel 2013 ai suoi investitori il 42% del guadagno realizzato, il resto, tolte le spese non enormi della sua snella struttura finanziaria, se lo è intascato lui. Può essere che abbia dovuto dividere il malloppo con qualcuno dei suoi principali collaboratori, ma ciò non è dato sapere, poiché questi personaggi non rilasciano normalmente né dichairazioni né tantomeno interviste.
La rivista americana “Institutional Investor Alpha” ha pubblicato recentemente proprio una classifica di questi “bravissimi” gestori, pubblicata parzialmente anche dal NYT. Questa classifica è capeggiata appunto dal “campione”, David Tepper, seguito a distanza (“solo” 2400 milioni!) da Steven Cohen e, al terzo posto, con 2300 milioni, il più noto di tutti (qui in America) al pubblico non investitore tradizionale, quel John Paulson che è stato il campione assoluto degli Hedge Fund managers nel 2008-2009, quando milioni di risparmiatori in tutto il mondo perdevano grosse fette dei loro risparmi e lui, più di tutti, arraffava e intascava montagne di dollari con operazioni al ribasso perfettamente impostate da tempo, diventando di colpo miliardario (vedasi mio articolo del 24/4/2010: “Goldman, ecco la madre di tutte le speculazioni”).
Ma questo modo di far soldi può davvero essere considerato meritocratico?
Sotto il profilo professionale si, perché richiede non solo una conoscenza approfondita di tutte le più sofisticate tecniche finanziarie ma anche l’abilità di usarle nel modo giusto e al momento giusto. Probabilmente occorre anche, come nel gioco d’azzardo, una buona dose di fortuna. Tutta questa bravura sul piano personale non basta però a riconoscere valore economico e sociale agli Hedge Funds (così come alla maggior parte degli investimenti finanziari). Gli hedge funds infatti non creano nessuna ricchezza vera, spostano solo ricchezza dalle tasche di alcuni investitori a quelle di altri (inclusi gli stessi gestori), oppure, peggio, creano solo bolle che presto o tardi andranno a scoppiare, lasciando ad altri l’onere di riempire il vuoto che loro hanno creato con le loro speculazioni.
Proprio a questo proposito interviene Krugman nel suo articolo di giovedi’ 8 maggio sul NYT, affermando in sostanza che, mettendo a confronto i guadagni di questi 25 gestori con quelli di una moltitudine di professori e insegnanti americani, si può notare agevolmente la crescente disuguaglianza nelle economie occidentali. Infatti i gestori degli hedge-funds sono certamente molto bravi, ma qualcuno può forse sostenere che nella miriade di professori e insegnanti americani non ci siano almeno 25 individui altrettanto bravi? Eppure se prendiamo a confronto, per esempio, il guadagno di tutti gli insegnanti di Kindergarten americani messi assieme, ci accorgiamo che è meno della metà del guadagno di quei soli 25 managers.
Tutto questo però non è negativo solo sotto il profilo della disuguaglianza attuale, ma anche in quella di medio e lungo periodo, perché nel sistema sempre più tendenzialmente oligarchico del modello capitalista manca ormai marcatamente la capacità di redistribuire la ricchezza con eguaglianza e lungimiranza. Quindi senza sostanziali e urgenti correttivi quel modello finirà per inaridirsi e scomparire come è già successo ad altri modelli di società organizzate. Ovvero, ciò che dice con proprietà e convinzione Thomas Piketty nel libro “Il Capitale nel Ventunesimo secolo”.
p.s.
nomi quasi sconosciuti che decidono, con il potere dei soldi che gestiscono senza regole, del destino di milioni di persone e di interi stati: possiamo permettere tutto ciò?

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