lunedì 12 maggio 2014

Hedge Funds: chi sono i Paperoni della speculazione

di Roberto Marchesi | 11 maggio 2014
Quelli che sono stati i 25 più bravi managers degli Hedge Funds nel 2013 hanno potuto dividersi una torta del valore di 21,15 miliardi di dollari. Il più bravo di tutti però, certo David Tepper, a capo di Appaloosa Management, ha guadagnato da solo circa 3,5 miliardi di dollari, ovvero 3.500 milioni, cioè quasi un milione al giorno. E cosa fa di bello questo fortunato signore? Ha scoperto la pietra filosofale? Oppure riesce a leggere nel futuro e vince di fila tutte le settimane alla lotteria? Niente di tutto questo.
Lui è a capo di Appaloosa, un Hedge Fund che, come tutti gli hedge funds (fondi protetti) raccoglie soldi tra risparmiatori qualificati (non il grande pubblico) e li investe nel mercato utilizzando tutte le più moderne tecniche finanziarie inventate dagli speculatori professionali. La protezione, di cui al nome (hedge), non si riferisce però al fondo in se stesso (che non è protetto contro eventuali perdite) ma al modo nel quale i soldi vengono investiti. Usando le tecniche più emancipate di investimento finanziario viene assunto presuntivamente che il denaro investito potrà dare un maggiore ritorno, e per “Appaloosa” è andata certamente così negli ultimi due anni, ma in questo tipo di operazioni ad alto rendimento ed alto rischio, la bravura non basta, occorre anche una buona dose di fortuna, e quella può girare in ogni momento.
Comunque per ora il gioco vale la candela, e Tepper (insieme agli altri come lui) ha scoperto che speculando sui risparmi degli altri si possono guadagnare milioni (anzi, miliardi!) senza far troppa fatica, perché sui loro particolari investimenti i gestori di questi fondi caricano commissioni note con la formuletta “2 e 20”, ovvero la commissione fissa del 2% sul capitale investito e il 20% del guadagno a operazione conclusa (ovviamente, se c’è un guadagno!). Appaloosa ha distribuito nel 2013 ai suoi investitori il 42% del guadagno realizzato, il resto, tolte le spese non enormi della sua snella struttura finanziaria, se lo è intascato lui. Può essere che abbia dovuto dividere il malloppo con qualcuno dei suoi principali collaboratori, ma ciò non è dato sapere, poiché questi personaggi non rilasciano normalmente né dichairazioni né tantomeno interviste.
La rivista americana “Institutional Investor Alpha” ha pubblicato recentemente proprio una classifica di questi “bravissimi” gestori, pubblicata parzialmente anche dal NYT. Questa classifica è capeggiata appunto dal “campione”, David Tepper, seguito a distanza (“solo” 2400 milioni!) da Steven Cohen e, al terzo posto, con 2300 milioni, il più noto di tutti (qui in America) al pubblico non investitore tradizionale, quel John Paulson che è stato il campione assoluto degli Hedge Fund managers nel 2008-2009, quando milioni di risparmiatori in tutto il mondo perdevano grosse fette dei loro risparmi e lui, più di tutti, arraffava e intascava montagne di dollari con operazioni al ribasso perfettamente impostate da tempo, diventando di colpo miliardario (vedasi mio articolo del 24/4/2010: “Goldman, ecco la madre di tutte le speculazioni”).
Ma questo modo di far soldi può davvero essere considerato meritocratico?
Sotto il profilo professionale si, perché richiede non solo una conoscenza approfondita di tutte le più sofisticate tecniche finanziarie ma anche l’abilità di usarle nel modo giusto e al momento giusto. Probabilmente occorre anche, come nel gioco d’azzardo, una buona dose di fortuna. Tutta questa bravura sul piano personale non basta però a riconoscere valore economico e sociale agli Hedge Funds (così come alla maggior parte degli investimenti finanziari). Gli hedge funds infatti non creano nessuna ricchezza vera, spostano solo ricchezza dalle tasche di alcuni investitori a quelle di altri (inclusi gli stessi gestori), oppure, peggio, creano solo bolle che presto o tardi andranno a scoppiare, lasciando ad altri l’onere di riempire il vuoto che loro hanno creato con le loro speculazioni.
Proprio a questo proposito interviene Krugman nel suo articolo di giovedi’ 8 maggio sul NYT, affermando in sostanza che, mettendo a confronto i guadagni di questi 25 gestori con quelli di una moltitudine di professori e insegnanti americani, si può notare agevolmente la crescente disuguaglianza nelle economie occidentali. Infatti i gestori degli hedge-funds sono certamente molto bravi, ma qualcuno può forse sostenere che nella miriade di professori e insegnanti americani non ci siano almeno 25 individui altrettanto bravi? Eppure se prendiamo a confronto, per esempio, il guadagno di tutti gli insegnanti di Kindergarten americani messi assieme, ci accorgiamo che è meno della metà del guadagno di quei soli 25 managers.
Tutto questo però non è negativo solo sotto il profilo della disuguaglianza attuale, ma anche in quella di medio e lungo periodo, perché nel sistema sempre più tendenzialmente oligarchico del modello capitalista manca ormai marcatamente la capacità di redistribuire la ricchezza con eguaglianza e lungimiranza. Quindi senza sostanziali e urgenti correttivi quel modello finirà per inaridirsi e scomparire come è già successo ad altri modelli di società organizzate. Ovvero, ciò che dice con proprietà e convinzione Thomas Piketty nel libro “Il Capitale nel Ventunesimo secolo”.
p.s.
nomi quasi sconosciuti che decidono, con il potere dei soldi che gestiscono senza regole, del destino di milioni di persone e di interi stati: possiamo permettere tutto ciò?

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