giovedì 11 maggio 2017

IL PIÙ DEBOLE A RISCHIO (Chiara Saraceno)

È VERO che il matrimonio non è più inteso come una sistemazione a vita. E che non se ne ha più una concezione patrimoniale, come scrivono i giudici della Corte di Cassazione, ma per quanto stipulato come scelta di libertà e di reciproco affetto, esso è basato su aspettative di solidarietà e di mutuo riconoscimento di ciò che ciascuno dà e riceve nel rapporto.
Un rapporto che, soprattutto nella società italiana continua a essere asimmetrico sia nella divisione del lavoro famigliare, sia nelle opportunità che uomini e donne hanno nel mercato del lavoro, come mostrano da un lato i dati sull’uso del tempo, dall’altro sui tassi di occupazione femminile e maschile, sui redditi da lavoro di uomini e donne, sulla distribuzione di uomini e donne lungo la scala delle carriere professionali.

La maggior capacità di reddito del marito è in larga misura basata sul fatto che la loro presenza nel mercato del lavoro è più legittima, mentre sono sollevati dal lavoro domestico e di cura svolto, appunto, dalle loro mogli.
Il tenore di vita è quindi frutto di un lavoro comune, anche se quello pagato e quello non pagato sono distribuiti diversamente tra i due coniugi. Dire, quando un matrimonio finisce, che tutto questo non conta, perché ci si è sposate da “libere ed eguali” è una ipocrisia. Non è la prima volta che un tribunale prende una decisione simile e con la stessa motivazione. Infatti gli assegni di mantenimento per il/la coniuge sono andati diminuendo negli anni, specie se la ex moglie è ancora relativamente giovane e non ci sono figli piccoli. Ma credo che sia la prima volta della Cassazione, che quindi farà autorevolmente giurisprudenza.
Si può discutere se e in quali circostanze un assegno di mantenimento debba durare tutta la vita, se debba servire, in caso di persone ancora giovani, per recuperare il tempo perduto in modo da trovare una adeguata collocazione nel mercato del lavoro, come avviene, ad esempio, in alcuni paesi. Si può e deve considerare anche caso per caso, matrimonio per matrimonio.
Articolo intero su La Repubblica del 11/05/2017.

mercoledì 10 maggio 2017

Macron, la paura e la speranza

Ma il problema è che avrei votato come il 43 per cento di coloro che lo hanno fatto, dati Ipsos: cioè solo per evitare che all’Eliseo andasse Le Pen.
In altre parole: sui quasi ventuno milioni di voti presi dal neopresidente al ballottaggio, più di nove non erano per lui, ma contro quell’altra. Altri sette milioni l’hanno votato solo perché «nuovo». Tre milioni (pochissimo, il 15 per cento) per simpatia verso il suo programma; e meno di due milioni per simpatia personale verso di lui.
È curioso: stiamo tutti qui a parlare di Macron come speranza e invece ha vinto per paura.
Paura della postfascista figlia di Vichy, paura delle frontiere chiuse, paura per le proposte economiche-monetarie.
Questo presidente ha vinto per paura.
E con il tasso di astensione più alto da quarant’anni a questa parte (35 per cento) e con un record assoluto perfino di schede bianche: 4.066.802 di francesi, pari al 11,49 per cento dell’elettorato. In termini assoluti, l’astensione è cresciuta di 1.830.832 unità mentre le schede bianche sono aumentate di 2.354.699 e le nulle di 768.632.
«Questi numeri sono sintomo di un popolo tutt’altro che rapito dalla retorica di Emmanuel Macron» (Francesco Maselli, nel blog italiano che ha seguito meglio le presidentielles).
Lo paragonano a Obama, ma Obama nel 2008 era hope, speranza. Tutto il contrario. Nessuno aveva paura del povero McCain.
Auguro fortemente alla Francia e all’Europa e a tutte le democrazie di poter tornare un giorno a votare per un progetto, per un programma, per una speranza. Non per paura.
Che la paura, diceva Frank Herbert, uccide la mente.
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it

martedì 9 maggio 2017

Parigi. Sindacati, studenti e sinistra subito in piazza per avvertire Macron: “Non tocchi il lavoro”. Tensioni con polizia

A meno di 20 ore dall’elezione del nuovo presidente della Repubblica, centinaia di persone si sono radunate in una delle piazze simbolo della Capitale. E’ il primo messaggio di fronte al programma di rafforzare il Jobs act all’italiana: “Se lui vuole fare in fretta, noi scenderemo nelle strade ancora più velocemente”.Presidenza di Emmanuel Macron, giorno 1. Se al nuovo Capo dello Stato francese serviva un assaggio di come saranno i prossimi mesi sulla poltrona più importante della Francia, è stato accontentato in meno di 20 ore. “Non sei lì con il nostro voto. Il lavoro non si tocca”, è stato il coro di migliaia di persone radunate in place de la République a Parigi e poi in corteo fino alla Bastiglia.
Eccolo il primo avvertimento di studenti, sindacalisti e militanti di sinistra di fronte al programma del presidente (che tra l’altro entrerà in carica solo fra una settimana) di rafforzare il Jobs act all’italiana e di modificare il codice del lavoro. Mentre gli imprenditori e alcuni sindacati hanno preso tempo in attesa di vedere le mosse del presidente, il Front Social, una realtà che unisce collettivi e i rappresentanti dei lavoratori Cgt e Sud, ha deciso di chiamare subito alla mobilitazione. Durante il corteo ci sono state, come ormai da routine in ogni manifestazione, alcuni momenti di tensione con le forze dell’ordine e dopo una carica della polizia i partecipanti si sono lentamente dispersi.
La Francia, e la Capitale soprattutto, portano ancora le tracce nella memoria delle manifestazioni di piazza contro la legge sul lavoro (la famosa Loi El Khomri) voluta e approvata sotto la presidenza di François Hollande. Era maggio 2016, e le proteste sarebbero servite a poco. Anche per questo oggi, le strade si sono affollate con così poca difficoltà. “Siamo qui per esorcizzare e per contarci. Sappiamo che con Macron non cambierà niente ed è importante dare un segnale. Non potrà fare quello che gli pare”, ha detto Loic, elettore dell’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Dal palco i sindacalisti hanno spiegato ancora meglio il messaggio: “A Macron noi rispondiamo con la lotta. Non toccherà i diritti dei lavoratori. Se vuole fare in fretta, noi siamo pronti a scendere ancora più in fretta per le strade”. Sono tutti qui gli astensionisti, quel 25,38 per cento di elettori (la cifra più alta dal 1969) che ha deciso di non presentarsi alle urne, ma anche quelli che invece ci sono andati e lo hanno fatto a malincuore pur di opporsi all’estrema destra di Marine Le Pen.
La manifestazione è iniziata intorno alle 14 in place de la Republique, la stessa piazza dove per mesi ci sono state le commemorazioni per le vittime degli attentati terroristici e là dove gruppi di attivisti hanno organizzato le Nuit debout per la partecipazione cittadina. La tensione è salita durante il corteo, anche se non ci sono stati particolari scontri. Lo scoppio di una bomba carta ha provocato la reazione degli agenti di polizia che si sono schierati nel mezzo del boulevard isolando un gruppo di manifestanti. Un poliziotto ha alzato uno spara lacrimogeni puntandolo all’altezza del viso degli attivisti, che si sono subito radunati davanti alle forze dell’ordine. Dopo vari minuti di tensione, è intervenuto uno dei sindacalisti chiedendo all’uomo di abbassare l’arma: “La prego”, ha gridato più volte fino a che non è stato ascoltato. A quel punto il corteo ha cercato di avanzare, ma è stato bloccato da un gruppo di agenti che hanno caricato le prime file. Dopo quindici minuti di tensione, i manifestanti si sono dispersi nella piazza della Bastiglia.
L’8 maggio per i francesi non è un giorno qualunque: si festeggia la vittoria contro i nazisti dopo la seconda guerra mondiale e scuole e uffici rimangono chiusi. In mattinata Macron ha partecipato alla cerimonia ufficiale sugli Champs-Elysées, a cui poche ore dopo hanno replicato i militanti del Front Social. Nelle strade hanno sfilato gli uni accanto agli altri simboli politici e delle rappresentanza sindacale, i grandi assenti della festa al Louvre della sera prima. Con loro anche ecologisti, gruppi anti-capitalisti e anarchici. Tutti, in modo unanime, hanno minacciato lunghi mesi di mobilitazione se il piano della nuova presidenza sarà rispettato. “Si tolga dalla testa”, ha spiegato Basile Peot, sindacalista Sud delle Scnf, “che noi stiamo a guardare mentre lui smantella i diritti dei lavoratori. Il suo programma è lo stesso di Nicolas Sarkozy o di un qualsiasi politico di destra e non potremo che rispondere con la lotta”. Anche Basile è tra quelli che ieri non sono andati alle urne: “Ho esitato fino all’ultimo, ma quando ho visto che i sondaggi pubblicati in Belgio nel pomeriggio lo davano in testa ho deciso di stare a casa. Proprio non potevo farcela a dargli il mio voto”. Al suo fianco Giorgio Stassi, sindacalista pure lui e da 20 anni in Francia per lavoro: “Non ci faremo trovare impreparati. Il suo programma parla chiaro e così noi non ci stiamo”. Ma il corteo non era monopolio dei sindacati: a sfilare con cartelli e bandiere della France Insoumise o del Partito comunista, anche tanti delusi della sinistra. Magali ad esempio, ha chiesto al compagno di andare al corteo dopo quella che lei ha chiamato “la brutta giornata” di domenica: “Avevo bisogno di vedere che non siamo da soli. Che per tanti essere stati costretti a votare Macron pur di dare uno schiaffo alla Le Pen, è stato traumatico. Io ho esitato fino in fondo e poi mi sono detta che era la cosa giusta da fare. Ma oggi avevo bisogno di non sentirmi sola”. Loic, l’ha tenuta abbracciata per tutto il tempo: “Saranno cinque anni molto difficili”.
Il Fatto Quotidiano

lunedì 8 maggio 2017

elezioni francesi: diamo i numeri

Partiamo dalla foto. Un incubo vero e proprio nel prossimo futuro per l'Italia e per la Francia.. è da oggi che questa foto gira per il web, insieme a tanto altro, e da sola da il senso della giornata: una filiazione della (ex)sinistra che partorisce un ibrido che del paese che dovrà gestire ne può fare fettine piccole piccole: per giunta con il consenso di tutti i ceti: i perdenti perchp non votano più e i vincenti perchè l'hanno fatto per 'fermare il fascismo' dimenticando che loro stessi votavano per un fascismo finanziario che sempre fascismo è!!!!
p.s.
volevate buttare nel cestino 850 euro? Obama a Milano tanto costava...
Elezioni francesi: diamo i numeri
Fonte: Wikileaks
finanziatori di Macron:
Soros : 2 365 910,16 €
David Rothschild : 976 126,87 €
Goldman-Sachs : 2 145 100 €
Obama : 10 654 €

.... per fare alcuni nomi

Fonte - Ministère de l'Interieur
Macron - 20.703.631 voti pari al 66,06%

Le Pen - 10.637.183 voti pari al 33,94%
Aventi diritto al voto - 46. 303. 662, votanti 30 .841. 813 pari al 66,61% ,
Astensione -11.416. 454 pari al 24,66%

Schede bianche - 2.989. 270 pari all' 8,57%

Schede nulle - 1.056 .125 pari 3,03%
.... allora: un dato è chiaro ossia che l'elettorato di sinistra si è astenuto in massa determinando la vittoria del banchiere.Come sempre la sinistra, non solo italiota, non sa fare a meno del sindrome del tafazzismo: non solo crea 'ibridi' ma gli da anche la possibilità di far danni a proprio svantaggio; ha ragione la Dr.ssa Napoleoni, nell'articolo che ieri in piccola parte ho postato qui, quando sostiene che si doveva guardare al voto/non voto delle tute blu.. questo ceto sociale ad oggi, come in Italia e Spagna, non ha una sua rappresentanza politica e quindi è un massa di manovra in  mano a chiunque sappia intercettarne gli umori: che sia Lepen, Trump, o chissà chi ha per le mani milioni di voti e se ci sa fare ed è almeno presentabile quel capitale elettorale è oro per chi vuol vincere.. qui però siamo ai se; mentre invece quel dato, l'astensionismo, rimane non tanto come scelta consapevole ma quanto come scelta di cortissimo respiro: mi martello da solo gli zebedei sol perchè non riesco a vedere la trave che mi arriva addosso (Macron) e non il pelo (Lepen).. Questa scelta la ritengo un grave errore: primo perchè Lepen è si di destra ma è una destra che conosciamo bene e che sappiamo come combatterla; Trump ne è un esempio del tipo di destra di cui si parla e in pratica è già stato fermato: si le spara grosse e emana ordine esecutivi e quant'altro ma quando si arriva ai soldi poi.... chi decide è la maggiorazna repubblicana non certo l'inquilino della Casa Bianca!!! Lo abbiamo visto con la Corea; e lo vedremo con il resto.. immaginate invece cosa sarebbe accaduto con la Clinton che invece è meno legata al partito, se di partito si può parlare, e più agli intressi di fortissime lobby finanziarie e industriali: secondo me in guerra guerreggiata ci saremmo già!!! Inoltre: qualcuno ha più sentito parlare di contestazioni di massa negli USA contro Trump? No, vero? E sapete perchè? Perchè le varie fondazioni e ONG americane (una delle più influenti è al Move On di Soros) si sono improvvisamente zittite... chissà perchè: a voi la risposta ma non è quella giusta l'immaginare in un cambiamento di Trump, anzi è sempre lo stesso e fosse per lui gli USA sarebebro oggi già un enorme SpA!!!

domenica 7 maggio 2017

Elezioni Francia, l’esclusione della classe operaia è il vero pericolo



Una delle chiavi di lettura più interessanti della svolta a destra del libero occidente è la scomparsa della classe operaia. Scomparsa nel senso fisico e non solo figurativo della parola. Gli operai e le loro famiglie quale categoria sociale praticamente non esistono più e coloro che lo erano e i pochi che ancora vanno in fabbrica ogni mattina sono piombati nella povertà. L’alienazione è la bandiera che sventola sui casermoni di periferia dove costoro vivono e nelle fabbriche dove condividono il lavoro con i compagni robot. Scenari distopici a pochi chilometri dalle nostre case.
Su questi temi verte il dibattito che imperversa tra alcuni intellettuali occidentali, tra cui un giovane francese, Edouard Louis, autore di un romanzo autobiografico The End of Eddy dove si racconta la profonda povertà della sua infanzia e adolescenza a Hallencourt, un piccolo villaggio nel Nord della Francia. Quando mancava da mangiare il padre lo mandava dagli zii a elemosinare una pagnotta di pane o un chilo di spaghetti. Non siamo nella Francia pre-rivoluzionaria ma nel presente, Edouard Louis è nato negli anni Novanta.
Perso il lavoro a causa di un grave incidente in fabbrica, il padre di Edouard è diventato un escluso, senza un ruolo nel sindacato e nei partiti della sinistra i cui punti di riferimento sociali non includevano individui come lui. L’esclusione sociale e politica, una parola che in inglese suona meglio che in italiano disenfranchised, ha portato Louis padre ad abbracciare la causa del Front National di Le Pen padre.
Il resto sul Fatto Quotidiano

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finchè si continuerà a pensare in termini sinistra/destra saremo sempre fregati...

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