sabato 9 novembre 2019

il muro:30 anni e li dimostra..

Son passati 30 anni dalla sua 'caduta'. Si, la divisione fra est e ovest cadde: possiamo dire che fu il giorno in cui un intero mondo finì. Due sistemi alternativi, ma simili, pronti a distruggersi a vicenda e a fare a pezzi il pianeta che si mostrano i muscoli vicendevolmente; eppure... eppure la distruzione reciproca non c'è stata, anzi si è conosciuto  un periodo di buona stabilità e, si, di democrazia (pur se controllata e parzialmente disattesa.. soprattutto nelle colonie estreme dell'impero americano d'occidente come l'Italia) sociale dove nelle costituzioni antifasciste si stabilivano diritti e facoltà mai viste prima nella storia umana: paradossalmente essere sotto il tiro nucleare reciproco ha dato vita a libertà e democrazia. Perchè? Semplice: gli spiriti animali del capitalismo erano tenuti a freno e quindi parte dei capitali che mordevano il freno (non potendo saccheggiare, come fanno oggi, intere economie) erano impiegati per i ceti poveri cercando di rendergli meno attraente il sistema opposto: quello che si faceva passare per 'comunismo' ma che sarebbe meglio definire come 'sovietismo' ossia applicazione degenere di quanto scritto da Marx. Di là dalla cortina 'sognavano' l'occidente e le sue lucu e le sue libertà; di qua i partiti comunisti e socialisti, che non ci pensavano nemmeno per l'anticamera del cervello di far entrare cosacchi nelle proprie capitali nazionali occidentali, sventolavano il vessillo rosso per ottenere maggiore attenzione ai ceti più poveri e marginali del mondo occidentale spaventando i ricchi e gli straricchi. Naturalmente non poteva continuare all'infinito e uno dei due fratelli coltelli doveva pur cedere: ed infatti è accaduto, ossia il mondo sovietico è miseramente crollato sotto il peso della struttura, ormai anacronistica, sovietica. In realtà entrambi i sistemi si sorreggevano a vicenda e prima o poi sarebbero comunque crollati e i segnali erano chiari: si diveva solo capire quale sarebbe crollato per primo.
Il punto era cruciale: La caduta cosa avrebbe comportato? Ci stanno ancora lavorando ma alcune cose gli storici le hanno già stabilite:
  1. in Europa la riunificazione della Germania spaventava sia la Francia (allora Presidente era Mitterand) e l'Inghilterra (c'era la Thatcher); si temeva lo strapotere di una nazione tedesca riunificata, il quarto reich insomma.... e si pensò di accelerare il processo di unificazione europea partendo da quella che sembrava il tallone di achille dei tedeschi, ossia la moneta: il Marco era forte e se si riusciva a riunirlo a una moneta sovranazionale veniva ridimensionato. Sapevano che gli altri paesi non erano pronti ma si sa.. la ragion di stato è più importante del resto e poco importa che le cassandre che prevedevano problemi e 'rigetti' da parte dei popoli avevano ragione: oggi a 30 anni di distanza si è fatta un europa, debole, politica preda della finanza e dei ragionieri. Europa Sociale? Zero. Europa dei diritti? 0,9.. quasi uno se si pensa che oggi  un burocretino seduto dietro una scrivania decide se la cipolla di tropea è tale se è rossa e non rosa o se dal 2020 dobbiamo mettere nei carrelli euri e non altro o se un paese deve fallire perchè le banche tedesche, inglesi, francesi devono rientrare dei soldi e delle speculazioni fatte in quel paese. Ecco la prima conseguenza di quella riunficazione.
  2. Negli USA la finde della guerra fredda comportò soprattutto che gli spiriti animali del capitalismo fossero liberati.... dando vita al cosiddetto 'turbocapitalismo (prima che qualche solone mi dia lezione su chi ha creato per primo questo termine dico subito che il primo a citarlo fu un 'certo' Luttwak)' il cui principio base è: nessuna regola ma solo 'la mano invisibile del mercato libero (libero?)' che è sinonimo di libertà (libertà?); tutto è mercato (salvo qualche presidio per i morti di fame) e tutto si basa sulla regola della domanda e dell'offerta: dal lavoro alla prosituzione tutto si basa su domanda e offerta; nessuna preclusione o meglio nessun diritto sociale e sindacale e se ci sono resistenze.. non c'è problema perchè si può andare a produrre in Cina o in Vietnam ecc. dove agli operai gli si da l'elemosina e nei paesi 'liberali' o si adattano alla competizione, salari bassi e nessun lavoro stabile o fisso, o si possono accomodare nel mondo invisibile della povertà;
  3. Nel resto del pianeta? Fin dagli anni '50 avevano avuto assaggi di quel che sarebbe accaduto se crollavano i due sistemi: l'impoverimento generalizzato e l'emersione di ceti corrotti 'occidentalizzati'. Direte che c'entra, giusto? C'entra perchè laddove i paesi non erano schierati erano terreno di scontro fra le due superpotenze: da un lato la guerriglia 'comunista' dall'altro il FMI e la World Bank ossia una inesorabile tenaglia che stritolava i popoli e li rapinava, oltre che del futuro, anche delle loro risorse.... l'Africa ne è un esempio: da sempre luogo di scontro indiretto fra superpotenze (coloniali e non poco conta ed infatti poco è cambiato con la fine ufficiale del colonialismo e dell'imperialismo) e sempre più povera di risorse e braccia. Come meravigliarsi se nei due terzi del pianeta le ideologie, prima, e la religione islamica, poi, hanno attecchito e sono germogliati i semi dell'odio per l'occidente e della rivalsa nei suoi confronti?
.. si potrebbe continuare all'infinito nell'elencare i guasti che quella caduta ha provocato: i costi hanno ampiamente superato i benefici e, pur a malincuore, si deve ammettere che la storia non è finita (Fukuyama lo sosteneva) e che, nonostante le montagne di soldi buttati nell'ex Germania comunista e nei paesi dell'est, la situazione non è affatto migliorata anzi si è sviluppato una serie di movimenti anti-euro, anti-europa e anti-globalizzazione (infatti si parla di movimenti 'glocal') proprompenti alla cui testa ci sono proprio gli ex comunisti o nuovi integralisti.. il che significa che non solo il messagio 'sano' di un europa dei popoli è un miraggio (ma questo lo si sapeva da sempre) ma che pure quel barlume di europa messo su è respinto al mittente senza esitazioni e con un vivo senso di soddisfazione e di liberazione dall'oppressione (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, ex Germania est dove sono fortissimi i movimenti neo-nazi e quelli anti-euro, ecc. ecc.).
Si poteva fare altrimenti? Certo: bastava seguire il tratto originale del capitalismo democratico (quello teorizzato da uomini come Berlin, Keynes, Schumpeter, ecc.) senza deviazioni da esso negli USA; e in europa? Anche qui: abbiamo gli Spinelli, i Giannini, gli Adenauer, ecc. a dare il percorso e tracciare il pensiero.... ma non è andata così e i risultati si vedono tutti: compresi quelli che prevedono il modello di persone che invocano o evocano il 'ce lo chiede l'europa o qualcosa di simile' pur di evitare di perdere quel pizzico di benessere acquisito sulla pelle degli altri loro concittadini... che tristezza

venerdì 8 novembre 2019

Manovra di tasse? Ecco i numeri

Fonte: Il Fatto Quotidiano | 8 Novembre 2019

La legge di Bilancio per il 2020 è o non è “la manovra delle tasse“? Da giorni il premier Giuseppe Conte zittisce le polemiche ricordando che eviterà il temuto aumento dell’Iva per 23 miliardi e va quindi considerata la finanziaria che “ha operato il taglio di tasse più cospicuo degli ultimi anni”. A ben guardare nuove imposte e aumenti ci sono: ammonta a circa 5,8 miliardi il gettito aggiuntivo che arriverà nelle casse dell’Erario l’anno prossimo per effetto degli aggravi previsti. Il grosso andrà però a colpire banche, assicurazioni, imprese produttrici di plastica e bevande zuccherate, concessionari autostradali e chi possiede azioni in società non quotate o terreni. C’è poi un aumento dell’accisa su petrolio e gas naturale usati per produrre energia, salgono le royalties versate dai gruppi petroliferi e arriva la web tax sui servizi digitali per le multinazionali di internet.
I balzelli che nel 2020 potrebbero avere un impatto diretto sul bilancio di una famiglia tipo valgono in tutto circa 880 milioni di euro (il 15% degli aggravi totali) di cui 118 dalle accise sui tabacchi e dall’imposta su filtri e cartine e 51 dalla stretta sui buoni pasto cartacei. L’unificazione di Imu e Tasi invece, secondo i tecnici, costerà ai cittadini 14,5 milioni. La voce più pesante è la “tassa sulla fortuna” che riguarda ovviamente solo chi vince al gioco. Questo al netto della stretta sulla flat tax per le partite Iva che comporta 492 milioni di entrate aggiuntive. Dal 2021 inizierà poi a farsi sentire l’effetto della riduzione delle detrazioni fiscali per chi ha redditi alti (si azzereranno oltre i 240mila) e per chi sceglie di pagare in contanti: vale 977 milioni di euro, di cui 110 a carico dei circa 300mila contribuenti che dichiarano più di 120mila euro.
Banche e assicurazioni, plastica e bevande zuccherate, concessionari autostradali – Dagli allegati alla manovra depositati in Parlamento emerge che l’aumento fiscale più corposo è legato allo slittamento della deducibilità di svalutazioni e perdite su crediti di cui godono “enti creditizi e finanziari” – in sostanza banche e compagnie assicurative. A seconda della tipologia, saranno deducibili solo dal 2022, dal 2025 o dal 2028. La stretta vale, nel 2020, 1,6 miliardi. Un intervento simile è previsto anche per i concessionari autostradali: viene limitata all’1% del costo dei beni la deducibilità dalle tasse delle quote di ammortamento, cioè le “rate” in cui viene diviso un investimento che dispiega effetti su più anni, come quelli nelle infrastrutture che gestiscono. Il risultato è un aumento degli imponibili e un maggior gettito per 340 milioni.
Dalla plastic tax di 1 euro al chilo su imballaggi e prodotti monouso in plastica arriverà poi 1 miliardo. Che non dovrebbe pesare sul consumatore finale a meno che i produttori non decidano di aumentare i prezzi: l’impatto, nel caso per esempio delle bottigliette di acqua minerale, si fermerà comunque a 2-3 centesimi di euro. La sugar tax invece, stando alla relazione tecnica, è una “tassa sul consumo di bevande con zuccheri aggiunti” ma colpirà fabbricanti, importatori e acquirenti di prodotti importati. Il gettito atteso è di 233 milioni. Difficile stimare l’impatto sulle tasche del cittadino medio, ma il punto fermo è che l’obiettivo dichiarato del governo è ridurre un consumo dannoso per la salute.
Imposta su partecipazioni e terreni – Ma, andando in ordine di gettito atteso, al terzo posto – ben prima della sugar tax – c’è la rivalutazione (sulla base di una perizia giurata) del valore delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni sia agricoli sia edificabili posseduti da persone fisiche e società semplici. Sul valore rideterminato verrà applicata un’imposta sostitutiva dell’11%. Vale oltre 820 milioni di euro di introiti.
Paletti sulla flat tax e stretta sulle auto aziendali – Subito dopo si piazza la stretta sulla flat tax al 15% per le partite Iva con ricavi inferiori a 65mila euro. Sommando il maggior gettito che arriverà da chi esce dal regime agevolato perché ha percepito redditi da lavoro dipendente superiori a 30mila euro o ha pagato più di 20mila euro a collaboratori o dipendenti e dalla cancellazione della prevista estensione della tassa piatta a chi fattura tra 65mila e 100mila euro, lo Stato ci guadagna 492 milioni. Segue, con 330 milioni di euro di gettito previsto, il discusso balzello sulle auto aziendali mirato a rendere meno inquinante la flotta: sale dal 30 al 60% la quota di percorrenza per uso privato tassabile, con l’eccezione delle macchine ibride ed elettriche. Ad essere colpiti sarebbero 1,5 milioni di veicoli, dalle city car e utilitarie che sono il 40% del mercato alle berline che valgono poco più del 20%. La tassa però è nel mirino di Italia viva e potrebbe essere rimodulata durante il passaggio parlamentare per ridurne l’impatto.
Aumenta la tassa sulla fortuna, arriva la web tax – Un’altra voce pesante è la “tassa sulla fortuna” che peserà su chi vince al gioco e si aggiunge agli aumenti del prelievo sui concessionari previsti dal decreto fiscale: sale dal 12 al 15% l’imposta unica sulle vincite superiori a 500 euro sia alla lotteria sia ai “giochi numerici a totalizzatore” che vanno da Superenalotto a Win for life. I ricavi dalle concessioni che saranno messe a gara l’anno prossimo si materializzeranno invece solo nel 2021 e ammonteranno stando alla relazione tecnica a 909 milioni l’anno. Rimanendo in tema di imposte sui big, dall’1 gennaio 2020 si applicherà un’imposta sui servizi digitali del 3% sui ricavi realizzati dai gruppi del web con fatturato globale superiore a 750 milioni di cui almeno 5,5 milioni in Italia. La tassa, che non colpirà i consumatori, vale per il primo anno 108 milioni di euro.
I microbalzelli, dai certificati penali ai diritti consolari – Gli altri microbalzelli previsti dalla legge di Bilancio hanno un impatto minimo: ci sono per esempio l’imposta di bollo di 2,4 euro a foglio per il rilascio di certificati penali, l’incremento dei diritti consolari per i visti per soggiorni di lunga durata (da 116 a 130 euro) e per la domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana di persona maggiorenne (da 300 a 600 euro) e l’imposta sulla plusvalenza ottenuta da chi rivende casa entro 5 anni dall’acquisto che passa dal 20% al 26%. Valgono rispettivamente 25, 23 e 19 euro di gettito. Spiccioli nel bilancio dello Stato.

mercoledì 6 novembre 2019

Fmi: anche i Paesi Ue indebitati considerino “espansioni fiscali temporanee”

Fonte: W.S.I. 6 Novembre 2019, di Alberto Battaglia

La crescita europea è destinata a subire un deciso colpo negativo nel 2019: secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale, pubblicate nel Regional economic outlook, il Pil dell’Eurozona crescerà dell’1,4% nel 2019, quasi un punto in meno rispetto a un anno prima, e ripartirà a ritmo cauto, +1,8%, nel 2020. A soffrire di più il rallentamento saranno le economie più avanzate all’interno del blocco (+1,3% nel 2019, +1,5% nel 2020).
Il timore è che le difficoltà del settore manifatturiero, dovute alle tensioni commerciali, possa trasmettersi anche ai servizi, ha scritto il Fmi.
Al cuore del rallentamento c’è proprio la locomotiva tedesca, il cui Pil è previsto in rallentamento allo 0,5% per l’anno in corso e comunque sotto il punto di crescita nel 2020 (0,8%). Ancora una volta, l’appello del Fmi, in continuità con l’era Lagarde, è di coordinare a livello europeo “una risposta fiscale”, che si presuma debba partire proprio dalla spesa pubblica in Germania – un Paese in cui finanze sono fra le più solide. Ma non solo.
Anche i paesi con deficit e debito elevati, si legge nel report, dovrebbero considerare un “ritmo temporaneamente più lento di consolidamento fiscale o un’espansione temporanea” se si materializzeranno gli scenari negativi. E qui il messaggio potrà essere facilmente fatto proprio anche dal governo italiano, intenzionato a strappare dall’Ue quanta più flessibilità di bilancio sia possibile ottenere.
Sulla crescita dell’Italia il Fondo si era espresso già il mese scorso, portando le stime per il Pil del 2019 da una crescita dello 0,1% a zero; nei due anni successivi le previsioni sono di un progresso dello 0,5 e dello 0,8%.
Sul fronte dell’inflazione il Fmi prevede ancora una notevole distanza fra i livelli dei prezzi ritenuti ottimali dalla Bce, vicini ma al di sotto del 2%. Nel 2019 l’inflazione si fermerebbe all’1,2%, per poi salire nei due anni successivi all’1,4 e all’1,5%: se così fosse, difficilmente le politiche monetarie potrebbero spostarsi in senso restrittivo, come auspicato apertamente da vari banchieri del Nord Europa.

lunedì 4 novembre 2019

Svimez, Italia in trappola demografica: popolazione ha smesso di crescere dal 2015

Fonte: W.S.I. 4 Novembre 2019, di Alessandra Caparello

La popolazione dell’Italia ha smesso di crescere dal 2015, da quando continua a calare a ritmi crescenti, soprattutto nel Mezzogiorno e l’esaurimento del lungo periodo di transizione si è tradotto in una vera e propria trappola demografica nella quale una natalità in declino soccombe a una crescente mortalità. Così quanto rivela Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, nel Rapporto 2019.
Crisi demografica ed emigrazioni accentuano il divario Nord e SudLa crisi demografica e le emigrazioni accentuano i divari tra Sud e Centro-Nord dice l’associazione secondo cui dall’inizio del secolo a oggi la popolazione meridionale è cresciuta di soli 81 mila abitanti, a fronte di circa 3.300.000 al Centro-Nord. Nel corso dei prossimi 50 anni, sottolinea il Rapporto Svimez 2019, il Sud perderà 5 milioni di residenti di cui 1,2 milioni sono giovani e 5,3 milioni persone in età da lavoro, mentre il Centro-Nord perderà 1,5 milioni. Secondo l’Associazione inoltre, le immigrazioni contribuiscono ad accentuare gli squilibri tra le due aree del Paese. Nel 2018 gli stranieri con 4,4 milioni, sono quasi l’11% della popolazione del Centro-Nord e solo il 4,4% di quella meridionale.
Il Pil italiano, ipotizzando una invarianza del tasso di produttività, diminuirebbe nei prossimi 47 anni a livello nazionale da un minimo del 13% ad un massimo del 44,8%, cali di intensità differenti interesserebbero il Nord e il Sud del Paese: si ridurrebbero così le risorse per finanziare una spesa pubblica in aumento per il maggior numero di pensioni e per l’assistenza sociale e sanitaria.
Giovani continuano a fuggireIl Sud inoltre, dice il Rapporto, continua a perdere giovani, fino a 14 anni (-1.046 mila) e la popolazione attiva in età da lavoro da 15 a 64 anni (-5.095 mila) per il calo delle nascite e la continua perdita migratoria. Il saldo migratorio verso l’estero ha raggiunto i -50mila nel Centro-Nord e i -22 mila nel Sud. Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2.015 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati. Un’alternativa all’emigrazione è il pendolarismo di lungo periodo, che nel 2018 dal Mezzogiorno ha interessato circa 236 mila persone (10,3% del totale).
La riapertura del divario Centro-Nord Mezzogiorno, continua l’associazione, riguarda i consumi, soprattutto della PA. Nel dettaglio i consumi (+0,2%) sono ancora al di sotto di -9 punti percentuali nei confronti del 2018, rispetto al Centro-Nord, dove crescono del +0,7%, recuperando e superando i livelli pre crisi. Ma sono gli investimenti la componente più dinamica della domanda interna (+3,1% nel 2018 nel Mezzogiorno, a fronte di +3,5% del Centro-Nord). In particolare, crescono gli investimenti in costruzioni (+5,3%), mentre si sono fermati quelli in macchinari e attrezzature (+0,1% contro +4,8% del Centro-Nord).
Le previsioni macroeconomiche della SVIMEZ stimano il Pil italiano a +0,9% nel 2018, + 0,2% nel 2019 e +0,6% nel 2020. In particolare, il Centro-Nord sarebbe al +0,9% nel 2018, al +0,3% nel 2019, al +0,7% nel 2020. Una crescita, come si può vedere, molto modesta anche nelle aree più sviluppate del Paese. Al Sud nel 2018 l’aumento sarebbe del +0,6%, calerebbe a -0,2% nel 2019 e risalirebbe leggermente a +0,2% nel 2020.

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