giovedì 7 febbraio 2019

YEMEN, LA RIVELAZIONE DELLA CNN: 'Arabia Saudita ed Emirati passavano armi Usa a gruppi legati ad Al Qaeda'

Fonte: Informazione Consapevole Di Salvatore Santoru
 Una recente inchiesta della Cnn ha rivelato che armi statunitensi sono finite nelle mani di diversi gruppi impegnati nel conflitto dello Yemen, tra cui quelli jihadisti legati ad al QaedaCome riporta un articolo di Remocontro, la Cnn ha spiegato che le armi sono state fornite volontariamente dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti.

In tal modo, l'Arabia e gli Emirati hanno cercato di conquistare la fedeltà di milizie e clan locali e di aumentare la propria influenza geopolitica nell'area, tenendo anche conto che gli stessi gruppi e Al Qaeda risultano essere impegnati nella lotta contro i ribelli Houthi.
Su ciò c'è anche da dire che comunque, sempre secondo l'inchiesta, armi USA sono finite anche nelle mani del fronte antisaudita rappresentato dagli stessi Houthi.

mercoledì 6 febbraio 2019

Deutsche Bank: Germania sull’orlo della recessione

Fonte: W.S.I. 6 Febbraio 2019, di Alessandra Caparello

L’arresto della locomotiva tedesca è palese e dopo l’Italia anche la Germania si avvia verso la recessione. La stima arriva dagli esperti di Deutsche Bank secondo cui  per il trimestre in corso si prevede una contrazione dell’economia tedesca.
L’avvio dell’economia tedesca nel 2019 è stato molto deludente (…) l’evoluzione di diversi indicatori chiave ciclici ci sta dicendo che l’economia tedesca sta andando verso una recessione”.
Così ha commentato in un report l’economista di Deutsche Bank Sebastian Becke. Gli  indicatori a cui si fa riferimento sono la produzione industriale e la disoccupazione che potrebbero scendere al di sotto delle stime. Gli economisti della Deutsche Bank non hanno però rivisto le loro previsioni di crescita dell’1% per quest’anno, in attesa che l’ufficio statistico tedesco rilasci i dati del quarto trimestre il 22 febbraio prossimo. Nella prima valutazione del mese scorso, DB ha detto che la più grande economia europea ha schivato la recessione con un “leggero” aumento del prodotto interno lordo.
L’alert della più grande banca tedesca arriva pochi giorni dopo che anche il presidente della Bundesbank, il falco Jens Weidmann aveva dichiarato che la debolezza economica della prima economia della zona euro è stata portata a termine nel 2019 e porterà a una crescita significativamente inferiore a quella prevista poche settimane fa.

martedì 5 febbraio 2019

Euro, come bypassarlo affiancandogli un’altra moneta

Fonte: Il Fatto Quotidiano Zonaeuro | 5 Febbraio 2019
Niente lotta alla finanza internazionale, siamo seri, sarebbe pura follia. Difficilissimo ricontrattare le condizioni di appartenenza all’eurozona. La Bce (Banca centrale europea) è una “società privata”, in mano a capitali privati, che conducono i loro business con l’ottica del profitto, figuriamoci. Ma possiamo immaginare scenari nuovi, possiamo immaginare di affiancare a essa una circolazione monetaria supplementare, di borgo, localistica, glocal.
Bene, non sarebbe affatto la prima volta. Nella prima applicazione si è trattato di una decisione politica, nella seconda si è trattato di un fenomeno privato spontaneo, ma vasto e certamente risolutivo.
1. Subito dopo la guerra le “Am-lire“: ne furono stampate circa un milione di pezzi, per un valore di circa 167 miliardi di lire di allora, al cambio di 100 Am-lire per un dollaro. Questa operazione finì nel 1945 e contribuì allo scatenamento dell’inflazione, da cui (anche) derivò pochi anni più tardi una importante competitività dei prodotti italiani, insieme al bassissimo costo del lavoro.
2. Più tardi, 1975-1978, i “miniassegni“: furono un particolare tipo di denaro cartaceo che circolò in sostituzione degli spiccioli che in quel periodo scarseggiavano e che fino ad allora erano stati sostituiti da caramelle, francobolli, gettoni telefonici e in alcune città anche biglietti di trasporto pubblico. I primi miniassegni fecero la loro comparsa nel dicembre del 1975 (il 10 dicembre 1975 da parte dell’Istituto bancario San Paolo e aveva il valore di 100 lire) e successivamente vennero emessi da molte banche; avevano il valore nominale di 50, 100, 150, 200, 250, 300 e 350 lire. Furono chiamati così perché erano assegni circolari ma più piccoli di quelli normali.
L’escamotage con cui le banche aggirarono il divieto di emettere moneta (prerogativa esclusiva delle banche centrali) fu quello di emettere dei veri e propri assegni circolari di piccolo taglio intestati a enti e società; in teoria gli stessi sarebbero dovuti circolare con le varie girate dei soggetti che ne entravano in possesso, ma in pratica venivano scambiati di mano in mano come se fosse vera e propria moneta corrente. Anche alcuni grandi magazzini emisero dei miniassegni sotto forma di “buono merce” e circolarono persino dei miniassegni falsi. Ne circolarono 835 tipi diversi, emessi da 33 banche, per un ammontare stimato in oltre 200 miliardi di lire: fu un affare colossale per le banche dato che moltissimi di questi pezzetti di carta andarono distrutti, anche a causa della pessima qualità della carta o finirono in mano ai collezionisti o ancora dimenticati in qualche cassetto.
I miniassegni sparirono sul finire del 1978 quando l’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato fu finalmente in grado di sopperire alla mancanza di spiccioli provocata dall’inflazione che in quel periodo era elevatissima. Per una vera politica del ‘collaterale’ occorre rispettare due condizioni:
1. Lo Stato italiano, patti eurozona, non può emettere moneta: non ha sovranità monetaria.
2. Ogni e qualsiasi moneta collaterale non può essere riconosciuta al di fuori del confine. La nascita delle due società di compensazione è comunque un fatto privato, i rischi derivanti sono sempre privati.
In Europa da tempo esiste una sorta di “territorio di macchie di leopardo” nel quale queste monete vengono usate. Il problema, fosse soltanto per questi casi sporadici, già si pone come vasto e riconosciuto da molti angoli dell’Europa unita. Ma non è e non può essere la soluzione. Occorre una ipotesi organica, politica, programmata di lancio di una moneta collaterale lasciando lo Stato italiano garante dei patti con l’Eurozona. I centri potenziali possono essere enti pubblici e/o privati, una cosa è essenziale: che questo progetto discenda da una decisione organica, non affidata alla buona volontà di pochi. Un vero e proprio ‘progetto politico’ alla luce del sole.
L’euro, sia nella circolazione interna che nei rapporti monetari esterni continua a operare. Per pagare rate e interessi alla Finanza internazionale ci vogliono sempre euro, ma il fabbisogno di euro subisce variazioni in riduzione. Con il “collateral” è possibile operare sui piani diversi: è possibile imporlo per pagamenti (magari parziali) di stipendi di enti pubblici e/o privati; è possibile imporlo per pagamenti di merci italiane (es. nei supermercati); gli stipendi e/o paghe possono essere compositi (parte in euro e parte in collateral). Una moneta “collateral” nel circuito interno non comporta un aumento dell’inflazione: essa è governata dall’andamento dell’euro, che prosegue la sua strada indipendente. Può essere addirittura patrocinato dallo Stato italiano, che però non deve entrare nell’operatività. Un vero legalissimo e potente effetto glocal.
Zonaeuro | 5 Febbraio 2019

lunedì 4 febbraio 2019

Tria: vi spiego perché debito italiano è sostenibile

Fonte: W.S.I. 4 Febbraio 2019, di Alberto Battaglia

La politica economica del governo gialloverde è stata, in particolare agli esordi, giudicata irresponsabile per un Paese come l’Italia, il cui debito pubblico supera il 130%. L’annuncio di una battaglia con l’Europa sul deficit strutturale si è poi ridimensionata. Ma le opinioni sulla sostenibilità del debito pubblico continuano ad essere polarizzate. Sul fronte “pessimista”, si è espressa recentemente Bloomberg, definendo il debito italiano come il grande problema europeo.
Lo stato italiano potrebbe facilmente trovarsi nella condizione di non ripagare i suoi creditori? Anche se l’elevato bagaglio di debito costringe lo stato a mettere da parte buona parte del gettito fiscale per pagare gli interessi sui titoli di stato, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, è convinto che l’Italia sia lontana dal rischio insolvenza. In una recente lectio magistralis tenuta alla Columbia University di New York, il titolare di Via XX Settembre ha riassunto le ragioni che rendono solide le finanze italiane. Le ragioni per sentirsi al sicuro sono cinque.
  1. La ricchezza privata dell’Italia è una delle più alte del mondo, con un valore patrimoniale di almeno 9 volte reddito pro capite, in linea con i più ricchi della media Ue. Pertanto, il patrimonio netto complessivo del paese è solido e segnala un sistema economico resiliente e liquido”, ha affermato Tria. Va però ricordato che la ricchezza privata può rientrare nella disponibilità dello stato solo se prelevata tramite la tassazione: il che non rassicurerà i possessori di patrimoni, in particolare di immobili.
  2. Seconda ragione di solidità è ravvisabile nei “tassi d’interesse che scendono al di sotto della crescita media”. Fatto che rende “il debito è solo un apparente onere”. Secondo Tria, “i tentativi di consolidamento eccessivamente zelanti si sono dimostrati controproducenti”, probabilmente riferendosi all’esperienza del governo Monti. L’argomento sui tassi d’interesse inferiori al tasso di crescita media (nominale), è in qualche modo vincolato all’andamento dello spread. Di qui, probabilmente, la moderazione della Legge di Bilancio rispetto alle costose promesse elettorali. Basti ricordare la flat tax al 15% per tutti o la cancellazione della Fornero.
  3. La stabilità degli avanzi primari. Secondo Tria, il fatto che l’Italia da lungo tempo incassi più risorse dai cittadini di quelle che spende, prima del pagamento degli interessi sul debito, “dimostra che è determinata a ridurre il livello del debito continuamente e progressivamente”. Anche qui, i dubbi emergono su quanto avanzo primario sarebbe ottimale per conseguire una riduzione del debito che però non gravi sulla crescita economica.
  4. “In quarto luogo”, ha affermato Tria, “il debito italiano presenta un profilo temporale, una struttura di duration e un costo medio particolarmente favorevole, concentrato per il 72% in obbligazioni a lungo termine e un tasso medio di sostituzione di 6,7 anni. Inoltre, il debito è detenuto per il 70% da residenti italiani”.
  5. Quinta e ultima ragione per la quale il debito italiano non è considerato a rischio sarebbe rappresentata dal giudizio stesso dei mercati. “Nonostante l’imminente conclusione dell’allentamento quantitativo (Qe), il costo medio del servizio del debito è diminuito (nel 2018 l’Italia ha emesso 390 miliardi di euro di titoli di stato ad un costo medio di emissione dell’1,07%) e Credit Default Swap e gli spread sono rimasti ben al di sotto dei livelli precedenti al “whatever it takes” di Mario Draghi”.

test velocità

Test ADSL Con il nostro tool potrete misurare subito e gratuitamente la velocità del vostro collegamento internet e ADSL. (c) speedtest-italy.com - Test ADSL

Il Bloggatore