giovedì 12 febbraio 2015

Libertà di stampa, Italia giù al 73° posto: “Intimidazioni da criminalità e politica”

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 12/ 2 / 2015
L’Italia crolla nella classifica mondiale della libertà di stampa, realizzata come ogni anno da Reporter senza frontiere. Nel 2014 scendiamo al 73esimo posto, tra la Moldavia e il Nicaragua, perdendo ben 24 posizioni dall’anno precedente. La ragione, secondo il rapporto di Rsf pubblicato oggi, sono le sempre più frequenti intimidazioni che i giornalisti subiscono, da parte da parte di organizzazioni criminali e non solo. “La situazione dei giornalisti è peggiorata nettamente nel 2014″, si legge nel report, “con un grande incremento di attacchi alle loro proprietà, specie le automobili”. Rsf conta 43 casi di aggressione fisica e 7 casi di incendi ad abitazioni e vetture solo nei primi dieci mesi dell’anno. Ma non è solo la violenza fisica a limitare la libertà d’informazione nel nostro Paese. Il rapporto conta 129 cause di diffamazione “ingiustificate” contro i cronisti, sempre nei primi 10 mesi del 2014, mentre nel 2013 il dato si era fermato a 84. La maggior parte delle cause di questo tipo sono intentate da personaggi politici, e “costrituiscono una forma di censura“. I ricercatori citano la mafia italiana tra gli “agenti non statali” che soffocano l’informazione, insieme all’Isis, Boko Haram e ai cartelli della droga latinoamericani.
In generale, il World Press Freedom Index segna un peggioramento globale nel 2014: “Sotto attacco dalle guerre, dalle crescenti minacce di agenti non statali, da violenze durante manifestazioni e dalla crisi economica, la libertà dei media è in ritirata in tutti e cinque i continenti”, si legge nel report. In cima alla classifica della libertà d’informazione si accomodano, come di consueto, i paesi nordici: prima la Finlandia, seguita da Norvegia e Svezia. In fondo, anche qui senza sorprese, Turkmenistan, Corea del Nord e, fanalino di coda, l’Eritrea. La Francia guadagna una posizione fino al 38° posto, gli Usa ne perdono tre e vanno al 49°, il Giappone ne perde due e scende al 61°. Da segnalare il balzo in avanti del Brasile, che guadagna 12 posizioni e sale al 99° posto. Tra le altre nuove potenze, la Russia perde ulteriori 4 posizioni e scende al 152° posto, cioè nella fascia bassissima della classifica che contempla 180 posizioni in totale. Ma sempre meglio della Cina, che riesce a perdere una posizione sprofondando al posto numero 176. Stabile l’Iran al 176° posto.
Il peggioramento globale è “incontestabile”, scrivono i ricercatori di Rsf, che dal 2002 elaborano la classifica in base a una griglia di criteri che vanno dal pluralismo al numero di abusi e aggressioni ai danni della stampa registrati in un determinato Paese. “Nel 2014 c’è stata una drastica caduta della libertà d’informazione. Due terzi dei 180 Paesi censiti hanno avuto un risultato peggiore rispetto all’anno scorso”.
Tornando all’Italia, Rsf cita l’organizzazione Ossigeno per l’Informazione, che nel 2014 ha conteggiato 421 minacce a giornalisti, con un aumento del 10% rispetto al 2013. “Le  minacce di morte sono comuni e sono di solito recapitate sotto forma di lettere o simboli, come croci dipinte sulle automobili dei cronisti o proiettili inviati via posta”. Tra i casi citati, quello di Guido Scarpino del Garantista, la cui auto è stata data alle fiamme in provincia di Cosenz, “una roccaforte della ‘ndrangheta”. L’organizzazione criminale calabrese è annoverata da Reporter senza forntiere tra i “predatori della libertà di stampa”.
p.s.
ehm.... W la libertà; anche laddove asservita, in seguito al finanziamento pubblico all'editoria, non fa il suo mestiere ma si adegua.
p.s.
il giornale ha pubblicato anche due diagrammi che invito a legere cliccando qui F.Q.

mercoledì 11 febbraio 2015

Come e perchè siamo arrivati alle soglie della terza guerra mondiale

Fonte: La Notte (8/2/2015)
Le grandi elite finanziarie anglo-americane ci stanno portando lentamente alla terza guerra mondiale. Sarà questo l’epilogo del loro folle progetto di continuare a dominare  il mondo nonostante i 18.000 miliardi di dollari di debito degli Stati Uniti e nonostante la loro ormai conclamata inferiorità politixa ed economica rispetto alle altre due grandi potenze del pianeta la Russia e la Cina contro le quali hanno intrapreso una guerra commerciale folle e assurda.
Le grandi elite per preservare il loro primato  pensano a un nuovo ordine mondiale o a una Nato economica che comporterebbe la nascita di un unico governo mondiale per ora della parte occidentale del pianeta poi chissà se di tutto il mondo e pretendono che ogni regione del pianeta dovrebbe finanche sacrificare i suoi interessi e accettare il ruolo di colonia pur di conservare alle elite anglo americane questo primato economico e militare  sul  mondo. Il problema è che questa folle costruzione di questo assurdo nuovo ordine mondiale ormai non sta soltanto sulle pagine di Internet ma comincia ad avanzare anche nella vita reale di tutti i giorni e comincia a essere avvertito anche dalla nostra epidermide.
Il 12 marzo 2013 quindi non più tardi di due anni fa la Commissione europea capeggiata da Barroso, ha deciso di chiedere luce verde agli Stati membri per condurre in porto alcune trattative con gli USA. Dal sito dell’Unione Europea, si viene a sapere che un Consiglio economico transatlantico, incaricato di porre le condizioni di un vero partenariato fra Unione Europea e Stati Uniti  era già stato convocato nel 2007, ma poi fu rinviato per lo  scoppio della bolla speculativa del 2008. La “NATO economica” o il nuovo ordine mondiale è la prospettiva di un’unione commerciale e finanziaria tra Unione Europea e Stati Uniti e si configura – secondo i suoi detrattori – come una  annessione coloniale dell’Europa ai dettami commerciali e finanziari degli Stati Uniti e dei suoi alleati Gran Bretagna e Israele e come un tentativo di escludere dal mercato europeo e  da quello nordafricano e mediorientale ogni entità politica o estranea al continente europeo (Russia e Cina)o non perfettamente allineata con le direttive politiche anglo-americane.
Anche il destino dell’euro nell’ambito di questa costruzione è soggetto a tre spinte : c’è chi vorrebbe risolvere l’ormai irreversibile crisi dell’euro con un ritorno alle valute nazionali, marco compreso, c’è chi vorrebbe il consolidamento della situazione attuale (conferma dell’euro ma sganciato dal dollaro statunitense) e c’è infine chi propugna un’adozione del dollaro come moneta unica del mondo occidentale. Quando  il governo tedesco impartì a una tipografia svizzera l’ ordine di stampare i nuovi marchi tedeschi e dispose il deposito sempre in Svizzera di 1.500 tonnellate d’oro fu perchè il ministro delle finanze tedesco Schobel voleva portare la Germania fuori dall’euro proprio per non fare annettere il marco-euro dal dollaro in un momento in cui – evidentemente – prevaleva questa tesi
Tutta la pressione che viene esercitata contro il leader russo Valdimir Putin è generata dal fatto che il leader russo Vladimir Putin non intende uniformarsi all’ordine chiaramente impostogli dalla grandi elite finanziarie anglo-americane e funzionale al nuovo ordine mondiale di abbandonare il mercato europeo della fornitura del gas,  per lasciare campo libero a Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna, i primi due che dovrebbero commercializzare il gas dopo averlo liquefatto e quindi immagazzinato in grandi rigassificatori da realizzarsi su tutta la costa dell’Atlantico e la Gran Bretagna che dovrebbe commercializzare il gas dello stato dell’Azerbaijan azionista di BP attraverso il progetto TAP assorbendo ogni altra fonte di gas che si trova sul percorso, quindi anche quello greco.
La  storia del conflitti sul gas non ci pare sia stata mai raccontata per intero e vorremo brevemente qui di seguito cimentarci.
Quando ancora non erano stati scoperti ufficialmente gli immensi giacimenti di gas greci e israeliani che si trovano depositati sotto i fondali del mar Mediterraneo orientatale del mare Egeo e del Mar Jonio,  nell’anno di grazia  2007 la Commissione europea capeggiata da Barroso aveva concordato con lo Stato dell’Azerbaijan la realizzazione di un grande gasdotto che avrebbe dovuto portare gas dall’Arzebaijan all’Europa in alternativa a quello di Gazprom, chr sarebbe dovuto essere soppresso.
Questa operazione aveva due finalità: da un lato favorire una delle tre nazioni dell’asse anglofono la Gran Bretagna il cui ente petrolifero BP aveva fatto grandi  investimenti in Azerbaijan, dall’altro lato cominciare a ridurre l’approvvigionamento del gas  da parte di Gazprom, che aveva stabilito in Europa nell’erogazione del gas una sorta di  monopolio. Ma in realtà ne aveva pure un terzo non detto: escludere completamente la Russia da un mercato transeuroatlantico del gas che doveva registrare in Europa solo la presenza di imprese americane canadesi e inglesi.
Senonchè in controtendenza con questo progetto nello stesso anno di grazia 2007 e precisamente il 23 giugno 2007  Eni e Gazprom firmano un memorandum d’intesa per la realizzazione di un altro grande gasdotto oltre quelli minori che Gazprom già gestisce in Ucraina (il cui rapporto  va in scadenza nel 2019) e in  Bielorussia. Questo grande gasdotto si chiamerà South Stream e dovrà portare gas da una cittadina russa sul Mar Nero fino in Italia e fino all’Europa centrale. L’operazione evidentemente era contrastata in quanto assentita solo da Francia Italia e Germania ma non da Gran Bretagna e Stati Uniti  perché prevedeva che il 30% di tutti gli appalti per la realizzazione del gasdotto sarebbe andato ad aziende francesi e tedesche e il 20% ad aziende italiane.
Senonchè nell’aprile 2010 si verifica il grave disastro ecologico nel Golfo del Messico per via della fuoriuscita nel mare del Messico inlocalità Macondo di circa 800.000 barili di petrolio  corrispondenti a 127 milioni di litri per un danno calcolato in 32 miliardi di dollari. Questo grave incidente  stava portando la B.P. inglese a fallire.
Questo  default  però sarebbe stato più sciagurato di quello di Lehman Brothers in quanto avrebbe avuto forti riflessi negativi sul sistema bancario americano. Allora il presidente degli Stati Uniti Barak  Obama concordò con il Primo ministro britannico David Cameroon la necessità di ripulire il Golfo del Messico senza per questo mettere la Bp con le spalle al muro. Occorreva però rastrellare 32 miliardi di dollari necessari a coprire i costi parziali della fuoriuscita di Macondo e a sanare 17 miliardi di perdite finanziarie,
Il primo passaggio di BP fu la cessione di alcune azioni della società. Poi BP cedette anche  una parte dei suoi diritti nelle attività estrattive in Texas, Canada ed Egitto per 7 miliardi di dollari. Infine il dimissionario amministratore delegato Tony Hayward sondò diversi governi stranieri alla ricerca di un fondo sovrano che fosse disposto a investire nella compagnia e selezionò come migliore disponibilità quella offerta dall’Azerbaigian, paese che praticamente è seduto su un mare di gas e di petrolio e nel quale Bp già aveva  investito svariati miliardi di euro tra l’acquisto di giacimenti di gas, giacimenti di petrolio, trasporti e infrastrutture varie. Lo State Oil Fund of Azerbaijan (Sofaz) diventò quindi un grande azionista di BP. Contemporaneamente si pensò di allargare lo spazio di attività del gasdotto dell’Arzebajan in Europa e di comprimere quello concorrente di Sout Stream fino a sopprimerlo anche perchè serpeggiava la preoccupazione in una parte del governo americano e segnatamente nel sottosegretario di Stato Hillary Clinton che i proventi della vendita del gas acquisiti dalla Russia si trasformavano poi in investimenti in armamenti militari con grave danno per la sicurezza degli Stati Uniti. E cominciò allora tutta una lotta per avversare e sabotare il progetto Sout Stream fino a quando il governo degli Stati Uniti non invitò formalmente il governo bulgaro a denegare il passaggio delle condutture gasifere russe sul proprio territorio, per cui del progetto qualche anno dopo non se ne potette fare più nulla. Il contratto con l’Ucraina in scadenza nel 2019 non sarebbe stato rinnovato perchè l’Ucraina nel frattempo era diventata una nazione ostile per la Russia, per cui la Russia è costretta  ad andare alla ricerca di un’alternativa che bypassasse la Bulgaria per  realizzare un nuovo grande gasdotto in proprio.
Nello stesso anno del grave incidente nel Mare del Messico cioè nel 2010 (ottobre) venne ufficializzata la scoperta di altri gradi giacimenti gasiferi e petroliferi situati nel mare Egeo e nel mar Ionio intorno alla Grecia e nel mar Mediterraneo Orientale di fronte a Israele e in minor misura anche di fronte alla striscia di Gaza, alla Siria al Libano e alla Turchia.
Questa scoperta avrebbe dovuto modificare  tutti i precedenti progetti perché a questo punto le nazioni interessate a far transitare i gasdotti nel territorio della Grecia per arrivare in Italia attraverso l’Adriatico sarebbero stati almeno quattro (Arzebajan, Grecia Israele e Quatar, anche quest’ultimo detentore di ricchi giacimenti gasiferi). Ma evidentemente  poichè non è possibile che da uno stesso territorio (la Grecia) transitino quattro gasdotti in file per due e men che meno è possibile far approdare a San Foca nel Salento quattro gasdotti anziché uno solo c’è chi pensò già da allora  di distruggere finanziariamente la Grecia in modo che uno dei concorrenti veniva eliminato. Il Quatar per entrare in partita doveva a sua volta distruggere militarmente la Siria perché si rifutava di lasciar passare dal suo territorio gli oleodotti e i gasdotti che avrebbero dovuto portare gas e petrolio quataregno in Europa. come pure presumibilmente avrebbe fatto anche con Israele.
Ma se la Grecia, nazione europea, aveva il suo gas logica avrebbe voluto che si dovesse necessariamente privilegiare il gas della Grecia nella selezione del gasdotto.. Peraltro mi chiedo: qual’èra la necessità che il gas dell’Arzebaijan puntasse a essere commercializzato a Occidente e non a Oriente? E’ evidente invece che le grandi elite finanziarie anglo-americane avevano deciso di continuare a privilegiare ugualmente il progetto TAP e di orientare il gas  dell’Azerbajan verso l’Europa sacrificando e boicottando una possibile estrazione e commercializzazione del gas greco da parte della stessa Grecia.
Da tutte queste esigenze le grandi elite finazniarie elaborano una doppia strategia in parte militare in partre politca nella quale rientra anche l’impiego dell’Isis forza terroristica creata ad arte nella quale secondo le accuse velenose di Hillary Clinton sarebbe stato coinvoltoi anche l’attuale presidente degli Stati Uniti Barak Obama. “Una volta Barak Obama mi disse” – riferisce Hillary Clinton: “se devo rovesciare dei regimi non posso farlo conle parrucchiere e i contadini. Ho bisogno di professionisti. Io dopo capii”.
Quali erano questi regimi che Barak Obama si proponeva di rovesciare? Essenzialmente cinque: Tunisia Libia Egitto Siria e Iran. La creazione delll’Isis formazione terroristica aveva quindi in origine le seguenti finalità 1. supportare le rivolte in Mali e in Libia contro la penetrazione economica della Cina anch’essa sgradita quanto quella russa in Europa attraverso il gas; 2. rovesciare il regime di Gheddafi che ne era diventato un alleato; 3. deporre il leader siriano Assad e sostituirlo con una leaderschip che avesse consentito il passaggio delle condutture gasifere del Quatar attraverso la Siria  3. organizzare una sorta di pulizia etnica delle popolazioni alawite curde sciite cristiane e di altre popolazioni che non si rifacevano al radicalismo sunnita in Siria secondo l’impostazione, diciamo così più moderata, in Siria e in Irak secondo l’impostazione più radicale ;  4.scatenare e combattere una grande guerra regionale fra sunniti e sciti per avere il pretesto di distruggere i siti nucleari iraniani .
La strategia politica per tutelare il gasdotto dell’Arzebaijan era invece fondata su una sciagurata gestione dei conti pubblici in Grecia, tendente a far precipitare la Grecia nel debito affinchè la Grecia fallisse e quindi svendesse all’Azerbaijan a prezzo vile i suoi diritti estrattivi sui ricchi giacimenti gasiferi del mare Egeo, i quali – sia detto per inciso – valgono  non meno di 700 miliardi di euro (quindi comunque il doppio di tutto il suo debito pubblico) .La scoperta dei giacimenti greci ufficialmente è del 2010,in realtà essa risale per lo meno al 2008  perché è a partire  da questa data (2008) che i greci vengono pressati da Angela Merkel e da Nicolas Sarkozy per praticare politiche sul debito suicide attraverso un’imponente spesa militare. Kostas Karamanlis, grande amico della Merkel preside il governo greco dal 2004  ma solo partire dal 2008 e fino a quando rimane in carica nel 2009 si mette a fare spese pazze per la difesa. Tanto per dare un’’idea egli commissionò ben 170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca. Gli stessi  capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di strumenti bellici. Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp tedesca.
La spesa era così inutile e folle che il suo successore, George Papandreou si è sempre rifiutato di farseli consegnare al punto da far svolgere una perizia tecnica dai suoi ufficiali della Marina, che finì col dire che quei sottomarini non reggevano il mare. La verità, disse il suo vice Teodor Pangalos, è che «ci vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno!”.  Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non poteva dire sempre di no. A marzo del 2012 cede e la Grecia ottiene uno sconto, invece di 4 sottomarini ne acquista  2 al prezzo di 1,3 miliardi di euro. La Grecia ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403 milioni di euro. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-Bendit. Papandreou deve pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi nel maggio del 2010 firma un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro. Alla fine Papandreou non ce l’ha fatto più e ha rafforzato le sue resistenze, minacciando di uscire dall’euro. Allora la Merkel si è liberata di lui sostituendolo con il più docile Papademos (l’later ego di Mario Monti in Grecia) . con il quale i programmi militari sono ripartiti alla grande. La Grecia ha acquistato altri 60 caccia intercettori.
Nel 2012 Papademos brucia  il tre per cento del Pil (prodotto interno lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si potevano permettere tanto.  Il fatto è che sia Angela Merkel che Nikolas  Sarkozy ricattavano il governo greco: se volete gli aiuti, – dicevano -, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre navi da guerra. Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere più armi furono denunciate finanche dalla stampa tedesca allibita per il cinismo della Merkel, che imponeva sacrifici ai cittadini ellenici per poi pretendere di favorire l’ industria bellica della Germania  Nel 2012 la Grecia impegnò una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011..  Anche il Portogallo, altro Paese con l’ acqua alla gola e al quale Germania e Francia avevano imposto la stessa ricetta,acquista armi in cambio di aiuti ed ora anche il Portogallo è ormai vicino al default. Quindi non c’è stato solo il fatto che i produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei loro governi per vendere la propria merce. C’è stato di più, C’è stata la volontaria cosciente determinazione di distruggere finanziariamente un paese. La Grecia è uno di quei paesi indebitati che ha fatto si che nel mondo le spese militari crescessero paurosamente e nel 2011 hanno raggiungessero i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più rispetto al 2001.
Intanto quando già stavano per accantonare il progetto  Sout stream e quindi andavano alla ricerca di alternative nel 2013 i russi molto ingenuamente si propongono a Cipro per acquisire i diritti di estrazione dei suoi giacimenti gasiferi.
Per ingraziarsi la benevolenza dei dirigenti dell’isola i dirigenti della Russia fanno anche dei prestiti a Cipro per alleviare la sua situazione economica. E quindi si offrono di rimettere in ordine i conti della banche cipriote in cambio dell’esclusiva su alcune aree di trivellazione nel Mediterraneo in cerca di gas naturale.
La reazione della grandi elite finanziarie angloamericane di fronte a questa penetrazione russa fu una reazione sconvolgente. Con il pretesto che Cipro fosse è superindebitata e stesse per arrivare al default il Fondo Monetario Internazionale dispone un maxi prelievo sui conti correnti di Cipro che genera il panico tra gli oligarchi russi, Infatti il 68% di quei depositi bancari  di Cipro appartengono a cittadini russi. I quali utilizzano Cipro come una sorta di loro Svizzera per riceverne favori fiscali e una totale libertà di movimento dei capitali Quindi la Russia sarebbe stata la prima danneggiata dal maxiprelievo sui conti correnti di Cipro. E in proporzioni pesantissime: 27 miliardi di dollari, sui 68 depositati sui conti correnti dell’isola,
Ma in cambio degli aiuti per circa 10 miliardi di euro,  il presidente cipriota Nicos Anastasiades si troavava impegnato a fare approvare un provvedimento per eseguire un prelievo obbligatorio una tantum dai conti correnti nelle banche di Cipro. L’operazione avrebbe consentito di trovare le risorse per salvare il sistema bancario cipriota e mettere in sicurezza i conti pubblici. Alla fine si trovò un compromesso ma certamente la reazione del FMi era stata molto dura e aggressiva nei confronti dei russi. I quali si fasnno molto più prudenti nei confronti della Grecia dove cercano di acquistare la rete del gas. Ma Stati Uniti e Unione Europea si oppongono e la DESFA, azienda statale greca che si occupa di gasdotti anch’essa soggetta a privatizzazione viene ceduta alla Socar, l’azienda statale azera, che è la stessa che ha detiene le maggiori azioni per realizzare il gasdotto delkla TAP dietro al quale – come  abbiamo visto – si nascondeva la BP inglese
Il 28 giugno 2013, il Consorzio Shah Deniz II seleziona come progetto vincente per il trasporto del gas dell’Azerbaigian in Italia e in Europa preferendolo al progetto concorrente Nabucco West. Il 19 settembre 2013 EnelHeraShellE.ONGas Natural FenosaGdf SuezAxpo, Bulgargaz e Depa firmano a Baku con il Consorzio Shah Deniz II i contratti di fornitura per la più importante vendita nella storia del gas dell’umanità (si stima: 130 miliardi di Euro) che come si vede è una somma di gran lunga superiore ai 32 miliardi di dollari necessari a coprire i costi parziali della fuoriuscita di Macondo
Il 1º dicembre 2014 nel corso di una conferenza stampa con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.il presidente della Russia Putin dichiara di voler abbandonare il progetto.Sout Stream
Poco tempo dopo però Putin ricompare sulla scena e dichiara di aver trovato un altro patenr disponibile a far transitare un gasdotto russo  dalle parti balcaniche bypassando la Bulgaria. E questo nuovo patner a sorpresa è la Turchia che è la stessa nazione che dovrebbe acconsentire al passaggio sul suo territorio delle condutture della TAP.
Russia e Turchia hanno concordato – dice un annuncio –  il tracciato del gasdotto che dai giacimenti russi attraverserà il Mar Nero virando poi sulla Turchia. Il progetto sarà realizzato dalla russa Gazprom e dalla turca Botas. Seicentosessanta chilometri del nuovo tracciato ripercorreranno la stessa rotta del corridoio South Stream, mentre altri 250 solcheranno i confini tra Turchia e Grecia. Le prime condotte, la cui capacità di trasporto sarà di 15.750 milioni di metri cubi di gas, saranno operative entro il dicembre del 2016. In totale, la capacità delle quattro ramificazioni sarà di 63 miliardi di metri cubi.
Con la Bulgaria fuori dai giochi e il contratto tra Gazprom e l’ucraina Naftogaz in scadenza nel 2019, la Grecia potrebbe ritagliarsi un ruolo di primo piano come avamposto energetico della Russia in Europa. Finora UE e Stati Uniti si sono oppositi alla vendita di quote della rete del gas pubblica greca a Gazprom, ma lo scenario ora potrebbe cambiare.
E  mentre prima si cominciava a pensare se far passare  il gas israeliano dalla Turchia oppure dalla Greecia, e non si sentiva  parlare affatto del possibile sfruttamento del gas greco, ora sicuramente se ne parlerà e l’strazioone del gas è in verità l’unica soluzione che potrebbe dare un po’ di speranza a questi nostri sfortunati contarranei europei giacchè lì ci sono risorse che potrebbero non solo annullare il debito ma addirittura portare a un surplus el bilancio di ben 300 miliardi di euro. Bleu Stream passando dalla Turchia e dalla Serbia porterà il gas russo in Austria e di lì in Europa Centrale. Già ma poi il gasdotto della TAP tanto voluto da Hillary Clinton in funzione anti-russa e in funzione delle elite del mercato unico transeuroatlantico che fine farà?
Michele Imperio.

martedì 10 febbraio 2015

Consecutio temporum

Fonte: Facebook il contropelo di radio capital (alias Massimo Rocca)
Dunque abbiamo appreso dall’irritata risposta del nostro ministro dell’economia Padoan, alle indiscrezioni del parigrado greco Varoufakis che il nostro debito è solido e sostenibile. O meglio forse lo avete appreso voi, se siete particolarmente distratti. Perchè la notizia è di pubblico dominio da anni e perfino i giornali italiani se ne erano accorti, almeno nel dicembre del 2013. Basta fare una ricerca internet con le parole sostenibilità debito italiano. Ma se è vero oggi con un debito al 133 e passa per cento, con tre anni di calo del Pil alle spalle, come facevamo ad essere a rischio default nel novembre del 2011 con un debito al 118% e un Pil marginalmente positivo? Come mai eravamo nella bufera dello spread, il Colle ammoniva, Monti planava e Fornero esodava? O non era vero niente allora o non è vero niente oggi. O meglio era vera una sola cosa ieri come oggi. Che i conti non c’entravano nulla. Che c’entra, solo, la decisione politica di chi usa i dati per decidere chi saranno i sommersi e chi i salvati.
p.s.
Chiaro? se doveste avere ancora dei dubbi...... leggete:
  1. dal Fatto Quotidiano la dichiarazione di Berlino in merito alla concessione di un prestito ponte di 6 mesi proposto dalla Grecia;
  2. da Repubblica.it l'intervista a Michael Pettis (economista di Wall Street China) dove mette il dito nella piaga nel senso che sostiene, e non ho motivi di dubitarne) che la compressione dei salari dei lavoratori tedeschi, processo partito per volontà del socialdemocratico Schroeder, iniziata nel 1998 al 2014 ha creato una montagna di liquidità in marchi ed in euro (oltre ad avere come riflesso l'abbassamento verticale della produttività dei lavoratori tedeschi) che non si è diretta verso l'economia reale ma ..... verso investimenti finanziari e mobiliari proprio in Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda (dell'italia non si fidavano e fanno bene).

lunedì 9 febbraio 2015

Lista Falciani, con la delega fiscale i nuovi reati non sarebbero più contestabili

Fonte: | 9 febbraio 2015
Oltre 3.000 ispezioni, 740 milioni evasi al fisco, 1.200 adesioni allo scudo fiscale. Continuano ad emergere dettagli sui contribuenti italiani che hanno scelto di portare i loro capitali in Svizzera e i cui nomi sono finiti nella cosiddetta “lista Falciani“, l’elenco di personaggi con oltre 100 miliardi di dollari di depositi in Svizzera trafugato e girato alle autorità fiscali dall’omonimo ex dipendente dell’istituto oltre 5 anni fa. Ma in Italia le nuove regole contenute nella delega fiscale messa a punto dal governo Renzi potrebbero rendere impossibile perseguire eventuali nuovi reati.
Secondo finti della Guardia di Finanza, a fronte di 5.439 nominativi di italiani inclusi nella lista e segnalati ai Reparti delle Fiamme Gialle, sono stati conclusi 3.276 interventi ispettivi, con la constatazione di elementi positivi di reddito non dichiarati per 741.755.879 euro, e per 4,5 milioni di Iva. Le altre posizioni non sono state approfondite in considerazione del fatto che i soggetti indicati risultavano non aver effettuato movimentazioni. L’attività ispettiva svolta dalla Gdf ha portato alla denuncia di 190 soggetti per reati tributari e alla scoperta di 101 evasori totali. Ad oggi l’attività svolta dalle Fiamme Gialle ha consentito di riscuotere circa 30 milioni di euro. Non solo: oltre 1.200 (in totale 1.264) “controllati” hanno opposto l’adesione allo scudo fiscale per un ammontare di capitali rimpatriati pari a 1.669.075.253 euro.
Sui potenziali effetti dell’inchiesta potrebbe presto abbattersi, tuttavia, la scure della delega fiscale. Eventuali nuovi nomi della lista Falciani, infatti, non potrebbero più essere contestati penalmente, poiché testo del decreto modifica i tempi per le contestazioni penali: era già stato approvato dal governo e, dopo le polemiche sulla norma di impunibilità penale sotto il 3% – che avrebbe avuto impatto anche sulla condanna dell’ex premier Silvio Berlusconi – tornerà all’esame del consiglio dei ministri il prossimo 20 febbraio.
Oggi la legge concede agli ispettori fiscali il raddoppio dei termini di contestazione per i reati tributari, rispetto agli accertamenti di tipo amministrativo. In pratica, rispetto ai 4 anni fissati per inviare una cartella tributaria gli uomini del fisco hanno ora 8 anni per interessare una procura di eventuali reati penali. E’ un allungamento dei tempi previsto dall’attuale normativa vista la maggiore complessità che richiedono le indagini contro truffe e artifizi realizzati spesso con triangolazioni internazionali.
La nuova strategia contenuta nei decreti delegati, invece, potrebbe avere sulla lista Swissleaks l’effetto di spuntare le armi contro eventuali reati. Le nuove norme, che avevano già ricevuto il via libera del Consiglio dei ministri e che non sembrano in contestazione, contenevano un articolo con “modifiche alla disciplina del raddoppio dei termini” per presentare le denunce penali. “Il raddoppio – recita il nuovo testo – opera a condizione che la denuncia sia presentata o trasmessa entro la scadenza dei termini ordinari”.
La lista Falciani è del 2009. Il fisco nel passato ha già attivato controlli e contestazioni, ma – è la preoccupazione che circola in ambienti tributari – se dovessero emergere nuovi nomi o nuovi reati il tempo risulterebbe scaduto: non potrebbero essere più contestati davanti al giudice. L’unica chance rimasta è quella di una corsa contro il tempo, prima dell’approvazione delle nuove norme: una corsa ad ostacoli vista la complessità tecnica degli adempimenti necessari per avviare una contestazione penale.
p.s.
in poche parole questo governo sta approvando una norma che santifica proprio quelli che in altri paesi , con i tempi che corrono, si troverebbero (e ci si troveranno) in acque molto ma molto mosse..... ma siamo sempre italians, no?

domenica 8 febbraio 2015

Grecia e Germania: nervi scoperti e memoria corta

di dal Fatto Quotidiano del 5 febbraio 2015
A Yanis Varoufakis piace la storia. Ormai pare scontato, considerato che il ministro delle Finanze greco continua da giorni a fare riferimento ad eventi del Novecento per provare a far capire meglio quale sia la situazione della Grecia e cosa si dovrebbe fare per trovare una soluzione comune, veloce e indolore (per loro). Purtroppo, dall’altra parte, ha degli interlocutori che non dimostrano di essere esattamente sulla stessa lunghezza d’onda, e di credito, del responsabile economico del nuovo governo Tsipras: tra il presidente della Bundesbank e il ministro delle Finanze tedesco, i “no” alle ipotesi di rinegoziazione del debito e degli accordi e scadenze che legano la Grecia alla troika si sono fatti sentire con puntualità mitteleuropea. Weidmann e Schäuble non fanno sconti, e c’era da aspettarselo.
Nonostante il tempo incalzi, le dichiarazioni e le conferenze stampa che seguono il tour di Varoufakis e Tsipras in giro per l’Europa per capire nell’immediato quali siano gli amici e quali i nemici lasciano il dibattito, almeno per il momento, sul piano delle schermaglie verbali. Varoufakis, tuttavia, proprio oggi pare aver messo a segno un colpo da 100 punti: il ministro ha dichiarato, infatti, che “la Germania sa bene che cosa può succedere quando si scoraggia troppo a lungo una nazione orgogliosa e la si espone a trattative e preoccupazioni di una crisi del debito deflattiva, senza luce alla fine del tunnel: questa nazione prima o poi fermenta”. Il riferimento a Weimar e all’ascesa del nazionalsocialismo è chiaro, e sia a Francoforte che a Berlino siamo abbastanza sicuri che sia stato capito e recepito.
Le circostanze storiche (non guardiamo solo all’economia) erano profondamente diverse, ed è abbastanza improbabile che ad Atene accada qualcosa del genere. Non è di poca importanza però, paradossalmente, il fatto che la situazione attuale abbia invertito i ruoli che Grecia e Germania hanno avuto nel secolo scorso quando (già) si parlava di debiti, saldi e restituzioni. I due Paesi si sono scontrati in due occasioni su questi temi: nel 1953, quando il London Debt Agreement (“accordo sul debito di Londra”, ndr) riformulò le condizioni di rimborso dei debiti accumulati dalla Germania dal 1919 al 1945 – perlopiù verso le potenze occidentali vincitrici – regalando ai tedeschi uno sconto approssimativamente del 50% sul totale da restituire; nel 1990, quando il rimanente debito tedesco, invece di essere saldato definitivamente come previsto dagli accordi di Londra, praticamente si dissolse nel nulla per favorire la ricostruzione di uno Stato unificato da soli pochi mesi. La Germania, nonostante ciò, dal 1991 pagò a rate obbligazioni per un valore di 239,4 milioni di marchi tedeschi, le uniche rimaste in piedi secondo i termini del trattato di Londra, e cominciò a stipulare accordi bilaterali nei confronti di alcuni Paesi – in particolare nei confronti di quelli che avevano fatto parte del blocco sovietico e che, di conseguenza, erano stati ignorati dagli accordi del 1953 – a titolo di rimborso e compensazione. La Grecia, in entrambi i casi, si oppose agli sconti ai tedeschi, pur rimanendo inascoltata dagli alleati in nome del perseguimento di un bene superiore: la riabilitazione della Germania e il suo protagonismo nella realizzazione del progetto europeo.
Sebbene, da un lato, la Grecia possa apparire al centro di uno dei più classici contrappassi danteschi, allo stesso tempo va detto che i tedeschi non sembrano avere una memoria particolarmente lunga e allenata. Il problema del debito greco e la sua soluzione fanno parte di quella che è stata la storia della Germania stessa. Possibile che a nessuno, dalle parti di Berlino, venga in mente di dare un’occhiata alle proprie spalle e cercare di arrivare a una soluzione più morbida e condivisa, invece che continuare a “essere d’accordo sull’essere in disaccordo” (cit. Schäuble oggi, durante la conferenza stampa con Varoufakis) con gli ellenici? Anche in questo caso ci sarebbe un risultato più grande all’orizzonte: la permanenza della Grecia nell’eurozona, e ancor di più nell’Unione, non è certamente cosa da poco.
p.s.
se l'articolista ha ragione, e credo che sia nel giusto, il futuro della UE liberista (non del sogno europeo) è nelle mani non di chi deve restituire soldi ma dei suoi creditori.... temo, però, che finchè non vedranno aumentare l'onda della protesta agli altri paesi europei che si trovano nelle stesse condizioni de greci o, per dirla meglio, finchè in Spagna non vincerà Podemos e in Francia Lepen a Berlino continueranno a fare orecchie da mercante e a tenere l'attenzione fissa sui conti e sui profitti: una cosa da ragioniere non certo da prima economia del vecchio mondo..... d'altronde da bravi liberisti quali sono non possono fare altrimenti visto che la situazione li favorisce ancora.

test velocità

Test ADSL Con il nostro tool potrete misurare subito e gratuitamente la velocità del vostro collegamento internet e ADSL. (c) speedtest-italy.com - Test ADSL

Il Bloggatore