venerdì 3 febbraio 2017

IL MURO TRA USA E MESSICO, INIZIATO DA GEORGE HW BUSH E CONTINUATO DA BILL CLINTON NONCHE' SVILUPPATO DA GEORGE W BUSH


Di Salvatore Santoru

Quando si parla del fatto che Trump vuole "costruire un muro" con il Messico spesso ci si dimentica che un muro esiste già tra il confine statunitense e messicano e non l'ha fatto costruire Trump.
Le sue fasi iniziali sono da farsi risalire al 1990 sotto la presidenza George H. W. Bush(1),e non Clinton come sostengono molti trumpiani,quando la polizia di frontiera elaborò allora la strategia “Prevenzione attraverso la Deterrenza”.
Per quanto riguarda Clinton, egli ampliò la struttura nel 1994 mentre un'ulteriore e fondamentale ampliamento è stato dovuto a una decisione del governo di George W. Bush(2), con l'autorizzazione della risoluzione 6061 (H.R. 6061), il cosiddetto "Secure Fence Act",votato (in seguito comunque criticato) tra l'altro anche da Hillary Clinton e dall'allora senatore dell'Illinois Barack Obama(4).

NOTE:

(1)http://www.ilpost.it/2017/01/31/muro-messico-trump-clinton-obama/

(2)https://it.wikipedia.org/wiki/Barriera_di_separazione_tra_Stati_Uniti_d'America_e_Messico#L.27iter_burocratico_della_risoluzione

(3)https://it.wikipedia.org/wiki/Secure_Fence_Act_of_2006

(4)http://www.zerohedge.com/news/2017-01-30/flashback-2006-senators-clinton-obama-vote-secure-fence-act-bush-signs-bill,http://www.cnsnews.com/news/article/obama-clinton-back-border-fenc

giovedì 2 febbraio 2017

Conti pubblici....

di | 2 febbraio 2017 Il Fatto Quotidiano

davanti al malcontento Ue Padoan tenta la marcia indietro: “Interventi al più tardi entro aprile”

Nemmeno venti ore dopo aver inviato a Bruxelles una lettera di risposta che rinvia la correzione dei conti pubblici e non specifica a quanto ammonterà, il ministro Pier Carlo Padoan ingrana la marcia indietro. E, parlando davanti a un’aula del Senato quasi vuota, spiega che “l’aggiustamento della dinamica del saldo di finanza pubblica è indispensabile” – aggettivo identico a quelle utilizzato poco dopo dal commissario agli affari economici Pierre Moscovici – e assicura che gli interventi verranno adottati “al più tardi entro fine aprile”, ma “è molto probabile che alcune misure saranno prese anche prima della scadenza”.
Il motivo della giravolta è presto detto: fonti della Commissione non hanno nascosto l’insoddisfazione per i contenuti ambigui della missiva ricevuta mercoledì, in cui il governo italiano non spiega se intende ridurre l’indebitamento dei 3,4 miliardi chiesti dalla Ue e anzi anticipa che i nuovi eventi sismici richiederanno un esborso “molto probabilmente superiore a 1 miliardo di euro già nel 2017”. Lasciando intendere che quella cifra andrebbe scorporata dallo sforzo strutturale chiesto alla Penisola. Ora il titolare di via XX Settembre teme che il malcontento per quella risposta – scritta evidentemente tenendo conto dei desiderata dell’ex premier Matteo Renzi – possa sfociare in una procedura di infrazione, anche se Moscovici ha detto che “il suo obiettivo è evitare procedure”, non aprirle.
Se il commissariamento scattasse, il risultato sarebbe catastrofico per l’Italia e Padoan lo sa bene: “Comporterebbe una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica e, soprattutto, comporterebbe costi ben superiori per la finanza pubblica del paese” rispetto ai 3,4 miliardi di correzione richiesta. Di conseguenza ci sarebbe “una sottrazione di risorse per il pubblico, la crescita e l’occupazione, a seguito del probabile aumento dei tassi d’interesse” sul debito. Insomma, “l’ipotesi di una possibile procedura di infrazione è estremamente allarmante“.
Resta il fatto che il governo, per ragioni squisitamente politiche vista l’ipotesi di elezioni anticipate, ha deciso di intervenire non attraverso una manovra estemporanea “ma attraverso misure bilanciate di aggiustamento e sostegno” della crescita. E non subito, ma in primavera. Scelta a cui la Commissione risponderà con una decisione inevitabilmente altrettanto politica, tenendo conto del fatto che se l’Italia andrà alle urne prima della fine della legislatura gli impegni di Gentiloni e Padoan risulteranno di fatto azzerati e il balletto ripartirà con un nuovo esecutivo. In questo quadro, le precisazioni del giorno dopo lasciano il tempo che trovano.
di | 2 febbraio 2017

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E' vero che in base alla Costituzione accettiamo limitazioni di sovranità.. ma quando è troppo è troppo!! La Germania è in surplus economico da alcuni anni ed è ben oltre il limite imposto dai regolamenti UE e la passa liscia e noi no?
E' anche vero che abiamo politici da due soldi.. ma possiamo sempre sopportare questi soprusi?

mercoledì 1 febbraio 2017

Matteo Renzi, vi spiego perché vuole votare subito

di | 1 febbraio 2017  Il Fatto Quotidiano

Se i disgustati dal partito se ne andranno, rimarranno solo i disgustosi”. E’ una frase che mi ha colpito molto. L’ha pronunciata giorni fa uno dei molti sostenitori di Benoit Hamon, espressione della cosiddetta sinistra radicale, che ha vinto le primarie socialiste francesi. Altri suoi sostenitori ritenevano che lo sconfitto Valls avesse pagato lo spostamento verso il centro del partito, snaturandolo e rovinandolo, “proprio come Renzi in Italia”. La frase sui disgustati & disgustosi ben si adatta al Pd: se quelli che amano il partito, e più in generale una certa idea “socialista”, non si muovono a salvarlo, i disgustati cresceranno sempre più (già adesso sono a livelli di guardia) e rimarranno solo i “disgustosi”.
Il Pd ci ha tristemente abituato ai penultimatum. Fino al 4 dicembre la minoranza dem, tranne Civati (che infatti se n’è andato) e pochi altri, era un’Armata Brancaleone di Don Abbondio. In questo senso D’Alema, che mi ha sempre attratto come una jam session tra Bianca Atzei e il Poro Schifoso, ha avuto il coraggio di gridare il suo “no” al referendum e di descrivere Renzi per quel che era, è e sarà: ovvero niente. Evidentemente, per far dire qualcosa di sinistra a D’Alema, serviva Renzi. E da questo si capisce come anche Matteo, nel suo piccolo, una ragione di vita politica forse ce l’abbia.
Molte cose, adesso, sono cambiate. Dopo il meraviglioso Golgota del 4 dicembre, che – ve lo ricordo – è ora Festa Nazionale della Torcida Inesausta e ha per inno Another Brick In The Wall Part 2, il tappo è alfine saltato. Renzi non ha più il partito sotto controllo. Le parole di Emiliano sono durissime. Le parole di Rossi sono durissime. Un ipotetico partito dalemiano è accreditato al 12-14%, che con questa legge elettorale (di merda) non è poco. Persino Bersani non esclude più la scissione. E la stessa vittoria di Hamon dice che c’è spazio per la sinistra. Certo, permane qualche pontiere, tipo Speranza – il cui carisma non smette di accecarci – e Cuperlo, ma lo strappo pare irrecuperabile.
La coperta di Renzi è sempre più corta e lui pare sempre più bollito (c’mon). Eppure il Podista Bolso di Rignano, che non va mai – mai – dato per finito, vuole le elezioni subito. Perché? La Consulta, se possibile, ha reso l’Italicum (ennesimo troiaio renziano) persino più inverecondo. Via il ballottaggio, permangono però i capilista bloccati e le multicandidature. Siamo di fronte a un proporzionale con premio di maggioranza al 40%. Il premio va però alla lista e non alla coalizione: quindi, salvo miracoli (?), non va a nessuno. Siamo passati dall’Italicum all’Itatroiaium. Che culo.
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il resto lo trovate al link del Fatto Quotidiano
Ci pensate? Credo che siamo uno dei pochi paesi al mondo democratici,  o che si fregiano (senz'esserlo davvero), insieme agli USA, che vedono personaggi siffatti fare rapidissima carriera e altrettanto rapidissimamente conoscere la china..

martedì 31 gennaio 2017

lunedì 30 gennaio 2017

La globalizzazione invecchia e tornano i muri. Non solo con Trump


Nessuno poteva immaginare che alzare i muri, quelli legali che bloccano il movimento delle persone e delle merci, fosse così facile nel XXI secolo. In appena una settimana Donald Trump ha rovesciato completamente la politica del suo predecessore in relazione a questi due temi. E’ la fine della globalizzazione? Molti se lo chiedono. In un certo senso la risposta è sì, ma non perché il 45esimo presidente degli Stati Uniti ha con un colpo di penna riportato l’America all’isolazionismo dell’inizio del secolo scorso; piuttosto i motivi del ritorno alle mode degli -ismi che chiudono: nazionalismo, protezionismo, populismo ecc. è da attribuire all’eccessivo ottimismo che per decenni ha caratterizzato l’analisi di un fenomeno vecchio come il mondo, la globalizzazione, che sempre invecchiando diventa incontrollabile. Ed ecco perché oggi fa paura quello che tre decenni fa sembrava una conquista storica.
Ironicamente, all’inizio del secolo, quando si brindava quotidianamente alla globalizzazione, fu la politica della paura americana a convincere gran parte degli europei a seguire George W. Bush e Tony Blair in una guerra illegale e scellerata in Iraq. I motivi erano menzogne ma anche allora imperversavano le fake news, le notizie false. E così è stato gettato il seme del caos politico e dell’anarchia che oggi regna in molte regioni del mondo. E naturalmente queste sono tutte musulmane.
Come in un film di fantascienza dove passato, presente e futuro si intersecano, questa settimana, la paura del terrorista islamico, sempre lui che dal quel tragico 11 settembre influenza la politica estera di mezzo mondo, è stata presentata come giustificazione dell’ordine esecutivo “Protecting the Nation From Foreign Terrorist Entry Into The United States” con il quale si blocca temporaneamente l’ingresso a cittadini di alcune nazioni: Siria, Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. Il coro di voci contrarie ha fatto un boato che abbiamo sentito tutti. Ma Trump non è l’unico che sta facendo marcia indietro dentro il villaggio globale cancellando gli accordi del passato, è solo l’unico che suscita i lamenti del coro greco globale.
In Europa il problema dei migranti, e di come bloccarli non solo è all’ordine del giorno ma spesso diventa uno strumento politico nelle riaccese tensioni geopolitiche tra paesi limitrofi ad esempio tra la Grecia e la Turchia. Questa settimana la Corte Suprema greca ha bloccato l’estradizione di otto militari turchi accusati da Ankara di aver partecipato al fallito colpo di Stato del 15 luglio scorso. Il motivo: se rimpatriati potrebbero essere uccisi. I militari erano atterrati ad Alexandroupolis il giorno dopo con un elicottero ed avevano chiesto asilo politico che ancora non gli è stato concesso.
Secondo il regime turco motivi politici di ostilità nei confronti del governo sono alla base della decisione presa dalla Corte Suprema. Tutto ciò mette a repentaglio l’accordo sulle migrazioni firmato dall’Unione Europea e dalla Turchia secondo cui chi arriva in Grecia dalla Turchia viene automaticamente rimandato indietro.
La politica di riammissione dei clandestini e dei migranti in Turchia è il muro europeo nei loro confronti. In cambio, la Turchia dovrebbe ricevere aiuti finanziari, l’esenzione dal visto per tutti i cittadini turchi che vogliono entrare in Europa e un’accelerazione dei negoziati per far entrare la Turchia nell’Unione europea. Turchia e Grecia hanno anche un accordo bilaterale sulla riammissione in Turchia dei clandestini.
Ankara ha detto chiaramente che sta considerando l’annullamento di questo accordo. Se così fosse la Grecia e l’Europa si ritroverebbero di fronte a ciò che è accaduto nel 2015, un esodo di migranti massiccio. A quel punto è molto probabile che si dovrà ricorrere a nuovi stratagemmi, e cioè alzare nuovi muri legali insieme a quelli veri, per bloccarne l’ingresso. Ma non basterà una firma per farlo!
di | 29 gennaio 2017
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Visto quanti muri? O vogliamo vedere solo quelli, virutali, di Trump

domenica 29 gennaio 2017

Doomsday Clock: siamo a due minuti e mezzo dalla mezzanotte nucleare o climatica (VIDEO)

Lancette avanti di mezzo minuto per colpa di Trump e dei suoi imitatori
[27 gennaio 2017] greenreport
Negli ultimi due anni, la lancetta dei minuti del Doomsday Clock, l’orologio che segnano il pericolo della fine del mondo causata da una guerra nucleare, erano rimaste ferme a due minuti dalla mezzanotte del pianeta. Erano  comunque più vicine che mai alla mezzanotte dagli anni ’80, ma comunque fermo, nonostante le guerre che punteggiano di sangue e morte il mondo e nonostante la corsa agli armamenti nucleari sia ripresa.
Ora, l’aggiornamento annuale del Doomsday Clock  fatto dallo Science and Security Board del Bulletin of the Atomic Scientists  avverte: «La probabilità di una catastrofe globale è molto alta e le azioni necessarie per ridurre i rischi di disastro deve essere prese molto presto».
Nel 70esimo anniversario della pubblicazione Doomsday Clock sulla copertina del Bulletin of the Atomic Scientists,  in una dichiarazione lo Science and Security Board sottolinea: «Il pericolo è ancora maggiore, la necessità di interventi più urgenti. Si tratta di due minuti e mezzo a mezzanotte, il tempo stringe, il pericolo globale incombe. Governanti saggi dovrebbe agire immediatamente, portando l’umanità lontano dal baratro. Se non lo fanno, i cittadini saggi devono farsi avanti e aprire la strada».
Presentando il Doomsday Clock, lo Science and Security Board del Bulletin of the Atomic Scientists  ha detto che «L’amministrazione Trump deve dichiarare in modo chiaro e inequivocabile che accetta come realtà i cambiamenti climatici causati dalle attività umane. Nessun problema può essere risolto a meno che la sua esistenza nin venga riconosciuta prima». e ha aggiunto: «Il panorama della sicurezza globale è oscuro dato che la comunità internazionale non è riuscita ad affrontare in modo efficace le minacce esistenziali più pressanti dell’umanità: le armi nucleari e cambiamento climatico». In un editoriale sul New York Times firmato a nome del Bulletin of the Atomic Scientists, il fisico teorico Lawrence M. Krauss scrive: «A peggiorare le cose, gli Stati Uniti hanno ora un presidente che ha promesso di impedire il progresso su entrambi questi fronti. Mai prima d’ora il Bollettino aveva deciso di anticipare l’orologio in gran parte a causa delle dichiarazioni di una sola persona. Ma quando quella persona è il nuovo presidente degli Stati Uniti, le sue parole sono importanti».
Il primo editore del Bulletin of the Atomic Scientists, Eugene Rabinowitch, disse che uno dei suoi  scopi del Bollettino era quello di offrire soluzioni per la «Il vaso di Pandora della scienza moderna»,  riconoscendo la velocità con cui stava avvenendo il progresso tecnologico. Oggi, Rachel Bronson, direttrice esecutiva del Bulletin of the Atomic Scientists, ricorda che « Nel 1947 c’era una tecnologia con il potenziale di distruggere il pianeta, che era l’energia nucleare. Oggi, l’aumento delle temperature, derivanti dalla combustione a livello industriale dei combustibili fossili, cambierà la vita sulla Terra come la conosciamo, distruggendola potenzialmente o  eliminandola da porzioni significative del mondo, se non si interviene oggi e nell’immediato futuro. Le future innovazioni tecnologiche nel campo della biologia, l’intelligenza artificiale e il reame cibernetico possono rappresentare sfide globali simili».
Il Doomsday Clock  lancia l’allarme sugli scarsi progressi fatti  dai leader mondiali rispetto a un mondo sempre più turbolento: «Oltre alle minacce esistenziali poste dalle armi nucleari e del  cambiamento climatico, sono emerse anche nuove realtà globali, come le fonti attendibili di informazione che sono sotto attacco, le notizie false in aumento e le parole che vengono usate in modi altezzosi e spesso sconsiderati (qui il riferimento a Donald Trump sembra più che evidente, ndr). A dimostrare che le parole contano e che le fake news sono pericolose, il ministro degli esteri del Pakistan ha rilasciato una dichiarazione bellicosa,  in realtà un tweet, mostrando i muscoli nucleari del  Pakistan, in risposta a una “notizia” inventata su Israele. L’odierno ambiente globale complesso ha bisogno di risposte politiche ponderate e considerate».


Mentre è molto di moda essere “cazzuti”, come direbbe The Donald e come fanno i suoi troppi scimmiottatori populisti e neofascisti in giro per il mondo, il Bulletin of the Atomic Scientists sottolinea che «E’ sempre più importante che i leader di alto livello in tutto il mondo calmino, piuttosto che alimentare, le tensioni che potrebbero portare alla guerra, per caso o per un errore di calcolo».

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Samo più vicini alla tragedia? Meno, ritengo, se al posto di Trump avesse vinto la Clinton.
In ogni caso fare del catastrofismo non aiuta certo.... nè se a farlo sono gli organi politici e mediatici nè, se a farlo sono i soliti complottisti!!!

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