giovedì 5 giugno 2008

Nucleare: un problema sempre presente

L'incidente alla centrale nucleare a Krsko riapre un'angolo oscuro della nostra memoria: quell'angolo che richiama nomi tristemente famosi come three miles island e chernobil; nomi che ci riportano subito a come e cosa hanno significato in termini di costi, vite umane, danni permanenti alla flora e fauna ecc. e per un'attimo zittiscono i nuclearisti nostrani che da tempo ormai suonano la gran cassa della necessità di centrali atomiche (di quale generazione non ha importanza) riuscendo a fare breccia nelle mente confusa di molti connazionali. Ma proprio quest'incidente, che per fortuna si è risolto in un nulla di fatto, ci dovrebbe far riflettere sulla gravità di una scelta di tal genere viste le implicazioni che esso comporta per la vita delle popolazioni che vi saranno coinvolte direttamente e indirettamente e che vivranno con l'incubo dell'incidente o del sisma (essendo il nostro paese fra i più sismici del pianeta) che mette a rischio lo stoccaggio delle scorie. Già perchè proprio questo è il problema: non è solo l'alto costo di costruzione (di per se già una manna per gli speculatori, visto che a apagare saremo noi con le nostre tasse) ma anche per lo stoccaggio delle scorie (ma per quello c'è sempre il malaffare che mal che va può sempre interrarlo, a basso prezzo, in quialche zona del Sud che ormai è diventata la pattumiera d'Italia e quindi qualche tossicità in più che vuoi che sia) a fornte della bassa produttività di energia perchè per raggiungere appena la quota del 15% di certo non ne basterà una ma almeno tre o quattro con tutto quelloche ciò comporta in termini di rischio e pericolo che si corrono. Invece di abbandonare l'alveo tradizionale delle energie inquinanti noi, unici, ci infiliamo dentro a testa bassa perchè abbindolati dall'abbassamento delle tariffe e dalla conseguente convenienza economica tutta da dimostrare se è vero che proprio alcuni paesi limitrofi stanno pensando di uscirne per passare ad altro meno problematico come il solare o l'eolico o l'idrogeno o i fiumi ecc. tutt cose magari più costose ma sicuramente meno inquinanti e soprattutto diffuse fra la popolazione che vi può partecipare in vario modo, ma questo, della aprtecipazione, da noi è una chimera perchè i signori dell'economia non ne vogliono nemmeno sentire parlare perchè per loro non ne viene un guadagno diretto e immediato anzi potrebbero vedere ridurre i loro maledetti profitti. Invece in un paese come il nostro dove c'è una buona esposizione solare e un buon eolico (oltre naturalmente ai fiumi che potrebbero essere meglio sfruttati da questo punto di vista sfruttando e rimettendo in funzione le tante centrali in disuso perchè "poco" economiche ma che nella bolletta comunque paghiamo per farle funzionare in caso di problemi com'è già accaduto in passato nel caso del black out che interessò mezza Italia ma che sono rimaste ferme, e non si capisce perchè e come mai, e soprattutto visto che nessuno ha pagato per l'inefficienza e l'inefficacia del gestore) e volendo si potrebbe anche inziare a esperimentare centrali a idrogeno, magari piccole come proponeva Rifkin prendendo a modello quelle americane in un celebre saggio, e altro ancora che potrebbero supportare validamente il passaggio dall'economia del petrolio ad una alternativa. Ma si sa le cose ragionevoli non sono fatte per essere messe in pratica e si preferiscono sempre le scorciatoie che danno guadagno immediato e foraggiano le lobby nucleari interne e internazionali passando sopra la testa delle popolazioni interessate: questo è il mercato, ma come dice, per altri fronti, il Capo dello Stato non sempre "la mano invisibile" del mercato può risolvere quelli che sono problemi di politica energetica che da noi manca da anni e si vivacchia sull'esistente. Ormai sull'andazzo della politica cosiddetta "postdemocratica" (che prevede solo una "formale" partecipazione dei clienti/cittadini basata sul voto e basta senz'altra forma di partecipazione attiva tipica dei Stati liberali puri quale noi siamo diventati e siamo anche in buona compagnia) molto si è scritto e si è detto, ma una cosa ssalta all'occhio: è la lobby che decide sulla linea politica e non la politica che dispone, quindi essa si limita solo a registrare i diktat, e basta, altrui senza nememno discutere; anzi di politica "pura" non ce n'è più, c'è l'affarismo che fa politica direttamente sbalzando i "puri" dal loro scranno perchè inutili e troppo legati a logiche che stridono fortemente con gli interessi particolari costringendo le lobby ad entrare pesantemente nella politica attiva e candidando propri rappresentanti che meglio, e più velocemente, rispondono alle esigenze dei pochi rispetto a quelli dei molti.

mercoledì 4 giugno 2008

Vertice FAO: cronaca di un fallimento annunciato


Nonostante le moralmente alte parole del Capo di Stato italiano sulla "eccessiva" fiducia nella "mano invisibile del mercato" che, prende atto, da solo non può risolvere problemi enormi come la fame e la povertà, che avrebbero dovuto dare un sussulto di vergogna a chi ascoltava, pare invece che ciò non sia accaduto e che le coscienze siano rimaste assopite: non potrebbe essere altrimenti, d'altronde. L'intero sistema occidentale è proprio basato sul presupposto dello sfruttamento selvaggio delle risorse dei poveri e favore dei paesi ricchi, o meglio delle oligarchie di questi paesi; non ci sono alternative: o si cambia registro da noi (il che comporterebbe il crollo dell'economia basata su dollaro e petrolio) con un cambio di rotta e di regime di circa 180° o i poveri del pianeta rimarranno tali con l'unica consolazione di un'odio inenarrabile nei nostri confronti che si perpetua di generazione in generazione senza soluzione di continuità alcuna. Non potrebbe essere altrimenti perchè il punto di non ritorno è passato quando saltarono gli accordi di Bretton Woods negli anni settanta e il treno liberista cominciò a macinare economie su economie di paesi poveri sollazzati da prestiti cui in cambio si chiedeva privatizzazioni, deregulation ecc. che hanno significato solo un proressivo impoverimento: era una spirale di debiti in cui si avvitarono e non ne sono più usciti. Quando qualcuno dava segno di alzare la testa si ritrovava in una se non tutte, delle seguenti situazioni: colpo di stato e riedizione dello status quo ante; isolamento internazionale che significava ulteriore fame e povertà; crisi economica e sociale infinita e ritorno con la coda fra le gambe in seno a mamma, si fa per dire, Occidente. C'erano delle eccezioni: l'America latina degli anni 50 e 60. In questi paesi si sperimentarono forme alternative di economia sociale ma gli USA si prodigarono affinchè ciò non fosse esportato nè riuscisse appetibile per altri e difatti nel giro di pochi decenni (e grazie all'appoggio ai colpi di Stato militari da essi appoggiati e finanziati) vi posero brutalmente fine con tutto quello che accaduto dopo in termini di brutale impoverimento di intere società un tempo fiorenti, sane, ecc. Ma qui siamo già al top: in realtà il delino della FAO è proprio cominciato quando si pose l'obiettivo di dimezzare i poveri perchè, a poco più di un decennio, essi sono quasi raddoppiati e non poteva essere altrimenti con gli avvoltoi occidentali in giro per il mondo tesi al profitto e al governo pro domo sua del pianeta. E si badi bene che non è più solo un problema extra occidentale ormai: solo in Europa ci sono ben 74 milioni di poveri mentre nei soli USA ammontano a oltre 50 milioni, e, volendo aggiungervi i 60 circa dell'America latina, si arriva ad una cifra spaventosa che oltre le più rosee aspettative, in pratica ci vogliono bistecche enormi sugli occhi per non vedere. E il fenomeno non accenna a diminuire, anzi si accresce esponenzialmente proprio laddove ci sono più soldi e in teoria più ricchezza: in Occidente. Quindi non vedendo all'orizzonte cambiamenti di sorta si può solo sperare che la gente apra gli occhi e cominci a mettergli i bastoni fra la ruote impedendogli di continuare a depredare impunenemente e senza colpo ferire le proprie ricchezze e il futuro è sempre più un luogo oscuro, di disperazione, di fame e povertà diffusa.

Vince Obama, ma Billary non molla: sembra l'Italia.....


Sembra di stare qui da noi anzichè di essere negli USA: parti rovesciate nel folle mondo che stiamo vivendo. Pur non essendoci grandi differenze fra loro due (nel senso che secondo me seguono entrambi idee che in Europa sarebbero classificate di Destra, di una destra seria non arlecchinata, ma di destra) la battaglia è stata durissima senza esclusione di colpi, bassi, e accuse reciproche arrivando al punto di spaccare quella SpA che è il PD americano (di cui il nostro è solo una pallida imitazione ma ci stanno lavorando) pur di ottenere la possibilità di sfidare Mccain il repubblicano. Ma come tutti gli show anche questo è finito anche se Billary non sembra essersene accorta, al contrario si comporta come fosse stata lei a vincere. In tanti si sono chiesti perchè: una risposta che do io e che la "signora", assetata di potere, non riesca a capire che, forse, non a tutti piace il suo modo di fare "bizantino" e che Obama piaccia proprio perchè da l'idsea, ma giusto quella sia chiaro, di essere fresco e con un linguaggio giovane e dinamico che, magari non andrà bene per i pirati che governano il mondo, può aprire una nuova stagione di speranze per la massa impoverita da anni di speculazioni e rapine dei predecessori e quindi scalda i cuori e gli animi. E mentre Billary si propone come Vice (un'altra polpetta avvelenata dato che nel momento in cui Obama dovesse accettare in un colpo solo perderebbe buona parte dell'elettorato che l'ha sostenuto non distinguendosi più da lei/lui), lui la incensa e la santifica, con la segreta speranza che si levi dalle balle definitivamente. E' una fatica di Sisifo quella che l'aspetta: il primo afroamericano che si candida alla Presidenza. Non sarà facile dato che gli attacchi non mancheranno ma aveva avuto una buona idea quando nelle primarie parlava ai democratici ma si riferiva a quei repubblicani moderati che potrebbero fare la differenza e gli indecisi: ecco perchè se fossi un suo consulente gli suggerirei di non imbarcare la "palla al piede" Billary (che gli rema, e remerà, contro) e continuare così come aveva incominciato riprendendo lo slancio iniziale e parlando all'America senza voce e senza rappresentanza. Non sono un'estimatore degli USA (ne critico il sistema elettorale che se è possibile è anche peggiore del nostro per farraginosità) ma credo che almeno una possibilità con questo candidato la possa avere per uscire dall'angolo in cui l'avventuriero Bush l'ha cacciata in questo decennio: un'enorme deficit per finanziare l'aggressione irakena; programmi sociali al minimo storico (fu Bush che ha posto il veto per impedire che almeno i bimbi poveri potessero avere la sanità gratuita); credibilità internazionale pari a zero; istigazione all'odio contro l'Occidente con la sua condotta; conflittualità latente sia con la Cina che con la Russia; e chi più ne ha più ne metta. Con Obama invece sembra che gli americani vogliano sul serio cambiare pagina e l'auspicio di chi vuole una diversa gestione delle materie all'ordine del giorno internazionale è proprio quello che in quel folle paese venga eletto qualcuno che almeno sappia, non solo spiaccicare due parole da solo senza suggerimenti, essere autorevole e non autoritario: di dittature ce ne sono fin troppe oggi.

martedì 3 giugno 2008

A Casal di Principe ucciso un'imprenditore: e lo Stato dov'è?

Il malaffare ha battuto oggi un pesante colpo: un'imprenditore, è stato ucciso in mezzo alla gente e in pieno giorno come chiarissimo messaggio di forza, presenza e controllo del territorio nonostante si fosse chiesta per lui una sorta di protezione da parte dei magistrati (naturalmente DOPO che è morto la famiglia la scorta l'ha avuta subito ma DOPO però ...) mai decisa e chissà perchè, mi chiedo. Mi chiedo ma la fermezza dello Stato, ci sarà solo contro i manifestanti antidiscarica (fra i quali più volte si è insinuato ci fossero anche rappresentanti del cosiddetto malaffare), c'è stata in questo caso, o meglio dov'era lo Stato che avrebbe dovuto proteggere chi testimonia? O prima ci deve scappare un morto? E' facile usare i mezzi repressivi per liberare le strade dalla gente che, giustamente, protesta ma chi fa il proprio dovere, e parla, invece si ritrova ammazzato, mentre chi protesta per evitare di diventare una pattumiera viene "sgomberato" con "fermezza", ma chi avrebbe dovuto essere protetto, no. Perchè? Storia vecchia. La conoscono in molti sulla propria pelle. Anche in questo caso si potrà parlare di "due velocità" o è stata "solo" inefficienza? Alla Magistratura la risposta: l'unica cosa certa è che un'imprenditore che aveva aperto la bocca se l'è vista tappare con incredibile efficienza dall'AntiStato: mentre a Roma si discute, si diceva molto secoli fa, l'Italia brucia aggiungo io.

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