come inizio di settimana, e giusto per non perdere il contatto con la
dura realtà a fronte delle sparate dette, vi posto l'articolo di
Loretta Napoleoni sul fatto quotidiano del 6/4/2014
Come al solito l’
Italia guarda all’estero. A
Cernobbio tutti pendevano dalle labbra di
Roubini che pontificava:
Renzi è l’ultima spiaggia, se vince Grillo il paese va a rotoli. L’
economista del pessimismo dovrebbe farsi due conti usando gli
indicatori economici italiani
per capire che il Paese è da tempo che sta andando a rotoli e i motivi
sono strutturali non politici. Né Renzi né nessun altro, incluso Gesù
bambino, se mai decidesse di tornare in terra, potranno
fermare questa deriva, a meno che si ristrutturasse completamente l’Italia. Ciò significa prima di tutto una
rivoluzione culturale e politica e certamente non sarà Renzi a farla. Fino ad ora, va detto, almeno la rivoluzione grillina ha scosso gli animi.
Matteo Renzi ha fatto tante promesse, come le ha fatte
Monti o
Letta ma per concretizzarle bisogna restituire al paese la competitività persa.
Gli ostacoli?
Debito pubblico ingestibile; eccessiva e pessima burocratizzazione
dell’economia; corruzione; una moneta troppo forte. Questi i più
importanti. Vediamoli.
Debito pubblico pari a
2 mila miliardi di euro, il quarto più grande al mondo, al quale si accompagna una
spesa pubblica di 800 miliardi di euro l’anno: ciò
significa che ogni anno metà del Pil viene assorbito dalla macchina
burocratica. Ma non basta, il costo della gestione pubblica italiana è
il
50 per cento più alto della media europea. La cosa non ci sorprende dato che i
salari dei funzionari statali sono 12 volte più alti della media nazionale, super-stupendi quindi. In
Germania,
dove l’economia sta decisamente meglio, sono solo 4,3 volte più alti
della media nazionale. Renzi li vuole tagliare e vuole anche sfoltire le
fila dei burocrati, ma andrà a sbattere la testa conto una delle
lobby politiche più forti in Italia. La burocrazia non si tocca, questo il motto di tutti i governi del nostro paese.
Renzi vuole poi
risparmiare 34 miliardi di euro, pari al 2 per cento della produzione annuale, per poter
tagliare di 10 miliardi le tasse. Già, perché tra i tanti record che abbiamo c’è anche quello della
maggiore pressione fiscale in Europa. Primo problema: cosa tagliamo? Una grossa fetta della spesa pubblica viene assorbita dalle
pensioni
il cui costo si è triplicato dal 1990 crescendo ad un ritmo ben più
elevato di quello dell’economia, dove l’investimento di capitale è
crollato in termini reali del 79 per cento. In altre parole i soldi
spesi per i pensionati non solo incentivano il sistema produttivo ma
sottraggono a questo le risorse.
Sul piano puramente economico,
dunque, i tagli dovrebbero iniziare dal settore delle pensioni, ma è
impensabile che nel clima politico ed economico attuale ciò avvenga.
Secondo l’Ocse, dal 2007 il
reddito medio italiano è sceso
del doppio rispetto alla media europea, siamo sempre più poveri e molte
famiglie vivono della pensione di uno o più membri. Morale: si
taglierà la spesa per la scuola, le infrastrutture e la sanità, come è
sempre successo.
Gettiamo uno sguardo a questi numeri: l’Italia ha il s
istema stradale meno sviluppato d’Europa
e la più bassa spesa per l’istruzione dopo quella greca. Spende solo
500 milioni di euro, un quinto di quanto spende la Germania, per
collocare i giovani sul mercato del lavoro, quindi non sorprende che la disoccupazione giovanile tedesca sia pari al 7,3 per cento mentre da noi è al
42 per cento.
Secondo problema, anche se Renzi ipoteticamente ottenesse questo risparmio, i 34 miliardi, il
costo di gestione della cosa pubblica sarà ancora troppo alto per far scendere il debito.
Passiamo alla
corruzione:
siamo al 65 esimo posto della classifica della Banca Mondiale per la
facilità di fare affari, sotto la Bielorussia ed il Botswana. Renzi
vuole portarci al 15 esimo posto, insieme ai colleghi di Eurolandia, se è
vero allora dovrebbe iniziare il processo di pulizia dal suo partito e
chissà se alla fine ci rimarrà qualcuno.
Veniamo alla
moneta comune:
dal suo avvento la crescita economica italiana è stata la peggiore in
Europa e dal 2008 l’economia si è contratta del 9 per cento. Facciamo
un confronto con il passato prossimo: secondo il Fondo Monetario dal
1981 al 1990 l’economia è cresciuta ad una media annuale del 2,4 per
cento, allo stesso ritmo del resto dell’Europa. Dal 2001 al 2010 invece
l’economia cresceva dello 0,4 per cento contro 1,1 della media
europea.
Per ora suggerisco a Roubini di studiarsi questi numeri prima di dichiarare che Renzi salverà il paese con le
solite promesse di riforme, poi se casomai non gli bastassero ce ne sono ancora molti altri.
p.s.
punto per punto come ti smonto il liberal americano e il blair de noantri