Fonte: Il Fatto Quotidiano del 25/3/2015 a firma di Alessandro Cannavale
Ancora
una volta, gli scritti dei grandi meridionalisti del passato trovano
un riscontro perfettamente congruente in studi e ricerche attualissimi.
Francesco Saverio Nitti, politico lucano e grande esperto di finanze, ne “Il bilancio dello Stato dal 1862 al 1897” sostenne che l’Italia del Regno delle Due Sicilie portava in dote “minori debiti e più grande ricchezza pubblica”, fino a ricordare che nel primo periodo si ebbe un notevole “esodo di ricchezza dal Sud al Nord”.
Dunque,
al contrario di quanto – purtroppo – si continua a leggere e dire a
sproposito circa l’incapacità – persino genetica – delle genti del Sud
di produrre sviluppo e progresso, lo scenario senza veli e pregiudizi è
ben diverso: gli Stati preunitari versavano in condizioni tra loro
affini, se non congruenti. La grande soluzione di continuità che
innescò la creazione e l’accrescimento del divario tra Nord e Sud del paese furono proprio il processo di unificazione risorgimentale e, soprattutto, le successive politiche in materia di industrializzazione e infrastrutturazione.
In “La finanza italiana e l’Italia meridionale”, ancora Nitti: “Nei
venti anni che seguirono l’unità, le più grandi fortune furono fatte
quasi esclusivamente dagli imprenditori di opere di Stato: e fra essi
non vi erano quasi meridionali, come un documento parlamentare,
presentato dall’on Saracco, dimostra a evidenza. La situazione della
Valle Padana ha reso più facile la formazione delle industrie, cui la
politica finanziaria dello Stato, in una prima fase, e in una seconda le
tariffe doganali, hanno preparato l’ambiente; di quasi tutte le
industrie di cui lo Stato italiano negli ultimi trenta anni ha voluto
assumere la protezione, nessuna quasi è meridionale: dalla siderurgia
allo zucchero, dalle industrie navali alle industrie tessili, ecc.,
tutto è nelle mani degli stessi gruppi capitalistici”.
E questa è, come si suol dire, storia nota. Cosa oltremodo interessante è scoprire come recenti ricerche condotte dai ricercatori Vittorio Daniele (UniCz) e Paolo Malanima (Cnr) abbiano portato nuovi riscontri scientifici a quanto sosteneva Nitti. Un loro articolo molto interessante del 2013, riporta una indagine accurata inerente la nascita e l’evoluzione delle disparità regionali nel nostro paese. Il divario economico tra Nord e Sud come noi lo conosciamo nacque solo alla fine dell’Ottocento.
Nel 1861 tutto il paese unificato presentava prevalentemente una
economia preindustriale (64% di lavoratori in campo agricolo, la
restante parte suddivisa tra industria e servizi). I due scienziati
riportano una assenza di differenze significative nello sviluppo industriale, per tutto il primo decennio successivo all’unificazione.
Il grafico che riporto, (con il consenso degli autori), mostra
chiaramente come il numero dei lavoratori impiegati nell’industria fosse
sopra la media nazionale in Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Sicilia. Già nel grafico che fotografa la situazione del 1911 si assiste alla formazione del “triangolo industriale” in Nord-Ovest.
Nel 1891, solo il 19% dei lavoratori era impiegato nell’industria (21% al Nord e 16% al Sud). Dunque, il divario industriale era ancora esiguo
su base territoriale. Vi erano regioni più e meno industrializzate in
tutte le zone del Paese. Nell’articolo viene specificato che la prima
grande ondata di emigrazione coinvolse oltre 5 milioni di cittadini italiani provenienti prevalentemente da Veneto, Venezia Giulia e Piemonte, (“relatively underdeveloped areas of the North”).
Dopo il 1900, prevalse il numero di emigranti provenienti dal Sud. La
concentrazione di industrie nel Nord del Paese si accentuò nel periodo
tra le due Guerre. I dati relativi al reddito pro capite sono
congruenti con quelli inerenti l’occupazione nell’industria.
L’immagine
di sopra mostra come, rispetto alla media nazionale, il Gdp (cioè Pil)
su base regionale era distribuito in modo diverso da come avremmo
potuto immaginare: al Sud solo la Calabria e la Basilicata
presentavano un Pil pro capite inferiore alla media nazionale, nel
1891. L’ultima immagine che ho tratto dal lavoro di Daniele del 2013,
mostra in modo palese come la situazione sia drammaticamente peggiorata
in termini di polarizzazione “geografica”, nel corso dei decenni. A 150
anni dall’unificazione, lo scenario è quello che si legge, senza
bisogno di commenti, nel grafico sottostante.
p.s.
senza andare troppo per il sottile, cito Luzzatto "l'economia italiana dal 1861 al 1894",
ed. einaudi, il primo scandalo italiano fu quello della società per la
vendita dei beni dei regni pre-unitari.... quando si dice che il
buongiorno si vede dal mattino. La cosa che può, anche non, rallegrare è
che l'intero paese sta avendo oggi lo stesso trattamento allora
riservato dai savoia, dai vincitori e dai sodali del sud (con cui
s'erano alleati per consentire il tradimento e il voltafaccia mantenendo
tutti i privilegi precedenti, Bronte e Nino Bixio insegnano) al
meridione: siamo diventati una colonia: si potrebbe dire ben gli sta!
Serviva uno sbocco all'asfittica economia piemontese? Eccoti servito il
mercato con l'aiuto degli inglesi (che non vedevano di buon occhio i
porti del regno delle due sicilie che gli facevano concorrenza nel
mediterraneo e oscuravano quello di genova): mancavano solo la UE, la
BCE, la troika ecc.
si parla di progresso, di evoluzione, di civiltà ci ritroviamo invece in un nuovo medio evo dove conta chi si nasconde dietro il potere o vi si allea con esso.
mercoledì 1 aprile 2015
martedì 31 marzo 2015
lavoro e occupazione: ancora balle....
Nonostante il battage fatto dai media e dallo stesso governo sui dati
"positivi" e sulla crescita, del tutto drogata grazie agli incentivi e
al tanto mitizzato job act, la realtà arriva con tutto il suo peso
tragico: i dati sono, a dir poco, sconfortanti:
p.s.
insomma in renzismo rischia di divenire la faccia oscura del già tanto oscuro belusconismo da cui discende... perchè se allora, per motivi puramente strumentali, c'era almeno qualcuno che alzava il ditino, timidamente, e faceva domande "pericolose e tendenziose" oggi, a parte i 5Stelle, non si vede nessuno proprio dello star system fare la stessa cosa: cosa comprensibilissima se si pensa che non sono stati capaci nemmeno di tagliare un cent dai loro stipendi.... nemmeno per i condannati!!!! Eppure i sondaggi son chiari, ammesso che siano validi, ossia il pdmenoellepiùrenzi rischia di stravincere per mancanza di avversari più che per propri meriti......... eccezion fatta per l'enorme astensione annunciata da parte dei cittadini: di cui non frega nulla a nessuno. Lo si può anche capire: con le élite finanziarie, oscure e non, che tifano per chiunque gli garantisca lo status quo e sono pronte a metter mani in tasca per finanziarlo cosa vuoi che siano 40 mln di elettori!
p.s. 2
i dati citati sono tutti facilmente reperibili sui media.. io li ho presi dal Fatto Quotidiano e controllati sui siti ufficiali del sole24 ore e dell'Istat
- Contratti, solo un effetto rimbalzo. Non lo dice un sindacato "comunista" ma il sole24 ore, ossia la confindustria. Al netto delle cessazioni, i nuovi contratti a tempo indeterminato nei primi due mesi dell’anno sono pari a 45.073 poco più della metà dei 79mila sbandierati nei giorni scorsi. Una debacle..... altro che ripresa e bubbole dette! A parte i profittatori e gli opportunisti, che non stanno esitando a licenziare per assumere a basso costo giovani schiavi, il resto del mondo del lavoro è fermo, anzi ha messo la retromarcia....
- disoccupazione in generale e giovanile in particolare. Un altro record "storico" (checchè ne dica il Sen. Ichino che rilascia interviste ottimistiche... e ti credo è fra i padri di queste "riforme") raggiunto: il tasso, provvisorio, della disoccupazione giovanile è arrivato al 42,6% (al sud sfiora il 60%) mentre quella generale è di poco sotto al 13% (con forti oscillazioni al sud e fra le donne): altra debacle....
p.s.
insomma in renzismo rischia di divenire la faccia oscura del già tanto oscuro belusconismo da cui discende... perchè se allora, per motivi puramente strumentali, c'era almeno qualcuno che alzava il ditino, timidamente, e faceva domande "pericolose e tendenziose" oggi, a parte i 5Stelle, non si vede nessuno proprio dello star system fare la stessa cosa: cosa comprensibilissima se si pensa che non sono stati capaci nemmeno di tagliare un cent dai loro stipendi.... nemmeno per i condannati!!!! Eppure i sondaggi son chiari, ammesso che siano validi, ossia il pdmenoellepiùrenzi rischia di stravincere per mancanza di avversari più che per propri meriti......... eccezion fatta per l'enorme astensione annunciata da parte dei cittadini: di cui non frega nulla a nessuno. Lo si può anche capire: con le élite finanziarie, oscure e non, che tifano per chiunque gli garantisca lo status quo e sono pronte a metter mani in tasca per finanziarlo cosa vuoi che siano 40 mln di elettori!
p.s. 2
i dati citati sono tutti facilmente reperibili sui media.. io li ho presi dal Fatto Quotidiano e controllati sui siti ufficiali del sole24 ore e dell'Istat
lunedì 30 marzo 2015
Sicurezza, il tempo dell'infowar
Fonte: Punto Informatico a firma di Claudio Tamburrino
Roma - "È stato l'anno della guerra dell'informazione": questa la presentazione ad effetto per il Rapporto 2015 sulla sicurezza ICT in Italia del CLUSIT, l'Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, redatto anche sulla base dei dati presentati dalla Polizia Postale e dalla Guardia di Finanza, nonché del Security Operations Center (SOC) di FASTWEB.
Informazione propagandistica e controinformazione hanno segnato una crescita del 68 per cento, con gruppi militari e paramilitari sempre più impegnati online. Ci si aspetta - inoltre - che le piattaforme di social networking diventeranno sempre di più campi di battaglia di gruppi terroristici nei confronti dei Governi: basti pensare alle efferate immagini e forme di comunicazione più che aggressiva portate avanti dall'ISIS in questi ultimi mesi.
Per questo il CLUSIT parla di necessità di "prepararsi all'impatto", rivedendo con "estrema urgenza le proprie attuali politiche di gestione del rischio informatico", sia perché troppo limitate, sia perché orientate "nella maggioranza dei casi a forme di difesa reattiva tradizionali, statiche, che ormai non tengono più il passo con l'evoluzione delle minacce".Accanto a questo nuovo fenomeno ce n'è poi uno vecchio ma mai in calo: il tradizionale cybercrimine, nonostante l'incremento degli investimenti in sicurezza informatica, continua a causare il 60 per cento degli attacchi gravi a livello globale, un aumento addirittura del 41 per cento rispetto al 2011 in cui ha dominato per importanza le azioni della botnet GameOver ZeuS. Un quarto di questi, in generale, è stato realizzato ai danni del settore governativo, ma a crescere maggiormente (in percentuale) sono gli attacchi ai danni delle banche, dei servizi cloud e della sanità, settori questi ultimi due che d'altronde negli ultimi anni si sono sviluppati maggiormente.
In quest'ottica evolutiva della diffusione delle tecnologie, i sistemi mobile ed il sistema dei POS sembrano destinati a diventare sempre più bersagliati da criminali, con la possibilità di attacchi malware "molto elevata anche nei singoli esercizi commerciali" e con una "crescente attenzione da parte di agenzie governative, spie mercenarie e criminali nei confronti di piattaforme" quali iOS, Android e Windows Phone.
Al contrario, sembrano in calo le azioni dimostrative tipiche dell'hacktivismo: le azioni condotte da FBI ed altre autorità ai danni di importanti gruppi come Anonymous e le conseguenti condanne esemplari sembrano insomma aver portato il risultato sperato.
Nonostante questo, per quanto riguarda dettagliatamente l'Italia, proprio le forze dell'ordine sono risultate i bersagli più colpiti: molto spesso questi sono "riconducibili proprio al fenomeno dell'hacktivismo che da solo rappresenta il 40 per cento di tutti gli eventi di sicurezza in Italia. Il 60 per cento degli attacchi, diretti a diversi settori - dallo sport, alla moda, ai distributori di software - va invece ricondotto ad attività cyber criminali".
Claudio Tamburrino
p.s.
insomma... che nella società della comunicazione ci fossero tecniche sofisticatissime per convogliare il consenso di massa è, spero, risaputo (d'altronde sono tecniche riciclate dai tempi della II° seconda guerra mondiale messe in atto sia dai tedeschi che dagli "alleati", nulla di nuovo se non il mezzo usato...) come. spero, è risaputo che esistono interi staff di società di I.C.T. a disposizione dei potenti, in senso sia stretto che lato, per spingere a credere i comuni mortali agli asini che volano o che, per fare un altro esempio più pregnante, che senza l'euro siamo fregati! Ma altra cosa è la INFOWAR di cui parla l'articolo... qui vi do la definizione che ne da Wikipedia: "La Guerra psicologica consiste nell'uso pianificato della propaganda ed altre azioni psicologiche allo scopo principale di influenzare opinioni, emozioni, atteggiamenti e comportamento di gruppi ostili in modo tale da favorire il raggiungimento degli obiettivi nazionali. È nota anche con il termine infowar, che intende enfatizzare l'importanza tattica dello sfruttamento delle informazioni a fini bellici." Chiaro spero.....
se volete acculturarvi:
Roma - "È stato l'anno della guerra dell'informazione": questa la presentazione ad effetto per il Rapporto 2015 sulla sicurezza ICT in Italia del CLUSIT, l'Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, redatto anche sulla base dei dati presentati dalla Polizia Postale e dalla Guardia di Finanza, nonché del Security Operations Center (SOC) di FASTWEB.
Informazione propagandistica e controinformazione hanno segnato una crescita del 68 per cento, con gruppi militari e paramilitari sempre più impegnati online. Ci si aspetta - inoltre - che le piattaforme di social networking diventeranno sempre di più campi di battaglia di gruppi terroristici nei confronti dei Governi: basti pensare alle efferate immagini e forme di comunicazione più che aggressiva portate avanti dall'ISIS in questi ultimi mesi.
Per questo il CLUSIT parla di necessità di "prepararsi all'impatto", rivedendo con "estrema urgenza le proprie attuali politiche di gestione del rischio informatico", sia perché troppo limitate, sia perché orientate "nella maggioranza dei casi a forme di difesa reattiva tradizionali, statiche, che ormai non tengono più il passo con l'evoluzione delle minacce".Accanto a questo nuovo fenomeno ce n'è poi uno vecchio ma mai in calo: il tradizionale cybercrimine, nonostante l'incremento degli investimenti in sicurezza informatica, continua a causare il 60 per cento degli attacchi gravi a livello globale, un aumento addirittura del 41 per cento rispetto al 2011 in cui ha dominato per importanza le azioni della botnet GameOver ZeuS. Un quarto di questi, in generale, è stato realizzato ai danni del settore governativo, ma a crescere maggiormente (in percentuale) sono gli attacchi ai danni delle banche, dei servizi cloud e della sanità, settori questi ultimi due che d'altronde negli ultimi anni si sono sviluppati maggiormente.
In quest'ottica evolutiva della diffusione delle tecnologie, i sistemi mobile ed il sistema dei POS sembrano destinati a diventare sempre più bersagliati da criminali, con la possibilità di attacchi malware "molto elevata anche nei singoli esercizi commerciali" e con una "crescente attenzione da parte di agenzie governative, spie mercenarie e criminali nei confronti di piattaforme" quali iOS, Android e Windows Phone.
Al contrario, sembrano in calo le azioni dimostrative tipiche dell'hacktivismo: le azioni condotte da FBI ed altre autorità ai danni di importanti gruppi come Anonymous e le conseguenti condanne esemplari sembrano insomma aver portato il risultato sperato.
Nonostante questo, per quanto riguarda dettagliatamente l'Italia, proprio le forze dell'ordine sono risultate i bersagli più colpiti: molto spesso questi sono "riconducibili proprio al fenomeno dell'hacktivismo che da solo rappresenta il 40 per cento di tutti gli eventi di sicurezza in Italia. Il 60 per cento degli attacchi, diretti a diversi settori - dallo sport, alla moda, ai distributori di software - va invece ricondotto ad attività cyber criminali".
Claudio Tamburrino
p.s.
insomma... che nella società della comunicazione ci fossero tecniche sofisticatissime per convogliare il consenso di massa è, spero, risaputo (d'altronde sono tecniche riciclate dai tempi della II° seconda guerra mondiale messe in atto sia dai tedeschi che dagli "alleati", nulla di nuovo se non il mezzo usato...) come. spero, è risaputo che esistono interi staff di società di I.C.T. a disposizione dei potenti, in senso sia stretto che lato, per spingere a credere i comuni mortali agli asini che volano o che, per fare un altro esempio più pregnante, che senza l'euro siamo fregati! Ma altra cosa è la INFOWAR di cui parla l'articolo... qui vi do la definizione che ne da Wikipedia: "La Guerra psicologica consiste nell'uso pianificato della propaganda ed altre azioni psicologiche allo scopo principale di influenzare opinioni, emozioni, atteggiamenti e comportamento di gruppi ostili in modo tale da favorire il raggiungimento degli obiettivi nazionali. È nota anche con il termine infowar, che intende enfatizzare l'importanza tattica dello sfruttamento delle informazioni a fini bellici." Chiaro spero.....
se volete acculturarvi:
- Mazzoleni, Comunicazione politica; ed. il mulino
- Barber, Consumati, ed. Einaudi
- Carlo Formenti, Cybersoviet Raffaello Cortine Ed.
- J. Rifkin, L'era dell'accesso ed. Mondadori
- M. Castells, Comunicazione e potere ed. UBI
- L. Cedroni e T. Dell'Era, analisi del linguaggio politico, ed. Carocci
- Edelman Murray, Costruire lo spettacolo politico ed. Nuova Eri
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domenica 29 marzo 2015
usa: lo strano caso della capitana
innanzitutto complimenti a virgola df
che per prima ha indovinato!!! Siete proprio bravi! E' vero che son
solo quizzini, qualcosa di facile e che non ha pretese se non far fare
qualche giretto in più su internet.. ma sono contento per la velocità
con cui arrivano le risposte.. BRAVA VIRGOLA E BRAVI TUTTI!
veniamo al post
Fonte: Informazione Consapevole
veniamo al post
Fonte: Informazione Consapevole
Di Fabio Ragno
Lo
scorso 17 marzo, il Vice Ammiraglio Mike Shoemaker (foto sotto),
comandante della forza area navale del Pacifico, ha destituito l’US Navy
Captain (Capitano di Vascello) Heather Cole (a sinistra) dall’incarico
di comandante dello “Strategic Communications Wing 1”(SCW1) e “Task
Force 124”(TF124) in servizio presso la base aerea di Tinker, Oklahoma.
La motivazione è abbastanza grave. Secondo una nota della
Marina americana, si tratta di una “mancanza di fiducia nelle capacità
di condotta del comandante” (“a loss of confidence in the commander’s
ability to lead”) o, per dirla in altri termini, non ci si fida più di
lei, o perlomeno non ci si fida a mantenerla in un incarico
estremamente delicato e di alta responsabilità.
Il SCW1, integrato dalla TF124, svolge infatti funzioni di comando/controllo all’interno del sistema TACAMO(Take
Charge and Move Out) ed è responsabile per la Marina del mantenimento
delle comunicazioni nonché della diramazione degli ordini in caso di
attacco nucleare mediante posti comando costantemente in volo. Forse il
Capitano Cole era una specie di raccomandato finito in un posto
importante senza averne le capacità? A vedere il suo curriculum si
direbbe di no, dato che si tratta di un ufficiale pilota dal 1991 che si
è fatta le ossa volando sui P-3 “Orion” fino al suo ingresso nel
TACAMO nel 1993, svolgendo incarichi presso il Comando della Marina e a
bordo della portaerei “Harry Truman”.
Forse
la sua destituzione è dovuta ad un improvviso crollo psico-fisico,
dovuto magari a ragioni di ordine personale? Non è dato di sapere, per
cui la vicenda del Capitano Cole potrebbe semplicemente venire
archiviata come tante altre storie di comandanti rimossi senza pietà
solo perché il loro incarico richiedeva una professionalità ed una
condizione ben al di sopra degli standard comuni.
Senonché,
a complicare a questa storia e a tingerla di giallo, sono intervenuti
alcuni intrecci di vario genere ed è apparsa su alcuni blog una sorta
di presunto retroscena sui veri motivi che avrebbero condotto alla
destituzione della Cole. In buona sostanza, si dice che la Cole si
sarebbe rifiutata di trasmettere l’ordine di un attacco nucleare
limitato contro la Russia.
Tutto questo potrebbe semplicemente definirsi come una ridicolaggine inventata da qualche maniaco e finirla lì.
A complicare di nuovo le cose ci si è messo un articolo dell’inglese “The Indipendent” del
13 marzo scorso, cioè giusto qualche giorno prima della destituzione
della Cole, in cui si dava blandamente notizia che flussi di dati
sull’armamento nucleare britannico ed altri dati sensibili non meglio
precisati erano stati instradati accidentalmente via internet verso
providers dell’Ucraina.
Ora,
secondo alcuni blogger, il flusso di dati sarebbe stato immediatamente
visto anche dai russi che avrebbero reagito con un preallarme delle
loro forze strategiche e l’avvio diimponenti esercitazioni, mentre il Presidente Putin scompariva dalla scena pubblica per 11 giorni, fatto di cui si è anche occupata la stampa internazionale suggerendo varie spiegazioni, tra cui la nascita di una figlia segreta in una clinica svizzera.
Ora,
cosa c’entrerebbe il Capitano Cole con tutto questo? Sempre gli stessi
blogger sostengono quindi che gli Stati Uniti, allo scopo di testare
le capacità di reazione russe e loro procedure in caso di allarme
nucleare, avrebbero ideato di far sfiltrare “accidentalmente” dei dati o
degli ordini o degli indizi di qualsiasi altra attività o possibile
impiego di armi nucleari in contemporanea con i britannici. La Cole si
sarebbe rifiutata di obbedire non inserendo nella procedura un
“Permissive Action Link” di sua competenza e da questo sarebbe
scaturita la sua destituzione se non addirittura – sempre secondo i
blogger – il suo arresto, dato che la Cole sembra essere effettivamente
sparita dalla circolazione.
Si
tratterebbe dunque di un nuovo caso Vasili Arkhipov (foto a
sinistra)n, il vicecomandante di un sottomarino sovietico che, durante
la Crisi di Cuba del 1962, si oppose al lancio di un siluro a testata
nucleare contro la portaerei americana USS Randolph? Un caso anche
questo abbastanza leggendario e forse, proprio per questo, molto vicino
al caso dell’ormai ex Capitano Cole.
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