giovedì 3 luglio 2014

riforme...

Mentre:
  1. si devono trovare decine di mld di euri (aumenti delle accise, tagli della spending, ecc.);
  2. si fanno le riforme con un condannato definitivo;
  3. si gioca con il mito d telemaco e ci ridono appresso;
  4. la corte dei conti fa l'ennesimo inutile richiamo a frenare la corruzione
  5. ecc.
non trovano altro e di meglio da fare, anche sui social network che "scandalizzarsi" perchè Grillo e il suo movimento chiedono di fermare il fiume di denaro (28 e rotti mld di euro) che arriva nelle regioni del sud italia dall'europa....... perchè vanno alle cricche corrotte e ai loro sodali.
Ebbene, è vero. E' un vero affare alle spalle dei contribuenti: quanti scandali sono scoppiati in questi anni da parte di politici, aziende, ecc. che frodavano l'europa dei soldi? Li avete mai contati o non ci avete mai fatto caso immersi come siete nell'ululio quotidiano dei media? Si? No? Non è un mio problema, ma è tutto vero.... ci tengono buoni pro domo propria sia perchè son soldi che dobbiamo ridare prima o poi sia perchè sanno benissimo che il sistema corruttivo è parte integrante del più grande viluppo che permette loro di tenerci in scacco e sotto schiaffo..... dovessimo mai rinsavirci ci ritroveremmo in mutande se non ci fosse qualcuno, e non c'è al momento, capace di tirarci fuori dal pantano e ci ritroveremmo a dover, per nostra immaturità suprema, cercare in grande affanno l'ennesimo uomo della provvidenza che ci tiri fuori: salvo poi rinnegarlo una volta che lo ha fatto.... questo è il paese nel quale viviamo e questo è quel paese con il quale dobbiamo fare i conti tutti i giorni.

mercoledì 2 luglio 2014

L’Eurozona sta male e potrebbe peggiorare

L’Eurozona è un esperimento economico fallito e le conseguenze stanno toccando le strutture economiche più facili. Nel grafico qui sotto possiamo vedere il differenziale di crescita dell’Euroza e del resto del mondo.
crescita-ue-mondo
Le politiche di austerità unite alla politica monetaria della Bce ci avvicinano pericolosamente ad una situazione di deflazione nell’Eurozona. I problemi nei quali ci imbattiamo, si possono riassumere in tre grandi blocchi, problemi di liquidità, di solvenza e gli squilibri macroeconomici interni all’Eurozona.
Liquidità
I problemi di liquidità si sono attenuati grazie ai pesanti programmi di acquisto del debito pubblico delle banche messi in campo dalla Bce, principalmente da quando nel 2012 la Bce ha annunciato che era disposta a prendere delle misure per sostenere l’euro.
Il credit crunch, che ha fatto sparire la liquidità dai mercati nel 2008, è stato risolto ad un primo livello, quello bancario. Per fare questo si è avuto bisogno di grosse iniezioni di liquidità, cioè di creazione di moneta da parte della Bce che è andata a finire alle banche private. Questo inusuale eccesso di liquidità è servito principalmente a liberare i bilanci bancarie da alcuni attivi pericolosi, ma non di tutti e non in sufficiente quantità. Le banche europee continuano ad essere sovraesposte – molto di più di quelle nordamericane – il che ha fatto in modo che non usino queste risorse per il sistema produttivo ma per il sostentamento dei propri bilanci. In questi tempi di incertezza e di magra economica, le banche private hanno incentivi per assicurare operazioni sui mercati del debito pubblico più che per rischiare investendo in progetti produttivi che l’austerity e l’incapacità delle istituzioni e dei governi europei di gestire la crisi stanno lasciando al margine.
In questo contesto Draghi ha annunciato un insieme di misure straordinarie per inondare di credito a buon mercato le banche private attraverso il programma di Tltro con 400 miliardi. A questo dobbiamo aggiungere la riduzione dei tassi di interesse marginali di deposito a tassi negativi, il che significa che le banche devono ‘pagare’ un interesse per i depositi di denaro nella Bce. L’accesso a questo credito a basso costo è legato alla clausola che le banche prestino denaro all’economia produttiva. Dato che la Bce non sterilizza attraverso il ‘Secondary Market Program’. (Smp) ci troviamo di fronte ad un ‘Quantitative Easing‘ (QE) camuffato che probabilmente si renderà esplicito e verrà potenziato nei prossimi appuntamenti. Questo cambiamento di opinione e di tendenza è sufficientemente importante al punto di concludere che le cose stanno molto peggio di quello che ci si augurava, visto che diversamente da così la Germania mai l’avrebbe accettato e avrebbe fatto pressioni come già aveva fatto fino ad allora perché il Quantitative Easing (Qe) non si mettesse in atto.
Ma la cosa realmente importante è: queste misure sono realmente necessarie in questo momento, o – che poi è la stessa cosa- la liquidità è davvero ancora il problema dell’Eurozona? La risposta è no, dato che le banche hanno restituito alla Bce il 65% dei prestiti del precedente programma di finanziamento (Ltro). Quest’ultimo ha avuto inizio in un momento di eccezionale mancanza di liquidità, da lì il suo successo tra le banche, che, con i mercati interbancari congelati trovarono nella Bce una fonte di liquidità straordinaria. Ora non esiste questo problema e la liquidità non è scarsa ma eccessiva sui mercati, il che significa che Tltro può non avere gli effetti sperati e alimentare la bolla sui mercati finanziari. Ma c’è di più, se il programma avesse il successo sperato per gli attraenti interessi offerti dal Tltro, 0,25%, questo non implica che si spostino a settori produttivi che hanno bisogno di finanziamento. La Bce si trova di fronte a questo: il problema sta nella scarsità di domanda come conseguenza degli alti livelli di disoccupazione dei paesi periferici.
Squilibri interni
Sebbene i problemi di liquidità siano stati risolti sui mercati interbancari, gli squilibri macroeconomici tra i paesi dell’Eurozona continuano ad estendersi e si situano nel centro della crisi. L’apertura di strutture produttive come quella spagnola o quella portoghese a strutture come quella tedesca o quella olandese, molto più radicate e sviluppate, ha avuto un impatto strutturale molto importante. La deindustrializzazione che hanno sofferto i paesi periferici del sud è stata spettacolare tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90. Alla fine di questo decennio si instaurò l’euro, riducendo notevolmente il costo dei finanziamenti dei paesi del sud dal momento che approfittarono dei minori interessi associati ai paesi del nord, soprattutto alla Germania. Da allora i paesi hanno perso gli strumenti di politica economica come i tassi di interesse passati ad essere stabiliti dalla Bce, o gli interessi sul cambio.
La deindustrializzazione e terziarizzazione dell’economia spagnola ebbe come risultato la specializzazione produttiva verso un settore di servizi di basso valore aggiunto, dominato da un lato da un turismo predatore e richiedente mano d’opera a basso costo e poco qualificata, e dall’altro lato dalle costruzioni.
 valore-aggiunto-spagna
A questi fatti c’è da aggiungere un crollo nella partecipazione salariale al Pil. Il Pil non è altro che la valutazione monetaria della produzione totale in un’economia durante un periodo di tempo, normalmente un anno. Questa produzione di redditi salariali implica che da questo reddito una proporzione minore vada a finire a chi percepisce reddito da lavoro e che lo produce. Ma dato che sono questi che hanno sostenuto i consumi, per compensare questo crollo è apparso un indebitamento di massa che è quello che ha sostenuto la crescita degli anni precedenti alla crisi. Questo processo ha prodotto una struttura produttiva accelerata, il che, unito alle politiche di ‘austerity’, spiega la situazione di deflazione.
I paesi periferici, Francia inclusa, stanno distruggendo capacità industriale nella misura in cui i paesi centrali con la Germania in testa la stanno incrementando. Il settore dei servizi dall’altra parte ha una grande eterogeneità dato che sotto questa definizione si raccolgono le attività di complessi servizi finanziari offerti dai fondi di investimento così come di quelli offerti da un panettiere di quartiere. La produttività associata al settore dei servizi è inferiore a quella associata all’industria dato che una gran parte degli stessi sono a lavoro intensivo, il che rende più difficile l’incremento della produzione per lavoratore.
Ma la produttività si può associare al tasso di crescita potenziale, il che implica che la periferia sta riducendo il suo tasso di crescita potenziale, o – che poi è lo stesso: l’Eurozona sta condannando all’impoverimento la periferia del sud d’Europa.
Contro questa deindustrializzazione e depauperamento dei paesi periferici la Bce non solo non ha mezzi ma contribuisce a questo con la sua esigenza di tagli strutturali attraverso la Troika. Quest’ultimo punto ci porta a trattare il terzo degli squilibri contro cui si scontra l’Eurozona.
Solvenza
Il problema della deflazione è intimamente legato alla crescita del debito nei paesi periferici. In effetti, è risaputo che l’incremento dei debiti sovrani si è tradotto in problema già all’inizio della crisi, e non è l’origine della crisi stessa. Nonostante questo, le politiche di austerity che sono state applicate e insieme alla passività della banca centrale hanno provocato un incremento spettacolare dello stock di debito sovrano. Il problema nonostante questo non ha niente a che vedere con lo stock di debito sovrano, ma con il flusso del debito, in altre parole, con la accelerazione dell’accumulazione del debito sovrano principalmente nei paesi periferici del Sud, e in misura minore nei paesi centrali.
La crisi attraverso cui gli stabilizzatori automatici hanno aumentato il bisogno delle spese dello Stato (principalmente per i sussidi di disoccupazione) e le misure discrezionali si sono sommate a questo (salvataggio, aiuti e crediti alle banche private). A questo si aggiunge inoltre la depressione economica causata dall’austerity, il che toglie ogni possibilità di crescita e per tanto la possibilità di ridurre il rapporto debito/Pil. Infine, questo contesto di asfissia economica ha portato l’Eurozona al limite del processo di deflazione, il che incrementa la probabilità di una esplosione del valore nominale del debito. Siamo ad un passo dal disastro e da un’insolvenza generalizzata del debito. Da qui il pacchetto annunciato da Draghi e il disperato annuncio di ulteriori misure in un prossimo futuro. Nel grafico qui sotto possiamo osservare i tassi di crescita della zona euro, tutti al di sotto dell’1%. Basterebbe un crollo rilevante dei prezzi per alcune grandi compagnie dell’1 o 2% per far scatenare una tormenta perfetta.
crescita-trimestrale
Se il problema della liquidità in certa misura è stata risolto, i problemi degli squilibri produttivi interni e di solvenza non sono spariti e sono aumentati. Lontano dal distanziarci dalla crisi stiamo assistendo ad una crisi che va cambiando negli elementi che la definiscono ma che ha un sostrato economico e politico che si mantiene invariato: l’inoperatività delle istituzioni europee nell’incrementare le misure economiche rilevanti.
Gli europei ne sono coscienti e le ultime elezioni europee sono un esempio di questo. Staremo attenti a come evolve la questione.
di Ivan H. Ayala, ricercatore associato del Icei e membro di Econonuestra
(Traduzione di Alessia Grossi)
p.s.
ospito questo post dal Fatto perchè non è scritto da italiani ma da spagnoli, eppure la analisi coincide con le nostre, come pure la diagnosi..... sarà perchè unico il centro del potere che copre le malefatte della finanza e unica l'area su cui si scarica la ricetta, noi.... non siamo soli.

martedì 1 luglio 2014

Se Napolitano riabilita Almirante. Ripassiamo un po’ di storia

Essendo un argomento "scottante" che implica considerazioni che vanno al di là delle semplici considerazioni che si possono fare preferisco riportarvi la fonte direttamente... il passaggio cruciale è questo [a proposito di Almirante] «Almirante ha avuto il merito di contrastare impulsi e comportamenti anti-parlamentari che tendevano periodicamente a emergere, dimostrando un convinto rispetto per le istituzioni repubblicane che in Parlamento si esprimeva attraverso uno stile oratorio efficace e privo di eccessi anche se spesso aspro nei toni. È stato espressione di una generazione di leader che hanno saputo confrontarsi mantenendo un reciproco rispetto a dimostrazione di un superiore senso dello Stato». Ora posso capire che nell'ottica del revisionismo di moda che accomuna tutto e tutti all'insegna del buonismo benpensatista del "non disturbare il manovratore all'opera" e del "tutto serve alla bisogna affinchè l'europa possa fare il suo corso" e si possa arrivare al sogno delle élite ossia edifcare un aspazio di libero mercao dove a contare sono i pochi e a pagare sono i tanti, spesso incolpevoli, cittadini anzi la parte più debole che, per ora, s'identifica nei paesi del mediterraneo ma sta portando i suoi frutti anche nei paesi forti (non è più una sorpresa scoprire che la forbice della povertà rispetto alla ricchezza si STA ALLARGANDO ANCHE IN GERMANIA.......  il centro dell'impero europeo) del vecchio mondo: non è un caso che gli euroscettici in germania crescono. Capisco quanto sopra e altro ma: sdoganare un personaggio come Almirante no... proprio no non lo accetto proprio. Partigiani sono morti; eccidi sono stati fatti..... soldati dell'esercto straccione mandato in russia non ne sono più tornati: questo era il fascismo e il personaggio ne era consapevole, anzi ne era parte integrante: NO GRAZIE PRESIDENTE.
eccovi l'articolo dal Fatto Quotidiano
di | 30 giugno 2014

Dice il Presidente della Repubblica che è nata dalla Resistenza e che ha l’antifascismo come valore fondante, insomma per quanto possa sembrar strano stiamo parlando di Giorgio Napolitano: «Almirante ha avuto il merito di contrastare impulsi e comportamenti anti-parlamentari che tendevano periodicamente a emergere, dimostrando un convinto rispetto per le istituzioni repubblicane che in Parlamento si esprimeva attraverso uno stile oratorio efficace e privo di eccessi anche se spesso aspro nei toni. È stato espressione di una generazione di leader che hanno saputo confrontarsi mantenendo un reciproco rispetto a dimostrazione di un superiore senso dello Stato».
Ripassiamo un po’ di storia.
Giorgio Almirante fu tra i firmatari nel 1938 del Manifesto della razza e dal 1938 al 1942 collaborò alla rivista La difesa della razza come segretario di redazione. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Giorgio Almirante fu arruolato, ed inviato a combattere nella Campagna del Nordafrica.
Dopo l’8 settembre, Almirante aderì alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Il 30 aprile 1944 Almirante fu nominato capo gabinetto del ministero della Cultura Popolare presieduto da Fernando Mezzasoma. Divenne poi tenente della brigata nera, dipendente sempre dal Minculpop occupandosi della lotta contro i partigiani, in particolare nella Val d’Ossola e nel grossetano.
Almirante-Notarianni2Il 10 aprile 1944, apparve un manifesto firmato da Almirante in cui si decretava la pena della fucilazione per tutti i partigiani che non avessero deposto le armi e non si fossero prontamente arresi. Rimase in clandestinità dal 25 aprile 1945 fino al settembre 1946, pur non essendo ufficialmente ricercato.
Partecipò alla fondazione dei Fasci di Azione Rivoluzionaria insieme a Pino Romualdi e Clemente Graziani nell’autunno del 1946.
Il 5 maggio 1958 al termine di un comizio a Trieste, Almirante è denunciato dalla Questura per «Vilipendio degli Organi Costituzionali dello Stato».
Il 16 giugno 1971 il Procuratore della Repubblica di Spoleto Vincenzo De Franco chiede alla Camera dei Deputati l’autorizzazione a procedere contro Giorgio Almirante per i reati di “Pubblica Istigazione ad Attentato contro la Costituzione ed Insurrezione Armata contro i Poteri dello Stato”. L’autorizzazione venne concessa il 3 luglio 1974 dalla Camera dei deputati, con la contrarietà del solo MSI. Il segretario missino aveva infatti affermato durante il congresso del partito, con chiaro riferimento ai regimi di Salazar, Papadopoulos e Franco: «I nostri giovani devono prepararsi all’attacco prima che altri lo facciano. Da esso devono conseguire risultati analoghi a quelli conquistati in altri paesi d’Europa quali il Portogallo, la Grecia e la Spagna».
Così, nel 1974 ne parla la questura di Roma: «Il dr. Giorgio Almirante, segretario della giunta esecutiva del Movimento Sociale italiano, già redattore capo di ‘Il Tevere’ e di ‘Difesa della razza”, capo Gabinetto del ministero della Cultura popolare della pseudo Repubblica di Salò, è stato deferito alla Commissione Provinciale per il confino quale elemento pericoloso all’esercizio delle libertà democratiche, non solo per l’acceso fanatismo fascista dimostrato sotto il passato regime e particolarmente in periodo repubblichino, ma più ancora per le sue recenti manifestazioni politiche di esaltazione dell’infausto ventennio fascista e di propaganda di principi sovvertitori delle istituzioni democratiche ai quali informa la sua attività, tendente a far rivivere istituzioni deleterie alle pubbliche libertà e alla dignità del paese».
Il terrorista neofascista Vincenzo Vinciguerra – reo confesso della strage di Peteano – racconta nel 1982 di un Almirante che procura 35.000 dollari al terrorista Carlo Cicuttini, dirigente del MSI friulano, coautore della strage e autore della telefonata trappola che portò i carabinieri alla autobomba, affinché modificasse la sua voce durante la sua latitanza in Spagna con un intervento alle corde vocali. Nel giugno del 1986, a seguito dell’emersione dei documenti che provavano il passaggio del denaro tramite una banca di Lugano, il Banco di Bilbao e il Banco Atlantico, Giorgio Almirante e l’avvocato goriziano Eno Pascoli vennero rinviati a giudizio per il reato di favoreggiamento aggravato verso i due terroristi neofascisti. Pascoli verrà condannato per il fatto; Almirante invece, dopo un’iniziale condanna, si fece più volte scudo dell’immunità parlamentare anche per sottrarsi agli interrogatori fin quando si avvalse di un’amnistia grazie alla quale uscì definitivamente dal processo.
Ernesto De Marzio, capogruppo del MSI alla Camera ha raccontato di aver presenziato, nel 1970, ad un incontro tra Junio Valerio Borghese ed Almirante nel corso del quale quest’ultimo, alle richieste di adesione all’imminente colpo di stato avanzate da Borghese, avrebbe risposto: «Comandante, se parliamo di politica e tu sei dei nostri devi seguire le mie direttive: ma se il terreno si sposta sul campo militare allora saremo noi ad attenerci alle tue indicazioni».
Almirante-NotarianniL’ammiraglio Gino Birindelli, presidente del MSI dal 1972 al 1974 e precedentemente in contatto con Ordine Nero, racconta in un’intervista del 2005, e l’ex ministro La Russa che a quei tempi frequentava i “sanbabilini” dovrebbe ricordarselo, l’atteggiamento di copertura tenuto dal partito di Almirante nei confronti degli assassini dell’agente di polizia Antonio Marino.
Per finire, ricordiamo le felicitazioni di Almirante ad Augusto Pinochet dopo il golpe contro Allende, per le quali fu pubblicamente ringraziato dallo stesso generale.
Forse Napolitano queste cose se le è scordate. Forse è troppo vecchio per fare il presidente di questa nostra Repubblica. Forse è il caso che si dimetta. O che qualcuno ne chieda la rimozione. Prima che se ne esca con la rivalutazione storica di Benito Mussolini: “Che quando c’era lui i treni arrivavano in orario”.
p.s. mio
qui c'è cosa ne dice wikipedia.. e, a voler essere teneri, non ne esce bene. Come si fa a ridare lustro a personaggi del genere? Corro a prendere il maalox....

lunedì 30 giugno 2014

Ue: della flessibilità di Renzi non c’è traccia nel programma di Juncker

A completamento del mio post d ieri ho trovato questo articolo sul Fatto Quotidiano del 30 giugno 2014 a firma di Alberto Crepaldi..... giusto per capirsi, se qualcuno proprio non vuol capire, di cosa si sta parlando e delle balle che ci piace sorbire per ignavia innata
“Occorrerebbe servirsi delle possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell’UE per conciliare la disciplina di bilancio e l’esigenza di sostenere la crescita […] e prestare particolare attenzione a riforme strutturali che potenzino la crescita […], anche attraverso un’adeguata valutazione delle misure di bilancio e delle riforme strutturali, sfruttando al meglio, nel contempo, la flessibilità insita nelle norme esistenti del patto di stabilità e crescita”.
Queste poche righe, tratte dalle sintesi ufficiale del vertice europeo di Yprase che ha visto, come atteso, la nomina di Juncker a presidente della Commissione europea, rappresentano il bottino, nero su bianco, portato a casa dal nostro premier Renzi. Si tratta in tutta evidenza di un risultato molto più magro di quello descritto dallo stesso Presidente del Consiglio e rappresentato con enfasi da gran parte dei media italiani.
Appare chiara, infatti, la genericità del richiamo a utilizzare maggiore flessibilità nei confronti di paesi che dimostrino di realizzare riforme strutturali. Ma allo stesso tempo è indiscutibile come nel documento ufficiale redatto al termine del summit europeo si faccia riferimento alla eventualità e non già alla certezza di mettere in campo politiche con cui conciliare rigore di bilancio e crescita.
D’altra parte è stato lo stesso Walter Steinmeier, ministro degli esteri tedesco, ad aver chiarito nelle scorse ore che «è anche emerso chiaramente come nessuno punta ad un ammorbidimento delle regole europee».
Non deve però sorprendere che il cavallo di battaglia del governo italiano abbia avuto così poco peso quantitativo (5 righe in 22 pagine di documento) e nella sostanza in seno alle conclusioni del vertice. Perché il contenuto di esse ricalca in gran parte quello del programma messo a punto dal neopresidente della Commissione europea. Che addirittura, nel suo documento, non fa nemmeno un accenno allo scambio flessibilità-riforme.
“Da presidente della Commmissione europea, mi impegnerò per attuare cinque priorità”, scrive Juncker nel suo blog. “La mia prima priorità – prosegue Juncker – sarà far sì che le politiche che servono a creare crescita ed occupazione siano al centro dell’agenda politica della prossima Commissione europea”. Ed a questo punto ci si aspetterebbe che si facesse riferimento esplicito al nodo del rapporto tra vincoli di bilancio e riforme, tanto caro al nostro premier. Ma Juncker pare avere idee diverse, perché a suo avviso “per fare tutto ciò, abbiamo bisogno di un ingrediente chiave: dobbiamo creare un mercato unico digitale per consumatori ed imprese, sfruttando le grandi opportunità delle tecnologie digitali, che non hanno limiti […] abbattendo le barriere nazionali in materia di regolamentazione del sistema delle telecomunicazioni, diritto d’autore e protezione dei dati, gestione delle frequenze radiofoniche e diritto della concorrenza”. Questa è la via, secondo il neopresidente della Commissione, per dare il la ad “una crescita aggiuntiva di 500 miliardi di euro in Europa […] , creando così centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro e, inoltre, una società attiva fondata sulla conoscenza”.
Sono poi altre quattro le priorità enunciate da Juncker: la riforma e riorganizzazione della politica energetica europea in una nuova Unione energetica europea capace di diversificare le nostre fonti di energia e ridurre la dipendenza energetica di molti dei nostri Stati membri; la negoziazione di un “accordo commerciale ragionevole ed equilibrato con gli Stati Uniti”considerando, argomenta Juncker, come sia “anacronostico che, nel 21esimo secolo, Europei ed Americani ancora impongano dazi doganali sui rispettivi prodotti”; la riforma dell’unione monetaria, consolidando edintegrando le misure straordinarie prese durante la crisi, per semplificarle, renderle socialmente più legittime e in ciò facendo una valutazione non solo di sostenibilità fiscale ma anche dell’impatto sociale di ogni programma di sostegno ai paesi bisognosi. La quinta priorità, per il capo della Commissione, “sarà quella di dare una risposta alla questione britannica”: “nessun politico ragionevole – puntualizza il leader belga – può ignorare il fatto che, nel corso dei prossimi cinque anni, dovremo trovare soluzioni per le preoccupazioni politiche del Regno Unito […], un accordo che accetti le specificità del Regno Unito nell’UE, pur permettendo all’eurozona di proseguire nel processo di integrazione”.
Insomma, di fronte ad indicazioni programmatiche fatte proprie a Ypras dai 26 rappresentanti dei rispettivi paesi e che trovano ampia conferma nel documento messo a punto da Juncker, sono davvero fuori luogo i toni trionfalistici di Matteo Renzi. Per il quale la trattativa nelle prossime settimane con i partner dell’eurozona, tesa ad ottenere maggiore flessibilità in cambio di riforme, appare decisamente in salita.
p.s.
qualcuno ha per caso trovato qualche riferimento nel programma, facilmente reperibile in rete, della famosa flessibilità strappata dal fiorentino a roma?
p.s. 2
non posso che tifare ..... FORZA ALGERIA!!!

domenica 29 giugno 2014

riforme..

A leggere i giornali oggi sembra che la UE sia tenuta nelle mani del Renzi: non è così; anzi forse è vero il contrario. L'ecofin e il Consiglio d'europa l'hanno detto chiaro: l'italia DEVE FARE I COMPITI A CASA E DEVE FARLI ENTRO QUEST'ANNO, pena il ricominciare la procedura d'infrazione e l'aumento dello spread. Cosa significa tutto ciò? Una manovra da 47 mld (le cifre sono ballerine in realtà perchè dipendono da cosa si parte dal debito totale o da quello delle banche) da fare per mantenere il "programma" della troika per il nostro paese.... altro che 80 euro.
Intanto l'altro programma, quello del rientro dagli 80 euro, è in pieno work in progress:
  1. la tasi per cominciare .... stiamo pagando gli acconti ma la vera tassa arrivrà eccome;
  2. i modelli unici da cui risulteranno redditi non in linea con i parametri presunti per cui dovranno essere ridati con gli interessi;
  3. le accise sulla benzine e sui tabacchi aumenteranno; 
  4. la riforma del catasto che aumenterà, in certi casi del 100% le rendite catastali (ma questa idea non è di questo governo ama risale al governo Prodi I° che trasformò le case in patrimonio, grande idea;
  5. i ticket in base all'isee.. che già paghiamo ma con la riparametrazione dei coefficienti metà di quelli che sono nella fascia bassa schizzeranno verso l'alto nella fascia superiore;
  6. la mitica legge Letta si è rivelata per quel che è un bluff.... 22 mila richieste solo; credevano che le aziende assumessero, sti finti ingenui.
  7. La toscana ha fatto battistrada...... è stato elimnato il vincolo del mantenimento dei parametri per essere autorizzati ad aprire strutture sanitarie, avanti con la sanità privata.
ecc. intanto di cosa sembra parlare la politica italiana? Quali sono le riforme?
  1. La finta eliminazione del Senato (diventa un organo costituzionale di II° livello dove riciclare trombati ecc.);
  2. la giustizia, il salvakiappe dove anche il premier ha qualche problemino per tacere della cambiale da pagare all'amato capo con cui hanno fatto l'accordo;
  3. le riforme costituzionali per adeguare il paese ... alle necessità del mercato: significa che si DEVONO TOGLIERE LE GARANZIE GARANTITE PER COSTITUZIONE AI CITTADINI CHE LAVORANO in modo da lasciare tutto in mano alla libera contrattazione. In pratica te offri lavoro ma se non hai potere contrattuale perchè se non assumono te ce ne sono altre decine di migliaia pronti a fare le stesse cose che fai te a metà del tuo costo se non in nero, tutto qui.
  4. Istruzione, sanità, ecc. devono essere pubbliche solo per i parametri di base, minimi (sennò asomigliamo troppo ai paesi del IV° mondo).. tutto il resto è sul mercato;
  5. immunità per la casta..... che cosa vuoi dire in aggiunta? nulla....
  6. Corruzione.... dei 120 mld stimati nell'intera UE la metà è tutta italiana: che record!!!!
  7. Grandi opere.. inutili; impegnano risorse che potrebbero essere meglio impiegate altrove.... la tav non la fa più nessuno eppure noi insistiamo e per prendere per i fondelli i valsusini i lavori li fanno dalla francia: tutto pur di psendere soldi nostri!
Tutto questo non lo troverete in nessun trattato o costituzione ma in un documento: quello che istituì il WTO; prevedeva che i settori una volta strategici e che potevano fare la differenza dovessero andare sui mercati per essere fonte di libero scambio fra operatori: quello che sosteneva Rifkin nel saggio "l'era dell'accesso" lo si sta costruendo e non si tratta di complotto ma di affari e profitti che pochi fanno a scapito dei tanti.... tutto scritto e il documento è ancora reperibile, in inglese, in rete e parla chiaro: il principio è semplice ossia se hai soldi accedi a rete, servizi, scuola ecc. altrimenti o emigri o vivacchi... non frega a nessuno che fine fai.
Le premesse c'erano tutte: bisognava solo creare le condizioni per farle avverare..... in realtà sono stati così bravi che è la stessa gente a chiederle spinta da una crisi finanziaria decennale che ha ha visto impoverire ampi strati della popolazione. Qui non si parla di complotti ma di una strada predefinita da anni che ha come obiettivo finale quello "di armonizzare le costituzioni dei paesi avanzati ai mercati ( il capo della Goldman Sachs lo disse alcuni mesi fa)". Sanno programmare e, a differenza nostra, hanno trovato anche come spingerci a chiederle le riforme: somministrare uno shock (un attentato alle torri gemelle, una guerra, una profonda crisi finanziaria .. con annesso capro espiatorio ecc.) e nel tempo che ci si mette a riprendersi da esso si portano avanti con il lavoro... le cosiddette riforme, facile facile: per capirlo non si deve guardare il singolo problema ma sollevarsi un metro da terra e guardare l'intero quadro, solo così tutto è chiaro.
Immagino che molti d quelli che leggeranno, come in passato già accaduto, questo penseranno: il solito complottista..... ma non è così perchè fior di economisti e analisti di trend l'hanno sostenuto e chissà perchè non SONO MAI STATI SMENTITI.

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