venerdì 29 maggio 2020

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Fonte: Il Fatto Quotidiano Centro studi Unimed Mondo - 29 Maggio 2020
di Luigi Manfra*
Con globalizzazione si definisce quel fenomeno che, negli ultimi due decenni, ha portato alla intensificazione degli scambi e degli investimenti internazionali su scala mondiale rendendo le economie nazionali sempre più interdipendenti, anche grazie alla rivoluzione digitale che ha reso le relazioni economiche, soprattutto quelle finanziarie, particolarmente veloci.
La diffusione delle tecnologie informatiche ha favorito i processi di delocalizzazione delle imprese e lo sviluppo di reti di produzione e di scambio sempre meno condizionate dalle distanze geografiche, alimentando la crescita dei gruppi multinazionali e i fenomeni di concentrazione su scala mondiale.
Tra gli aspetti positivi della globalizzazione vanno annoverati la crescita esponenziale del volume di informazioni disponibili, lo sviluppo economico di nazioni marginali, la riduzione dei costi per il consumatore finale grazie all’incremento della concorrenza su scala planetaria. Ma, a fianco di questi aspetti positivi, si sono acuiti fenomeni già presenti nel passato come l’intensificazione dello sfruttamento del lavoro, il degrado ambientale, l’aumento delle disparità sociali.
Il termine globalizzazione descrive l’interconnessione dei sistemi economici nazionali attraverso catene globali del valore, o Global Value Chains (Gvc), dove la produzione di beni e servizi a livello mondiale è segmentata in diverse fasi, localizzate in aree diverse, spesso molto distanti l’una dall’altra. L’aspetto più rilevante è l’impatto che i nuovi modelli produttivi Gvc hanno sulla disuguaglianza economica in termini di distribuzione geografica delle attività produttive.
Ricerca e sviluppo, design e marketing, appannaggio dei paesi ricchi, si appropriano della parte predominante del valore aggiunto, mentre la produzione è sempre più delocalizzata nel sud del mondo dove i livelli salariali sono molto bassi. Tra i paesi maggiormente colpiti dal Covid-19 vi sono gran parte delle economie, Cina in testa, che svolgono un ruolo di enorme rilevanza lungo le catene globali del valore.
In altri termini, l’interconnessione delle strutture produttive dei diversi paesi a livello internazionale fa sì che queste catene rappresentino i canali privilegiati lungo cui si propaga il virus della recessione in tutto il mondo. Ma la crisi economica, oltre che sulla produzione, avrà effetti negativi anche sulla domanda.
Le misure intraprese dalla maggior parte dei paesi allo scopo di contenere il virus, dalla drastica riduzione della mobilità delle persone alla chiusura degli esercizi commerciali, di teatri, biblioteche e musei, hanno comportato una riduzione dei consumi da parte delle famiglie. Particolarmente colpito è stato il settore dei servizi, dai trasporti, al turismo e alla ristorazione.
La chiusura di molte attività produttive e commerciali si è tradotta in un aumento del tasso di disoccupazione e, quindi, in una riduzione del reddito disponibile di molti lavoratori e lavoratrici soprattutto nel settore informale dell’economia. Infine, è atteso un aumento della propensione al risparmio da parte delle famiglie a fini precauzionali, che ridurrà i consumi fino a quando il timore del contagio non sarà definitivamente svanito.
...il resto al link suindicato del giornale

mercoledì 27 maggio 2020

Recovery fund, il piano proposto oggi dalla Commissione Ue

Fonte: W.S.I. 27 Maggio 2020, di Alberto Battaglia

La Commissione europea ha alzato il velo sulla proposta di Recovery Fund che diventerà la base negoziale intorno alla quale gli Stati Membri dovranno raggiungere un consenso unanime. Il piano complessivo è stato battezzato con il nome di Next Generation EU e consentirà alla Commissione europea “di utilizzare il suo solido rating creditizio per prendere in prestito dai mercati finanziari 750 miliardi”.
Questi fondi “saranno indirizzati attraverso i programmi Ue e ripagati in un arco di tempo lungo attraverso i futuri budget Ue – non prima del 2028 e non dopo il 2058”, si legge sulla nota ufficiale diramata dalla Commissione Ue.
L’esecutivo Ue ha proposto, inoltre, di emendare il piano finanziario 2014-2020 in modo da “rendere 11,5 miliardi di euro in funding già disponibili” per l’anno in corso.
“Il piano di risanamento trasforma l’immensa sfida che stiamo affrontando in un’opportunità, non solo sostenendo la ripresa ma anche investendo nel nostro futuro: il Green Deal europeo e la digitalizzazione promuoveranno l’occupazione e la crescita, la resilienza delle nostre società e la salute del nostro ambiente. Questo è il momento dell’Europa”, ha dichiarato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen nel corso del suo intervento al Parlamento europeo, “la nostra volontà di agire deve essere all’altezza delle sfide che tutti noi affrontiamo. Con Next Generation EU stiamo fornendo una risposta ambiziosa”.
Il Recovery Fund proposto dalla Commissione europea
Per quanto riguarda il “Recovery Fund” vero e proprio (nome ufficiale: Recovery and Resilience Facility) esso avrà una dotazione di 560 miliardi di euro. Si tratta di un leggero incremento rispetto ai 500 miliardi delineati dall’accordo franco-tedesco; come previsto, però, esso agirà solo in parte attraverso trasferimenti diretti agli Stati membri.
La componente “a fondo perduto” si limiterà a 310 miliardi, mentre ulteriori 250 miliardi saranno messi a disposizione degli stati sotto forma di prestiti.
“Il supporto sarà disponibile per tutti gli stati membri, ma concentrato sui Paesi più colpiti e nei quali i bisogni di resilienza sono maggiori”. Secondo fonti informate citate dall’Ansa all’Italia potrebbero andare circa 170 miliardi di euro. Nel dettaglio, 81,807 miliardi sarebbero versati come aiuti e 90,938 miliardi come prestiti.
“La crisi ha effetti di contagio in tutti i Paesi e nessuno può ripararsi da solo”, ha dichiarato Von del Leyen nel corso del suo intervento, “un’economia in difficoltà da una parte indebolisce una forte dall’altra. Divergenze e disparità aumentano e abbiamo solo due scelte: o andiamo da soli, lasciando Paesi e regioni indietro, o prendiamo la strada insieme. Per me la scelta è semplice, voglio che prendiamo una strada forte insieme”.
Il piano per il supporto degli stati membri si compone di alcuni altri aiuti di minore entità, fra i quali:
  • 55 miliardi per le politiche di coesione che “saranno allocate sulla base degli impatti socio-economici della crisi, inclusi i livelli di disoccupazione giovanile e la relativa prosperità degli stati membri”
  • 40 miliardi per la transizione verde, con l’obiettivo della neutralità climatica
  • 15 miliardi rivolti allo sviluppo dell’agricoltura per favorire i cambiamenti strutturali necessari a centrare gli obiettivi del Green Deal europeo.
Il piano, perché possa essere approvato dovrà incassare il voto favorevole del Parlamento europeo e del Consiglio.

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